Scott McCloud, Capire il fumetto. L'arte invisibile, Torino, Pavesio, 1996, pp. 224
di Francesco Albanese

 

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Anche il fumetto possedeva già come tutti i linguaggi una propria capacità di riflettere su se stesso: la sua dimensione metalinguistica, tuttavia, era spesso rimasta limitata all'ottenimento di effetti «teatro nel teatro» e al divertissement per palati fini. Ora essa viene invece portata alla piena realizzazione in un interessante tentativo di mostrare l'interdipendenza stretta tra i vari linguaggi nell'universo della comunicazione: un «saggio a fumetti» pare qualcosa destinato a strappare un sorriso in sede accademica, ma ci si deve ricredere avendo davanti i ben organizzati capitoli che offrono una meditata prospettiva storica sul rapporto parola-immagine, dal geroglifico alla tavola parolibera (ma soffermandosi anche sulle parallele evoluzioni della ricerca figurativa e letteraria tra Otto e Novecento), e soprattutto una puntuale e articolata disamina degli elementi lessicali, dei procedimenti semantico-iconici, della struttura narratologica, del problema del margine e della cornice, completando poi il tutto con una riflessione sull'arte sequenziale. Non è certo un'opera "scientifica" in senso stretto, ma neppure di piatta divulgazione, e riesce a far incontrare la critica "seria" con un linguaggio che, anche quando sia oggetto di studio per quest'ultima, le resta profondamente estraneo. Accurato, completo e documentato, il saggio a fumetti di McCloud, può soprattutto aiutare a stabilire un dialogo tra l'"iniziato" e lo "scienziato".

 

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Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 1997-1999

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Giugno-Dicembre 1997, n. 2