Beatrice Sica
Massimo Bontempelli e l'«Italie magique» di Gianfranco Contini

 

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Sommario
I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
Bontempelli primo e ultimo
I freni dell'ironia
Il giovane critico di fronte al grande scrittore
Il realismo magico di uno scrittore troppo "intelligente"
Contini tra surrealismo francese e realismo magico bontempelliano
Magico e fantastico
Il magico oltre Bontempelli


 

§ II. I freni dell'ironia

I. Bontempelli primo e ultimo

Quando nel 1988 uscì presso l'editore Einaudi l'antologia di «racconti surreali novecenteschi» Italia magica,1 Gianfranco Contini, il curatore, ricordò brevemente in un'intervista concessa a «Il Giornale» le circostanze della prima edizione francese del 19462 e dichiarò tra le altre cose: «Trovai il titolo pensando, in parte, proprio al realismo magico di Bontempelli».3 Nella nuova edizione italiana, però, l'importanza dello scrittore non veniva posta in rilievo in alcun modo; anzi, nella Postfazione 1988 Contini esprimeva soltanto un brevissimo giudizio, secco e tagliente, sottolineando come, rispetto all'avanguardia di Palazzeschi, «culturalmente vergine e [...] assistita dalla grazia», quella di Bontempelli fosse il «prodotto d'un atteggiamento culturale e intellettualistico».4 Fu Renato Barilli a notare sul Corriere della Sera quali conseguenze avesse sul nome di Bontempelli la postura critica assunta in generale da Contini nella postfazione:

«il nostro sommo critico-filologo si affida a un magnanimo «sottotono», soffermandosi in questioni di valutazione, tra autore e autore, in luogo di «sistemare» il fenomeno del realismo magico in tutta la sua grande portata.
Resta così un po' in ombra Bontempelli, che merita di essere reintegrato nel ruolo di grande fondatore e teorico di tutta questa linea».5

Ma quale era stato l'atteggiamento di Contini nei confronti di Bontempelli al momento della prima edizione francese dell'antologia? Nell'immediato dopoguerra Italie magique presentava al pubblico francese otto autori italiani, tutti allora viventi: Aldo Palazzeschi, Antonio Baldini, Nicola Lisi, Cesare Zavattini, Enrico Morovich, Alberto Moravia, Tommaso Landolfi, e, appunto, Massimo Bontempelli. Alcuni di questi autori, in particolare Palazzeschi, Baldini, Moravia, e Bontempelli, erano già conosciuti in Francia attraverso la traduzione non solo di racconti su rivista, ma anche di libri.6 L'operazione antologica di Contini, però, non si limitava alla divulgazione oltralpe del fiore della buona letteratura prodotta allora in Italia; il critico voleva offrire ai lettori francesi uno sguardo d'insieme inedito - «une perspective assez peu connue» - sulla produzione italiana di quegli anni, individuando una linea "magica" fondata sull'ironia, di cui proponeva quelli che considerava «les humoristes et les hallucinés» più rappresentativi.7
Gli autori erano sistemati nel libro secondo la cronologia della data di nascita, rigorosamente segnalata all'inizio dei singoli cappelli introduttivi.8 Senonché in base a tale criterio cronologico, quasi esibito al lettore, proprio Bontempelli risulta fuori posto: nato nel 1878, Bontempelli avrebbe dovuto figurare per primo, e precedere Palazzeschi, nato nel 1885; invece fu spostato in fondo al volume, dopo Landolfi, nato nel 1908, cioè ben trent'anni dopo lo stesso fondatore e teorico del realismo magico. La scelta di dare a Bontempelli l'ultima parola e affidargli la chiusura del volume, facendo per questo eccezione a un criterio applicato altrimenti con precisione matematica, poteva sembrare un modo di porre l'autore in rilievo.9 E in un certo senso lo era. Tanto più che Contini, giocando su un luogo critico comune già allora a proposito dello scrittore comasco - quello del Bontempelli sempre giovane - segnalava come l'età anagrafica non pesasse sull'opera e sulla capacità di rinnovamento dello scrittore:

«Le moins jeune (à l'état civil) des bons écrivains italiens modernes n'est pas pour autant le moins juvénile: il possède en effet, il provoque, et parfois il affiche, une volonté très typique de renouvellement».10

