Damiano Benvegnù e Matteo Gilebbi (a cura di), Italy and the Ecological Imagination: Ecocritical Theories and Practices, Wilmington, Vernon Press, 2023, 205 pp., 81 €
di Santi Luca Famà, Stockholm University

 

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Italy and the Ecological Imagination: Ecocritical Theories and Practices è una raccolta curata da Damiano Benvegnù e Matteo Gilebbi e pubblicata da Vernon Press nel 2023. Il volume si concentra sul ruolo che l'immaginazione può ricoprire nel rapporto fra il mondo umano e quello non-umano, e spesso utilizza rappresentazioni sociali, culturali, letterarie e artistiche per immaginare modi più inclusivi di vivere insieme.
Nell'introduzione (pp. vii-xvii), i curatori precisano che l'italianità delle theories e practices presenti nel volume si configura come contrasto fra

«a long-standing and admired anthropocentric representation of the land and its inhabitants as a harmonious pastoral whole and our contemporary more-than-human sensibility toward what is instead impure, diverging, hybrid, and entangled» (p. ix).

Difatti, Benvegnù e Gilebbi accolgono chi legge con una discussione critica sulla categoria "paesaggio" a partire dall'emendamento alla costituzione italiana proposto nell'estate del 2021. Tale emendamento propone di aggiungere alla protezione del paesaggio anche quella dell'ambiente, degli ecosistemi, della biodiversità e degli animali non-umani. Secondo gli studiosi, la definizione di paesaggio utilizzata nel contesto italiano tende a romanzare l'esperienza che l'umano ha dell'interagire con il mondo non-umano. L'emendamento invece riconosce il diritto degli ecosistemi e della biodiversità di essere presi in considerazione anche quando nessun umano è presente ad osservarli. In aggiunta, l'emendamento spinge verso l'adozione di una prospettiva temporale più complessa e sfaccettata nell'affrontare i rapporti fra umani e non-umani; cioè, aggiunge al valore del paesaggio come patrimonio (e quindi come rappresentazione del passato) quello degli effetti a lungo termine delle azioni umane sull'ecosistema (e quindi come pensiero proiettato verso il futuro). Nel presentare questa idea molteplice ed eterogenea del rapporto fra umani e non-umani, i curatori scelgono di suddividere i dieci articoli del volume in due sezioni: una prima parte denominata «Theories» (pp. 1-88) ed una seconda denominata «Practices» (pp. 89-174).
La prima parte inizia con l'articolo «Anima Mundi and Metensomatosis in Giordano Bruno: Religion, Ethics, and Eco-theology» di Massimo Lollini, in cui l'autore analizza i concetti di anima mundi e di reincarnazione secondo la filosofia di Giordano Bruno. L'adozione di questi concetti viene presentata dall'autore come un possibile antidoto allo specismo e a tutte le forme di dualismo, poiché concepisce le singole anime come immortali in quanto singoli frammenti tutti appartenenti all'anima mundi. In «Primo Levi's Chewing Gum: A Semantics of Resistance for the Anthropocene», Serenella Iovino esamina il rapporto fra resistenza e antropocene: Iovino prima sottolinea i molteplici significati di resistenza e poi li rilegge attraverso una lente antropocenica. La resistenza si configura quindi come un atteggiamento di opposizione nei confronti di un fenomeno che unisce l'intera umanità all'interno del suo nome (antropos-cene) ma che presenta effetti differenti in base allo strato sociale al quale i singoli soggetti appartengono, confermando - come scrive Marco Armiero - che «even geology can be a question of class, race, and gender». La seconda definizione di cui scrive Iovino si riferisce alla capacità di non essere influenzati dagli eventi, specialmente da quelli negativi, come terremoti, eruzioni vulcaniche, ecomafia, cattiva politica, etc. Una resistenza che si può presentare quindi come una forma di creatività e atteggiamento positivo che permette di rimettersi in piedi, o come rifiuto assoluto delle politiche ambientali, così sfociando nel climate change denial. L'ultima definizione che viene analizzata è quella più concreta e materiale, ovvero quella di resistenza come effetto frenante di un materiale contro un altro. Quest'ultima definizione funge da ponte per una rilettura dei Segni sulla pietra di Primo Levi, dalla raccolta L'altrui mestiere (1985), così da mostrare come qualcosa di similmente innocuo come una chewing gum possa in realtà essere un materiale quasi indistruttibile. La studiosa sottolinea come la chewing gum ovviamente non sia la ragione per cui oggi ci troviamo nell'antropocene ma afferma che ci troviamo nell'antropocene proprio perché l'umano è capace di produrre sostanze resistenti quanto una chewing gum. Iovino conclude che la resistenza nell'antropocene è una combinazione di

