Barbara Meazzi, "Il fantasma del romanzo": Le futurisme italien et l'écriture romanesque (1909-1929), Presses Universitaires Savoie Mont Blanc, 2021, pp. 429
di Marja Härmänmaa, Università di Turku

 

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La pittura futurista, soprattutto quella del cosiddetto primo futurismo, è internazionalmente nota e giustamente apprezzata. Sono altresì ben note le "stravaganze" marinettiane relative ai manifesti a favore della guerra, per esempio, e alle serate futuriste di vario genere. La letteratura futurista ha invece destato minor attenzione, e quando ne ha avuta, l'interesse degli studiosi si è spesso focalizzato sui manifesti più che sulle opere. Questa minore attenzione verso la letteratura futurista, a livello internazionale, è indubbiamente dovuta a motivi linguistici, perché solo pochissimi romanzi sono stati tradotti - si pensi a Mafarka il futurista di Marinetti, scritto in francese e poi tradotto in italiano, ma anche alla qualità intrinseca dei testi che talvolta suscitano qualche perplessità, come sottolinea Barbara Meazzi (p. 15). Ovviamente non mancano ricerche italiane e straniere sull'argomento: basti ricordare il lavoro pionieristico dello svedese Pär Bergman "Modernolatria" et "simultaneità": recherches sur deux tendances dans l'avant-garde littéraire en Italie et en France à la veille de la première guerre mondiale che risale al 1962, cioè prima che Luciano De Maria pubblicasse Teoria ed invenzione futurista (1968), prima testimonianza di un interesse finalmente serio (e italiano), verso l'avanguardia letteraria; o quelli più recenti di studiose ormai "americanizzate", Cinzia Sartini Blum e Paola Sica. Eppure, la ricerca sulla letteratura contiene severe lacune: se fossero individuate e colmate, indubbiamente si capirebbe meglio l'intero movimento futurista. Anche per questo il lavoro della "francesizzata" Meazzi è prezioso.
Come già indica il titolo, nel suo libro Meazzi analizza il romanzo futurista dagli esordi del movimento fino agli anni Trenta, con qualche riferimento agli sviluppi successivi. Il libro contiene un'introduzione, un epilogo, una bibliografia selettiva e l'indice dei nomi; lo studio è diviso in due parti: la prima dedicata a diversi romanzi e romanzieri futuristi degli anni Dieci e Venti, tra cui Marinetti (Meazzi, infatti, non poteva esimersi dall'iniziare la ricerca con Mafarka il futurista), mentre la seconda è interamente dedicata al fondatore del futurismo.
Il concetto di "romanzo futurista" è tutto fuorché scontato, anche perché l'unico manifesto marinettiano sul romanzo è stato pubblicato solo nel 1939, e manca pertanto un apparato teorico futurista, come sottolinea la studiosa (pp. 12-13). I problemi circa l'inquadramento della ricerca sono ben evidenziati nell'introduzione: su quali basi allora si può caratterizzare la produzione in prosa come futurista? Un romanziere futurista scrive un romanzo o un romanzo futurista? Esiste davvero un romanzo futurista e quali sarebbero le sue caratteristiche? (p. 18). Un romanzo in versi di Marinetti, come ad esempio Il monoplano del Papa, va considerato un romanzo o un poema? (p. 20).
Per questa problematica la studiosa si dichiara costretta a formulare una specie di palinsesto del romanzo futurista, partendo dal principio dell'imitazione e della trasformazione teorizzato da Genette (p. 18). È palese, in effetti, l'eco del teorico francese nella ricerca, ad esempio nel modo di considerare il narratore nei romanzi analizzati. La problematica circa la definizione del concetto di "romanzo futurista" e la grande quantità del materiale letterario a disposizione porta la studiosa a fare delle scelte su quali scrittori, insieme a Marinetti, prendere in considerazione e quali invece scartare; quali romanzi analizzare e quali invece no. Tra tutti i potenziali romanzieri futuristi, Meazzi ha selezionato, dedicando a ciascuno di loro un capitolo, Paolo Buzzi, Aldo Palazzeschi, Bruno Corra e Arnaldo Ginna; di ognuno Meazzi offre informazioni biografiche e descrizione delle opere, che tuttavia avrebbero potuto essere analizzate più dettagliatamente.
