Maria Grazia Cossu
Marguerite Yourcenar: la figura della Maddalena, fra mito e autobiografia

 

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Sommario
I.
II.
Marguerite come Maddalena
Significato etico della sofferenza


 

§ II. Significato etico della sofferenza

I. Marguerite come Maddalena

All'interno della vasta produzione di Marguerite Yourcenar, le opere di argomento religioso sono estremamente rare, e si limitano a un'interessante riflessione di carattere teologico: l'Essai de généalogie du Saint1, composta nel 1927 ma pubblicata nel 1934; e a due racconti, Marie-Madeleine ou le Salut2, che appartiene a Feux (1936), e Notre-Dame des Hirondelles contenuta in Nouvelles orientales3 (1938), un testo di fantasia nel quale l'autrice tenta di spiegare l'origine di una graziosa cappella della campagna attica. Le due raccolte esibiscono profonde consonanze. Innanzitutto si presentano in una forma testuale assai inconsueta e marginale nella produzione complessiva dell'autrice perché ogni volume consta di una decina di racconti che si rifanno ad un ipotesto generalmente noto della tradizione classica. Inoltre, le due opere vengono composte nello stesso periodo, a partire dal 1935, durante un soggiorno a Istanbul e poi ad Atene in compagnia del medico e poeta greco André Embiricos al quale la scrittrice dedica Nouvelles orientales.
Nei racconti mitici e leggendari di Feux e di Nouvelles orientales, i personaggi esprimono un' intensa passionalità che, in larga misura, asseconda una sensualità libera e gioiosa ma talvolta - come nel caso di Marie-Madeleine - manifesta, in maniera più inquieta, il richiamo irresistibile dell'assoluto, il bisogno profondo e travolgente di spiritualità. Tutti i testi sono ambientati in Grecia, ad eccezione della vicenda della Maddalena che ha come sfondo la Palestina.
In particolare, Feux contiene delle prose dal tono essenzialmente lirico, intervallate da alcune riflessioni autobiografiche sotto forma di aforismi e confessioni personali che rendono la narrazione particolarmente intensa: la sofferenza dei personaggi sembra perciò divenire lo specchio attraverso il quale la Yourcenar proietta e scompone le proprie tormentate esperienze d'amore.
Come spiega Colette Gaudin «Feux rappresenta l'illustrazione più esplicita dell'uso del mito come sostituto dell'autobiografia»4, dal momento che Marguerite compose quest'opera in un momento di profonda crisi sentimentale, quando André Fraigneau, giovane lettore della casa editrice Grasset di Parigi, non volle corrispondere al suo amore. Scrive, a questo proposito Josyane Savigneau, biografa della Yourcenar:

«Nel 1934, Marguerite incontra molte donne. Ama sedurle. Non tollera che le si resista. [...] E tuttavia è innamorata di un uomo. Innamorata come non lo è mai stata prima, come non potrà esserlo mai più, crede lei. E' biondo e molto bello, proprio di suo gusto, intelligente [...] è l'uomo della sua vita. E' il suo editore, quello che la legge per primo [...] che la incoraggia, la sostiene, la consiglia»5.

Dal canto suo, Andrè Fraigneau non si sente assolutamente attratto dalla scrittrice e rifiuta questa passione che considera quasi una sfida personale: «Era senz'altro il tipo di donna che ama le donne. Sognava di essere l'amante di uomini che amano gli uomini»6.
Michèle Goslar, altra attenta biografia della scrittrice, espone in dettaglio il processo di trasfigurazione personale che la Yourcenar avrebbe condotto su di sé per questo amore non corrisposto:

«Per quest'uomo, che eleva fino a Dio, Marguerite incarna Maria Maddalena. Vive la dissolutezza della santa, si rotola, come fece la santa, nel fango dell'infelicità, segue il suo Dio fino agli inferi e cerca [...] di sublimare la parte di sofferenza che è in ogni amore. Si persuade della banalità della felicità e vuole credere che solo la sofferenza sia degna d'essere vissuta, che il suo destino sia di vivere senza sosta l'esperienza del dolore, sola parte inalterabile dell'amore»7.

