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Stefano Lazzarin (a cura di), Dante Trash. Sulla desacralizzazione della «Commedia» nella cultura contemporanea, Manziana (Roma), Vecchiarelli Editore, 2022, 148 pp., 30 €
di Daniela Cunico Dal Pra, University of North Carolina
Lo studio critico Dante Trash. Sulla desacralizzazione della Commedia nella cultura contemporanea a cura di Stefano Lazzarin, pubblicato nel 2021 con il contributo dell'Istituto Italiano di Cultura di Lione, è una raccolta di contributi di sei studiosi che si occupano di letteratura, teoria linguistica e Medioevo presso varie istituzioni in Italia, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Il saggio costituisce una delle numerose iniziative culturali realizzate in occasione della celebrazione del Settecentenario dalla morte di Dante Alighieri. Questo progetto parte dal presupposto di illustrare come la figura e la produzione di Dante abbiano costituito per sette secoli una fonte inesauribile e sempre in evoluzione di ispirazione poetica, linguistica, storica, politica, e religiosa.
Il Sommo Poeta è una figura di riferimento ancora così presente e attuale nel dibattito politico-culturale, che nel gennaio 2023, il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, intervistato da Pietro Senaldi nel corso del convegno «Pronti, candidati al via» organizzato a Milano dal partito Fratelli d'Italia, ha dato avvio a una polemica con la sua controversa dichiarazione che «il fondatore del pensiero di destra nel nostro Paese è stato Dante Alighieri, per la sua visione dell'umano e delle relazioni interpersonali e anche per la sua costruzione politica profondamente di destra».1
Il dibattito scaturito da questa provocazione è un'ulteriore prova della presenza nella cultura occidentale e dell'uso del Poeta, spesso strumentale, che viene fatto in situazioni disparate e con esiti inattesi. Dunque, il presente saggio giunge quanto mai opportuno, in quanto affronta, esplora, ed esamina il fenomeno dell'evoluzione dell'uso - e dell'abuso - che la figura e la produzione di Dante Alighieri hanno ispirato negli ultimi decenni. La chiave di lettura è un'analisi su come e a quale livello Dante, da fonte di ispirazione, sia diventato un pretesto in ambiti considerati non canonici, come per esempio la pubblicità, il cinema, i videogiochi, i fumetti e le canzoni, dando luogo, in casi estremi a una forma di cultura che spazia da ambiti che vanno dal pop al trash.
Il curatore del volume è anche l'autore dell'illuminante saggio introduttivo «Da Dante Pop a Dante Trash: prime linee d'interpretazione per un approccio inedito». Questo studio si presenta con una funzione esplicativa dell'intera raccolta, e costituisce la cornice entro cui si definisce lo storico processo di canonizzazione e sacralizzazione dell'opera e della persona di Dante avvenuto nei secoli. Lazzarin spiega che questo processo si evolve all'inizio del Novecento verso lo spazio della «leggenda» (p. 7), per poi passare in tempi più moderni all'iconizzazione e all'emblematizzazione di Dante; la traiettoria prosegue verso la proliferazione, e la disseminazione dell'icona dantesca che finisce per dilatarsi verso la mondializzazione, in forme legate alla cultura di massa contemporanea. Questa categorizzazione costituisce un passaggio che si rende necessario per la comprensione del senso dell'intera raccolta di contributi, in quanto fa capire chiaramente che, quando Dante diventa un'icona globale, da un processo di sacralizzazione, la parabola mostra un esito paradossale di desacralizzazione; sicché, «il Sommo Poeta e Dante Pop sono diventati le due facce della stessa medaglia» (p. 9). La conseguenza è la «fine della separazione fra cultura 'alta' e 'bassa'...» (p. 11).
La questione ora diventa la definizione del confine tra pop e trash e come la figura di Dante si accosti e si inserisca in queste categorie. Lazzarin lo dimostra attraverso quattro illuminanti esempi, dal tweet di @DanteSommo Poeta (p. 25), al messaggio dantesco lanciato verso la Stazione Spaziale Internazionale (p. 27), alla Nonciclopedia dantesca (p. 29), per concludersi con «la barzelletta delle Tre Corone all'osteria (e al cesso)» (p. 32). Lo studioso conclude il suo contributo definendolo il tentativo di «aprire un nuovo cantiere di ricerca», introducendo così i nuovi campi di indagine dei cinque saggi successivi (p. 33).
