Antonio Pagliaro e Barbara Pezzotti (a cura di), Andrea Camilleri, «Spunti e Ricerche. Rivista d'italianistica», 2020, pp. 88, Euro 25,50
di Inge Lanslots, KU Leuven

 

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Il 17 luglio 2019 scompare Andrea Camilleri, ma la sua voce non è destinata a scomparire. Infatti, la si è sentita di nuovo nell'agosto del 2021 quando andò in scena Intelletto d'amore (e altre bugie), conversazione teatrale basata sulla riflessione registrata dello scrittore novantatreenne sulla natura umana e sull'irrazionalità dell'amore. Il progetto inedito, che prende spunto dal sonetto dantesco «Tanto gentile e onesta pare», potrebbe quindi essere considerato come la seconda pubblicazione postuma di Camilleri, dopo Riccardino, l'ultimo capitolo della serie dedicata al commissario Salvo Montalbano uscito nel luglio 2020.
Con Riccardino Camilleri ha costretto sia i lettori che la critica a riconsiderare la sua eredità che è centrale nell'ultimo volume della rivista prestigiosa «Spunti e ricerche», curato da Antonio Pagliaro e Barbara Pezzotti. Nella loro introduzione, intitolata Camilleri, Custodian and Innovator of Italian Literature (pp. 4-7), i curatori propongono un ritratto sintetico ma complessivo dello scrittore siciliano. Pagliaro e Pezzotti sottolineano quanto la produzione di Camilleri abbia riscosso successo in Italia e all'estero - ne testimoniano non solo le traduzioni in 120 lingue ma anche i vari premi letterari o riconoscimenti. Ricordano a giusto titolo che sotto la vena detta escapista di Camilleri si avverte un forte impegno sociopolitico che lo unisce ad altri grandi scrittori del noir mediterraneo, quali Jean-Claude Izzo e Manuel Vázquez Montalbán. Inoltre, non fanno a meno di sottolineare l'importanza dell'amore per il cibo, la specificità dell'ideoletto letterario, inventato e perfezionato da Camilleri, e le consecutive sfide che pongono ai traduttori.
Passando al volume si rileva che i quattro contributi si organizzano su due assi, la specificità linguistica e la metatestualità. Il secondo e il quarto, infatti, sono dedicate alle particolarità linguistiche che caratterizzano la produzione letteraria di Camilleri. In Pseudo-orality and the Skaz Narrative Technique in Andrea Camilleri's Inspector Montalbano Series (pp. 29-46) Emilio Lomonaco tratta il siculo-italiano per cui lo scrittore fu fortemente criticato all'inizio della sua carriera letteraria. Nei primi anni novanta molti critici si erano rifiutati di attribuire un valore letterario al siculo-italiano riducendolo a un mero divertimento rassicurante per il pubblico. Nel frattempo gli stessi critici si sono ricreduti valorizzando la ricchezza del meticciato linguistico sottolineando allo stesso tempo la straordinaria «credibilità mimetica» (Mauro Novelli, p. 33). L'ideoletto non solo agevola la resa scritta dei dialoghi, ma evoca pure una narrazione che attinge all'oralità. Per comprendere appieno questo fenomeno linguistico Lomonaco ricorre alla tipologia di Boris Eichenbaum elaborata per l'analisi linguistica della letteratura russa. Lo skaz è quella tecnica o strategia idonea a creare l'illusione di oralità in un testo scritto sia per la sonorità, il ritmo che per la libertà espressiva - una narrazione orale non rispetta schemi prefissati. L'illusione di tale spontaneità linguistica andrebbe, come affermato dall'autore siciliano stesso, attribuita all'opera dei pupi. In altre parole: il siculo-italiano letterario di Camilleri riecheggerebbe l'oralità performativa del teatro delle marionette.
