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Da Francesca entravano solo donne. Due, tre al giorno. A volte quattro o cinque. Da lei e Anna invece entrava solo Matteo, tranne quando si portava gli amici e guardavano la champions league. Lo sapeva che a lei non piaceva; il calcio era di una stupidità tale che a volte si incantava a guardarlo, esterrefatta, per interi minuti. Matteo allora la sbirciava con la coda dell'occhio, convinto che stesse cercando di farselo piacere. Si portava gli amici perché erano tutti single, come Anna. Ma quando sapeva che venivano, Anna si chiudeva in camera con tre vasetti di yogurt, e usciva solo dopo che se ne erano andati tutti.
Francesca abitava da poco al piano terra, con l'ingresso sul cortile interno. Non usciva quasi mai e però c'era quel via vai di donne. Monica le vedeva quando tornava dall'università o quando usciva sul balconcino ad annaffiare il basilico. Giovani donne che attraversavano il cortile altere, e arrivate davanti alla porta finestra, suonavano un paio di volte il campanello di ottone su cui non era inciso altro che nome e cognome, in un corsivo antiquato. Non c'era il citofono e dalle finestre non si affacciava mai nessuno. Si sentiva solo lo scatto della porta che si apriva. La spalancavano ed entravano decise, come a casa loro. Rimanevano mezz'ora, un'ora, a volte di più. Quando uscivano non parevano diverse da prima: che avessero cambiato pettinatura, un trucco particolare o avessero magari delle borse... sembravano esattamente uguali, forse un po' meno acide.
Sarà un troione lesbico, disse Matteo quando Monica gli raccontò del via vai.
Scusa?
Una che riceve amiche a domicilio.
Tipo una escort per donne?... Ma esistono?
Ci puoi scommettere... anzi... dovresti provare a farle visita anche tu.... magari ti piace, disse Matteo con delle smorfie esagerate. E dopo inviti anche me. Monica lo guardò.
Scemo, disse. Le sembrò impensabile che avesse tredici anni più di lei. Ma da quando? Cioè: da quando li aveva? Li aveva sempre avuti o si erano accumulati un po' alla volta? Tipo che mentre nella sua vita passava una settimana, in quella di Matteo ne passavano quattro, cinque. D'altronde la metà del tempo non stavano insieme, Matteo andava e veniva come in quella canzone di Mia Martini e lei non sapeva mai esattamente dove stesse quando non era lì; forse faceva dei viaggi nel tempo e ogni volta tornava un po' invecchiato per via della relatività e cos'altro. Sta di fatto che ora aveva tredici anni in più. Come dire che nel momento in cui lei nasceva, non era da escludere che si stesse facendo una sega con un fumetto porno.
Si mise a sedere sul letto e disse: Cazzo! Sobbalzò quando si accorse di Matteo. Dormiva a pancia in giù con un braccio che pendeva fuori dal letto come se fosse morto. Gli diede uno strattone, arrabbiata.
Che ci fai qua?
Dormo.
Lo vedo. Ma non l'hai sentita la sveglia?
Se dormivo...
Ma avevamo detto che rimanevi?
L'avevamo detto?
Non so...
Cioè, ce lo dobbiamo dire ogni volta?
Non rispose. Dormi qui te ne vai, sono sempre fatti tuoi.
Passando accanto alla finestra del balcone notò qualcuno che gesticolava in cortile.
Pensi di rimanere a letto tutta la mattina? potresti almeno tenermi compagnia mentre faccio colazione.
Credevo andavi via di corsa.
Ormai la lezione l'ho persa, disse Monica sbirciando la sagoma che si dimenava in cortile, in un modo lento e organizzato che aveva qualcosa di cerimoniale. Vado per quella delle dieci.
Be', se prepari il caffè allora mi alzo.
Che facevi il 15 aprile del 1989?
A che ora? rispose lui.
Mi prendi per il culo?
Tu che dici?