«active resistance, revolt, mutiny, endurance, creativity, art, on the one side; and, on the other, the seemingly passive resistance - a recalcitrance, obstinacy, determination - of matter, which is instead the expression of matter's agency and desire». (p. 32)

Danila Cannamela, in «Italian Feminism of Sexual Difference: A "Different" Ecofeminist Thought», scrive di differenza sessuale, linguaggio metonimico, e di figura materna come precursore della teoria ecofemminista. Cannamela discute della storia del femminismo italiano così da ricollegarlo alla storia dell'ecocritica italiana ed offre un'alternativa tramite il femminismo della differenza italiano: equiparando il femminile al regno prelinguistico, associa la femminilità silenziosa con la natura silenziosa in quanto «nature, like women and female identities, is not perceived as a meaningful interlocutor, creative force, or relational agent» (p. 51). Nell'articolo che segue, «Film Ecophilosophy and the Question of the Animal: Jacques Derrida's Cat and Matteo Garrone's Dogs», Alberto Baracco propone una rilettura del film Dogman (2018) di Matteo Garrone tramite la lente della ecophilosophy. L'autore sostiene che i film sono risorse particolarmente preziose per l'investigazione filosofica della questione animale, ma avverte anche che la creazione di un dialogo fruttuoso fra filosofia e film necessiti che non ci sia alcuna gerarchia preconcetta fra le due parti. Difatti Baracco procede con la sua analisi di Dogman facendo precisi riferimenti alla filosofia di Derrida, così dimostrando tramite questo case study che la film philosophy sia capace di mettere in discussione la natura del rapporto fra umani e non-umani.
L'articolo «Walking: Ecocritical Encounters with Storied Matter» di Paolo Saporito chiude la parte teorica del volume. Lo studioso, partendo da teorie appartenenti alle material ecocritics, fornisce le definizioni di testo e di materialità raccontata [storied matter]; poi, si dedica ad analizzare l'azione del camminare in tre testi cinematografici e letterari, ovvero il film La notte (1961) di Michelangelo Antonioni, il romanzo Il sentiero degli dei (2010) di Wu Ming 2, ed il documentario Dusk Chorus (2017) di Nika Šaravanja, Alessandro D'Emilia e David Monacchi. Saporito sostiene la concezione del camminare come pratica che vede chi cammina come partecipante di incontri in cui la postura etica, la conoscenza e la tecnologia possono permettere di accedere e rendere comprensibili le storie appartenenti all'ambiente.
La seconda parte del volume inizia con un interessante reportage sulla storia naturale di Cravasco, un villaggio situato in provincia di Genova; un territorio che è stato sottoposto ad un costante deterioramento ed abuso nel corso di diverse generazioni di cittadini. In questo capitolo, intitolato Cravasco: An Example of Slow Violence, Serena Ferrando in maniera molto personale ma allo stesso tempo metodica ricorda e racconta gli eventi naturali accaduti nel luogo in cui è cresciuta e li ricollega al concetto di "slow violence" di Rob Nixon, analizza cioè la progressiva frattura nel rapporto fra ambiente e abitanti a causa di politiche inadeguate, della fedeltà nel progresso (anche a spese della vite non-umane sia organiche che non) e della difficolta contemporanea a riconoscere le connessioni fra ciò che viene percepito come civiltà e ciò che viene definito come natura. Segue il saggio di Federico Luisetti, intitolato «Giuseppe Penone's Earth Beings», in cui l'autore pone l'opera di Penone, esponente di punta della corrente artistica dell'arte povera, in dialogo con la nozione di "earth beings" che Luisetti recupera dalla cultura andina. Questi ultimi, noti anche in Quechua col nome tirakuna, sono «mountaintops and hillsides, lakes and trees, ridges and ravines, stones and springs» (p. 109). Secondo lo studioso, in questa nuova luce le opere di Penone sarebbero capaci di trasmettere la necessità di riconnessione fra umani e natura, e di reinventare cosa implichi essere umani. Jessica Sciubba, in «Abused Bodies, Abused Landscapes: Narratives of Exploitation and Resistance Across the Mediterranean», invece discute di due progetti-inchiesta su abusi fisici ed allo stesso tempo ambientali. L'autrice prende in esame Teresa e le altre, storie di donne nella Terra dei fuochi (2015) curato da Marco Armiero e Oro rosso. Fragole, pomodori e sfruttamento