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N. Dupré, M. Jansen, S. Jurisic, I. Lanslots, Narrazioni della crisi. Proposte italiane per il nuovo millennio, Firenze, Franco Cesati Editore, 2016
di Romano Summa
Il volume Narrazioni della crisi. Proposte italiane per il nuovo millennio (2016), edito da Franco Cesati Editore a cura di Natalie Dupré, Monica Jansen, Srecko Jurisic e Inge Lanslots, si presenta come una selezione di quattordici saggi che esplorano il rapporto tra la narrazione italiana e il concetto di "crisi", nelle sue accezioni più disparate. Si tratta, come ci ricordano i quattro curatori nell'introduzione, di un concetto dalla forte connotazione polivalente, che può indicare sia delle urgenze da affrontare, quindi distopie, sia una situazione critica che produce desideri e quindi utopie. La prospettiva adottata nel libro consiste dunque nel non considerare tali istanze utopiche e distopiche generate dalla crisi come due esigenze antitetiche, ma piuttosto come «categorie complementari i cui valori distruttivi e costruttivi possono anche mutare di segno» (p. 9).
Si ragiona inoltre sull'evoluzione della nozione di "crisi" e viene sottolineato che sarebbe riduttivo applicarlo al solo campo economico-finanziario, in quanto esso ha ormai invaso, con forza, anche la sfera esistenziale, influenzando così larga parte delle creazioni artistiche contemporanee. Allo stesso modo, si mettono in relazione queste "narrazioni della crisi" del nuovo millennio con quelle degli anni passati. Antonio Saccoccio propone ad esempio, sulla base del saggio I barbari di Alessandro Baricco, un parallelismo tra le avanguardie futuriste degli anni Dieci, e la nuova generazione di artisti del XXI Secolo. Lo studioso sottolinea che entrambe sono espressione del concetto di "barbarie", intesa come una reazione, attraverso linguaggi innovanti e quasi provocatori, alla crisi del soggetto di fronte alla coeva rivoluzione tecnico-scientifica: rivoluzione industriale nel primo caso, e digitale nel secondo caso.
Eleonora Conti osserva invece come questa stessa crisi e lo spaesamento provocato da alcuni effetti della globalizzazione hanno ridefinito i confini del mondo dell'infanzia, provocando, quantomeno in Occidente, da un lato la difficoltà a misurare l'uscita di un bambino dalla condizione infantile, e dall'altra un'infantilizzazione sempre maggiore degli adulti. Conti si interroga allora sugli effetti che questo sortisce sulla letteratura: «è ancora possibile, oggi, un romanzo d'avventura che abbia per protagonisti bambini o ragazzi? I bambini e i ragazzi possono sognare l'avventura, oggi?» (p. 27). Alcuni romanzi presi in esame, come Eravamo bambini abbastanza (2012) di Carola Susani o Roderick Duddle (2014) di Michele Mari, mostrano come i sogni dei bambini assumono a volte tratti tipicamente distopici, e come gli adulti creano dei personaggi infantili proiettandovi le proprie angosce e paure, generate in realtà proprio dal bombardamento mediatico cui ci espone continuamente la società contemporanea.
Hanna Serkowska, da parte sua, studia il rapporto tra utopie/distopie e letteratura femminista, prendendo in esame due romanzi di epoche diverse: Le donne muoiono (1951) di Anna Banti e Sirene (2007) di Laura Pugno. A suo avviso, queste due opere hanno in comune non solo la polemica con il pensiero femminista coevo (il femminismo emancipazionista e di élite degli anni Cinquanta, nel primo caso; il cyber e il post-femminismo del Duemila, nel secondo), ma anche e soprattutto l'atteggiamento antiutopico delle autrici, che «non offrono soluzioni di ripiego né un ottimistico rovesciamento dello sfascio iniziale» (p. 43), dal momento che non si trova nessuna forma di speranza utopica riguardante l'affermazione di una razza e di una vita migliore.
Tale senso di impotenza nei confronti della realtà è riscontrabile anche in Spaesamento (2010) di Giorgio Vasta. Secondo Ugo Perolino, questo romanzo, interpretato come una metafora avvilente dell'Italia berlusconiana, rappresenta bene il disagio del cittadino dell'attuale società liquida, caratterizzata da un'«ipermodernità dilaniata tra opposte tensioni, tra effervescenza, sgretolazione e strapotere pulsionale, da un lato, e 'identificazione adesiva', conformismo, modalità sociocentrica, dall'altro» (p. 51).
Uno degli effetti più evidenti dell'affermarsi della società liquida si registra nel mondo professionale, dove il precariato dilagante ha generato nelle persone una costante sensazione di insicurezza, che può essere definita come "precarietà esistenziale". Ciò ha dato vita a una copiosa letteratura incentrata su questa tematica, alla quale il presente volume presta la giusta attenzione.