Marie-Madeleine ou le Salut costituisce dunque un testo particolarmente interessante perché coniugando due temi ricorrenti nell'opera della scrittrice francese - il mito e l'autobiografia - lascia intuire, nella sofferta confessione della protagonista, il dramma realmente vissuto dalla sua autrice. Al riguardo, Philippe Lejeune potrebbe perciò affermare che si tratta di un racconto di ispirazione autobiografica, in quanto la Yourcenar farebbe uso di «materiale preso a prestito dalla sua vita personale»8.
La trama della vicenda è tratta dalla Legende dorée di Jacques de Voragine9, un'opera molto nota nel Medioevo che raccoglie numerose vite di santi i cui episodi hanno ispirato nei secoli poeti e artisti e che la Yourcenar ebbe modo di leggere da bambina. In questa rappresentazione, la Maddalena accoglie in sé i tratti di Maria di Betania, sorella di Lazzaro, e di Maria di Magdala, l'adultera, e tale identificazione si conserva in tutta la tradizione cattolica mentre, in quella ortodossa, le due figure rimangono distinte.
Nel racconto, condotto in prima persona, la protagonista fornisce una dolorosa testimonianza dell'incontro con l'Assoluto che per lei rappresenta il segno di una conversione ma anche di una rinascita: la giovane viene infatti abbandonata da Giovanni l'Evangelista proprio la sera delle nozze e diviene una peccatrice quasi per il disperato bisogno di annullare se stessa nel modo considerato più indegno per una donna, ossia dandosi a tutti.
La Yourcenar introduce la figura della Maddalena con pochi rapidi tratti che ne definiscono senza incertezze l'identità e la sua appartenenza ad una famiglia agiata ma, quasi a sottolineare la duplice natura della sua esistenza, anche l'appellativo con cui è più nota come pubblica peccatrice:

«Mi chiamo Maria: mi chiamano Maddalena. Maddalena è il nome del mio villaggio, un piccolo paese dove mia madre aveva dei campi, dove mio padre aveva delle vigne. Sono nata a Magdala»10.

Le vicissitudini di Maria cominciano dall'incontro con Giovanni, un giovane ricco e virtuoso che «sfuggiva la taverna dove le prostitute si agitavano come vipere ai suoni eccitanti di un flauto triste»11, e la giovane si innamora perdutamente di lui e della sua dolce innocenza «Amare la sua innocenza fu il mio primo peccato»12. A dividere la coppia, si interpone però l'ombra del Cristo, tratteggiato come un temibile avversario «un rivale invisibile [...] dai capelli in disordine nei quali dei fili di paglia disegnavano un'aureola»13.
Assorta nella chiassosa allegria del banchetto di nozze, Maria non si accorge del bianco convitato seduto in disparte fra i poveri, e non comprende che il grande Seduttore è giunto alla festa per strapparle lo sposo:

«Non vidi, seduto fra i parenti poveri all'estremo della tavola dei poveri, il bianco vagabondo che comunicava ai giovani, con il tocco delle dita, con un bacio, quell'orribile specie di lebbra che li spinge a separarsi da tutto»14.

Quando Giovanni si sottrae con disgusto all'incontro nuziale e abbandona la sposa ancora vergine per seguire per sempre la voce di Gesù che lo chiama nelle tenebre, Maria si immerge anch'essa, per disperata vendetta, nel segreto della notte e giunge ad offrirsi al luogotenente romano che da tempo aveva gettato lo sguardo su di lei:

«Mantenni sul viso il mio cappuccio di lana nera; fui più arrendevole quando si trattò del mio corpo: quando mi riconobbe ero già Maria Maddalena»15.

Comincia così la parabola dissoluta della Maddalena che, per amore e per orgoglio, tace a tutti lo scandaloso segreto della fuga di Giovanni:

«Serbai a Giovanni il segreto della sua fuga con Dio [...] La madre di Giovanni venne a chiedermi spiegazione del preteso suicidio del suo unico figlio: non mi difesi, trovando meno umiliante lasciar credere a tutti che lo scomparso mi aveva follemente amato»16.