Stronzo, disse lei e gli tirò in testa un pezzetto di nocciola troppo grosso che rovinava l' uniforme confusione del muesli sul fondo della sua ciotola. Quella che gesticolava in giardino era Francesca che, in un triangolo di sole, faceva degli esercizi; tipo yoga, le parve. Non l'aveva mai notata prima.
Quando i loro sguardi si incrociarono nel cortile Monica fece una smorfia complessa in cui cercò di radunare rapido imbarazzo, noncuranza e accettazione, come se dovesse dire: certo è un po' inconsueto che uno si metta a fare ginnastica in questo cortile puzzolente sotto gli occhi di tutti, comunque io vado troppo di fretta per badarci e in ogni caso la cosa non mi riguarda né mi infastidisce, quindi ritengo che lei possa continuare a farlo. Francesca ricambiò il tutto con un sorriso quasi perfetto, mentre piegava il busto in avanti. La testa le era arrivata all'altezza delle ginocchia e una lunga coda di cavallo sfiorava un paio di scarpette nere di tela, uguali a quelle che portano i cinesi nei film.
Ciaoo, la sentì dire con una voce che nonostante la posizione vibrava sonora e Monica si sentì come quando al mattino, appena scesa dal letto, apriva la finestra e l'aria si infilava dappertutto.
Quando tornò, quattro ore dopo, si sorprese a pensare che fosse ancora lì, ma ovviamente non c'era. La mattina dopo, essendosi svegliata in orario, era trafelatissima, perché questo era l'unico modo che conosceva per non perdere nessuna lezione. Cercò di ricordare la smorfia del giorno prima pensando di temperarla con un po' di familiarità, ma non aveva ancora fatto in tempo a venirne a capo che Francesca stava già dicendo: Ciao, buona giornata, mentre le sue braccia disegnavano cerchi che andavano a chiudersi poco sopra l'inguine, con le mani arcuate e vicine, come se reggesse un grande uovo.
Continuano.
Cosa?
Le donne, disse Monica che da un po' stava sbirciando dietro la tendina del balcone.
Embè?
Pensavo... ma se fosse una escort e per di più gay, queste donne... mica verrebbero a qualsiasi ora. Non dovrebbero venire a ore un po' più discrete, quando non le vede nessuno?
Mh, disse Matteo.
Non credi?
Scusa, ma che ti frega?
Così, per parlare.
La sera dopo Matteo si presentò poco prima di cena con una bottiglia di vino rosso e l'aria di uno che la sa lunga, chiedendo: che si mangia?
Monica non l'aspettava. Niente, direi.
Ottimo. Ma forse se ti passo qualche informazione ci ripensi.
Tipo?
Dell'amica tua.
Che informazione mi vuoi passare di Anna che non sappia già?
No Anna, quell'altra... la contorsionista.
Non è amica mia.
Fa l'ayuu... rveda
Che?
La medicina ayurvedica.
Sarebbe?
Una roba alternativa, tipo l'omeopatia, i fiori di bacche... Riceve i clienti a casa.
Mh, disse Monica. Fissò la finestra del balcone, toccandosi il naso con il labbro. Ma è una medicina per sole donne?
Boh!
E come hai fatto a saperlo?
Gliel'ho chiesto.
Ecco. Ma quando?
Stamattina mentre faceva ginnastica. Ma quindi se non prepari niente andiamo a mangiarci una pizza?
Scusa ma se è un medico perché non ha messo fuori una targa?
Ma se ti ho detto che non è un vero medico...
E allora!?
Cosa?
Cioè, non potrebbe mettere fuori una roba tipo "esperta di terapie come si chiamano"?
Non so, dice che per il momento preferisce praticare solo per una cerchia ristretta... in realtà, anche se non l'ha detto, credo sia alle prime armi.
Alla faccia della cerchia ristretta! Disse Monica, irritata dal fatto che si stava irritando per una cosa così stupida. Certo che per un primo incontro gliene hai scucite di cose, disse. È che lui... come ci riusciva? a intrupparsi così con gli sconosciuti, a farsi consegnare la loro confidenza...