L'argomento viene introdotto da Diego Varini, il quale si sofferma sull'opera Una irata sensazione di peggioramento (2002), l'ultimo romanzo dello scrittore Ottiero Ottieri. Varini sottolinea come si intersecano qui la crisi personale dello scrittore (tentativo di guarigione dall'alcolismo), e la crisi della società italiana (Tangentopoli, avvento del berlusconismo), nella prospettiva di un'utopia che coniughi il bene individuale e quello collettivo.
Anche Monica Jansen riprende uno degli esponenti maggiori della "letteratura industriale" e lo fa "dialogare" con uno scrittore contemporaneo: la studiosa propone un parallelismo tra Luciano Bianciardi e Alberto Prunetti, autori rispettivamente de La vita agra (1962) e Amianto (2012), alla luce dell'impegno comune di tradurre in narrativa la propria storia vissuta per rivendicare le ingiustizie del capitalismo nei confronti della classe operaia – l'alienazione in Bianciardi, l'uccisione del padre in Prunetti – e per ripensare la posizione dei lavoratori culturali all'interno della crisi del capitalismo.
Alessandro Ceteroni osserva al proposito un'evoluzione della crisi del soggetto all'interno del sistema capitalista, che si denota soprattutto nel passaggio decisivo dal capitalismo delle origini, quello industriale, all'attuale capitalismo flessibile. A suo avviso, questo ha generato in letteratura la comparsa di una nuova tipologia di personaggio: l'inetto dei romanzi italiani (ed europei) della prima metà del Novecento, caratterizzato da una sensazione di inadeguatezza rispetto all'ambiente circostante, avrebbe oggi ceduto il posto all'inerte, il quale proprio a causa delle mutazioni del contesto professionale può essere interpretato come «il personaggio che tende ad adattare il proprio carattere alla frammentarietà delle esperienze professionali che compie, assumendo un'identità flessibile e multipla» (p. 80).
Un esempio molto pertinente di personaggio "inerte" è il protagonista di Generazione mille euro (2010), romanzo incentrato sulla precarietà di quattro giovani che condividono un appartamento a Milano. Secondo Natalie Dupré, l'opera offre un'ennesima testimonianza di come alcuni scrittori contemporanei creano delle sorte di alter ego letterari sui quali proiettare tutte le proprie angosce da precari, registrando però al contempo i limiti della narrazione, intesa qui come capacità di trasmettere le esperienze vissute.
Claudio Panella propone invece un'analisi comparata di due romanzi, Nicola Rubino è entrato in fabbrica (2004) di Francesco Dezio e Cartongesso (2014) di Francesco Maino, nei quali egli riscontra «una fiducia comune nella scrittura e nella possibilità di realizzare delle contro-narrazioni efficaci al pensiero dominante sulle cause e sulle caratteristiche della crisi» (p. 101). Da notare soprattutto che tale volontà di opposizione al "pensiero unico neoliberista" si manifesta qui attraverso la ripresa di linguaggi regionali da parte degli scrittori, rispettivamente il pugliese e il veneto.
Gli autori contemporanei formulano nuove "utopie", nuovi valori, contro un modello di sviluppo basato unicamente sullo sfruttamento e sul profitto personale. Paolo Chirumbolo riflette su queste problematiche prendendo in considerazione la prospettiva del cinema contemporaneo, in particolare il film L'industriale (2011) di Giuliano Montaldo. Si tratta della storia di un industriale in crisi, in quanto realizza che il modello etico e sociale dell'antico capitalismo industriale si sta sbriciolando davanti alle logiche distruttive e crudeli del finanzcapitalismo contemporaneo.
Quest'aggressività del nuovo mercato globale si traduce anche nella forma di una crisi identitaria e territoriale, che nel Mediterraneo si manifesta in maniera più acuta. In questa prospettiva, Srecko Jurisic rivaluta la figura dello scrittore Andrea Camilleri, considerandolo un esponente di spicco del noir mediterraneo, piuttosto che un autore di intrattenimento, in virtù della sua capacità di suscitare nel lettore, tramite la rappresentazione del fenomeno criminale, riflessioni profonde sulle trasformazioni macroeconomiche in atto, e su quelle socioculturali e letterarie. Inoltre, un altro merito dello scrittore siciliano, è proprio quello di proporre un senso di comunità tra gli abitanti del bacino mediterraneo.
Quest'interpretazione della creazione letteraria come mezzo per reagire alla crisi identitaria attraverso la formazione di identità più aperte e transnazionali, è ben sviluppata nel presente libro. Clemens Arts sposta l'attenzione sul mondo balcanico, da sempre scenario di conflitti etnici e rivendicazioni identitarie, analizzando l'opera in versi La cotogna di Istanbul (2011) di Paolo Rumiz. La città di Sarajevo, nella quale si ambienta la storia d'amore dei protagonisti Maša e Max, offre l'immagine di un microcosmo multiculturale che mette in luce il concetto di balcanismo: un universo transnazionale che collega varie culture, e che non può essere ridotto né all'Occidente né all'Oriente, né al Sud né al Nord, ma proprio al suo essere "in betweenness" [in mezzo a].
