Sandra Petrignani, La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg, Vicenza, Neri Pozza Editore, 2018; BEAT Bestseller 2020, pp. 459
di Ombretta Frau, Mount Holyoke College, USA

 

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Alla vigilia di un importante anniversario, sessant'anni dalla pubblicazione del suo libro più famoso, Lessico famigliare (1963), Natalia Ginzburg sta riscuotendo grande attenzione nel campo della narrativa internazionale, con traduzioni (segnalo quella di Valentino e Sagittario, ad opera di Avril Bardoni, appena uscita per i tipi della New York Review of Books, 2020), articoli e studi importanti. È in questo clima di meritato revival che si colloca il saggio di Sandra Petrignani, La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg (Neri Pozza, 2018) che si fregia di una terza posizione al Premio Strega 2018 e viene ora riproposto in edizione economica nella collana BEAT Bestseller (2020), da cui cito.
Sandra Petrignani è scrittrice, giornalista, drammaturga e saggista. Ha conosciuto Natalia Ginzburg negli anni Ottanta grazie anche alle frequentazioni con il circolo di Giulio Einaudi, e la ricorda con un misto di ammirazione e soggezione. Ne parla nelle primissime pagine del suo libro allorché, autrice alle prime armi, ci presenta Natalia ormai anziana che le apre la porta della casa romana di Piazza Campo Marzio per poi dirle senza mezzi termini che il libro che Petrignani aveva sottoposto alla sua attenzione non lo ha capito e «Siccome non l'ho capito non mi piace. Ma siccome non l'ho capito non posso dare un giudizio» (p. 13). Il ricordo si conclude con Petrignani accasciata sulle scale in lacrime. Sincera fino alla crudeltà, introversa e severa anche nell'aspetto: «Una suora laica» (p. 12). Così Petrignani ricorda Ginzburg.
La corsara sfiora le cinquecento pagine ma si legge in fretta, grazie alla prosa coinvolgente di Sandra Petrignani. Il libro è suddiviso in quattro parti corredate da un'appendice finale in cui si riportano giudizi su Ginzburg di numerose personalità della cultura e dell'editoria italiana, da Dacia Maraini a Ludovica Nagel, da Giosetta Fioroni a Salvatore Mannuzzu, da Giorgio Pressburger a Rossana Rossanda che chiosa il volume: «Natalia, una giusta». (p. 434) A seguire una cronologia e una ricca, sebbene parziale, bibliografia. Unica piccola nota: stona, nel terzo millennio, indicare ancora una donna con l'articolo 'la'.
Nella Corsara Petrignani segue una narrazione strettamente cronologica che ripercorre ogni fase della vita personale e professionale di Natalia Ginzburg, autrice in cui il personale e il professionale si sono spesso sovrapposti, non solo con Lessico famigliare, ma anche con racconti quali Le scarpe rotte, Inverno in Abruzzo, Io e lui, per citare alcuni titoli entrati ormai a far parte della storia letteraria del Novecento italiano.
La corsara si legge quasi come un romanzo fornendo, allo stesso tempo, al lettore un ritratto completo di Natalia Ginzburg come autrice, come consulente editoriale, come giornalista e traduttrice, e come donna, moglie, madre e perfino amante, ripercorrendo tutte le tappe della sua vita, gli amori, le amicizie, la famiglia, la scrittura, il lavoro prezioso per la Einaudi e la breve ma incisiva carriera politica come parlamentare del Partito Comunista Italiano.
La struttura del libro è lineare ed essenziale: Petrignani ripercorre la genesi di ogni libro di Natalia per poi aprire lunghe parentesi biografiche, anche grazie alle frequenti citazioni non solo dalle opere di Ginzburg ma dalla corrispondenza con i tanti, tantissimi personaggi a cui è stata legata. Nel libro trova dunque ampio spazio l'amicizia, da quella con Italo Calvino e Giulio Einaudi, a quella con Cesare Pavese, Lalla Romano e soprattutto Cesare Garboli, a quella infine, lunghissima e travagliata, con Elsa Morante, nei cui confronti Ginzburg si sentì sempre intellettualmente inferiore. Vi trova posto anche l'amore, i due matrimoni di Natalia, entrambi sfociati in due vedovanze precoci, quello con Leone Ginzburg, morto nel 1944 a Roma dove era stato imprigionato dai nazifascisti, e quello con Gabriele Baldini, l'accademico così diverso da lei, morto prematuramente nel 1969. Insieme ai matrimoni anche i flirt di Natalia, in particolare quello con il poeta Salvatore Quasimodo.
La vita di Natalia Ginzburg è altresì tratteggiata attraverso la descrizione delle case che la ospitarono. Quella romana, definitiva, in Piazza Campo Marzio 3; quelle torinesi di famiglia; quella del confino in Abruzzo insieme a Leone Ginzburg. Durante la stesura del suo libro Petrignani le ha visitate quasi tutte. La sua passione per le case degli scrittori è nota (si veda il fortunato La scrittrice abita qui, 2003) e viene confermata anche in questo libro. Nella Corsara Petrignani si sottopone a un saliscendi per tutta la penisola atto a rintracciare e, ogniqualvolta possibile, visitare le case di Natalia, per poi descriverle meticolosamente: da quelle dell'infanzia torinese, pignolescamente riportate con toponomastica vecchia e nuova (un esempio per tutti via Pallamaglio 15, ora via Morgari 11), a quella del confino abruzzese a Pizzoli dove, in un momento di grande emozione, riconosce in un aquila dipinta sul soffitto quella stessa aquila in cui Ginzburg, nella novella Inverno in Abruzzo, aveva riconosciuto l'essenza dell'esilio (p. 108).
Dal profilo di Petrignani Ginzburg emerge forte e fragile, sprezzante e insicura, introversa e contraddittoria. Una persona, insomma, complessa, come complessi sono i suoi lavori. E molto riservata. Viene spontaneo chiedersi cosa avrebbe pensato Ginzburg di questo libro che mette a nudo ogni aspetto della sua vita e che la dipinge, a tratti, come debole, indecisa e insicura, soprattutto nei riguardi dei giudizi degli amici di cui si fidava ciecamente, da Garboli a Elsa Morante, dalla quale tornava sempre e comunque anche dopo le stroncature. La sua fu una vita affascinante anche perché toccata dalla Storia che, scrive Petrignani, «le passa accanto e la travolge» con lei «sempre lì in disparte, quando i suoi amici fondano una casa editrice, quando i fratelli finiscono in prigione come cospiratori antifascisti, quando scoppia la guerra, quando qualcuno a lei carissimo viene ucciso o si uccide. Lei è quella che guarda, quella che ascolta, quella che scrive» (p. 290).

 

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gennaio-maggio 2020, n. 1-2


 

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