Ma che dici?
Arrivava lì con la sua faccia da schiaffi, un sorriso, una cazzata e quelli tac... Che uno non ci credeva... non ci si crede veramente che esistano ancora dei casi così, di queste persone che sembrano innocue e in due e due quattro gli consegni le chiavi di casa tua.
Allora usciamo? Ho fame...
C'ho mal di testa e domattina ho quattro ore di lezione...
Poi aveva fatto notte sui siti di medicine alternative e la mattina dopo era uscita prestissimo per la lezione di cartografia. Francesca sicuramente ancora se la dormiva.
A lezione si sforzò inutilmente di comprendere distinzioni che non le avevano mai dato problemi ma che le parvero adesso troppo sottili, e cavillose in modo inaccettabile. La geografia le sembrava a un tratto che stesse sempre lì a cercare il pelo nell'uovo, a fare inutili sfoggi di potenza dei particolari solo per l'incapacità di comprendere semplici insiemi. Dopo poco più di un'ora tornò a casa.
Anche oggi qua.
Sì, rispose Francesca senza interrompersi, approfitto del bel tempo. È sempre meglio fare gli esercizi all'aperto.
Mh disse Monica. Matteo, sai: il mio ragazzo... mi ha detto.
Scusa?
Della tua professione. L'ayur...veda
Ah, quel tipo è il tuo ragazzo? Scusa, non lo sapevo.
Sì lo so... non sembra... a volte... cioè lui è, per gli anni... è un tot più...
Francesca interruppe gli esercizi e la guardò. Anche Monica, ora che stava ferma, riuscì finalmente a guardarla. Era alta. Gli occhi assurdamente grigi avevano delle screziature verde-azzurro che le fecero pensare alla cartografia satellitare di un deserto striato da grandi fiumi che fanno verdeggiare le rive. Era in tuta come sempre, sembrava una che pensi di non dover uscire per tutto il giorno, ma poi si ritrova per strada senza accorgersene, come se le avessero sfilato la casa di dosso.
Non ho detto che non sembra il tuo ragazzo, solo che non lo sapevo.
Ok. Comunque volevo dire, lui mi ha raccontato... cioè... sei come un... medico, giusto?
Oddio, proprio un medico...
Ma sì, l'ayurveda... sono terapie, voglio dire... la gente ci si cura.
In India soprattutto, ma si sta diffondendo anche in Occidente.
Sì, lo so. Per qualche ragione le venne da dire che l'ayurveda era anche un suo grande interesse. In fondo c'entrava con lo yoga e lei era pur sempre cintura marrone di karate e dunque c'era un collegamento. Aveva smesso da anni ma questo non voleva dir niente perché imparare il karate è come imparare a nuotare, diceva il maestro.
E come vanno le cose?
In che senso?
Ne viene di gente?... intendo i pazienti, non so se il termine è esatto... cioè, mi pare che ci sia un certo via vai...
Non mi lamento. Ma per caso ti disturbano?
Chi?
I miei clienti.
Ma no, as-so-lu-ta-men-te. Forse però dovresti dire le mie clienti...
Francesca rise. È vero, praticamente sono tutte donne. Sei un'osservatrice.
Io veramente pensavo che facessi la es... tetista, disse Monica come se stesse pensando ad alta voce.
Francesca rise. In un certo senso non è del tutto sbagliato...
Già!
L'equilibrio rende più belli.
Esattamente.
Ora però è meglio che mi rimetta a fare gli esercizi.
Ne avrei proprio bisogno anch'io...
Di esercizi?
Di un po' di equilibrio.
Di quello non ce n'è mai abbastanza.
Già.
Bene... disse Francesca.
Forse potresti visitarmi...
Francesca la guardò incuriosita, come se fosse una bambina a cui non sapeva se credere o no. Ma ti senti qualcosa che non va?
Be'... è più una specie di... non so... disagio?
Disagio?
A volte mi sento un po'... così, dai... insomma
Inquieta?
Ecco!
E che altro?