Cosicché il secondo contributo, quello di Giuseppe Sangirardi dal titolo «Dante classico, Dante al cioccolato, vicende di un'icona mondiale», che prende avvio dalla domanda di Alberto Casadei «Dante è un classico?», costituisce il passaggio successivo del progetto, ovvero «[...] se un classico, Dante, lo sia mai stato». E così lo studioso compie un excursus sulle posizioni di intellettuali e critici nei secoli, e lo fa con un'analisi che illustra e confronta il punto di vista "anticlassicista" di Marco Santagata con quello classicista di Thomas Stern Eliot; poi passa da quello che Alberto Asor Rosa definisce «paradossale» (p. 36), per proseguire con la disamina del concetto di classicismo e su dove si collochino i critici che hanno esaminato nei secoli l'opera di Dante, a partire da Giovanni Boccaccio, e Leonardo Bruni. La disamina continua con le posizioni espresse su Dante da Francesco Petrarca a Ludovico Ariosto a Torquato Tasso, per giungere agli ottocenteschi: con Leopardi, che promuove Dante come classico, mentre il Foscolo lo definisce il fondatore della lingua, della Nazione, e dell'Europa moderna (p. 43).
In sintesi, «tra fine Settecento e primo Ottocento Dante cessa di essere semplicemente uno dei grandi poeti della tradizione [...] per indossare l'abito [...] di padre della lingua e della nazione italiana» (p. 45). Nei primi decenni del Novecento, la temperie nazionalista si prolunga in Italia attraverso la Guerra e poi il fascismo; ma questo è anche il momento in cui la dantologia novecentesca acquista progressivamente un profilo internazionale. E se per esempio Gramsci rifiuta la lettura politica del testo dantesco, Borges ne promuove «una lettura deliberatamente 'ingenua', che considera ormai come un valore e un fine in sé il piacere del testo letterario» (p. 54). Ma, osserva opportunamente Sangirardi, ecco il paradosso: in questi anni l'incorporazione emblematica di Dante nella tradizione scolastica assicura la perpetuazione del suo mito; e, collocandolo sul piano dell'esperienza familiare, lo banalizza e contribuisce a trasformarlo in un mito di consumo (p. 55): la rifondazione ottocentesca del culto di Dante, la dantolatria, che crea le condizioni per l'elevazione di Dante, dapprima lo isolerà come monumento, e poi lo porterà alla banalizzazione scolastica e al mito del consumo. Sangirardi dimostra, con una serie di efficaci esempi, quanto segue: da un lato la persistente popolarità dell'icona, dall'altro la rimozione dei suoi contenuti storici che la fa diventare dapprima pop, e in molti casi trash. Tuttavia conclude che «un classico è un'opera capace di morire e risorgere continuamente, continuamente altra» (p. 60).
Questa affermazione conferma e introduce il campo di indagine del contributo successivo di Filippo Fonio: «La Divina Splatter Commedia: Dante, l'Anima Dannata, il Morto Vivente». Il saggio analizza ulteriormente il concetto di cultura pop, partendo dalla premessa che essa si distingua in due categorie: alta (high brow) e bassa (low brow); ma poiché si ritiene che questa distinzione risulta essere polarizzata e dunque insoddisfacente per definire certi aspetti della cultura pop, si rende opportuno inserire una terza tra le due categorie: la media (middle brow). E così Fonio introduce l'idea di midcult, contrapposta a masscult, e dimostra come il pop si collochi sì a livello di massa, ma il midcult che lo caratterizza diventi aurea medietas, una forma inferiore dell'high brow (p. 62). Lo studioso spiega dunque la funzione e la funzionalità del midcult e individua in quest'ultimo la chiave di lettura della sua analisi sulla presenza pop, e trash di Dante nel cinema, nella canzone, via via fino a giungere alla pornografia.
Fonio si domanda ancora cosa distingue un prodotto pop da un prodotto trash in base alle categorie introdotte nella sua premessa. Quanto alla collocazione del pop e del trash, l'autore si chiede inoltre se sia il caso che il pop si ponga a livello medio(-basso), mentre il trash a livello basso(-infimo), oppure invece se si tratti di stabilire che la distinzione tra cultura pop è «imitazione dell'effetto dell'imitazione» mentre la cultura trash è l'esito di una «emulazione fallita» (p. 66). Nel caso specifico di Dante poi, l'autore del saggio si chiede se la questione sia realmente imitativa, e ne studia l'effetto in due esempi da trash a splatter in letteratura e nel cinema: il primo riguarda Dante alle prese con i morti viventi nel film del 1968 di George A. Romero Valley of the Dead, e nel romanzo del 2010 di Kim Paffenroth con lo stesso titolo; il secondo è Francesca del 2015, film argentino diretto da Luciano Oretti (pp. 75-79).
Infine, con la presentazione del trash metal di rock dantesco del concept album dei Sepultura, Dante XXI (2006), Fonio conclude il suo excursus affermando, a conferma della sua tesi iniziale, che quest'ultima «operazione appare complessa e animata da una precisa volontà di rendere 'eccessiva', estrema, trash l'esperienza del viaggio ultramondano di Dante» (p. 80).
