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Vitaniello Bonito, L'occhio del tempo. L'orologio barocco tra letteratura, scienza ed emblematica, Bologna, Clueb, 1995, pp. 281
di Daniela Baroncini
Simbolo del sentimento del tempo che ossessiona il barocco, l'orologio appare la grande metafora del secolo tormentato dall'idea perenne della caducità e del decadimento. Fedele all'insegnamento di Curtius, L'occhio del tempo esplora questa immagine topica proponendosi come ricostruzione di una vasta costellazione metaforica.
L'indagine percorre territori diversi, penetrando nell'ambito del sapere tecnico e scientifico e scrutando il campo dell'iconologia e dell'emblematica, per svilupparsi poi nei capitoli dedicati alla poesia, al teatro, alla trattatistica erudita e all'eloquenza dei predicatori.
Lo studio domina una materia varia e complessa, illustrando da punti di vista molteplici la simbologia dell'orologio inteso come "bussola antropologica" e specchio dell'inquietudine dell'uomo barocco. Si giunge così ad un'interpretazione della poesia barocca come scrittura del tempo regolata nel suo ritmo interiore dalla retorica dell'orologio.
Costruito intorno all'idea dell'orologio come "figura del tempo", il libro coglie la trasformazione radicale della nozione temporale nell'età barocca, rappresentando la nascita del tempo vorace della modernità «nella danza lenta e rituale della propria disgregazione». Occorre infatti sottolineare la tensione tra questo libro e il Novecento, dove la riflessione sul tempo si ripropone con il senso drammatico del divenire, presente soprattutto nella meditazione ungarettiana sul barocco. Sedotto dalla "mobile immobilità" dell'orologio a polvere, il simbolo per eccellenza della fuga inarrestabile del tempo, anche Jünger ha dedicato pagine straordinarie al "geroglifico del tempo", l'"alegórico instrumento" che Borges assegna al mondo "cinerino" del Caso e del Niente.
Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 1997-1999
<http://www3.unibo.it/boll900/numeri/1997-ii/Baroncini.html>
Giugno-Dicembre 1997, n. 2
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