E però già in quel giudizio si avvertiva un disappunto, il rimprovero di una forzatura («il provoque»), di affettazione e di esibizione («il affiche»), che il critico stemperava appena nell'avverbio «parfois». Del resto, se è vero che i numeri si offrono come dato inequivocabile, anche quelli delle pagine riservate agli autori parlano chiaro: insieme a Zavattini e Baldini, Bontempelli è lo scrittore meno rappresentato in Italie magique: gli sono concesse poco più di una decina di pagine, pari a circa il 3% dell'intera parte narrativa del libro - una cifra irrisoria rispetto alle oltre centoventi pagine di Palazzeschi, che occupa il 38% della narrazione totale dell'antologia, ma anche a quelle di Landolfi (più di settantacinque) e di Lisi (più di sessanta), i quali occupano rispettivamente il 24% e il 20%.11 Infine, se allarghiamo lo sguardo in prospettiva storica, non si potrà non notare che Bontempelli non entrò più tardi a far parte di quella «geografia dell'"Italie magique"», come la definì Pier Paolo Pasolini,12 costituita dalla Letteratura dell'Italia unita,13la più ampia sistemazione della letteratura italiana approntata da Contini nel 1968 nella quale invece la presenza dei "magici" Palazzeschi, Baldini, Lisi, Moravia e Landolfi venne confermata.
C'è un'evidente tensione in atto in Italie magique a proposito di Bontempelli. Da un lato Contini gli dà l'ultima parola, ponendolo, lui più vecchio di tutti, dopo gli altri scrittori, anche i più giovani: segno evidente che il padre della magia letteraria all'italiana aveva ancora qualcosa da dire ai lettori, tanto più quelli d'oltralpe, e che il suo ideale di realismo magico non era un concetto esaurito, ma un valore pienamente vivo da proiettare nel futuro della letteratura. D'altra parte però Contini riduce quanto più può lo spazio di Bontempelli, lo ridimensiona in termini di pagine e di giudizio, e che questa fosse l'inclinazione più forte del critico nei riguardi dello scrittore lo dimostrano, ancora a una ventina d'anni di distanza, l'esclusione dalla Letteratura dell'Italia unita e poi, una quarantina d'anni più tardi, la brevissima, tagliente notazione nella Postfazione 1988 dell'Italia magica einaudiana. A questo punto, se quesiti del genere non rischiassero di diventare capziosi, o semplicemente oziosi, verrebbe davvero da chiedersi: se avesse potuto, Contini avrebbe escluso Bontempelli già dall'edizione di Italie magique del 1946?
In realtà a metà degli anni Quaranta non era possibile escludere Bontempelli da un'antologia di letteratura italiana contemporanea concepita all'insegna del magico e fondata su una linea ironica della scrittura, tanto più se tale antologia veniva pubblicata in Francia, con tutto il peso di rappresentatività ed esemplarità della produzione nostrana che il libro veniva ad assumere rispetto a un contesto estero. Bontempelli era infatti il fondatore riconosciuto del realismo magico in letteratura: lo aveva teorizzato vent'anni prima, nel 1926, scrivendo proprio in francese sulle pagine della sua rivista «900. Cahiers d'Italie et d'Europe», che oltralpe come in Italia aveva suscitato non poco scalpore. Quello di Bontempelli era un nome davvero imprescindibile: escluderlo avrebbe significato compromettere il senso e il valore di qualsiasi operazione antologica centrata sulla "magia" letteraria, non solo in una prospettiva storiografica, ma anche militante quale era quella di Contini nell'Italie magique, che più che sistemare esemplarmente il passato voleva cogliere un fenomeno ancora vivo con uno sguardo rivolto al futuro.

