Giuseppe Ungaretti, Lettere a Marguerite Caetani, a cura di Sophie Levie e Massimiliano Tortora, Roma, Edizioni di storia e letteratura, Fondazione Camillo Caetani, 2012, pp. LII-88, € 24,00.
di Monica Jansen

 

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L’edizione filologica delle lettere che Ungaretti scrisse a Marguerite Caetani tra il 1926 e il 1931, dà un'idea precisa della posizione occupata dalla rivista in lingua francese «Commerce» sulla scena internazionale e italiana e di quali autori ruotassero intorno al progetto cosmopolita ideato dalla principessa di Bassiano (miss Chapin prima di sposarsi con Roffredo Caetani), residente a Parigi.
Come spiega Sophie Levie nella sua introduzione Marguerite Caetani, una mecenate Americana in Europa (IX-XXXIII), «Commerce», rivista di letteratura pura, nasce nel salotto di Villa Romaine a Versailles. Mentre il valore intellettuale e morale dell'impresa viene affidato a Valéry, Fargue e Larbaud – nominati direttori della rivista e tutti appartenenti al circolo della «Nouvelle Revue Française» –, Marguerite si accolla la funzione di "administratrice statutaire" della Società per Azioni Société Anonyme Commerce. Il suo nome non compare sulla rivista ma il suo ruolo non si riduce a quello di mecenate e mediatrice. Curatrice della corrispondenza redazionale, gestisce lei personalmente la corrispondenza sulla letteratura italiana con Ungaretti.
Per ogni paese è stato nominato un consulente e le scelte letterarie di «Commerce», nonostante non ci fosse un programma scritto, sono vincolate a determinate regole – si mirava a pubblicare sia testi di autori giovani sia testi della tradizione, e tutti i testi stranieri, inediti in lingua francese, venivano pubblicati in traduzione – che rispecchiano bene il clima del rappel à l’ordre della letteratura degli anni Venti e Trenta in Occidente.
Per quanto riguarda l’Italia, la scelta letteraria di Ungaretti potrebbe essere descritta come "rondista", ma non solo. Secondo Massimiliano Tortora in Ungaretti e «Commerce» (XXXV-XLI), il poeta italiano propone piuttosto il suo canone personale, composto da una parte da un classico ingiustamente poco conosciuto come il Leopardi dello Zibaldone e dalla prosa scientifico-letteraria del Seicento, e dall’altra da autori/amici contemporanei quali Savinio, Pea, Raimondi, Baldini, Barilli e Cecchi. Può sorprendere l’esigua presenza di poeti italiani tra le scelte ungarettiane, e qui Tortora concorda con Eleonora Conti (G. Ungaretti, Lettere a Giuseppe Raimondi (1918-1966), Bologna, Pàtron, 2004) che potrebbe trattarsi di una mossa autopromozionale del poeta. Mancano però nelle epistole le voci degli autori italiani stessi.
Infatti, dal carteggio di Giuseppe Ungaretti a Marguerite Caetani (3-54) – a cui sono state aggiunte in appendice due lettere di Ungaretti ad Andrea Caffi e a Roffredo Caetani, e una lettera di Emilio Cecchi a Marguerite Caetani (57-62) –, si ricava l’impressione che Ungaretti stia cercando di convincere la "Principessa" delle proprie preferenze e antipatie letterarie. Egli loda a ripetizione la rivista «Commerce» (ringraziando Marguerite Caetani per ogni numero ricevuto) e contrappone la sua politica di pubblicare la rivista in francese a progetti italiani che secondo il poeta sono destinati a fallire: il primo di essi è quello di «900. Cahiers d’Italie e d’Europe» di Massimo Bontempelli, che non riscuote le sue simpatie come si evince da questo passo: «E le pare che, nell’orrendo francese che avrà, e per tante altre ragioni d’organizzazione pratica, possa diffondersi all’estero? Se uscisse, la baracca al secondo o al terzo numero, sarebbe all’aria» (lettera del 1926, p. 9). Il secondo obiettivo polemico riguarda la rivista «Pegaso», ideata da Ugo Ojetti, che secondo Ungaretti «aumenterà la confusione» delle lettere in Italia (lettera del 1928, p. 37).
