Mario Ricciardi (a cura di), Lingua letteratura computer, Torino, Bollati Boringhieri, 1996, pp. 193
di Franco Tomasi

 

Scheda bibliografica Torna all'indice completo del numero Salva il frame corrente senza immagini Stampa il frame corrente



Il volume che raccoglie per la cura di Mario Ricciardi gli interventi che hanno animato il seminario «I nuovi strumenti del sapere umanistico» organizzato dal Centro Studi «Natalino Sapegno» ad Aosta nel 1995, si apre con la premessa di padre Roberto Busa SJ (L'informatica linguistica e il testo «sconosciuto») che, sulla scorta delle sue pionieristiche ricerche per l'Index Thomisticus, ammonisce circa la necessità di privilegiare la prassi sperimentale, la concreta messa in atto di progetti rispetto alle sterili risacche delle discussioni teoriche e, peggio, fantascientifiche nell'ambito dei rapporti tra informatica e studi letterari. Padre Busa, dopo aver illustrato la morfologia delle principali aree di sviluppo dell'informatica nel dominio umanistico (documentaristica, didattica, editoriale e, in particolare, linguistica), ricorda come l'utilizzo del computer sia una opportunità ulteriore e non antagonistica rispetto agli studi umanistici tradizionali, animati sempre dall'uomo e finalizzati ad una ideale ricerca di conoscenza.
Di seguito il volume si articola in tre distinte sezioni, la prima delle quali dedicata all'analisi quantitativa e informatica testuale: l'articolo di Roberto Diodato e Paola Pontani (Note di lessicografia informatica: due nuovi traguardi raggiunti da padre Roberto Busa SJ) illustra come la necessità di ripensare categorie linguistiche in funzione dell'elaborazione elettronica abbia portato, nel corso del lavoro di padre Busa, all'apertura di nuovi orizzonti di ricerca, in particolare nella considerazione dei singoli lemmi secondo la loro funzionalità (eterogeneità dei tipi semantici dell'IT) e nella segmentazione morfosintattica dei lemmi che, fra le altre cose, ha messo in discussione la tradizionale suddivisione in prefissi, temi e suffissi. Ancora nel settore della linguistica informatica si è mosso Maurizio Lana che nel suo intervento (Testi stili frequenze) illustra alcune possibili metodologie per l'interrogazione statistica dei testi finalizzata alla comprensione dei comportamenti linguistici e, in ultima analisi, stilistici. Tutte le vie proposte (considerare tutti i tipi di frequenze, allargare il raggio d'indagine per avere maggiori strumenti contestuali per dare significato pieno ai dati raccolti, etc.) dall'autore, consapevole del rischio che le frequenze statistiche si mostrino inermi rispetto all'intelligibilità del testo, sono finalizzate a fornire informazioni significative e fruibili a qualunque studioso anche non esperto. Aurelio Roncaglia, indagando il possibile ruolo dell'informatica nella pratica filologica (Procedimenti formali e «divinatio» nell'ecdotica), osserva che, se pur in alcune fasi dell'edizione del testo il computer può rivelarsi importante aiuto (nella parte logico-quantitativa del lavoro), rimane insostituibile il compito del critico nell'interpretatio (e nel limite estremo di tale pratica, nella divinatio).
La seconda sezione del volume è invece dedicata al rapporto tra narrativa e multimedialità. Domenico Fiormonte (Il computer e la scrittura: limiti e forme di un influsso) indaga i possibili mutamenti che lo stile narrativo di uno scrittore (in questo caso, Vincenzo Cerami) può subire in conseguenza del passaggio dagli strumenti tradizionali di scrittura all'uso del computer. Fiormonte, in prima battuta, ha affrontato il problema teorico, segnalando come il word processor, ad esempio, modifichi «la visualizzazione del testo» (si perde la globalità dell'insieme) e induca ad un certo conservatorismo del testo, con il ricorso a una revisione continua in luogo della vera e propria riscrittura: si tratta quindi di una metamorfosi del «rapporto con il pensiero e la sua "scrivibilità"». Analizzando poi le raccolte di racconti La gente e L'ipocrita di Vincenzo Cerami, Fiormonte, apprezzabile per la dichiarata prudenza rispetto ai risultati della sua ricerca, ha individuato nella frequenza di clichés narrativi e forme orali una possibile influenza dell'utilizzo del computer nella pratica creativa. Se la scarsa fertilità degli ipertesti narrativi, sino ad ora poco più che prodotti da laboratorio, sia genetica o semplicemente dovuta all'inesperienza tecnica dei suoi autori è il quesito al quale cerca di rispondere nel suo intervento Giulio Lughi (Browsing e controllo del testo: intorno agli ipertesti narrativi). Dall'analisi di esperimenti di iperfinzione nel mondo del cinema e dei videogames e con l'illustrazione di una pratica che utilizza il browsing del word processor per aprire nuovi modi narrativi, Lughi riconosce come le potenzialità dell'ipertesto narrativo siano ancora di fatto inesplose per la scarsa consapevolezza che l'autore possiede della tecnologia che ha a disposizione; i nuovi strumenti impongono quindi, secondo Lughi, una nuova retorica e una nuova narratologia capaci di comprendere a pieno il senso della dimensione ipertestuale.
La terza e ultima sezione del volume è dedicata ai nuovi scenari aperti nella didattica dall'introduzione dell'ipertesto. Massimo Riva illustra il progetto del Decameron Web (Il «Decameron» come ipertesto: un'esperienza didattica alla Brown University) sperimentato alla Brown University. Rispondendo alla natura del testo boccacciano inteso sia nella sua natura di snodo enciclopedico sia nella sua funzione di grammatica narrativa, lo sforzo progettuale dell'équipe della Brown University si è impegnato a coinvolgere lettore e studente come parte integrante di una ipertestualità inserita sullo sfondo di un processo ermeneutico in espansione progressiva: una sorta di cantiere in progress che scardina profondamente le modalità di approccio al testo e, con esso, dalla pratica didattica nel suo insieme. Di un'esperienza italiana svoltasi a Torino riferisce invece il curatore del volume Mario Ricciardi (Plurimedia). Dopo aver illustrato l'architettura progettuale di Plurimedia, un «sistema integrato plurimediale» in grado di far cooperare una serie di strumenti su di una medesima scrivania, Ricciardi da un lato disegna il quadro ideale cui tende il programma (nuove forme di alfabetizzazione, personalizzazione dell'apprendimento, modificazione della gerarchie tra docente e studente, nuovo concetto di geografia delle comunità di ricerca e di studio, etc.) e dall'altro individua, sulla scorta dell'esperienza, i problemi che comporta l'innovazione didattica, quali, ad esempio, la necessità di un continuo rimettere in discussione quanto appreso, etc.

 

Precedente Successivo Scheda bibliografica Torna all'inizio della recensione Torna all'indice completo del numero


Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 1997-1999

<http://www3.unibo.it/boll900/numeri/1997-ii/Tomasi2.html>

Giugno-Dicembre 1997, n. 2