 

§ III. Il giovane critico di fronte al grande scrittore Torna al sommario dell'articolo

II. I freni dell'ironia

Nella letteratura italiana del Novecento - almeno in quella della prima metà, che era quella a cui guardava Contini mentre preparava Italie magique - l'ironia ha larga parte. Il secolo si apre con l'ironia crepuscolare di Gozzano e Corazzini e con il «sublime filtro: ironia»14 del Palazzeschi futurista. Ma è soprattutto nel periodo tra le due guerre che la nozione di ironia assume un forte valore conoscitivo e diventa la misura del rapporto con il reale. Anche in questo caso la voce di Bontempelli ha un impatto teorico imprescindibile e si pone come fondativa:

«L'ironia è l'esercizio d'una continua sorveglianza sopra i rapporti tra cosa e cosa, tra parte e parte della cosa stessa, tra le cause e gli effetti: freno contro ogni possibile sproporzione o sbandamento: atto di giudizio, insomma, cioè di pensiero, ma esercitato con un movimento d'immagini, fatto arte [...]. L'allontanamento dal realistico riesce compiuto. Ma insieme l'esecuzione dell'oggetto è realisticamente precisa, in modo che i limiti ne risultino esatti e inconfondibili: non però immobili e quasi cristallizzati o morti; ma se ne irradia una vibrazione particolare, nella quale il tutto sembra magicamente scostarsi, ed esser veduto con occhio più lontano e più limpido».15

L'ironia come fatto conoscitivo, elemento equilibratore dell'intelletto, «freno contro ogni possibile sproporzione», pensiero lucido che si fa arte attraverso la magia, cioè ritraendo il mondo con precisione realistica ma inserendo nel quadro rappresentato come una «vibrazione particolare» per evitare le cristallizzazioni del realismo, si ritrova esattamente nel Contini dell'Italie magique. Soltanto che nella visione continiana l'ironia - o la magia fondata sull'ironia - non si pone tanto come correttivo ai «limiti [...] immobili [...] o morti» di una concezione realistica della letteratura, ma piuttosto come freno al movimento frenetico dell'avanguardia, e in particolare agli eccessi intellettualistici del surrealismo:

«Au pays de l'intelligence, le surréalisme fut une tentative de se débarrasser de l'intellect par des procédés essentiellement intellectuels […]. Une autre solution est possible, au cœur de l'Occident, où la lucidité du contrôle est inéliminable, si l'on passe de la disposition lyrique à la disposition narrative: tamiser l'exception à travers l'écran de l'ironie».16

Italie magique intende opporre un'Italia magica fondata sull'ironia a una Francia diversamente magica, quella surrealista.17 La matrice ironica della magia italiana propugnata da Contini è senza dubbio quella del realismo magico di Bontempelli, ma la fonte è taciuta; c'è come una anxiety of influence nell'antologista.

 

§ IV. Il realismo magico di uno scrittore troppo "intelligente" Torna al sommario dell'articolo

III. Il giovane critico di fronte al grande scrittore

Classe 1912, Contini figurerebbe come l'ultimo nato nella catena cronologica che costruisce per i suoi autori, e seguirebbe idealmente il più giovane di loro, Landolfi, di appena quattro anni più vecchio. Anche se si esprime come critico e non come scrittore, Contini si sente in qualche modo parte di quella catena, o comunque di quel contesto e della sua storia, e cerca di staccarsi dal modello bontempelliano, inevitabilmente presente, e di portare avanti il suo discorso sulla magia letteraria in Italia senza passare - o passando il meno possibile - attraverso il padre dei «Cahiers d'Italie et d'Europe». Il modello bontempelliano non solo non viene esibito o viene ridimensionato da Contini ma, quando possibile, viene perfino rinnegato. Per verificarlo basta leggere gli scritti continiani in francese degli stessi anni, in particolare l'Introduction à l'étude de la littérature italienne contemporaine (1944) e la Lettre d'Italie (1945),18 dove i giudizi sostanzialmente positivi su Bontempelli espressi in Italie magique si trovano puntualmente capovolti. Nell'Introduction, per esempio, si mette in luce non la baldanza e il piglio giovanile dello scrittore, ma la sua aria da vecchio signore svelto e pronto, da vecchietto arzillo, insomma, e la "giovinezza" bontempelliana non appare come una felice attitudine quasi naturale, solo di tanto in tanto un poco esibita, ma come un distintivo fabbricato ad arte e costantemente ostentato:

«Le moins jeune des bons écrivains, M. Massimo Bontempelli, est de ces vieillards alertes qui refabriquent à chaque instant, et qui ostentent, leur jeunesse».19