In una lettera del 1926 Ungaretti ringrazia la Principessa per aver deciso di rifiutare di pubblicare un testo proposto da Bontempelli (p. 8). In Italia le buone riviste scarseggiano, è il «regno dell’equivoco e dei cialtroni» (p. 9), scrive Ungaretti, che difende però il «Tevere» contro il divieto di circolazione in Francia. L’organo di Telesio Interlandi non sarebbe francofobo e affiderebbe la parte letteraria a «veri scrittori (Barilli, Pirandello, Emilio Cecchi [...])» (p. 42). Si delineano così i contorni di contrasti letterari – in cui il poeta si assegna la parte di «guastamestieri» (p. 38) – in cui la Caetani però non si lascia trascinare. Quasi tutte le proposte fatte da Ungaretti, di cui l’ultima accettata sarà il racconto Vieille Parme di Barilli tradotto in francese da Larbaud e pubblicato nel 1929, vengono scartate, per cui giudica la Principessa anche troppo severa. In una lettera del 1927, a proposito del rifiuto delle prose di Baldini e Raimondi, egli le scrive: «Non è Ella un po’ ingiusta verso Baldini? [...] Amo anche molto Raimondi. [...] Mi dispiacerebbe che la non avvenuta pubblicazione fosse creduta una rappresaglia da parte mia» (p. 22).
Da parte sua anche Caetani ha una propria agenda che persegue con perseveranza. Come spiega Levie, l’amministratrice di «Commerce» voleva «fare una sorpresa» al suo amico Alexis Léger con la traduzione in diverse lingue del poema Anabase, pubblicato sotto lo pseudonimo Saint-John Perse sulla NRF e composto durante la sua permanenza in Cina come segretario d’ambasciata. Come nella corrispondenza con T.S. Eliot e con i redattori germanofoni, la traduzione di Anabase è un argomento che ritorna di frequente anche nelle missive a Ungaretti: il poeta la tiene al corrente del procedere ad ostacoli della traduzione, che uscirà infine nel 1931 su «Fronte» con una prefazione dello stesso Ungaretti.
Marguerite Caetani non ha mai tenuto un diario e Levie parla in proposito di una «grande lacuna», dato che l’americana impersonava l’internazionalizzazione che animava il mondo artistico parigino del primo Novecento. Di questa mondanità cosmopolita si ottiene invece un’idea a partire dal carteggio tra Vittoria Colonna, sposata con Leone Caetani, e l’amante Umberto Boccioni, curato da Marella Caracciolo Chia per Adelphi (Una parentesi luminosa, 2008). In questa edizione la persona e la famiglia di Marguerite – con i loro bambini Lelia e Camillo, «belli, sani e intelligenti» (p. 95) – viene presentata come la più riuscita della stirpe Caetani, mentre l’anticonformismo di Vittoria e l'handicap del figlio Onorato, spingono la famiglia di Leone ai margini della dinastia.
Nelle epistole scambiate tra Ungaretti e Caetani non mancano accenni al privato. Va precisato che la scelta di non apparire nella rivista «Commerce» risiedeva pure nella consapevolezza di Marguerite di non avere nel mondo della letteratura una propria posizione. Ciò spiega perché Ungaretti non la tratti tanto come collega e interlocutrice di fatti letterari ma piuttosto da agevolatrice e signora di famiglia. Si informa dei suoi figli e la mette al corrente dei progressi della sua piccola Ninon – «La mia bambina le pensa tutte. Vuol mangiare la terra, strappare le piante, salire le scale; e se ci fossero altre cose proibite, non esiterebbe. E lo sa ch’è male, la birbantessa» (lettera del 1926, p. 9). S’impegna anche a trovare un precettore per Camillo Caetani, Andrea Caffi, riguardo a cui, secondo il poeta, «per nobiltà d’animo, finezza di modi, vastità di cultura è difficile imbattersi in meglio» (lettera del 1927, p. 25). La lettera aggiunta in appendice, non datata ma sicuramente successiva alla fine del 1927, che Ungaretti scrive a Caffi, è infatti un vero e proprio scambio di opinioni tra colleghi, l'uno già affermato e l'altro giovane, di talento. Ungaretti fa trasparire il suo apprezzamento per le ipotesi in interpretazione avanzate da Caffi sugli "imaginisti" (p. 58) e gli chiede di «illuminarlo». Allo stesso tempo gli ordina di mandargli a Marino (provincia di Roma) saggi e volumi di cui ha bisogno per stilare un «esercizio di storiografia letteraria» sui surrealisti e imaginisti francesi, forse per preparare la promessa prefazione alla traduzione di Anabase.
Il carteggio conservato presso gli archivi della Fondazione Camillo Caetani di Roma, con le note di commento a pie’ di pagina redatte da Tortora, e con un ‘Indice dei nomi’ e un ‘Indice della rivista «Commerce» (1924-1932)’ redatti da Levie (63-83), offre quindi non solo uno sguardo dall’interno del "cantiere" sulle prose italiane pubblicate su «Commerce» nel periodo della corrispondenza (9 in totale tra il Cahier VIII – été 1926 e il Cahier XIX – printemps 1929), ma soprattutto su tutta quella rete di amicizie e antipatie letterarie che Ungaretti sottopone alla Principessa senza che lei rinunci al suo programma.

 

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