Stefano Lazzarin, Felice Italo Beneduce, Eleonora Conti, Fabrizio Foni, Rita Fresu, Claudia Zudini, Il fantastico italiano. Bilancio critico e bibliografia commentata (dal 1980 a oggi), Firenze, Le Monnier Università, 2016, pp. 1-986
di Rosanna Maggiore

 

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Sommario
I.
II.
III.
Un "bilancio critico" e una "bibliografia commentata"
Il fantastico italiano, grovigli terminologici e molteplici declinazioni
Un'opera senza precedenti

 

§ II. La «donna politica»: sposa infelice o deputato di fatto

I. Un "bilancio critico" e una "bibliografia commentata"

Un'esile figura femminile, di spalle, in attesa davanti a una strada deserta e a uno scenario misterioso, fatto di vita e di morte, di luci e di ombre, di mura che ritagliano giardini, di spazi che perdono consistenza in profondità, di figure stilizzate appena visibili sotto un chiarore gelido, in un'atmosfera immobile e sospesa. È questa l'immagine di copertina (Landschaft mit Lanternen di Paul Delvaux) del volume Il fantastico italiano, una bibliografia che, come annuncia il sottotitolo, grazie alla forma del commento tesse un bilancio critico della ricezione del fantastico italiano "dal 1980 ad oggi". Un eloquente invito a inoltrarsi nei meandri di un genere che ha sicuramente attratto – e non solo respinto, come si è creduto a lungo – artisti, scrittori e critici del Belpaese.
Il grosso volume, quasi mille pagine, è stato pubblicato alla fine del 2016 per Mondadori Education ed è il frutto di un lavoro a sei mani. Si apre con un'introduzione di Stefano Lazzarin (Trentacinque anni di teoria e critica del fantastico italiano, pp. 1-58), che riprende aggiornandolo un saggio pubblicato nel 2007 sulla rivista «Moderna».1 Lazzarin ricostruisce qui la storia del dibattito critico sul fantastico italiano individuando essenzialmente tre fasi: gli anni Settanta e la ricezione dell'Introduction à la littérature fantastique di Tzvetan Todorov, tradotta nel 1977 per i tipi di Garzanti; gli anni Ottanta e la "formazione del canone" italiano attraverso le antologie e gli studi di Gianfranco Contini, Enrico Ghidetti, Leonardo Lattarulo e Italo Calvino; gli anni Novanta e l'"attacco alla teoria dei generi", a cui viene opposto infine uno "strutturalismo ben temperato". L'arco temporale evidenziato nel titolo ("dal 1980 a oggi") trova dunque la sua giustificazione nell'opinione del curatore, secondo il quale «il dibattito italiano è, per l'essenziale, un dibattito post-todoroviano» (p. 9).
Seguono cinque sezioni di diversa ampiezza, contenenti ben 799 schede bibliografiche. La prima sezione (Teorie alla prova dei testi: antologie e dintorni) è dedicata alle antologie del fantastico italiano, ai saggi e agli articoli ad esse relativi; la seconda (Generi, storia, tradizione) agli studi critici che vertono sulla specificità del fantastico italiano, considerato come modo letterario o come tradizione complessa; la terza (Temi, miti, 'topoi') ai saggi e agli articoli di argomento tematico; la quarta (Autori e testi) agli studi su singoli autori o singole opere; la quinta e ultima, la più policentrica (Contesti, ricezioni, intertesti, referenti, linguaggi), ai movimenti letterari più significativi, alle intersezioni di genere e alla dimensione intertestuale delle opere.
Le schede, scritte da sei specialisti che hanno deciso di non firmare i propri contributi per evidenziare la loro stretta collaborazione, sono ordinate cronologicamente, per data di prima pubblicazione dei testi, dei quali sono però commentate le edizioni più recenti. Tale criterio permette al lettore di registrare continuità e discontinuità, di apprezzare come, nel tempo, sia cambiata la ricezione di singoli autori, correnti letterarie e modalità narrative. Per consentire una lettura mirata e discontinua, le schede sono d'altronde pensate come "monadi bibliografiche", unità compiute e autonome. Attraverso un calcolato sistema di riferimenti interni, gli autori creano nondimeno dei legami – e quindi dei veri e propri percorsi di lettura – tra opere che affrontano le medesime questioni, tra interpretazioni critiche simili o divergenti. Citano inoltre i passi a loro avviso più significativi dei testi trattati, fornendo così un'idea dello stile e dei contenuti dello studio recensito, lasciando anche che le diverse voci si facciano eco tra loro. Del resto, se è vero che il Bilancio ha il taglio enciclopedico di un'opera di consultazione (anche nella veste grafica), è vero pure che alla descrizione sintetica dei testi presi in esame segue una valutazione critica sulla loro importanza storica e interpretativa. Anche per questo, «le schede bibliografiche non hanno tutte lo stesso taglio: ve ne sono di lunghe e particolareggiate e di brevi e concise, di descrittive e d'interpretative, di neutre e distaccate e di più 'militanti', insaporite con una dose di vis polemica» (p. 55). Ci troviamo cioè di fronte a un'enciclopedia aperta, che invita continuamente il lettore – specialista e non – al dialogo e al confronto.

