Genova
di Stefano Lazzarin, Université Jean Monnet Saint-Étienne

 

Scheda bibliografica Torna all'indice completo del numero Stampa il frame corrente


Cefalea
Fotografia
Fumo
Genova
Lavoro
Lisbona
Materiale e immaginario
Parigi
Pisa
Postmoderno
Prospettiva
Saudade
Straniero/a
Treno
Vecchiano
Viaggio


Genova - nella cui università Tabucchi insegnò dal 1978 al 1990 - è una presenza spiccata nell'opera dello scrittore di Vecchiano. Il romanzo genovese di Tabucchi è Il filo dell'orizzonte (1986), per ammissione dell'autore e sebbene il nome della città non vi sia mai pronunciato. Qui tutto rimanda a Genova: il mare, il porto, il centro storico, l'orografia («a volte la collina smotta come se volesse scrollarsi di dosso quelle brutte incrostazioni», cioè i «dormitori immensi» di recente costruzione, 11); la «fatiscenza [...] sorniona e inarrestabile» della città vecchia, ormai abitata soltanto da «vecchi e puttane, ambulanti, pescivendole, giovinastri disoccupati, droghieri con botteghe cupe e antiche, umide, che odorano di spezie e di baccalà» (11); i vicoli e i topi; le colline di notte con «una cascata di luci» che rotola giù (sono le «automobili che scend[o]no in città», 27); i saliscendi e gli ascensori «che salgono fino alle colline» stesse (23); le strade della litoranea deserte in una sonnolenta mattinata domenicale (40); le villette art déco e le casette piccolo-borghesi che punteggiano la «pianura scabra» che si distende fra la città, l'entroterra e «il baluardo delle alture» (59, viene qui nominata una via della Salita Vecchia che potrebbe essere la Salita Vecchia di Nostra Signora del Monte); i cantieri navali «in disarmo» (74); il cimitero monumentale di Staglieno (89 sgg.), dove sorge la statua della venditrice di nocciole che Tabucchi descrive nel cap. 18 (92); e via di seguito.
A questa riconoscibilissima topografia si sovrappongono però, come in un palinsesto o in una stuntown zanottiana (Paolo Zanotti era stato presentato da Ceserani a Tabucchi, e scrisse almeno un paio di romanzi ambientati in una Genova stratificata, intertestuale, multilivello), altre città e altre topografie; soprattutto quella pisana. Così, all'inizio del cap. 4 Spino «attravers[a] Piazza delle Vettovaglie» (23), cioè un noto luogo della città di Pisa: la piazza dove anticamente aveva sede il mercato del grano e si svolge ormai, da un secolo a questa parte, il mercato ortofrutticolo. Inoltre: le finestre dipinte sono una specialità di molti palazzi del centro di Genova, e del resto di altre città liguri (Santa Margherita Ligure, Camogli, Portofino); ma quando Tabucchi allude a questo elemento ricorrente nell'arredo urbano delle città liguri menziona una via che, in realtà, non si trova a Genova ma a Pisa... (dove, per l'esattezza, non si chiama «Via Casedipinte», 30, ma via delle Case Dipinte). E ancora: l'incipit del cap. 17 recita: «Vico Spazzavento è un nome che calza a pennello a questo angiporto schiacciato fra muri pieni di cicatrici» (85). A Genova non c'è nessun Vico Spazzavento; in compenso a Vecchiano esiste un Agriturismo Spazzavento: il toponimo sembra dunque di origine toscana, anzi pisana, appiccicato sulla mappa di Genova come un cartellino col nome.
Insomma, Tabucchi sembra aver voluto depistare il lettore, come fa in tanti suoi testi, o forse edificare una «città di mare che somiglia a Genova» (secondo recita la quarta di copertina del suo romanzo), ma che è separata dalla Genova della "realtà" - quella "realtà" che costituisce l'oggetto del Filo dell'orizzonte, con le sue frontiere e il gioco di parvenze inafferrabili che la avvolge - da dettagli minimi che non coincidono. Per la stessa ragione, nel palinsesto della Genova di Spino possono affiorare elementi della Pisa di Tabucchi, proprio come il cinema Aurora, situato a Vecchiano, emerge improvvisamente fra i ricordi di Spino mentre quest'ultimo tenta di dare forma intelligibile a un fatto di cronaca genovese (27). Da un altro punto di vista, non sono poche le analogie di configurazione e per così dire "spirituali" fra la Genova del Filo dell'orizzonte e Lisbona; si veda ad esempio l'incipit del cap. 14:

«Ci sono giorni in cui la bellezza gelosa di questa città sembra svelarsi: nelle giornate terse, per esempio, di vento, quando una brezza che precede il libeccio spazza le strade schioccando come una vela tesa. Allora le case e i campanili acquistano un nitore troppo reale, dai contorni troppo netti, come una fotografia contrastata, la luce e l'ombra si scontrano con prepotenza, senza coniugarsi, disegnando scacchiere nere e bianche di chiazze d'ombra e di barbagli, di vicoli e di piazzette» (73).

