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Massimo Bontempelli, Lettere da due mari, Visite ai vinti, Pezzi di Mondo, a cura di Simona Cigliana, Palermo, L'Epos («Alia»), 2008, pp. 235, € 18,30
di Fulvia Airoldi Namer
Nel cinquantesimo anniversario della morte di Massimo Bontempelli, assai povero finora di ristampe significative, è bene ricordare che almeno alcuni dei testi più importanti dello scrittore comasco, degli anni Venti e Trenta sono stati ripubblicati nel 2008 a cura di Simona Cigliana per la casa editrice L'Epos di Palermo. Si tratta di esperienze di viaggio di Massimo-giornalista, che non si riducono mai - annuncia S. Cigliana - «a pura cronaca o semplice descrizione», ma che suscitano «un impasto controllatisimo di evocazioni, immagini e pensieri che scaturiscono dall'incontro fra la singolare personalità dell'autore e la storia e la cultura dei luoghi». Le prose raccolte in questo volume erano ormai introvabili, anche se nel nel 1994 Sebastiano Martelli aveva curato per Sellerio la riedizione di Noi, gli Aria, ossia l'ultima parte di quei Pezzi di Mondo che dopo il 1942 non erano mai più stati pubblicati.
In una «Nota ai testi» la Cigliana presenta con chiara accuratezza la storia editoriale delle tre raccolte: ricorda Il Neosofista e altri scritti (1920-1922), del 1929, in cui per la prima e unica volta erano state pubblicate in volume sia le prose intitolate Visite ai vinti (1922), sia le Lettere da due mari (1921). Queste ultime erano state scritte durante la crociera commerciale organizzata nel 1921 da Umberto Notari sulla nave Trinacria, che aveva fatto scalo in vari porti del Mediterraneo e dell' Atlantico, ed inviate al giornale «Il Tempo».
Sarebbero poi state pubblicate in volume ne Il Neosofista , assieme a Visite ai vinti, con poche varianti, elencate dalla curatrice, alle prese soprattutto con le intricate vicende editoriali di Pezzi di Mondo (cronache di viaggi in Italia e in Europa, ma soprattutto in Sudamerica) la cui ultima edizione era stata quella curata da Bontempelli nel 1942.
La «Nota ai testi» è preceduta da un lunga e densa «Introduzione» in cui Cigliana mette anzitutto in evidenza e in rapporto due costanti della vita e dell'opera di Bontempelli: senza una residenza fissa e definitiva fino al 1945, non aveva mai esitato a cambiare città e alloggio, così come aveva avuto il coraggio sia di rinnovare più volte la sua scrittura e i suoi orientamenti letterari, sia di cambiare radicalmente le sue opinioni politiche di intellettuale, sempre «candidamente» impegnato e, a modo suo, militante. Questa disponibilità all'erranza e al cambiamento fa capo naturalmente al viaggio: e viaggiare è, per Bontempelli, una costante del suo essere uno scrittore privo di radici regionali, ma fondamentalmente italiano e appassionatamente europeo, in un'epoca in cui l'accusa di cosmopolitismo poteva essere fatale. E quando viaggia, Massimo scrive per raccontare o per reinventare ciò che vede, da giornalista-scrittore (o scrittore-giornalista: egli consigliava agli aspiranti romanzieri un salutare tirocinio presso quotidiani e riviste). Le cronache di Bontempelli non sono mai semplici resoconti di cose o avvenimenti ma «Il suo stesso raccontare in veste di narratore è , per molti versi, concepito come picaresca estensione del quotidiano e come travalicamento fantastico degli abituali confini del reale: da Viaggi e scoperte (1922) a Giro del sole (1941) Bontempelli spinge sempre più lontano le sue perlustrazioni sino a inforcare le ali dell'ippogrifo per contemplere la terra da un'altezza siderale, dalla fredda sfera ideale del mito e della surrealtà». Ma anche senza un cavallo alato, fin dai suoi primi viaggi per mare e per terra Massimo osserva «luoghi e paesi attraverso il filtro distorcente di particolari lenti un po' fatate». Però, anche se nel realismo delle descrizioni dei luoghi in cui viaggia Bontempelli insinua sempre qualcosa di antirealistico, sognante, straniante, magico, ciò non toglie che egli sia sempre attento anche a delle realtà contingenti, quando per esempio allude allo statuto coloniale della riva mediterranea dell'Africa o esalta l'azione civilizzatrice - anzi, la superiorità - della cultura italiana nel mondo. Innegabile è il nazionalismo di Bontempelli, come pure lo è - negli anni delle tre raccolte - la sua adesione al fascismo. Simona Cigliana ha ampiamente esposto, dopo approfondite ricerche di archivio, soprattutto nel numero speciale de «L'Illuminista» dedicato a Bontempelli, i suoi legami ideologici, culturali e affettivi con gli ambienti culturali e politici