Inoltre, mentre dello stile di Bontempelli Italie magique mette in luce l'evoluzione verso una sorta di canto, percepita come una maturazione stilistica che si lascia alle spalle la scrittura asciutta e comico-burlesca degli esordi:

«Sec et nettement cocasse à ses débuts, Bontempelli évolue à sa manière […] surtout dans ces dernières années, vers une sorte de "chant"»;20

nella Lettre, invece, certe arditezze della sintassi e dei tempi verbali diventano l'occasione per associare implicitamente la scrittura di Bontempelli a quella dei surrealisti, guidata dall'arbitrio e non sorretta dalla ragione:

«Typiques à cet égard sont ses hardiesses syntactiques, ses dyssymetries dans l'usage des temps, qui devraient poser d'inédites perspectives affectives, mais qu'aucune raison ne régit, si ce n'est l'arbitre».21

È evidente che Contini aveva non poche riserve nei confronti di Bontempelli. D'altra parte, come si diceva, l'importanza dello scrittore sulle scene letterarie italiana e francese e la validità della sua teorizzazione del realismo magico fondato sull'ironia erano innegabili. Così quando fu pubblicata Italie magique, che doveva presumibilmente e auspicabilmente avere una larga circolazione tra i lettori, il giovane critico, che aveva 34 anni, si mostrò il più riverente possibile, o per lo meno indulgente, verso il grande scrittore, che aveva allora 68 anni, esattamente il doppio dei suoi. Ma nei saggi e negli articoli destinati a riviste specializzate, come l'Introduction o la Lettre, che avevano una diffusione più limitata e dove si sentiva perciò più libero di esprimersi, Contini manifestò in pieno le sue riserve nei confronti del padre del realismo magico.

 

§ V. Contini tra surrealismo francese e realismo magico bontempelliano Torna al sommario dell'articolo

IV. Il realismo magico di uno scrittore troppo "intelligente"

È interessante considerare la disparità dei giudizi espressi da Contini nell'antologia e nei saggi in francese non soltanto per ciò che riguarda lo stile bontempelliano, ma soprattutto per quanto attiene ai presupposti e alla realizzazione del programma magico-realistico. In Italie magique Contini descrive il realismo magico di Bontempelli come una felice combinazione tra uno sguardo pronto e penetrante sul reale e un'attrazione tutta intellettuale verso i regni proibiti e malsani dell'assurdo e del sogno, quanto pure appaiano sotto una luce quotidiana e rassicurante:

«Son canon de «réalisme magique» définit heureusement son mélange d'un gout de l'observation aigu et rapide et d'un penchant très intellectuel vers l'absurde, le rêve, les royaumes défendus et malsains (aux dehors quotidiens et rassurants)».22

Nella Lettre, viceversa, il realismo magico bontempelliano viene definito come una pura velleità intellettuale: pur riconoscendo la felicità dell'espressione «realismo magico», Contini considera quella di Bontempelli non una autentica magia, ma una «pretesa» magia, che si reggerebbe solo su una trovata letteraria, un'idea brillante, un'arguzia, insomma sull'artificio:

«Et sa tendance générale, qu'il a résumée dans la formule heureuse de «réalisme magique», ne serait-elle pas à un alignement de la réalité ordinaire, si exactement perçue, et d'une exception qui la crèverait de tous côtés? Cette solution correspond en fait à une pure velléité intellectuelle, et la prétendue magie de Bontempelli a son origine dans la trouvaille d'une agudeza, d'une "pointe"».23

Il realismo magico bontempelliano, dunque, sarebbe per Contini una «velleité intellectuelle», e perciò in linea con il surrealismo francese, che in Italie magique viene descritto, come si è visto, come «une tentative de se débarrasser de l'intellect par des procédés essentiellement intellectuels». Si legga ancora l'Introduction verso la fine:

«les deux pôles des tendances actuelles sont en gros ceux d'un réalisme magique (la formule remonte à M. Bontempelli, trop intelligent stricto sensu pour réaliser cet idéal pour son compte) et d'un réalisme existentiel».24

Mentre individua le due tendenze dominanti, a suo avviso, nella letteratura italiana dei primi anni Quaranta - realismo magico e realismo esistenziale - Contini qualifica anche Bontempelli come "scrittore intelligente" strictu sensu, cioè scrittore che si fonda sull'intelletto, con tutto ciò che di calcolato e artefatto il vocabolo portava allora con sé, spesso proprio in riferimento alla Francia e in particolare, nei suoi aspetti più deteriori, al surrealismo.