nel Mediterraneo (2018) scritto da Stefania Prandi. Sciubba sapientemente discute del corpo come luogo di resistenza, cioè come una «corporeal barricade against environmental and gender-based abuse» (p. 137); mette così in evidenza le interconnessioni fra corpo umano e corpo dell'ambiente nonumano per rendere visibile la giustapposizione fra gli abusi che gli umani compiono sull'ecosistema (in primo luogo, tramite le cosiddette ecomafie e agromafie) e quelli che le comunità compiono sugli strati marginalizzati della società (soprattutto nei confronti di donne e di tutti coloro che vengono percepiti come 'straniero' o 'altro'). Nel successivo articolo «Lyrical Intensity and Narrative Function: The Animal Gaze in Pietro Marcello's Bella e Perduta», Achille Castaldo rilegge Bella e Perduta di Pietro Marcello come momento di svolta nella carriera del regista. Questa affermazione è principalmente motivata dal sapiente bilanciamento fra immagini liriche e costruzioni narrative che Marcello mette in scena nel suo film; un approccio che rende il racconto anche un momento di contemplazione che in questo modo crea quello che Castaldo definisce «memory effect» (p. 142). Ponendo il film in dialogo con le riflessioni di Agamben sull'ontologia animale e sul paesaggio, l'autore sostiene che Bella e Perduta spinga lo spettatore verso «an aesthetic experience of depersonalization» (p. 142), in quanto il film non permette un'identificazione che vada oltre la superfice così obbligando lo spettatore ad una contemplazione della sofferenza altrui. A concludere il volume è il capitolo di Emiliano Guaraldo Rodriguez Investigating the Extinction Crime Scene: Guido Morselli's Eco-political Manifesto and the Forensic Gaze of the Anthropocene. Guaraldo Rodriguez propone una interessantissima nuova interpretazione del romanzo post-apocalittico Dissipatio H.G. (1972-3, 1977) di Guido Morselli che propone come antesignana del paradigma antropocenico. Il romanzo è molto adatto al tipo di analisi che conduce l'autore: si presenta come l'indagine di una scena del crimine che coincide con l'intero globo e a condurre tale inchiesta è l'ultimo esemplare umano sulla terra. L'obiettivo finale è comprendere cosa sia accaduto e perché, l'indagine è però fallimentare e quasi una parodia dell'arroganza umana che si palesa nel voler avere il controllo dell'intero pianeta. Dissipatio H.G. è quindi per Guaraldo Rodriguez un irrisolvibile crime scene che rappresenta il fallimento ultimo dell'antropos nell'antropocene.
I contributi che compongono questo volume, nonostante siano di tipo eterogeneo, riescono nel loro insieme a creare un lavoro coerente e capace di suggerire a chi legge l'apporto che gli Italian Studies possono offrire al panorama degli studi ecocritici. In essi a volte convivono posizioni un po' distanti - ad esempio sul rapporto fra l'idea di madre e quella di natura-ma anche queste sono specchio della vivacità e molteplicità che caratterizza il campo di studi. Il volume e i singoli capitoli cercano tutti di dialogare con teorie spesso di provenienza americana ma non per questo inopportune, anzi il ricorso a queste è particolarmente efficace, come nel caso del saggio su Cravasco di Ferrando ed il suo ricorso alla slow violence di Rob Nixon. Anche la divisione in due parti risulta abbastanza riuscita, specialmente in quanto dona alla lettura un buon ritmo e specifica dove porre maggiore attenzione durante la lettura. Nella sua totalità, Italy and the Ecological Imagination va ad occupare un posto incredibilmente necessario all'interno dell'ecosistema accademico italiano: la sua eterogeneità di approcci permette a chi legge di apprezzare la varietà di punti di vista che si possono prendere nello studiare i fenomeni antropocenici, e allo stesso tempo però dimostra come le humanities, gli studi sociali e le scienze naturali tendano a sovrapporsi quando si discute di cambiamento climatico e di antropocene, rendendo evidente che - come dicono anche Benvegnù e Gilebbi (p. xi) - ogni ambito di studio sia necessario all'altro così facendo dell'interdisciplinarità la via più pregevole (se non l'unica fruibile).

 

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Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2023

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gennaio-maggio 2023, n. 1-2


 

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