A questo punto si inserisce lo studio dal titolo «La misteriosa fiamma della Regina Loana di Umberto Eco, da Dante a Flash Gordon» di Fabio Camilletti, la cui analisi si rivolge al contributo che l'intellettuale poliedrico Umberto Eco ha svolto sul pop. Camilletti, parte dalla tesi che Umberto Eco sia stato uno dei pochi intellettuali in Italia a sdoganare uno studio della cultura pop, nelle Postille al "Nome della Rosa" del 1983. Infatti, nel suo romanzo La misteriosa fiamma della regina Loana pubblicato nel 2004, Eco usa come espediente narrativo di partenza un uomo che perde la propria memoria episodica (autobiografica), ma conserva quella semantica, cioè relativa a contenuti e non emozioni; ciò consente all'autore di far parlare il suo protagonista Yambo solo per citazioni. Tuttavia, il tema amoroso è costruito attraverso riferimenti a Dante, particolarmente alla Vita Nova e alla Commedia, in uno "zibaldone" di ricordi, che però non sono memorie dotte, o high brow: i beati e gli angeli del paradiso laico di Yambo sono (una ridda di) Flash Gordon e Ming Signore di Mongo, Mandrake e l'Orchestra Cetra di Pippo Barzizza, i personaggi Disney e Joséphine Baker: presenze rese tanto più incongrue dall'illustre modello dantesco e da un periodale biblico modellato sull'Apocalisse di Giovanni. E la visione finale che chiude il romanzo è un Paradiso dantesco virato in senso pop-trash (p. 84). In queste ultime pagine, dunque, Eco compone la propria Commedia trash, una desacralizzazione deliberata per risolvere il problema «di come ripetere l'esperienza dantesca nell'età del disincanto» (p. 89). La parata allegorica dei personaggi dell'immaginario pop o trash della Misteriosa fiamma diventa portatore di un significato: lo studio della cultura "bassa" ha un potenziale conoscitivo differente, ma non meno rilevante della cultura "alta"; la finzione letteraria si finge trascrizione di un sogno, topos medievale, che in Eco è sogno post-freudiano e forse anche borgesiano (pp. 90-91).
Il trash, per Eco (e per Yambo) non rappresenta l'esito dell'«emulazione fallita di un modello [...] ma l'inevitabile cultura condivisa di chi è cresciuto all'interno di una società di massa» (p. 94).
Camilletti conclude che La Misteriosa fiamma porta alle estreme conseguenze il paradosso del postmoderno enunciato nelle Postille: «non tanto parlare d'amore nonostante la cultura desacralizzata in cui siamo immersi, ma attraverso quella cultura; e giunge a un'esperienza dell'assoluto assimilabile a quella di Dante, con la consapevolezza che nel mondo postmoderno - o post-postmoderno - il volto di Beatrice non può che restare inaccessibile e velato» (p. 94).
Il quarto contributo è «Cattivik e la Commedia. Lingua e racconto dantesco tra parodia e critica sociale», di Alberto Sebastiani; anche questo studioso concorda con i colleghi che lo precedono in questo saggio sul fatto che Dante sia un brand, un'icona pop, alla cui istituzione hanno contribuito sette secoli di rappresentazioni in svariate forme che hanno fondato un immaginario del Poeta, di Beatrice, del loro mondo e dell'aldilà - pitture, affreschi, illustrazioni in volumi, tele e pareti di edifici laici e religiosi, cinema, e televisione, fino alla contemporanea digitalizzazione - destinati a un pubblico sia colto che popolare: dalle miniature tardo-medievali, ai fumetti, alle illustrazioni per un pubblico adulto, perché, citando Gianfranco Contini, «la Commedia è un libro illustrabile» (p. 96).
Infatti, nel Novecento l'illustrazione dantesca costituisce un "ecosistema narrativo", una iconosfera dantesca in cui coesistono il testo originario, la critica, gli adattamenti, la parodia per cinema, fumetto, televisione, videogiochi, libri illustrati per adulti e per bambini, canzoni con citazioni dantesche, pubblicità e perfino libri di "autoaiuto". L'oggetto dell'analisi di Sebastiani è Dante e il fumetto, e si concentra sulla trilogia dantesca di Cattivik, di Bonvi (Francesco Bonvicini). Questa trilogia si distingue da altre interpretazioni fumettistiche dantesche perché «la rielaborazione della Commedia coinvolge l'iconografia, la trama e la lingua, e l'intervento parodico agisce su tutte e tre, mediante la caricatura, l'abbassamento e il rovesciamento carnevalesco fondato sull'equivoco e le citazioni e le allusioni all'interno di giochi di parole» (p. 103).