La donna si avvia dunque a discendere tutti i gradini dell'abiezione e, dopo un lungo peregrinare nei luoghi più malfamati della regione, un'umanità derelitta cominciò a parlarle di Cristo che percorreva anch'egli, instancabilmente, i villaggi della Palestina «Schernendo i preti, insultando i ricchi, seminando zizzania tra le famiglie, giustificando la donna adultera»17. Così un giorno sorse in Maria il proposito blasfemo di una sfida: incontrare Gesù per sedurlo e dimostrare a Giovanni che si era allontanato da lei solo per affidarsi ad un uomo come tutti gli altri:

«Sedurre Dio significava strappare a Giovanni il suo sostegno eterno, significava obbligarlo a ricadere su di me con tutto il peso della sua carne. Noi pecchiamo perché Dio non c'è [...] se Giovanni avesse capito che Dio era soltanto un uomo, non avrebbe avuto più motivo di non preferirgli i miei seni»18.

Ma quando la Maddalena si trovò faccia a faccia con Dio, si riconobbe in lui perché anch'Egli, per amore, aveva scelto di appartenere a tutti:

«Aveva sopportato la compagnia dei banditi, il contatto dei lebbrosi, l'insolenza dei gendarmi: accettava, come me, l'orribile sorte di appartenere a tutti»19.

 

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II. Significato etico della sofferenza

La redenzione della peccatrice avviene attraverso una significativa esperienza sensoriale quando Cristo impone le mani su di lei: «Pose sul mio capo la sua grande mano cadaverica che sembrava già priva di sangue»20, e le infonde nell'animo una pace straordinaria. La Maddalena sperimenta così una insperata conversione del cuore e quel gesto di salvezza la raggiunge intimamente trasformando la sua esistenza: «nell'istante preciso in cui i demoni mi abbandonarono, sono divenuta la posseduta di Dio. Giovanni scomparve dalla mia vita»21.
La ritrovata fede in Dio la conduce perciò lungo un itinerario spirituale e la donna intraprende un cammino di santità sperimentando personalmente la concezione della misericordia divina. A tale proposito, la vicenda della Maddalena consente alla Yourcenar di affrontare alcune riflessioni di natura filosofica che spesso si intravvedono sullo sfondo della sua produzione: in particolare, è possibile individuare nel racconto una pluralità di argomentazioni relative all'etica cristiana dell'amore come rinuncia, peraltro in parte già espresse dalla scrittrice in Essai su gènéalogie du saint.
Nel saggio, l'Autrice si interroga su ciò che rappresenta la figura del santo agli occhi di un credente e afferma che «un santo è un uomo che crede in Dio»22, mentre la santità costituisce «uno stato dell'intelletto più che una condizione dell'anima»23.
Inoltre, appare curioso come la Yourcenar descriva i fenomeni di rinnovamento religioso, individuale o collettivo, attraverso la metafora della malattia e del contagio ed esprima l'esperienza della Maddalena «come un'epidemia di santità»24. Secondo l'autrice, personalmente estranea ad ogni pratica religiosa, nelle piccole comunità delle origini il santo era semplicemente un uomo di fede e, come tale, non lo si poteva distinguere da chi osservava scrupolosamente i doveri di culto mentre oggi, invece, questa figura incarna la capacità di accogliere in maniera disarmante le avversità della vita e, come tale, appare necessaria perché questo atteggiamento costituisce l'unica soluzione che l'uomo può presentare per giustificare razionalmente le sofferenze dell'esistenza «il santo è una di queste soluzioni umane. Non è la sola. [...] E' una soluzione estrema, dunque una soluzione personale. Infine è una soluzione pessimista»25. In altre parole, la presenza di persone capaci di simili atteggiamenti è fondamentale perché esse rappresentano un modello etico per la comunità, altrimenti smarrita di fronte al dilagante scetticismo del nostro tempo.
Infatti, la santità si contrappone all'idea del male e del peccato e perciò sollecita un'aspirazione profonda all'assoluto che concretamente rappresenta per la Maddalena - e, in generale per ogni peccatore - l'unica opportunità di redenzione «la nozione di salvezza ha per corollario la nozione di peccato, o almeno [...] l'ottimismo del santo consiste nel credere che esista in lui qualcosa che vada la pena di essere salvato»26.
In chiusura del racconto, la Yourcenar accenna alla solitudine che avvolge la figura di Dio e che si riversa sui peccatori che intraprendono un cammino di santità: secondo la Maddalena «Dio è l'ultima risorsa dei solitari»27, e tale affermazione trova ampio riscontro anche nell'Essai de généalogie du saint dove l'autrice riconosce la funzione consolatoria svolta dalla figura divina che salva l'uomo dalla solitudine: l'uomo sogna Dio «per sentirsi meno solo»28.
In realtà, quando la Maddalena scopre il sepolcro deserto e la resurrezione di Cristo, sperimenta in sé una solitudine ancora più profonda e definitiva e afferma: «ero di nuovo più vuota di una vedova, più sola di una donna abbandonata»29. Infatti, quel Cristo che l'ha privata di tutto e che l'ha spinta ad accettare la purezza «come una perversione peggiore»30, non l'ha derubata solo dell'amore fecondo di un uomo, ma le ha lasciato anche una grande amarezza e l'ombra di un inenunciabile rimpianto. Pertanto, ora che la sua bellezza sfiorita non le consente di affrontare di nuovo i piaceri della carne, Maria Maddalena affida a poche parole il bilancio di un'intera esistenza:

«evito lo squallido errore di essere necessaria a Dio [...]. Egli non mi ha salvata né dalla morte, né dai mali, né dal crimine, poiché è per loro tramite che ci si salva. Mi ha salvata dalla felicità»31.

Dio non ha dunque salvato la Maddalena dai dolori della vita, al contrario, ella si è ritrovata a percorrere un itinerario salvifico carico di ostacoli e incertezze. Secondo la Yourcenar, quando l'individuo intraprende un cammino di santità, sperimenta una duplice e contraddittoria sensazione in quanto l'ascesi comporta soltanto «un'intima spoliazione di sé e, insieme, un arricchimento interiore»32.
Per la scrittrice, tale percorso implica una morale del sacrificio dai costi altissimi, in quanto si deve rinunciare a ciò che si possiede di più prezioso, con l'amara consapevolezza che tale sacrificio sia necessario per il bene di tutti: «affinché vi sia sacrificio, occorre che i beni a cui si rinuncia abbiano ancora un valore e che, nel liberarsene, si provi ben altro che la piacevole sensazione di alleggerirsi di un fardello»33.
La Maddalena è dunque la vera figura mitica del racconto: donna fragile e volubile, travolta e dominata da un destino che oltrepassa la sua volontà, alla fine riesce a riscattare se stessa rifugiandosi in un amore puro e disinteressato che di fatto annulla la sua femminilità, perché la guarigione che Dio opera in lei, la scoperta del sepolcro vuoto e la Resurrezione del Cristo, altro non sono che la definitiva scomparsa della dimensione corporea e la consolante possibilità di vivere i sentimenti in una relazione assoluta, sia pure esclusivamente platonica.
Se il motivo di fondo che lega i racconti di Feux è il fuoco della passione intesa come ossessione sentimentale e sessuale, il compianto di Maria Maddalena costituisce lo sfogo amaro di una donna rifiutata che ha trovato nella scrittura34 e nella trasfigurazione mitica35 dei protagonisti, la possibilità di elaborare il senso di una vicenda personale estremamente bruciante e dolorosa: il mito, infatti, dà voce ad un quesito universale, esprime l'incertezza di chi si interroga sul mondo, sull'amore, sull'Assoluto e fornisce risposte efficaci e consolatorie che legano indissolubilmente il destino del singolo alla condizione - spesso, altrettanto infelice - dell'umanità.

 

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Giugno-dicembre 2010, n. 1-2