Gemma Gaetani, Colazione al fiorucci store (milano), Roma, Fazi, («Lain»), 2005, pp. 281, € 15,00

di Guido Michelone

 

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L'originalissimo volume di Gemma Gaetani, trentatreenne, romana, ha un titolo che si legge così, tutto in minuscolo. È un titolo insomma che, sia nella grafica sia nel soggetto, fa già presagire la singolarità dell'operazione: una sorta di romanzo in versi, dove l'Autrice autobioraficamente narra alcune esperienze del proprio recente passato, giovandosi di tecniche artistiche volutamente disparate ed eterogenee come la fotografia, le immagini al computer, la prosa e ogni forma possibile di tradizione poetica, dall'endecasillabo al sonetto, dalla rima baciata al verso libero.
In tal senso Gemma Gaetani dimostra una genialità che va oltre il postmoderno (dunque forse post-postmoderna) perché rasenta già, con questo debutto, la maturità espressiva, al punto da rendere nuovo e avvincente un soggetto abusatissimo nella letteratura giovanile come il tema dell'amore passionale. In effetti tutto il libro è percorso da questo snodo esistenzialista che diventa rito di passaggio, lacerazione psicologica, girandola di sentimenti a fronte dell'innamoramento, della vita di coppia, della separazione, del desiderio, del sesso, dei familiari, della scoperta della propria vocazione poetica. Ma è davvero l'essere un tutt'uno, in questa bohème postmoderna, tra il modus vivendi e la realtà odierna a far sì che colazione al fiorucci store (milano) diventi un'opera unica nel suo genere, dove forma e contenuto, arte e quotidianità si fondono perfettamente.
Si può leggere fra le righe l'ostinata perseveranza verso una ricerca di scrittura, di linguaggio, di stile, di cultura che, dietro le apparenze normali (o all'opposto bislacche), rivelano (e rilevano) la tragicità del presente, fra simbolo e testimonianza, con grande maestria intellettuale, appunto con genialità post-postmoderna.
Il libro in apparenza disorganizzato è in realtà il frutto di un ordine mentale che schiude profonde ardite conoscenze in letteratura, cinema, musica, proprio nel rimescolare continuamente immagini e parole, grafica e alfabeto, prosa e poesia anche nel senso di servirsi di quest'ultima per narrare e della prima per rimarcare segni emozionali (e/o emotivi).
Sul piano dell'intreccio il susseguirsi degli eventi nella vita raccontata dell'autrice/protagonista (niente alter-ego, solo ego e forse super-ego) viene anzitutto espresso con il pronome "tu" della seconda persona singolare, come accade ad esempio in tanta lirica di Eugenio Montale, quasi a posporre un filtro tra chi scrive e chi legge, chi inventa e chi fruisce, chi soffre e chi s'identifica (o s'arrabbia) per meglio sottolineare il distacco dai dolori fortissimi di un recente passato verso il quale ormai il "personaggio" e la "persona" hanno un atteggiamento consapevole da osservatorio critico (e da osservatore criticante). Ma il volere a ogni costo esternare queste amarezze, che sono poi la vita tout court, fra gioie-dolori-speranze-delusioni-scomparse-piaceri, non finisce banalmente in prassi terapeutica o in consolatoria diaristica: bisogna infatti dire che Gemma Gaetani riscatta la materia grazie a una coscienza elevata al quadrato, forse al cubo, dei codici letterari (non a caso il padre della semiologia, Roland Barthes, è spesso citato) con un'infinità di rimandi e richiami (talvolta abilissimamente infiltrati e sottaciuti) che si colgono quali licenze poetiche, a guisa di shock verbali o dopo attente riletture.
C'è ad esempio in colazione al fiorucci store (milano) l'amour fou di estrazione surrealista e di conseguenza l'écriture automatique alla André Breton (più che il flusso interiore alla James Joyce), c'è sublimato il carteggio tra intellettuali come le lettere d'amore di Majakovskij a Lila Brik, c'è la beat generation, il Gruppo 63, i Cannibali e altro ancora.
Ma, come si diceva, c'è anche il tentativo di assorbire ulteriori linguaggi: dalla fotografia come memoria visiva al cinenma quale immaginario favolistico (il libro è anche la tragica parodia del lungometraggio Colazione da Tiffany di Blake Edwards), fino alla pop music che non è solo un riscontro generazionale ma resta soprattutto un coadiuvante iper-creativo per cadenzare molti passaggi e inventare ardue sinestesie. Alcuni momenti infatti posseggono il ritmo del rock classico, l'agrodolcezza della new wave, l'iteratività sovente ossessiva delle frasi cantate o urlate, dei sottofondi elettrici, dei riff di basso o di chitarra, sempre e comunque dalla genialità post-postmoderna.

 

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Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2007

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Giugno-dicembre 2007, n. 1-2


 

 

 

 

 

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