 

§ VI. Magico e fantastico Torna al sommario dell'articolo

V. Contini tra surrealismo francese e realismo magico bontempelliano

L'"intellettualismo" come male francese era stato diagnosticato da Benedetto Croce («L'ostacolo, in Francia, è l'intellettualismo o razionalismo che si dica»25) e in seguito, tra i tanti che su questo punto si erano mossi sulla scia crociana, da Curzio Malaparte, che aveva parlato su Prospettive di un surrealismo italiano, antico e naturale, contrapposto a quello francese, recente e frutto, appunto, di una posta intellettualistica.26 Contini, a differenza di Malaparte, non intendeva con Italie magique patrocinare una forma italiana di surrealismo - presenta anzi ai suoi lettori «du surréel sans surréalisme» - ma continuava a leggere in quello francese gli stessi caratteri di artificiosità che il dibattito culturale dell'Italia tra le due guerre gli aveva attribuito. La proposta critica di Italie magique si situa esattamente in questo nodo tra surrealismo francese e realismo magico bontempelliano, e tenta di contrastare il primo quanto di andare oltre il secondo. Questo doppio movimento intrecciato, per così dire, è alla base del carattere insieme «troppo ampio e troppo ristretto» della proposta continiana. Come ha notato acutamente Alvaro Biondi:

«È vero che il surrealismo «fu un tentativo di liberarsi dell'intelletto mediante procedimenti essenzialmente intellettuali», come dice il Contini, eppure questo aspetto non basta a definirlo nella sua essenza e nella sua direzione precisa, sicché la conclusione non può essere che la seguente: la «soluzione» indicata dal Contini («filtrare l'eccezionale attraverso lo schermo dell'ironia»), appunto perché collega sillogisticamente una minore riferita alla letteratura italiana ad una maggiore che del surrealismo coglie e sottolinea l'elemento di contraddizione interna (necessario alla sua piena comprensione, ma non distintivo), cioè il suo carattere razionalistico, porta a definire, se assunta stricto sensu, uno spazio [...] insieme troppo ampio e troppo ristretto. Ampio perché, coincidendo un po' forzatamente con lo spazio bontempelliano, include, sotto il segno dell'ironia, Palazzeschi e Baldini, Lisi e Zavattini, Morovich e Moravia, Landolfi e Bontempelli; ristretto perché, per il criterio adottato, deve tralasciare autori come Savinio e Delfini».27

Per Contini è molto chiaro il discrimine nei confronti del surrealismo francese e, di conseguenza, inappellabile è l'esclusione dall'antologia di scrittori che, come Delfini, abbiano costeggiato da vicino il movimento d'oltralpe o che peggio, come Savinio, ne abbiano fatto direttamente parte. Ancora nell'intervista al Giornale del 1989, richiamandosi al se stesso di tanti anni prima, Contini ricorderà:

«ero soprattutto attento alle ricerche surreali, purché indipendenti dalle provocazioni intellettualistiche del surrealismo: perciò esclusi Savinio».28

 