Diciamo pure che se non ci fosse il libeccio - «vento umido, proveniente da SO, molto frequente nel Mediterraneo dove si presenta a raffiche violentissime (libecciate)», recita il Dizionario Treccani online - potrebbe trattarsi anche della capitale del Portogallo.
Sull'ambiguità e plurivocità dell'urbanistica e della toponomastica tabucchiana e sullo scandaglio metafisico delle sembianze perpetuamente sfuggenti del reale nel romanzo del 1986 Remo Ceserani si è soffermato a più riprese, per esempio in un saggio del 2001 e poi in un articolo pubblicato su «il manifesto» nel 2012 (ma anche nella primissima delle Messe a fuoco uscite sulla rivista online «Aracne», datata 2011). Ma a Genova - una Genova che presenta qualche elemento di contatto con quella tabucchiana, ma anche dai toni ironico-satirici ben più accentuati - Ceserani aveva dedicato già la sua attenzione di scrittore, nell'unico romanzo del suo corpus (1996). In effetti, della città e della regione ligure si parla, insieme ad altre cose, nel cap. IX del Viaggio in Italia del dottor Dapertutto, intitolato Bello il comunismo, ma non funziona. I Reisebilder di Palimpsestus sono «tendenzialmente negativi sulla città di Genova e il paesaggio ligure, decisamente positivi sulla Toscana» (143); a tale scarso entusiasmo del professore tedesco fanno eco le perplessità del suo assistente Dapertutto: costui, che è anche il narratore del romanzo, moltiplica i rilievi sfavorevoli. A Genova i tassisti trascorrono il tempo a «parlar male della città [...] e dei genovesi» (153), l'albergo, «come altre cose a Genova in quella giornata piovosa», è «una delusione», il «pomeriggio genovese piovoso» offre «ben poco di eccitante» (155), il «buon nome di Genova» non viene «riscattato neppure dalla cena», e per finire la «notte genovese» dei due protagonisti non è «delle più tranquille» (156): sembra quasi di leggere il rovesciamento - in stile diabolico, potremmo aggiungere, vista la presenza nel romanzo di Dapertutto - di una guida turistica... Nella visione d'insieme che Palimpsestus ha di Genova ritorna il senso di un'inadeguatezza del mito, così frequentemente denunciato da Ceserani nel suo romanzo; mito che non viene riscattato nemmeno dagli abbondanti "sali letterari" profusi, come suo solito, dall'emulo di Goethe:

«Oh Genova, Genova, cosa sono venuti a cercare presso di te Heine e Nietzsche? Nella superbia dei tuoi palazzi, nelle colline arditissimamente ricoperte da schiere di caseggiati altissimi che sormontano l'uno sull'altro, nelle tue viuzze, piazzette, scalinate, nelle grandi piazze e strade aperte nel tuo ventre da tanti urbanisti un po' folli che si sono succeduti nel tempo per martoriarti, nelle navi bianche che stanno all'àncora dentro il tuo porto, nei fondachi e magazzini e banchine e gru e fabbriche e opifici che si stendono sui tuoi fianchi di ponente, nelle ville e giardini e scogli e promontori che si stendono verdi e lussureggianti su quelli di levante, c'è qualcosa di frettoloso e affastellato, di moderno e al tempo stesso di antico, di ristretto e di avaro. A vederti dal mare, che è poi la prospettiva giusta per vederti (anche se ormai sostituita da quella rovesciata delle ferrovie e delle autostrade), sembri angusta e senza raccoglimento, dominata da monti cupi e vallate strette, sferzata [...] da piogge intense e folate di vento raggelanti» (144).

 

  • Ceserani, Remo - Viaggio in Italia del dottor Dapertutto. Attraverso vizi (e virtù) degli intellettuali, Bologna, il Mulino, 1996.
  • Id. - «Il filo dell'orizzonte»: è Luino o Duino il luogo dove andare?, in C. Cattaruzza (a cura di), Dedica a Antonio Tabucchi, Pordenone, Associazione Provinciale per la Prosa, 2001, pp. 141-156.
  • Id. -L'infinito, Messa a fuoco #1, in «Aracne», s.d. [ma 2011], <http://www.aracne-rivista.it/Rubriche%20Messa%20a%20fuoco.html> (ultimo accesso 20 luglio 2018; attualmente irreperibile sul sito della rivista).
  • Id. - Eresie corrosive riflesse sull'acqua, «il manifesto», 27 marzo 2012, p. 10, <https://archiviopubblico.ilmanifesto.it/Articolo/2003195562> (23 marzo 2023).
  • Tabucchi, Antonio - Il filo dell'orizzonte (1986), Milano, Feltrinelli, 1998.
  • Zanotti, Paolo - Il testamento Disney, Milano, Ponte alle Grazie-Adriano Salani Editore, 2013.

 

Precedente Successivo Scheda bibliografica Torna all'inizio della recensione Torna all'indice completo del numero


Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2023

<http://www.boll900.it/2023-i/Genova.html>

gennaio-maggio 2023, n. 1-2


 

Valid HTML 4.01! Valid CSS!