Ci deve essere anche dell'altro per una cura ayurvedica?
No... è che così è un po' vago. Magari hai solo bisogno di riposo o di cambiare aria.
Forse. Disse Monica, ma sembrava delusa.
Adesso non mi fraintendere... se vuoi fare un consulto io non ti scoraggio di certo.
No, hai ragione. Non ci si dovrebbe far visitare se non si ha niente.
Questo è vero, ma... come sai... l'ayurveda non tratta i sintomi avulsi dal contesto, è una medicina olisitca... l'obiettivo è il benessere globale. L'equilibrio si può sempre migliorare, anche se non ci sono malesseri evidenti.
Monica fece di sì con la testa. È quel che dico anch'io, mormorò.
Facciamo così, ti do un biglietto mio da visita, così se decidi mi chiami.
Perfetto, disse Monica. Prese il biglietto e lo mise nella borsa in fretta, come se avesse paura che Francesca cambiasse idea. Poi tirò fuori un quaderno di appunti e una penna, scrisse il suo numero sull'angolo di un foglio bianco, lo strappò e lo diede a Francesca.
E questo è il mio, disse.
Francesca le sembrò un po' sorpresa ma comunque lo prese, ringraziandola con un bel sorriso snello.
Ci ho ripensato. Forse potrei farlo il consulto... scrisse sul cellulare. Accese la tv e si sedette sul divano. Passò qualche minuto a limare espressioni e cambiare parole: "scusa l'ora", "sono Monica, ti ricordi?" "se non è troppo tardi..." Mise e tolse faccette sorridenti, faccette che strizzavano l'occhio, faccette perplesse. Spedì e si mise ad aspettare, con il telefono in grembo.
Ok! Come prima visita meglio entro le otto di mattina... poi ti spiego... io martedì prossimo, se vuoi controllare l'agenda poi mi dici.
Francesca le aveva risposto dopo nemmeno dieci minuti.
Martedì è perfetto, scrisse subito.
Si alzò prestissimo e iniziò a trafficare tra la camera e il bagno, provando diversi vestiti e facendo rumore un po' con tutto. Doveva essere a stomaco vuoto e con la vescica libera.
Matteo aprì un occhio. Ma dov'è che vai a quest'ora?
...
È dalle sette che smanetti. Non andrai mica a lezione così in tiro, no?
...
Festa di laurea?
Madonna è tardissimo.
Sono le sette mezza!
Devo arrivare prima delle otto.
Prepari gli scherzi?
Ma no, vado da Francesca.
Ah. Siete diventate amiche... uscite...
No, mi fa un consulto.
Cioè quella cosa ayor...
...vedica. Sì.
Quindi vai a casa sua?
Sì.
Cioè qui sotto...
Sì.
E perché ti sei tirata così?
Ma va'. Mi sono fatta giusto una doccia. Te non ti lavi quando vai dal medico?
Io non ci vado mai dal medico.
Francesca le fece un sorriso strepitoso e la condusse in una stanza piccolina dove c'era legno e bambù ovunque. Le chiese di togliersi le scarpe e i vestiti tranne l'intimo e le indicò un tappetino al centro della stanza. Le disse di restare lì ben diritta, prese un foglio sul quale si vedeva una griglia con varie colonne, la squadrò per un attimo e cominciò a fare delle croci. Dopo averne fatte una mezza dozzina disse: ora ti puoi sedere, grazie. Le indicò una poltrona di midollino sulla quale erano gettati tessuti dai complicati disegni etnici e tornò a fare croci, interrompendosi solo di tanto in tanto, per una rapida occhiata. E ti puoi anche rivestire, se vuoi.
Ok, disse Monica, rimanendo seduta.
Mise via il foglio, ne prese un altro e iniziò con le domande. Com'era l'alimentazione?... i cereali, le verdure... Di che colore le preferiva? la digestione come andava? E l'intestino? che aspetto avevano le feci? Aveva crisi di sete improvvisa? urinava regolarmente? Dormiva molto o poco, il sonno era leggero o pesante? Si considerava di temperamento impulsivo o riflessiva? Aveva difficoltà a ricordare appuntamenti, scadenze... Si svegliava durante la notte? Aveva vampate di calore? E il sesso come andava? Preferiva il dolce o il salato?
