Luca Somigli e Eleonora Conti (a cura di), Oltre il canone. Problemi, autori, opere del modernismo italiano, Perugia, Morlacchi, 2018
di Giulia Falistocco

 

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Oltre il canone, uscito nel 2018 per l'editore Morlacchi nella collana European Modernism, affronta una delle questioni più complesse riguardanti il modernismo: quali testi rientrano sotto questa categoria critica e in che modo la definiscono. Il volume, curato da Luca Somigli e Eleonora Conti, ha il merito di superare alcune questioni ormai dibattute e sedimentate all'interno della critica (come la liceità del modernismo in ambito italiano), per riflettere, invece, sulla pluralità di una categoria che non ha avuto «una poetica determinata con scopi, tecniche e principi universalmente condivisi» (p. 18), ma che rappresenta ancora un orizzonte problematico. La pluralità si ritrova anche nell'andamento del volume, composto dai contributi dei maggiori critici che si sono occupati di modernismo, ognuno dei quali affronta questioni differenti, che rispondono però allo stesso obiettivo. Lo scopo è, infatti, quello di superare i nomi consolidati all'interno del canone, come suggerisce appunto il titolo, per mettere a sistema zone ancora in ombra del panorama letterario italiano, come la corrente fiorentina e le avanguardie, partendo prima di tutto dalle opere, piuttosto che dagli autori. In ogni contributo, quindi, vengono proposti dei case studies, attraverso i quali verificare la «proteicità» (p. 18) di questa categoria critica, il suo potenziale «per l'articolazione di nuove interpretazioni» e «di nuove mappe del campo letterario fra il tardo Ottocento e la prima metà del Novecento» (p. 10).
I primi due saggi di Pierluigi Pellini e Margherita Ganeri riflettono, appunto, sui confini temporali del modernismo, sulla necessità di ripensare, se non anche di abbattere, la barriera del Novecento. Per Pellini il modernismo è un'atmosfera culturale di lunga durata, che va dalla seconda metà dell'Ottocento fino ad oggi. All'interno di questo arco temporale il critico rintraccia dei punti di snodo, in cui le differenze diventano rilevanti per individuare momenti letterari distinti sul piano della poetica e dei temi («paleomodernismo», «realismo modernista», «high modernism» ecc.). Nonostante le differenze tra i vari periodi, Pellini decide di privilegiare le similarità, che permettono di mostrare una continuità significativa tra la seconda metà dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento, come si osserva nella sua analisi di La Terre di Émile Zola, in cui il critico evidenzia tecniche e motivi già riconducibili all'area modernista.
Anche per Ganeri il modernismo ha una durata lunga, come dimostrato da un autore spesso marginalizzato dalla critica: Federico De Roberto. Per quanto permangano molti pregiudizi contro lo scrittore siciliano, spesso considerato un attardato epigono provinciale del verismo, molti sono i punti di contatto con altri romanzieri, a lui tra l'altro coetanei, quali Svevo e Pirandello, che permettono di inserirlo a pieno diritto nell'area modernista. Concentrandosi sulla novellistica di De Roberto, Ganeri mostra le aderenze con la cultura modernista attraverso un richiamo puntuale ai testi, evidenziando in particolare il sostrato filosofico nato dalla lettura di Nietzsche e Schopenhauer.
La focalizzazione sui singoli testi ritrae un panorama pulviscolare più aderente alle esigenze di un movimento decentrato, permettendo in seconda battuta di individuare forme narrative intorno alle quali si addensa la poetica modernista. Il saggio di Massimiliano Tortora, infatti, analizza la novella, genere letterario che esprime la frammentarietà dell'esistenza umana: una condizione pienamente modernista. Non è un caso, quindi, che molti scrittori di inizio secolo (Pirandello, Svevo e Tozzi) si siano serviti della novella al pari del romanzo. Tortora, però, sottolinea, attraverso l'analisi di alcuni testi, come la novella modernista si distanzi sensibilmente da quella ottocentesca, decostruendo il paradigma realista per dare forma all'imperscrutabilità della realtà.