§ VII. Il magico oltre Bontempelli Torna al sommario dell'articolo

VI. Magico e fantastico

I critici si sono affannati nel tempo ad ampliare il ristretto canone contianiano, includendo nello spazio di un'ideale "Italia magica" dai confini allargati anche scrittori come Giorgio De Chirico, Giovanni Papini, Dino Buzzati, Marcello Gallian, Corrado Alvaro, Paola Masino, per fare solo alcuni nomi. Tale tentativo di ampliamento del canone dell'Italie magique è avvenuto dopo l'uscita dell'edizione italiana del 1988, in un contesto critico ormai post-todoroviano, ed è stato fatto nel nome del genere fantastico. La perdita del surrealismo francese come referente primario del discorso continiano del 1946 e la traslazione di Italie magique verso un nuovo orizzonte di teoria dei generi letterari (di cui l'antologia veniva a costituire un prezioso e precocissimo exemplum per l'Italia, tendenzialmente ignorata dagli studi teorici anglo-americani e francesi sul fantastico) si attuarono grazie a quel concetto molto «elastico»29 di déformation de la réalité presentato da Contini nell'Introduction del 1944 e segnalato nella Postfazione 1988 come costitutivo dell'ossatura di Italie magique.30 In altre parole, con la riscoperta dell'antologia a fine anni Ottanta quello spazio «troppo ampio» che era stato creato dal giovane critico in nome dell'ironia e che coincideva «un po' forzatamente con lo spazio bontempelliano», per riprendere le parole di Biondi, andò abbastanza facilmente a sovrapporsi alla teorizzazione sul genere del fantastico che era stata promossa tra gli studiosi a partire dal saggio di Todorov del 1970.31 Eppure è chiaro, come ha notato Silvia Bellotto, come a metà degli anni Quaranta Contini «non si proponesse di pervenire ad una rigida definizione di genere e tanto meno di fornire i presupposti per una lettura in chiave moderna del fantastico».32 A Contini interessava contrastare il surrealismo e "attraversare" Bontempelli, più che inseguire il terreno del fantastico. A riprova di questa affermazione basta rileggere le parole che abbiamo citato prima, che il critico scriveva a proposito del «realismo magico» di Bontempelli prendendone le distanze:

«sa tendance générale, qu'il a résumée dans la formule heureuse de "réalisme magique", ne serait-elle pas à un alignement de la réalité ordinaire, si exactement perçue, et d'une exception qui la crèverait de tous côtés? Cette solution correspond en fait à une pure velléité intellectuelle».33

La tendenza descritta qui, per cui la realtà di tutti i giorni, percepita e restituita dallo scrittore in maniera esatta, si allineerebbe a una dimensione eccezionale che ne provocherebbe il cedimento da ogni parte, non è un modo molto perspicuo e pre-todoroviano di definire il fantastico? Proprio da questo tipo di letteratura Contini prende le distanze, considerandola una "pura velleità intellettuale". Il suo ideale di magia si collocava piuttosto a metà strada tra quelle due tendenze che il critico individuava nella letteratura italiana a metà anni Quaranta, il realismo magico e il realismo esistenziale. Così Contini proseguiva quel passo dove si distanziava dal realismo magico bontempelliano:

«les deux pôles des tendances actuelles sont en gros ceux d'un réalisme magique (la formule remonte à M. Bontempelli, trop intelligent stricto sensu pour réaliser cet idéal pour son compte) et d'un réalisme existentiel. Jamais peut-être l'homme ne fut placé aussi nu devant son existence. Aussi le fait littéraire est-il pour le lecteur d'aujourd'hui un fait profondément cordial, nullement lié à une spécialité professionnelle».34

 

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VII. Il magico oltre Bontempelli

All'uscita dalla guerra Contini non intendeva, come si è voluto affermare, patrocinare «il magico e il surreale» perché «rappresentavano uno scarto rispetto alla consuetudine e alla norma del momento che si configuravano nel neorealismo»;35 invece, fatte salve certe istanze neo-realiste o esistenziali, cercava una linea letteraria che riuscisse a coniugare uno sguardo umano sulla realtà con una «vibrazione particolare» produttrice di conoscenza - il tutto andando oltre Bontempelli, che gli pareva troppo freddo e intellettualistico. Di qui lo spazio perfino eccessivo concesso in Italie magique a Palazzeschi: in aperto contrasto con Bontempelli, il quale viene collocato per ultimo e ridotto a poche pagine, Palazzeschi apre il volume e lo occupa per oltre un terzo con la sua «célébration tragi-comique des existences grises, avortées, rejetées dans les marges de la vie, et à la limite des drôles (en italien buffi), des maniaques, des ridicules».36 Insomma, in Italie magique Contini inseguiva la magia e la realtà insieme, ma non alla maniera di «900», bensì secondo una sua personale forma di realismo magico che fosse il meno "massimobontempelliano" possibile.

 

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Giugno-dicembre 2010, n. 1-2