Monica disse che il sesso andava bene.
Francesca tacque, la guardò e le chiese di porgerle la mano sinistra, la tenne nella destra, osservò le unghie, poi fece scorrere polpastrelli leggerissimi sul dorso della mano di Monica che ebbe un accenno di pelle d'oca. Francesca la guardò severamente e disse: sicura?
Sì! rispose. Si guardò la mano, cercando di vederci quello che ci vedeva Francesca. Le carezze assonnate con cui spolverava il corpo di Matteo? o la punta delle dita che diventava fredda mentre lui trafficava con la testa semi sparita tra le gambe di lei come se cercasse un interruttore generale?
Ok, disse Francesca. Faceva mai acquisti di piccole cose senza importanza o preferiva risparmiare per spese impegnative? Le piaceva avere cose costose? Si considerava spendacciona? Si impappinava mentre esponeva il suo pensiero? E i sogni?
Cosa?
Sono divertenti o spaventosi? Sogni di correre o volare o piuttosto di nuotare... ci sono nuvole, corsi d'acqua o boschi e foreste e di solito gli altri che fanno? Qualcuno si picchia? C'è gente che soffre o si ammazza, guerre, disastri... Sogni mai animali feroci? O piuttosto animali innocui; cavalli, scoiattoli... E ce n'è uno che ti spaventa particolarmente? Pesci, uccelli o animali di terra? Insetti, serpenti...
Cioè, questo intendi nei sogni o nella realtà?
Nei sogni, nei sogni! Sogni specchi? Armi? Sogni erotici?
Monica non riusciva più a tenere il ritmo, iniziò a incespicare e a rispondere non saprei.
Vuoi che facciamo una pausa? Mi sembri un po' stranita... sono andata veloce perché...
... ma no no
... mi hai detto che conosci l'ayurveda... e allora non mi sono messa a spiegare proprio tutto tutto
È ok. Mi hanno solo un po' confuso le domande.
Francesca sembrò irrigidirsi. Sono normali. Per prima cosa devo stabilire qual è il tuo dosha prevalente e se sta in rapporto di armonia o disequilibrio con gli altri, precisò. Hai presente?
Cosa?
I tre dosha. I principi fondamentali, Vata, Kapha e...
Sì, questo se lo ricordava. Pitta!
Francesca liberò un sorriso perfetto. Esatto. Vedi, i sintomi che dici... a volte sono dovuti a stress prolungati che creano uno squilibrio nelle energie fondamentali. Hai per caso qualche problema personale, familiare...
No.
Lavoro?
Nemmeno ce l'ho il lavoro.
Allora può essere quello...
Ma no, studio.
E ti piace quello che studi?
Ma sì.
Ok. Allora... forse ci sono dei canali un po' bloccati... cioè... a livello energetico. Quindi saprai già cosa dobbiamo fare adesso, per toglierci ogni dubbio...
Monica sorrise professionalmente.
Il polso! disse Francesca. Le si mise a fianco, le prese la mano sinistra con tutte e due le sue e posò tre dita sul polso, assestandole con piccoli movimenti, come se leggesse il braille. Quando la toccò, Monica sentì divincolarsi nello stomaco un borbottio che le parve fortissimo. Arrossì, Francesca rimase impassibile. Le ascoltò a lungo il polso con grande concentrazione, modificando ogni tanto la pressione dell'una o l'altra delle dita. Poi sorrise e la guardò soddisfatta. Monica spalancò gli occhi e lei disse: salta!
Salta?
Sì. Pitta salta.
È una buona cosa?
Francesca tornò subito seria, alzò le spalle e disse: uno o l'altro tendono comunque a prevalere.
Già. Rispose Monica.
Quello che conta è chi si sente di più.
Pitta?
