Saudade
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Eterna e imprendibile, ogni volta pronta a rinascere in una nuova interpretazione, la saudade è un'araba fenice a cui Tabucchi prova a dare una spiegazione in un testo dedicato a Ceserani e intitolato, per l'appunto, L'araba fenice. Tentativo dissennato di spiegare a un amico una parola indefinibile: «era venuto il momento di affrontare una buona volta la definizione di questa parola; memore di quando eri venuto a Lisbona e ogni volta che ci vedevamo, con quella tua arietta fra lo svagato e il malizioso, mi chiedevi: Antonio, ma cos'è questa famosa saudade?» (Di tutto resta un poco 56).
Per una plausibile storia del termine saudade, converrà ricorrere alla filologa Carolina Michaëllis de Vasconcelos che, all'inizio del '900, ne elabora una convincente etimologia. Il termine proverrebbe dal latino solitates e avrebbe corrispondenze in termini semantici con il tedesco Sehnsucht. Concetto affine alla solitudine, al disío dantesco, trova luogo poetico nella nostalgia dell'amico, tema portante della lirica gallego-portoghese fra il XII e il XIV secolo, in cui si va insinuando un compiaciuto struggimento ravvisabile nella definizione offerta nel Seicento da Dom Francisco Manuel de Melo: bene di cui si soffre e male di cui si gode. Fioriture da questa radice si possono ravvisare nel poema Camões del romantico Almeida Garrett (1825): Gioia amara di infelici, o ancora delizioso pungere d'aspro spino, e infine dolor che pur piacere dà (traduzione mia, 306).
Essendo Tabucchi al contempo un esegeta della saudade (principalmente via Pessoa) e uno scrittore della saudade nel suo versante esistenziale e metafisico, le sue proposte per una sua definizione restano fra le più pertinenti e profonde, considerati i vincoli che legano il concetto alla psicologia collettiva dei portoghesi. La cognizione di una nostalgia non di quello che abbiamo avuto ma di ciò che avremmo potuto avere e che mai avremo (nella struggente consapevolezza di questa impossibilità) si vena infatti di una tensione che non è solo sentimentale ma che affonda la sua matrice nella storia di un popolo: da qui la sua conclamata intraducibilità che, secondo il poeta Teixeira de Pascoaes, teorico e propugnatore di un nazionalismo linguistico lusitano, certificherebbe l'identità di un popolo, attraverso il lessico poetico. Dunque, non soltanto un «lenitivo magone degli ingenui», come lo archivia José Saramago (300), ravvisandone un impedimento fatalista e antistorico all'azione (politica e civile) di cui, specie dopo la Rivoluzione dei Garofani del 1974, il Portogallo aveva urgente necessità.
Nel racconto che dà titolo alla raccolta Il gioco del rovescio (1981), che Tabucchi apre con un esergo di Lautréamont («Le puéril revers des choses»), al narratore, che sta contemplando il dipinto Las Meninas di Velasquez al Museo del Prado, viene comunicato un lutto improvviso che lo spinge a partire per Lisbona. Un viaggio notturno e insonne, che si apre con un ricordo della persona scomparsa: «La Saudade, diceva Maria do Carmo, non è una parola, è una categoria dello spirito, solo i portoghesi riescono a sentirla [...] l'ha detto un grande poeta. E allora cominciava a parlare di Fernando Pessoa...» (Il gioco del rovescio 14). Con l'iniziale maiuscola e in tondo, come un termine che contiene mondi e ormai assestato (almeno in quanto cliché) nella lingua italiana, Tabucchi offre una prima definizione di saudade attribuendo ai soli portoghesi, dannazione e privilegio, la facoltà di provarla.
Con Pessoa il problema assume la forma paradossale di una nostalgia del possibile, addirittura del tempo futuro e questo cortocircuito si innerva in un'altra categoria che dal Portogallo arriva a Tabucchi ancora una volta via Pessoa, ovvero quella del desassossego, che lui traduce con inquietudine. Un'inquietudine che, come in un gioco del rovescio, si riavvolge su se stessa portandoci alla questione del tempo così ben esplicitata dalle parole di Anassimandro che Tabucchi pone invece in esergo al racconto Notte, mare o distanza (ne L'angelo nero): «Là, da dove le cose provengono, ritornano, pagando l'una all'altra il castigo di essere venute secondo l'ordine ingiusto del tempo» (27). La saudade procede dal disagio rispetto a questo décalage, dall'estraneità rispetto al presente. Ma la saudade è anche una questione di luoghi, di un altrove come quello evocato nel racconto dal titolo baudelairiano Any where out of the world (da Piccoli equivoci senza importanza): luoghi immaginati, forse irraggiungibili, viaggi mai compiuti, come suggerisce il Bernardo Soares semi-eteronimo pessoano autore del Libro dell'inquietudine, in quello scarto continuo fra realtà e ipotesi irrealizzate che devono essere evocate per offrirci un simulacro di gioia terrena, ancorché illusoria (sarò sempre felice là dove non sarò).
Se possiamo parlare di "tempo portoghese" come categoria, infine, è perché proprio attraverso la saudade, il tempo portoghese ha acquisito una dimensione messianica che si inaugura con Dom Sebastião, ultimo monarca della dinastia degli Avis, simbolo insieme del declino lusitano e del miraggio febbrile del grande ritorno. Sebastião vaneggia un fervido ma delirante disegno di onnipotenza naufragato sulla costruzione del suo primo tassello: riconsegnare alla corona di Lisbona i territori nordafricani. A seguito della disfatta di Alcácer-Quibir nel 1578, il regno portoghese perde (per sessant'anni) l'indipendenza e viene annesso alla corona di Castiglia. Il campo di battaglia, tuttavia, non restituisce le spoglie del principe, originando la leggenda del suo ritorno, a partire dal topos del corpo insepolto. Tradizione mistico-popolare e linea erudita alimentano nei secoli l'auspicio dell'avvento di un Quinto Impero, quello portoghese, appunto, a rinverdire il trionfo dei grandi regni dell'antichità. Nella saudade, dunque, il divino si trasfigura nel destino sovrano del Portogallo stesso, secondo la teoria del filosofo Eduardo Lourenço.
Tabucchi chiude il testo dedicato a Remo Ceserani in cui dà conto di questa parola «beffarda e svolazzante» (L'angelo nero 27) declinandola al plurale (perché è democratica e condivisa), come conviene al saluto affettuoso in portoghese: Saudades dal tuo Antonio Tabucchi.
Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2023
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gennaio-maggio 2023, n. 1-2