In Dialects and National Identity in Camilleri's «Il birraio di Preston» and Collodi's «Il viaggio per l'Italia di Giannettino» (pp. 58-79) Andrea Pagani si concentra a sua volta sull'eteroglossia nel romanzo storico del 1995 confrontandola con l'uso di lingue e dialetti nel libro per bambini di Collodi. Anche se concepiti a distanza di anni, i due testi raccontano lo stesso periodo storico, il Risorgimento. Inserendo dialetti e altre varianti linguistiche della penisola i due testi evidenziano la diversità multiculturale tipica dell'Italia. A differenza del testo di Collodi, sempre visto come il promotore dell'Italia appena unificata, Camilleri, però, sembra volersi opporre all'omogeneità linguistica programmata dall'allora governo. A prescindere dalle eventuali divergenze ideologiche dei due autori di successo, il loro uso di dialetti e varianti linguistiche illustra quanto questi non possano essere considerati come fenomeni periferici, ma come parti integranti della molteplicità che caratterizza la penisola italiana.
Nonostante le affinità tra i due contributi appena discussi, essi si alternano con saggi che esplorano il Camilleri nella veste di "tragediatore" della propria opera. In «La scomparsa di Patò»: una sperimentazione tra intertestualità e farsa (pp. 47-57) Nicoletta Peluffo analizza come Camilleri si sia progressivamente riavvicinato al teatro, alla messa in scena per concepire l'impianto narrativo e diegetico della sua prosa, un processo di cui La scomparsa di Patò (2000) segnò una tappa decisiva. Già al momento della pubblicazione Salvatore Silvano Nigro aveva notato che Camilleri autore in carne ed ossa, si era travestito nel romanzo come un suo sosia ottocentesco. Con l'inserzione di un suo doppio narrativo, Camilleri introduce varianti apocrife di altre opere, motivo per cui si infittiscono indizi diegetici e narrativi. Si rinforzano poi «elementi farseschi e grotteschi» (p. 50) nell'indagine della scomparsa dell'ingegnere a cui si aggiungono altre sparizioni e sostituzioni sia di persone che di oggetti. In La scomparsa di Patò ogni ricostruzione documentale e dialogica subisce una teatralizzazione. «Si tratta dunque di un esperimento in cui Camilleri complica la narrazione e la dissemina [...] di voci che si moltiplicano, di iperboli. [Il] "tragediatore" Camilleri [...] procede per ammiccamenti, svelamenti, allusioni, ma [...] al tempo stesso guida il lettore e lo accompagna in una vicenda complicata dalle esigenze della messa in scena» (pp. 55-56).
Il carattere sperimentale della scrittura di Camilleri culmina proprio in Riccardino (2020), che secondo la volontà dell'autore, avrebbe concluso la sua produzione poliziesca. In Mic Drop. Addio. Montalbano (Addio, Montalbano!) (pp. 11-28), Elgin Eckert ripete che, guardando esclusivamente al ciclo di Montalbano, si era già notato come negli episodi più recenti le indagini erano state spinte in secondo piano per dar maggior spazio alla narrazione delle vicende personali del commissario. Ciò nonostante, Montalbano ha sempre continuato a confrontarsi con il suo doppio cinematografico. Il Montalbano letterario, pur più imbranato del personaggio interpretato da Luca Zingaretti, continua a sentirsi superiore, una rivalità che viene ripresa in Riccardino. Il romanzo postumo, però, si incentra sul rapporto tra Montalbano e il suo creatore Camilleri che fa un'altra comparsa all'interno della propria produzione (Pagani tornerà sulla facoltà di rivolgersi apertamente al proprio personaggio all'interno della narrazione, il che accomuna ulteriormente Camilleri a Collodi). Tra il "tragediatore" e il suo personaggio si sviluppa un dialogo piuttosto teso sulla trama e sulle svolte assurde finché ambedue si dissolvano unendosi nel nulla, ma la componente metatestuale che si interroga di continuo sull'autenticitą del commissario continuerą a mantenere viva l'illusione della sua esistenza. Alla luce di ciò andrebbe riguardata la copertina del volume della rivista, che offre tanti spunti a future ricerche...

 

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Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2022

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gennaio-maggio 2022, n. 1-2


 

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