 

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II. Il fantastico italiano, grovigli terminologici e molteplici declinazioni

Per venire a capo di quest'opera, occorre però tornare al titolo, Il fantastico italiano. Tre parole alquanto pregnanti. "Fantastico" convoca infatti attorno a sé più significati; l'aggettivo "italiano" rende le cose – se possibile – ancora più complesse.
Anche per questo, nel saggio introduttivo, Lazzarin si ferma sull'esistenza di due approcci al fantastico, quello dei critici "esclusivi" e quello dei critici "inclusivi". I primi considerano il fantastico un genere o un "modo" dalle radici storiche e dalle caratteristiche ben precise: nasce nel Settecento, si sviluppa soprattutto nel secolo successivo, implica – secondo la celebre definizione di Todorov – l'esitazione del lettore di fronte a un fatto apparentemente soprannaturale. I secondi, invece, riconoscono nel fantastico un fenomeno intrinseco alla letteratura, una categoria ampia e metastorica all'interno della quale è possibile individuare diversi generi e modalità narrative. I primi (in ambito italiano: Remo Ceserani, Lucio Lugnani, Francesco Orlando, Ferdinando Amigoni, lo stesso Lazzarin) fanno capo alla scuola francese; i secondi (Filippo Secchieri, Alessandro Scarsella, Monica Farnetti, Silvia Albertazzi) alla scuola anglo-americana.
Questa premessa è fondamentale perché in Italia si è spesso usato e si continua a usare il termine "fantastico" senza tener conto delle definizioni restrittive di Todorov. Si potrebbe sottolineare che ciò dipende non solo dall'adesione all'approccio inclusivo, ma anche da ragioni strettamente linguistiche, essendo il termine "fantastico" legato al termine "fantasia". Al fantastico sono pertanto ricondotte diverse modalità (il gotico, l'horror, il fantasy, la fantascienza) e correnti letterarie (la metafisica, il surreale, il realismo magico), scrittori che vantano una produzione fantastica ma anche scrittori che si sono interessati alla favola, al mito, al conte philosophique o al racconto surrealista, senza mai scrivere un racconto fantastico strictu sensu. Di fronte alla ricchezza semantica della parola "fantastico" e al panorama editoriale italiano, "la scommessa" degli autori del Bilancio è stata perciò quella «dell'impurità ragionata e feconda» (p. 54). Essi hanno cioè deciso di prendere in considerazione il fantastico definito da Todorov nel 1970, ma anche altre modalità narrative, più o meno limitrofe. Questo perché non si può non «riconoscere che il dibattito sul fantastico italiano è fatto anche da chi non condivide tale nozione [ristretta]» (p. 53). Ciò non toglie che l'approccio degli autori sia quello di chi preferisce «lavorare sulla definizione del fantastico come genere o come modo, elaborata dalla scuola 'francese'» (p. 41). A questa linea teorica si ispira dichiaratamente «non solo il saggio introduttivo, ma anche la rassegna bibliografica» (p. 43). Di qui le puntuali osservazioni critiche sulla pertinenza o sull'uso spesso troppo vago e impreciso della parola (per cui, tra l'altro, varrebbe la pena di rimandare il lettore ai diversi statuti del soprannaturale di Francesco Orlando, ripresi nel saggio Il soprannaturale letterario, uscito per Einaudi qualche mese dopo Il fantastico italiano).
Quest'uso del termine "fantastico" non è del resto recente. Il Bilancio permette al lettore di rilevare una certa resistenza da parte di critici e scrittori italiani nell'usare la parola "fantastico" per indicare esclusivamente il racconto tipico dell'Ottocento romantico. Questa resistenza dipende dalla storia stessa del termine "fantastico", ma rivela anche, a volte, un'ipoteca di carattere ideologico o politico nei confronti dell'irrazionale, il tentativo di dimostrare la base non romantica dell'immaginazione italiana, l'intenzione di aprire un'altra via al fantastico, una via per l'appunto italiana. Come nota Lazzarin a proposito del "canone italiano", gli studi, gli articoli e le antologie di Enrico Ghidetti, Leonardo Lattarulo e Italo Calvino (per citare i più importanti) lo confermano, hanno anzi contribuito in modo decisivo alla costruzione di un'immagine del "fantastico" italiano, che con un solo aggettivo si potrebbe definire "intellettuale". C'è, s'intende, anche chi, pur contribuendo alla costruzione di questa immagine, fa un uso molto preciso e circoscritto dei termini: Gianfranco Contini, per esempio, che nel 1946 e nel 1988 si concentra sul "magico-surreale", o Marco Barsacchi, che nel 1982 usa il termine "fantastico" per fare riferimento al racconto ottocentesco studiato da Todorov, e il sintagma "letteratura di phantasia" per indicare diversi altri filoni letterari (la fiaba, il mito, il meraviglioso).