italiani prima e dopo la Grande Guerra, e l'evoluzione lenta ma sofferta e autentica del suo pensiero politico. Nei tre lustri che corrispondono alla scrittura delle Lettere da due mari, di Visite ai Vinti, e soprattutto di Pezzi di Mondo, se è vero che non viene mai meno il nazionalismo di Bontempelli, la sua fiducia nell'azione mussoliniana si attenua progressivamente. Simona Cigliana ricorda l'intensa attività culturale, all'inizio degli anni Venti, del salotto di Margherita e Cesare Sarfatti, frequentato da a rtisti, scrittori e anche da imprenditori come Umberto Notari, di cui ella sottolinea l'importante e multiforme attività di pubblicista, editore, promotore della crociera commerciale a cui appunto partecipa Bontempelli nel 1921. E la Cigliana insiste sul disincanto dello scrittore che nell'Africa visitata (ma ignora sia la Libia "italiana", sia tutta l'Africa nera...) non trova echi dell'esotismo a forti tinte della narrativa colonialista. In questo senso, per lui «l'Africa non esiste», non è che un incrocio di Europa e d'Asia. Rari sono i momenti in cui un particolare colpisce positivamente lo scrittore deluso, che scorge nel Maghreb islamico un'estrema propaggine dell'odiato Oriente a cui oppone l'Occidente, ossia l'Europa, e in Europa l'Italia e in Italia Roma. Siamo nel 1921: e uno dei grandi temi dei «Cahiers du '900» (1926-1929) sarà appunto il primato dell'Occidente (mediterraneo, italico, romano), rispetto al quale la posizione dello scrittore nei confronti dell'America è assai ambigua. Egli finirà col preferire al prosaico Nordamerica l'America del Sud più selvaggia e primitiva, contemplata spesso dall'alto, sorvolando Brasile, Argentina, Cile... Presentando gli ultimi articoli di Pezzi di Mondo (ossia Interpretazioni sudamericane, ovvero Noi gli Aria) la Cigliana osserva che Bontempelli «ama volare alto, fissare lo sguardo verso realtà superiori o inconsuete, o lontane». A differenza dell'Africa mediterranea, «il Sudamerica spesso contemplato dall'alto, ispira allo scrittore pagine di ammirato stupore, che sfiora le vertigini di fronte a una natura che esibisce l'impronta di un'intatta magnificenza primigenia e le cui note dominanti sono l'eccesso, la violenza, la crudeltà.». Si direbbe l'evocazione quasi vichiana della prima epoca dell'umanità: la popolazione è «adolescente», primitiva, «all'inizio della Storia». Però, ancora una volta, la trasfigurazione magica della realtà geologica e umana alterna con l'osservazione «impegnata»: in Argentina, gli immigrati italiani sono trattati come macchine, perdono la loro identità e il senso di appartenenza all'Italia. E forte di un'antica complicità, Bontempelli si rivolge a Mussolini chiedendo una politica culturale verso gli emigrati nel Sudamerica che fosse «fecondatrice in alto senso storico». Ma siamo al limite ormai dei quindici anni trascorsi dalle Lettere dei due mari agli ultimi Pezzi di Mondo, i rapporti con il dittatore vanno allentandosi, Mussolini non si degna di rispondere.
Il lungo saggio introduttivo di Simona Cigliana stabilisce un filo conduttore stilistico e ideologico tra due epoche - quella postbellica e quella mussoliniana - animate da parte di Bontempelli dalla speranza di una palingenesi nazionale e dell'egemonia culturale dell'Italia. Ma in questi quindici anni cruciali si assite anche alla evoluzione stilistica di un genere - il giornalismo elzevirico - e di un autore che da un «rondismo leggero e rarefatto» approda alle prose sudamericane, in cui la rappresenatezione è «innervata da potenti valenze simboliche e carica di risonanze bibliche e di genuino interesse sul mistero terreno di popoli e del loro destino».
Alla fine del libro, questi quindici anni di giornalismo magico e militante insieme, sono inseriti in un'ampia e densa Cronologia generale, in cui la biografia di Bontempelli si intreccia con quasi un secolo di storia italiana, europea, mondiale, preceduta da un'«Iconografia» dove, oltre a varie fotografie e ritratti di Bontempelli e dei suoi amici, si trova la riproduzione della la lettera sugli immigrati mandata da Buenos Aires a Mussolini, con la lapidaria nota di quest'ultimo: «mi faccia prima un rapporto scritto». Ma l'immagine più interessante è il ritratto dello scrittore sulla copertina, opera di Mariette Lydis, protagonista anche lei, ai tempi dei «Cahiers», della vita intima e culturale di Massimo Bontempelli.

Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2010
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Giugno-dicembre 2010, n. 1-2
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