Sì. Cioè: Pitta salta di suo, come la rana, no?
Sì, la rana.
Ma forse... si interruppe. Forse salta troppo... potrebbe essere uno squilibrio.
Di che genere?
Francesca la guardò. Pitta, come sai, è il dosha del calore e della trasformazione, ha sia dell'acqua che del fuoco. Forse ci sono dei cambiamenti all'orizzonte, qualcosa che devi ancora metabolizzare, desideri repressi da accettare, non so... ti torna?
Mi torna? La guardò come se la vedesse da molto lontano, come una figurina che saluta in una foto satellitare.
Ma dobbiamo riascoltarlo in un'ora diversa, perché gli squilibri si percepiscono al meglio dalle dieci alle dodici.
Mh, disse Monica. Quindi è meglio se torno?
Francesca le toccò un avambraccio. Direi, non ho mica finito con te.
C'era sempre più sole e Francesca adesso usciva ogni mattina e stava in cortile quasi un'ora. Alternava esercizi e contorcimenti a brevi passeggiate in cui compiva tre volte il periplo del cortile, respirando in modo teatrale.
Bella la vita così, disse. Matteo dal bagno non la sentì. Sostanzialmente non faceva altro che ricevere qualche cliente a casa. Eppure non sembrava se la passasse male. Da cosa si deduceva? non sapeva nemmeno se avesse l'auto... ma aveva un modo di camminare che metteva tranquillità, come se fosse appena uscita da un idromassaggio e Monica escludeva che una persona povera potesse camminare in quel modo. Si domandò se poteva permettersi una seconda visita...
Il sole le fece pensare all'estate. Guardò il calendario e si accorse che a quel punto ormai era inarrestabile. Tra poco torno dai miei, disse, a voce alta.
Matteo comparve sulla soglia della cucina. Ma non fai niente nella sessione estiva?
Ho un appello a fine giugno, poi ne riparliamo a settembre.
È per quello che sei così di cattivo umore?
Boh, disse.
Ma noi possiamo vederci lo stesso no? Alla fine per te non sono neanche due ore di treno.
Forse.
Forse?
Cioè, sì... voglio dire.... ma tu che fai d'estate? non torni a Foggia?
A fare che?
E che ne so.
Ho tutto qua: la mia vita. i miei amici, te...
Il cuore iniziò a dimenarsi dentro le costole e le parve che si fosse fatto caldissimo, già agosto. Aprì la finestra del balcone e si appoggiò alla ringhiera. Sentiva una parte di sé scivolare dentro la canzone di Mia Martini. Era una parte amputabile? se la poteva slacciare di dosso come un mantello gonfio d'acqua che ti rallenta mentre cerchi di nuotare o era troppo grossa per liberarsene? Chiuse gli occhi e si tastò il polso, senza sentire nulla.
Io? Chiese.
Tu, certo. Matteo le si avvicinò da dietro e le toccò una spalla. Si girò per guardarlo e la mano scivolò via.
Aveva saltato le lezioni del mattino per prepararsi e si stava guardando allo specchio con una certa soddisfazione quando suonò il cellulare. Matteo telefonava tutti i giorni, dopo che gli aveva detto che era meglio se non si vedevano per un po'. A volte gli rispondeva, ma lui parlava poco, sembrava fosse caduto in uno stato stuporoso, con una netta prevalenza di Kapha, il cigno lento, nascosto dalla pelle spessa e freddo. Dopo qualche minuto di balbettii si salutavano e il giorno dopo la cosa si ripeteva, ma adesso non poteva rispondere perché stava per far tardi. Attraversò il cortile in fretta e prima di suonare il campanello si voltò a guardare il balcone, dandosi arie da cliente e si accorse che il basilico, visto da laggiù, aveva un evidente bisogno d'acqua. Suonò, chiuse gli occhi e mentre aspettava che Francesca venisse ad aprire si tastò il polso. Pitta saltava come una rana ballerina.

Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2012
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Giugno-dicembre 2012, n. 1-2
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