Lo scrittore Amara Lakhous ci fa notare che il cosmopolitismo riguarda ormai anche il nostro territorio. Secondo Maria Bonaria Urban, quest'autore di origine algerina che da anni vive e scrive in lingua italiana, gioca un ruolo fondamentale nell'apertura verso l'interculturalità; i suoi romanzi hanno il pregio di mettere in "crisi" il lettore, mostrandogli, con una sottile ironia, l'inconsistenza dei pregiudizi contro i recenti immigrati, e mettendo al contempo in rilievo similitudini con i movimenti migratori interni degli italiani del passato che si spostavano in altre regioni.
Giuditta Caliendo, Inge Lanslots e Paul Sambre studiano infine due documentari, uno inglese e uno italiano, sul fenomeno della 'ndrangheta, al fine di illustrare divergenze e similarità degli approcci nazionale e transnazionale, anche in riferimento all'interazione con altri generi, non necessariamente mediatici.
In definitiva, il volume offre una riflessione strutturata e molto attuale intorno alle varie forme narrative occasionate dalla crisi. Emerge in particolare l'idea che ci si trovi davanti a un rinnovamento delle forme e dei contenuti dell'arte contemporanea, e che la chiave di lettura privilegiata deve consistere nell'interpretare tale metamorfosi in relazione alla "centralità" della crisi nella nostra società. Si tratta di un concetto fondamentale, che inquadra in qualche modo l'impegno del volume: se è vero che attualmente «riesce difficile immaginare un mondo e una vita senza crisi» (p. 9), essendo diventata una componente strutturale non solo del nostro tessuto societario, ma anche della nostra stessa esistenza, è allora vero che riesce altrettanto difficile una lettura critica delle narrazioni contemporanee che non tenga conto dell'influenza della crisi sulle sue forme e linguaggi.
Se è vero che le crisi sono state ricorrenti, più o meno marcatamente, nella vita delle società, e quindi hanno sempre influenzato la creazione artistica (si pensi solo alla narrativa scaturita dalle guerre mondiali), i saggi del volume si soffermano sulla peculiarità della crisi attuale, mettendo in evidenza come pur senza subire le tragedie e le distruzioni del passato, l'individuo occidentale è spesso attraversato da una perenne sensazione di spaesamento, paura, malessere e disagio.
La crisi attuale ha dunque una forma più subdola, ma non per questo meno invasiva e devastante.
Il paragone tra le opere del presente, espressione di quest'interiorizzazione della crisi, e quelle del passato, viene spesso proposto tra gli autori del volume, ed è funzionale a far risaltare le specificità della produzione narrativa contemporanea, come dei topos legati alla crisi e delle istanze utopiche/distopiche che mantengono la loro attualità nel corso degli anni.
Gli studiosi che hanno partecipato alla stesura del presente libro hanno il merito di far convergere sulla prospettiva della crisi vari nuclei tematici, articolati in diversi generi letterari e forme artistiche.
Si manifesta una netta propensione per lo studio delle opere letterarie, in molteplici generi (prosa, verso, romanzo puro, romanzo di inchiesta, fantascienza, memoriale) senza perdersi in riflessioni già largamente affrontate sui confini di genere, per non deviare da quello che è il vero oggetto di studio.
Va altresì apprezzata la volontà di portare uno sguardo "globale" e allargare la discussione anche al cinema e al documentario di inchiesta. In quest'ottica sarebbe stato interessante e avrebbe completato l'ampiezza della proposta, analizzare anche lo sguardo del teatro contemporaneo, ad esempio le varie forme di collettivi organizzati in reazione alla crisi del mercato del lavoro.
Sono varie e pertinenti anche le tematiche affrontate: il mondo infantile, il femminismo, la rivoluzione tecnologica, la società liquida, il precariato e la perdita di certezze nel mondo del lavoro, il rapporto tra nuove criminalità e globalizzazione, e la ridefinizione dei confini identitari. La molteplicità dei temi si sarebbe potuta integrare, a nostro avviso, con il tema della crisi della relazione dell'uomo con la natura e l'ambiente circostante: la distruzione delle risorse ambientali costituisce spesso il tema di diversi artisti che invitano a mettere in questione l'antropocentrismo alla base di queste devastazioni.
Per concludere, il volume rappresenta un contributo importante per la definizione dell'orientamento narrativo degli ultimi anni e per la storicizzazione proposta; mostra una struttura molto ben definita e rigorosa da parte dei curatori, tale da condurre agevolmente il lettore a un approccio multifocale e propositivo alla questione in tutta la sua complessità.
Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2018
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Giugno-dicembre 2018, n. 1-2
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