In primis, Sebastiani analizza in dettaglio la questione linguistica, e rileva l'uso "espressionistico" della lingua e della cultura contemporanea. Passa poi all'analisi della rappresentazione: ad ogni Cantica corrisponde un momento della giornata di Cattivik: la notte per l'Inferno, l'alba per il Purgatorio e il giorno per il Paradiso. Tuttavia, nel fumetto è assente il senso escatologico del viaggio: a differenza di Dante-personaggio, Cattivik non cambia, perché è un viandante casuale; inoltre, i luoghi non rispettano la struttura verticale dantesca (eccetto il Purgatorio); infine, solo alcuni personaggi dell'Inferno dantesco vengono ripresi: Virgilio è assente, ma per esempio c'è Caronte. In generale, Sebastiani evidenzia la dimensione pop di Dante, l'abbassamento (e rovesciamento) delle situazioni con un intento dissacrante, degradato, trash, ma in una forma di «rifunzionalizzazione del testo e del discorso dantesco in una dimensione grottesca». Sebastiani nota che l'intento corrisponde al pasoliniano «essere vivi o essere morti è la stessa cosa» (p. 111). Dunque lo studioso conclude che la trilogia dantesca di Cattivik coincide con la crisi delle ideologie, quella della politica e dell'economia dell'era berlusconiana, del crollo del blocco sovietico, dell'illusione del socialismo reale, che trionfa invece con l'edonismo reaganiano e l'ideologia (neo-)liberista. In questo contesto, la trilogia apparentemente comica rivela invece una dimensione critica sorprendente (p. 112). Cattivik diventa «una maschera della commedia dell'arte, che da Pulcinella a Fantozzi ha sempre avuto una funzione critica attraverso il riso», e il Dante rappresentato smarrito è ciò che Slavoj Žižek, nel Trash sublime, individua come il Vuoto, il Luogo Sacro che c'è ancora (p. 113).
Brandon Essary, con «Dante+Fantozzi=Dantozzi? The Presence of Dante's Divine Comedy in the World of Fantozzi» si collega idealmente al saggio precedente nell'ingaggiare la sfida del confronto tra Dante e il personaggio di Fantozzi di Paolo Villaggio. Nonostante questo accostamento risulti a prima vista alquanto pindarico, a conclusione di questa raccolta di saggi è ormai chiara la pervasività di Dante nella cultura pop. Ecco dunque che lo studioso Essary individua una serie di affinità che riguardano le due personalità: innanzitutto, entrambi, il pellegrino e il ragioniere sono everyman, uomini comuni, e il lettore può identificarsi in loro e sentirsi coinvolto dagli eventi narrati; inoltre, nei loro rispettivi viaggi, entrambi i protagonisti affrontano un mondo infernale caratterizzato da vizi, peccati, punizioni e guardiani (p. 115). Ancora, Fantozzi fa spesso uso di espliciti riferimenti sia al mondo linguistico e letterario di Dante, che ad elementi sacri (voci, visioni di santi e angeli, miracoli) (p. 116). In virtù di queste affinità, lo studioso organizza il suo contributo in quattro sezioni: la prima è lessicale quantitativa (quante volte le parole 'inferno', 'purgatorio' e 'paradiso' compaiono nei testi scritti e cinematici; la seconda sezione è qualitativa, e analizza i riferimenti a Dante e al concetto di contrappasso nella famosa scena de La corazzata Potëmkin, dal film Il secondo tragico Fantozzi, il racconto breve A Porto Rotondo, e il saggio di Villaggio «Mi dichi. Prontuario comico della lingua italiana», nella sezione L'Associazione Dante Alighieri. La terza sezione segue un immaginario Dantozzi nei suoi viaggi oltremondani sulla falsa riga di quello di Dante. La quarta è un saggio umoristico di scrittura creativa, un divertissement in stile dantesco composto dall'autore, mentre si trovava in viaggio. Essary conclude che l'esperienza di Dante pop e trash può essere non solo divertente, ma anche «highly educational» (p. 133).
In conclusione, i saggi di questo volume riescono a delineare e a dare dignità a un aspetto dello studio di Dante, la categoria pop e trash, e al contempo a problematizzarla attraverso una copiosa serie di testi narrativi multimediali - canonici e non - dimostrando così che questo campo di indagine è vasto e pervasivo, e tutt'altro che limitato o esaurito. Infatti esso apre nuovi e complessi orizzonti e scenari critici, che rendono lo studio di Dante come personaggio storico e politico, e il dibattito sulla sua produzione letteraria, sempre attuale nella nostra cultura.
Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2023
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Giugno-dicembre 2023, n. 1-2
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