Giovanni Parrini
Poesie

 

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Per coperta lo spazio

Io non sto bene,
immagino
l'apparenza coincidere col vero.
Il mio male è il pensiero
di come suonerebbe,
senza il diesis del cuore,
tutta l'immensità.



Ragione o accettazione

 



 

O grumi verdi, ostile
spessore d'erompenti pieghe,
terra....

Andrea Zanzotto, Vocativo

 

Per coperta lo spazio
stellato e come letto l'erba: ormai,
sempre più raramente mi disarmo
d'ogni sospetto, m'addormento arreso,
al perno dell'eternità che fugge,
a tutta la bellezza che è soltanto
materia cieca, lugubre.



Noi siamo la cartina al tornasole

 



Ragione o accettazione:
bivio che fa riflettere,
mortifica e accresce. Eppure la condanna
non è stata esiziale,
e la tensione fra i due punti pone
quel quid che sposa il potenziale e l'atto,
gli orli oscuri del tempo,
tiene in piedi
l'errore di misura, e si fa tesi,
antitesi, teoria fra le metà,
unite, separate, all'infinito.



Mattina, un'altra, uguale

 



Noi siamo la cartina al tornasole
adatta alla verifica
che la reazione immensa va, ci tiene
proprio nel mezzo, noi la particella
spia che fa risaltare
la carica del nume
la sua valenza incerta,
noi il verbo di sempre
altissimo, umiliato.



Sotto la pensilina

 



 

Mattina, un'altra, uguale:
gomma ferro iniettori
benzene radio news. Mattina, un'altra
uguale: clave urla
pelle a brandelli, e avanti
tutto il futuro, tutta la coscienza
fino a dove si stende
la modesta visuale
di mammut di semafori di formule
e oltre - appena un cosmo, appena un ansito -
il mistero,
che ci nega,
ci lega.



Amoreggiare tanto sterminato

 



Sotto la pensilina,
é un nervo teso, il fischio,
dal torpore leggero corre avanti
la vita, in un suo viaggio
si attraversa, si incontra,
ritorna indietro,
pare che si superi,
nella muta moviola delle immagini,
dal brusco stacco va dove si mescolano
terra, cielo, parvenze.



Le valli, i mari, i cieli

 



Amoreggiare tanto sterminato,
d'ombra e di luce, di fronde e di cielo,
di minuscole cose,
inconsapevolmente,
deboli e singolari
vittime, una a una,
una a una annullate per essere scenario,
voluttà inesplicabile
dell'indistinto,
dell'indifferente.



Senza un dove

 



 

Una proposizione può dire solo come una cosa è, e non che cosa essa è.

Ludwig Wittgenstein, Tractatus

 

Le valli, i mari, i cieli
e nella mente
quasi un loro doppione. Tutto quanto,
nel raggio percettivo,
è descrizione-stupro: non si salva,
niente di niente,
tutto rifiorisce,
già sfiorisce in rappresentazione.
Ci necessita, sembra,
la traslazione di quanto sta fuori
di noi, per farlo vero
più d'esso stesso, tutto prolationes,
vocabula, per dirne
senza farcela.



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Senza un dove,
né un quando,
ma dappertutto, al termine di questo,
appuntamento al buio,
ci deve essere un volto,
estremo, unico, ai volti, un solo intreccio
di materia e di forma,
un punto in cui anche l'ultimo diaframma
tra verità ed errore,
tra nome e cosa, infine, si disintegra.

 

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Giugno-dicembre 2007, n. 1-2


 

 

 

 

 

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