Le nostre obiezioni riguardano soprattutto le scelte che, data l'ampiezza del materiale - scrittori, opere, durata temporale del movimento - la studiosa è stata costretta a fare. Risulta discutibile la limitazione temporale della ricerca che di fatto elude gli anni Trenta; perché includere sia la produzione degli anni Dieci sia quella degli anni Venti, mentre i cambiamenti che il futurismo come gruppo subì dopo la guerra sono noti ed evidenziati con il titolo di "secondo futurismo"? Per quanto riguarda le opere e i romanzieri, non sempre le giustificazioni delle scelte risultano convincenti. Allora sarebbe forse stato più utile limitare rigorosamente la ricerca a un periodo più breve, concentrandosi su tematiche ricorrenti, su determinati scrittori o addirittura solo su Marinetti, in modo da ottenere risultati ancor più pertinenti.
Nonostante queste nostre divergenze di idee a proposito della periodizzazione e della selezione operata, occorre riconoscere che Meazzi riesce a individuare i tratti salienti del romanzo futurista, e lo fa in modo convincente. Dopo Mafarka - ancora, secondo Meazzi, sotto l'influenza del simbolismo dannunziano (p. 390) -, Palazzeschi, Corra e Ginna si avventurano nella sperimentazione del genere e operano lo smantellamento della scrittura in prosa giungendo a creare una "prosa futurista" le cui caratteristiche, secondo la studiosa sono: la tipologia dei personaggi; lo stravolgimento dei concetti di tempo e spazio; la trama inconclusa; l'accumulazione del materiale narrativo che porta all'ibridazione dei generi; la presenza discreta di un narratore che è a volte testimone, protagonista e vittima; uno stile e un lessico che si allontanano visibilmente dal simbolismo, uno stile netto e pulito, un vocabolario che corrisponde alle sollecitazioni reali, all'incongruo, e al nonsense, risultando sia alogico che derealizzante (p. 391).
Nella seconda parte, dedicata a Marinetti romanziere dopo il 1918, Meazzi rivela come il fondatore del movimento abbia recuperato le sue opere del periodo simbolista travestendole da romanzi sentimentali (p. 392), mentre l'esperimento più moderno viene raggiunto attraverso la pratica della scrittura collettiva (Marinetti e Corra, Marinetti ed Enif Robert, fino al romanzo dei Dieci, Lo Zar non è morto) con la quale Marinetti mette in discussione il ruolo del narratore e del lettore e recupera le sollecitazioni del teatro futurista per giungere al romanzo sintetico e simultaneo (pp. 392-393).
La ricerca, che è comunque rigorosa, si basa su numerose fonti primarie: non solo la studiosa analizza decine di romanzi degli anni Dieci e Venti, spesso difficili da reperire, ma fa ricorso anche alla sostanziosa quantità di materiali custoditi negli archivi statunitensi, vale a dire la Beinecke Library (New Haven, Connecticut), e il Paul Getty Center (Los Angeles, California). Questi materiali, preziosissimi e dalla studiosa meticolosamente analizzati e utilizzati, le hanno consentito di ricostruire la genealogia di alcuni testi futuristi e di seguire le scelte compiute dagli autori (in particolare di Marinetti) per arrivare al testo finale poi pubblicato. È un peccato che la bibliografia, che pure contiene un centinaio di studi pertinenti sull'argomento trattato, non fornisca poi la lista completa del materiale primario utilizzato nella ricerca (citato in nota, naturalmente): tale lista sarebbe stata utile ai lettori, e avrebbbe mostrato con più evidenza l'estensione della ricerca; quanto all'ampia rassegna dei romanzi futuristi (che ad ogni modo è molto utile), non è chiaro quali siano stati utilizzati effettivamente per la ricerca.
Come che sia, la ricerca svolta da Barbara Meazzi è una delle pochissime, se non addirittura l'unica, a ricostruire l'evoluzione storica del romanzo futurista che decisamente è rimasto all'ombra di altre attività artistiche del movimento. È soprattutto una ricerca onesta in cui la studiosa, con disciplina, ha cercato delle risposte alle domande che si era posta in partenza. Questa ammirevole sincerità si riflette nella lucidità e nella chiarezza espositive, che rendono la lettura facile e piacevole, e nella chiarezza delle opinioni e valutazioni della studiosa stessa. Con la medesima onestà Meazzi elenca i limiti della sua ricerca: per esempio l'assenza di scrittori e scrittrici come Bontempelli, Fillìa, Govoni, Folgore, Rosa Rosà e Maria Ginanni; o la necessità di identificare traiettorie tematiche dei romanzi futuristi e di continuare le ricerche negli archivi. Meazzi conclude il saggio ammettendo di avere piena consapevolezza che il lavoro può e deve essere approfondito. Ciò non toglie che il volume, per le preziose informazioni contenute, è fin d'ora un indispensabile strumento per le ricerche sul futurismo e sulla letteratura del primo Novecento.

 

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