Marc Fumaroli, Le Api e i Ragni. La disputa degli Antichi e dei Moderni, Milano, Adelphi, 2005, pp. 267, € 25

di Marilena Genovese

 

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Della polemica che infiammò l’Europa, a partire dagli ultimi decenni del Seicento, e che passò alla storia con il nome di Querelle degli Antichi e dei Moderni, Marc Fumaroli, grande storico e sagace chroniqueur, traccia un'immagine viva e riccamente articolata in quest'opera di indubbio interesse per i perturbanti interrogativi che pone.
Nel ripercorrere la disputa, che si estese su di un vasto arco di tempo che va da Montaigne a Rousseau, egli delinea, infatti, un mutamento nel rapporto con il passato le cui conseguenze, sostiene, si possono avvertire ancora oggi.
Significativa la scelta del titolo. Questo trae spunto da una metafora contenuta nel poema eroico e satirico La Battaglia dei libri (1697) di Jonathan Swift, opera nella quale l’autore irlandese fa dire a Esopo che gli Antichi sono come le api, che dai fiori suggono quanto serve loro - l’invenzione, pertanto, non sarebbe altro che un "ri-trovare", un "ri-creare" - mentre i moderni, come i ragni, traggono di che filare da se stessi e dai propri escrementi e si affidano, pertanto, "all’oggettività del caso".
Nella sua digressione, lo studioso, dopo avere riconosciuto a Montaigne il merito di «avere trasferito in francese [...] gli argomenti a favore dell’Antichità», affronta i temi della Querelle, i cui bagliori incendiari trovarono un fertile terreno nella creazione, voluta da Richelieu, dell’ "Académie Française" (1635). È, infatti, con la nascita della celebre istituzione che verrà rovesciata la gerarchia delle lingue in Europa, a favore del francese, e il "dopo", rappresentato dalle "belle infedeli", le traduzioni dei classici latini realizzate in quegli anni da molti autori, comincerà ad essere considerato superiore al "prima". Esemplare il caso di Perrault che preferì l’Alceste di Lulli e Quinault alla tragedia di Euripide, rivendicando a più riprese il primato del suo tempo e la civiltà letteraria del regno di Luigi XIV. Degli episodi della disputa Fumaroli mostra dettagliatamente antecedenti e sviluppi, individuando nella stessa cultura italiana seicentesca un gruppo di intellettuali italiani che rifletté sullo stesso tema: Boccalini, Tassoni e Lancellotti, assertori del primato della tradizione. L’autore va, però, oltre, ed individua, al contempo, la diversità di atteggiamento degli italiani e dei francesi. In Italia la disputa, ci dice, è «appannaggio di letterati che sentono di avere le proprie radici più nella Repubblica delle Lettere che non in qualsiasi Stato dell’epoca», mentre «la disputa francese coinvolge uomini di lettere che faranno parte di quella costellazione di Accademie che vedranno la repubblica francese delle Lettere domiciliata nello stato monarchico». In tal modo mentre i francesi esaltano le conquiste dei tempi in cui il loro paese è assurto a grande potenza in Europa, gli italiani tendono a riflettere sull’Antichità, non per disertare la propria epoca, ma per strapparla al declino e alla barbarie. L’esemplarità degli Antichi servirà, ad esempio, a Traiano Boccalini per colpire, mediante le opere di Seneca e di Tacito, la monarchia spagnola ed i suoi soprusi. L’ape Fumaroli, il quale non fa mistero delle sue preferenze e associa alla sua causa due eminenti studiosi, Leo Strass e Arnaldo Momigliano, degli Antichi afferma di apprezzare l’amore per le arti che si fonda sul rispetto della tradizione e delle istituzioni politiche e religiose, mentre nei moderni intravede le prime forme delle degenerazioni della cultura di massa: l’arte come consumo e la tirannia dell’opinione.
Se proprio si volesse muovere un appunto a questo denso lavoro, rigorosamente realizzato, per l’attenzione minuziosa rivolta alle fonti, si potrebbe citare il silenzio dello studioso circa le straordinarie realizzazioni artistiche e poetiche sorte ad opera dei partigiani dei Moderni. Esse contribuirono a delineare, infatti, la fisionomia dell’Otto e del Novecento. Valgano come esempio i versi di Keats e di Mallarmé o le opere dei Futuristi che, nella distruzione del culto del passato e dell’ossessione dell’antico, si proponevano di magnificare la vita odierna, trasformata incessantemente dai progressi della scienza.
Tra i meriti da ascriversi a Fumaroli, vi è, invece, quello di aver fatto riflettere sulle dinamiche di quel lungo processo di gestazione che portò alla nascita dell’Europa moderna. Processo all’interno del quale la Querelle rivestì un ruolo di indiscutibile peso.

 

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Giugno-dicembre 2007, n. 1-2


 

 

 

 

 

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