I saggi seguenti si concentrano su due dei protagonisti dell'area fiorentina, Giovanni Papini e Ardengo Soffici, le cui opere presentano una certa permeabilità con la cultura modernista. Tullio Pagano analizza le influenze moderniste ne «Lacerba», prendendo come case study Il giorno e la notte (comparso nel primo numero della rivista nel 1913) di Papini: una trattazione di tutti i tipi umani che il razionalismo moderno tende a regolamentare o a marginalizzare. Se il carattere contrastivo verso la modernità e l'influenza di filosofi cari ai modernisti lo colloca all'interno di quest'area culturale, nell'ultima parte dell'intervento il critico sottolinea il successivo cambio di rotta che porterà Papini verso posizioni più conservative. Il saggio seguente di Mimmo Cangiano si concentra, invece, sulla produzione letteraria di Ardengo Soffici. Il critico prende in esame numerosi testi, dalla saggistica sull'arte pittorica alle opere narrative, per mostrare come il modernismo rappresenti per lo scrittore l'orizzonte filosofico e teorico funzionale all'abbattimento delle gerarchie estetiche e sociali: un momento imprescindibile per poter ricostituire uno stile popolare e spontaneo. Per l'artista fiorentino, infatti, l'arte deve tornare a esprimere la società attraverso la figura del genio-artista. Quello di Soffici in sostanza è un modernismo spurio che permette di sfumarne i contorni, aprendo nuove prospettive critiche. Il saggio di Luca Somigli si muove nella stessa direzione, interrogandosi sui confini e le concordanze tra modernismo e avanguardia. Il romanzo Gli indomabili di Marinetti (1922) è per il critico un utile esempio per mostrare che, nonostante l'ascendenza avanguardistica, anche il vate del Futurismo non era poi così avulso dalla cultura modernista. Per Somigli il romanzo segna un cambiamento nella produzione marinettiana, servendo inoltre come stimolo per problematizzare la distinzione troppo netta, presente in parte della critica italiana, tra avanguardia e modernismo.
Dopo una prima parte del volume relativa alla prosa, la seconda è dedicata alla produzione poetica. Eleonora Conti analizza l'opera di Giuseppe Ungaretti, mettendo in evidenza, attraverso lo studio della variantistica e dell'officina del poeta, le analogie tra l'Allegria e Il sentimento del tempo. L'esperienza al «Commerce» risulta in questo senso fondamentale, visto che il poeta in quel periodo si dedicò alla scrittura di Appunti per una poesia, anello di congiunzione tra le due raccolte. Attraverso l'analisi di questo testo, Conti mostra come Ungaretti abbia composto Il sentimento del tempo in concomitanza con la stesura definitiva dell'Allegria (1942): la correlazione genetica tra le due opere deve essere quindi letta attraverso la lente modernista. Il saggio di Anna Aresi si interroga sulla funzione offerta dalla poetica di Dante nelle opere di Thomas Stearns Eliot, Osip Mandel'štam e Clemente Rebora. Il poeta fiorentino diventa modello per delineare una poesia che si stacca dallo statuto della parola per tradursi in immagine, così da avere un potenziale evocativo universale. L'esempio scelto da Aresi è la poesia Viatico di Rebora (della raccolta Poesie Sparse, 1913-1918), che presenta significative affinità stilistiche con la poetica degli altri due autori, motivo per cui il poeta merita di essere inserito all'interno del modernismo europeo. Massimo Colella invece propone come case study Fine dell'infanzia (1925), contenuto in Ossi di Seppia, in cui si addensano i nuclei tematici della modernità. La condizione iniziatica dell'infanzia, infatti, è sintomatica di quella dell'artista nei confronti dell'epoca moderna. L'ultimo saggio è quello di Rossella Riccobono dedicato a Cesare Pavese, nel quale la poetica modernista si manifesta a livello tematologico, attraverso il recupero del mito classico, ma soprattutto attraverso le metamorfosi narrative operate nella raccolta Lavorare stanca. Il poeta, infatti, rappresenta compiutamente la crisi del narratore onnisciente, espressione della frammentarietà del reale, non rinunciando, però, alle potenzialità euristiche della scrittura.
I saggi del volume riescono, pertanto, a delineare la categoria di modernismo e allo stesso tempo a problematizzarla attraverso un'ampia gamma di testi narrativi, saggistici e poetici, descrivendo un campo pulviscolare, dai confini aperti e fluidi sia per quanto riguarda la periodizzazione, i confini geografici e lo stile perpetuato dagli autori. Oltre il canone non solo risponde a molte questioni sul modernismo, ma apre scenari critici per il domani, dimostrando di essere un'utile bussola per muoversi nel frammentario e complesso territorio tra fine Ottocento e la prima metà del Novecento.

 

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