Il Bilancio mette dunque in luce la presenza di diversi "grovigli terminologici", la storia della ricezione del fantastico in Italia, la formazione di un canone italiano attraverso le posizioni di diversi critici e scrittori. Tra questi, spicca il nome di Italo Calvino, che distingue il significato delle parole "fantastique" e "fantastico", non esita a escludere gli autori italiani dalla sua antologia Racconti fantastici dell'Ottocento considerandoli "minori", e riconosce poco dopo in Giacomo Leopardi il padre del fantastico italiano novecentesco. Il dato più sorprendente consiste nel fatto che questa lettura – evidentemente orientata – è stata accolta dalla critica senza grandi riserve. Gli autori del Bilancio lo notano richiamandosi più volte alla posizione di Leonardo Lattarulo (pp. 112, 322, 357),2 a cui la tesi di Calvino sul retaggio di Leopardi nella letteratura fantastica appare «di grande interesse per comprendere un aspetto della poetica di Calvino», meno utile per comprendere il fantastico italiano, in quanto nelle prose di Leopardi è assente il "perturbante". Lattarulo ha ragione nel sostenere che il modello leopardiano non aiuta a capire il fantastico di tipo romantico; si potrebbe nondimeno dubitare del fatto che Calvino voglia dimostrare il contrario, e aggiungere che la sua posizione illumina ben più che un aspetto della propria poetica. Ha un retroterra critico e avrà notevole fortuna: aiuta a capire la storia della ricezione del fantastico in Italia, il modo in cui la letteratura italiana pensa se stessa in relazione alla modernità. Non è un caso se Calvino – che non ha mai scritto un racconto fantastico secondo il paradigma di Todorov – è spesso considerato l'autore più rappresentativo del fantastico italiano. Lo affermano Leonardo Lattarulo, Enrico Ghidetti, Lucio D'Arcangelo, Fausto Gianfranceschi. Il paradosso non sussiste, se "fantastico" non è inteso nel senso restrittivo di Todorov, ma tale scelta è anch'essa rivelatrice dei criteri adottati dagli antologisti, della volontà di affiancare al fantastico romantico un altro tipo di letteratura, apparentemente più congeniale alla saggia e razionale Italia.
Queste poche considerazioni mostrano quanto sia complessa e ancora aperta la questione relativa al "fantastico italiano", anche solo da un punto di vista terminologico e concettuale. Gli autori del Bilancio critico hanno il merito di aver affrontato questo e moltissimi altri nodi della questione (penso in particolare alle correnti artistiche assimilate al modo fantastico o alle intersezioni di genere). Il risultato è un'utilissima guida e una preziosa cartina tornasole per chi studia il fantastico come modo o come tradizione complessa, ma anche per chi studia la sua ricezione in Italia, le resistenze nei confronti del modello nordico o romantico, l'idea dominante della sua inesistenza nell'Ottocento, le riserve dei critici idealisti e marxisti nei confronti dell'irrazionale, la ricerca di una via italiana al fantastico prima, al surrealismo, alla fantascienza e ad altri generi limitrofi poi. Tra le righe del Bilancio c'è in effetti molta storiografia letteraria, ambito di studio degno di essere esplorato per cogliere il rapporto di letterati e critici italiani con il fantastico e con la letteratura di 'fantasia', per analizzare non solo la poetica di singoli autori, ma anche il modo in cui la letteratura italiana si relaziona alle altre letterature e alla modernità.
Il Bilancio fornisce dunque strumenti utili per studiare la storia e la ricezione italiana del fantastico strictu sensu. Coprendo un territorio molto ampio, fornisce anche, però, diversi spunti interessanti sulla presenza di filoni di letteratura d'immaginazione che vi si oppongono o vi si affiancano. Per fare un esempio che ci riporta a Calvino, in riferimento allo studio di Liliana Cellerino,3 che include nel suo canone Palazzeschi, Bontempelli, Panzini e soprattutto Savinio (erede di Luciano), gli autori del Bilancio notano che il corso della prosa 'moralistica' interseca nel Novecento quello del fantastico italiano, concludendo: «Vale comunque la pena di rilevare l'importanza di questa tradizione 'parallela' nella genesi di uno dei modelli teorici più 'forti' del fantastico italiano: quello proposto da Italo Calvino. [...] Manca qui lo spazio per sviluppare debitamente l'ipotesi, che a quanto ci risulta non è mai stata finora avanzata» (p. 162).4 Individuando un canone italiano, il Bilancio mette d'altronde in luce tutto ciò che questo canone ha lasciato in ombra: la letteratura popolare, i filoni regionali, il fantastico femminile, l'irrazionalismo dell'Ottocento e del Novecento, il futurismo e le avanguardie italiane, la ricezione del surrealismo in Italia, il lato buio, nascosto, segreto di un'Italia che guarda alla modernità cercando un compromesso con la tradizione.
Il Bilancio è insomma uno strumento che può essere interrogato da più punti di vista e in diverso modo. Può essere utile per studiare il mutare dell'immaginario collettivo nel tempo, la persistenza o la trasformazione di alcuni temi o topoi (il vampirismo, il sogno, la follia, la malattia, la morte, il contatto con l'aldilà, la scomposizione dell'io, il doppio, l'animazione degli oggetti, gli automi, la medicina e la scienza, ecc.), la ricezione di autori noti e meno noti, la presenza di debiti, retaggi, filiazioni e parentele.

 

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III. Un'opera senza precedenti

Ci si può infine chiedere se nel panorama editoriale italiano esistesse qualcosa di simile. A rispondere è il Bilancio stesso, che tra le tante opere menziona naturalmente i suoi precedenti: le quattro bibliografie di Alessandro Scarsella,5 che mostra una conoscenza capillare della produzione internazionale; il lavoro di Silvia Zangrandi,6 42 pagine di titoli importanti della bibliografia sul fantastico in ordine alfabetico, con particolare riguardo al dibattito italiano; la rassegna di Rita Fresu7 e il lavoro compiuto dagli autori stessi del Bilancio.8 Questi precedenti sono senz'altro importanti, ma non esisteva ancora né un'opera bibliografica di riferimento né un repertorio bibliografico commentato in grado di coniugare analisi, sintesi e critica testuale.
Il Bilancio è inoltre un lavoro condotto con grande acribia e precisione. L'argomentazione è sempre chiara, puntuale e ordinata, lo stile retorico mai oscuro, contorto o appesantito da inutili tecnicismi. Non meno importante è la frequente segnalazione di errori commessi dagli autori recensiti, senz'altro utile per il futuro. Avrebbero reso l'utilizzo del volume ancora più semplice i numeri di pagina nell'indice dei nomi (che non comprende le opere citate all'interno delle schede ma non recensite), o i riferimenti bibliografici alla fine delle singole voci (almeno in quelle non particolarmente lunghe) per una lettura più fluida. Si tratta comunque di dettagli che non rendono difficile la consultazione dell'opera.
Concludendo, il Bilancio aiuta a studiare e a comprendere trentacinque anni di teoria e critica del fantastico italiano (dal 1980 a oggi) attraverso antologie e studi critici su generi letterari, correnti artistiche e singoli autori, temi, topoi e rapporti intertestuali. Rappresenta una guida imprescindibile per chiunque voglia inoltrarsi nel territorio impervio di un genere che, in Italia, è stato a lungo recepito con sospetto, pur esercitando un grande fascino. "Au cœur de l'Occident, où la lucidité du contrôle est inéliminable", sono ancora molti i sentieri da scoprire.

 

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Giugno-dicembre 2018, n. 1-2