Anna Lemos, Il corpo e il mare, Roma, Edizioni e/o, 2006, pp. 240, € 12,00

di Andrea Hajek

 

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«Sapere che esperienza l'autore ha vissuto è irrilevante».1 Quando un romanzo parla di argomenti delicati come violenze domestiche o incesto, ci si può chiedere tuttavia quanto ci sia di autobiografico. I fatti e le esperienze di cui si parla sono veri o no? Ma che cosa significa in fondo "vero", quando abbiamo a che fare con un lavoro di fiction? Ed è così che Anna Lemos (Lisbona, 1959) definisce il suo romanzo d'esordio Il corpo e il mare, che racconta dell'abuso sessuale, consumato in famiglia, ai danni di una bambina di dieci anni. Secondo l'autrice portoghese, residente a Roma dal 1980, nella fiction l'autore solitamente segue un percorso diverso da quello autobiografico, cercando di scegliere tra gli episodi e le sensazioni che fanno parte della sua vita, per poi ristrutturarli in un'interpretazione nuova e unica che non è la sua. L'autrice però lascia supporre che ci sia un legame più stretto con l'autobiografia quando in un'intervista afferma che «L'esperienza personale diventa importante solo quando diventa accessibile agli altri, cioè quando può essere trasformata in modo da essere utile agli altri».2 E quando l'intervistatore le chiede che alternativa ci sarebbe per una vera bambina con un problema analogo, Lemos risponde, sottolineando l'utilità dell'esperienza personale: «Sarebbe molto peggio anche se avesse una personalità forte come quella di Antinea, perché Antinea, essendo un personaggio, ha il continuo sostegno di un'autrice adulta che conosce molto bene la felicità, un'Antinea in carne ed ossa è solo una bambina molto sola. Però avrà Antinea dalla sua parte [...]».3
Questione autobiografica a parte, in fondo il valore del libro non è tanto legato al tema che tratta, quanto al modo in cui l'autrice propone una "soluzione" a questo problema. All'inizio la storia di Antinea, una ragazza di diciotto anni e orfana di madre che - di fronte a una sua amica più grande, l'insegnante di filosofia Livia - racconta l'abuso sessuale da lei sofferto a partire dai dieci anni, sembra una sorta di romanzo di denuncia contro l'incesto e contro la passività degli altri (le prime persone con cui Antinea si confessa, la nonna e le zie, non l'ascoltano). Il romanzo contiene però uno strato più profondo, una dimensione in più, per il modo in cui l'autrice fa crescere il suo personaggio nel corso del libro. Non è un caso che Il corpo e il mare sia uscito nella collana «Bill-Dung-Sroman», nata nel 2005 e che pubblica libri, scritti da giovani e non, su una fase importante come l'adolescenza. Nel romanzo, composto in gran parte di dialoghi, seguiamo - attraverso i ricordi della protagonista - il processo delle molestie sempre più frequenti inflittele da un padre "innamorato" di sua figlia. Egli sembra inconsapevole del male psicologico e fisico che sta facendo alla figlia, che definisce la «donna della sua vita» e con cui desidera un rapporto sessuale, pur senza obbligarla a fare l'amore. In effetti il padre probabilmente non vuole veramente fare del male alla figlia. Egli è convinto di amarla e che l'amore si consumi esclusivamente tramite il sesso, anche tra padre e figlia. Non vede insomma il problema del rapporto incestuoso, per cui non si sente in torto, e allora cercherà di convincere Antinea - con la ragione - a cedere ai suoi corteggiamenti.
Più che come un abuso fisico, il rapporto incestuoso si configura dunque come una lotta psicologica. Anche se Antinea viene spesso schiaffeggiata, il dolore fisico sembra non avere nessun valore rispetto a quello psicologico. In effetti le descrizioni delle violenze sono molto secche e quasi meccaniche, senza emozioni. La lotta psicologica invece domina il libro, ed è più che altro un evento intellettuale.4 Il primo grande dialogo tra padre e figlia è significativo: Antinea racconta di come si siano fronteggiati in una vera lotta psicologica quando lei, convinta che una ciotola di peperoncini fossero delle fragole, non volle poi ammettere che aveva ragione il padre (che l'aveva avvisata), e fu costretta a mangiare tutti i peperoncini, anche quando ormai aveva scoperto che non erano fragole. Questa volta "vince" dunque il padre, ma nel corso del libro il lettore segue la ragazza nei suoi testa a testa con il padre, ed è testimone di come lei elabori delle vere e proprie strategie per resistere al suo potere: dai tentativi di fuga al ricorso all'aiuto della nonna e delle due zie - una vera denuncia dell'ignoranza e della cecità degli adulti di fronte alla realtà descritta -, all'isolamento e alla fuga intellettuale nei libri, e soprattutto grazie ai confronti intellettuali con il padre. Alla fine è questa strategia dell'argomentazione dialettica che si rivela vincente. Contro un padre che terrorizza la figlia sul piano psicologico, la resistenza fisica non ha molto effetto, perché lui sarà sempre più forte di lei. Allora solo nel confronto psicologico Antinea ha una possibilità di vincere. Alla fine combatte dunque il padre con le sue proprie armi, e forse è questo il punto più forte del libro.
Molto convincente è anche il percorso psicologico della protagonista giovanissima, che all'inizio della storia ragiona ancora come una bambina innocente di dieci anni. Pian piano invece impara che cos'è lo sperma o l'erezione, i suoi discorsi diventano più ironici e taglienti, e le idee su come dovrebbe essere il rapporto padre-figlia prendono corpo. In effetti Antinea non rigetta completamente il padre e gli dice ripetutamente che vorrebbe avere un padre, non un amante. Essenzialmente i due hanno un'idea diversa dell'amore: per il padre l'amore esiste solo in quanto atto sessuale, e il suo affetto per la figlia si esprime unicamente in modo materiale e fisico. In effetti in tutte le discussioni in cui Antinea cerca di fargli capire quanto le stia facendo male, il padre sottolinea il fatto che lei ha tutto quello che vuole: pensa unicamente in termini di soldi e di oggetti. Così non vede la figlia come un essere sensibile con una sua opinione, ma come un corpo, un corpo che va schiaffeggiato quando non obbedisce (e spesso nelle descrizioni delle punizioni del padre la Lemos dà un'immagine molto concreta delle varie parti del corpo). Un corpo composto di muscoli e nervi «che risponde a stimoli» come il sesso, che non è altro che uno di questi stimoli, per cui «deve essere piacevole per tutti e in qualsiasi circostanza».5 Il corpo di Antinea è un'estensione del suo stesso corpo e quindi appartiene a lui. Lei invece crede nel mutuo rispetto dei desideri dell'altro: «Devi capire le esigenze e le aspirazioni dell'altro e aiutarlo, per quanto queste esigenze possano essere diverse dalle tue».6 Il sesso per lei «è una profonda connessione con la vita in tutta la sua estensione».7 Solo quando farà l'amore per la prima volta prenderà la decisione di non farsi più toccare dal padre, ed è lì che comincerà la lotta più dura, una lotta che durerà fino ai 18 anni, una data importante che simboleggia il momento in cui Antinea si potrà liberare di suo padre.
Il romanzo in effetti gira intorno a questa data: il primo capitolo comincia il giorno del diciottesimo compleanno, quando la ragazza diventa maggiorenne, l'età che le permette finalmente di abbandonare il padre. Questa data quindi è un momento importante, al quale Antinea aspira nel corso del romanzo, che non per caso è diviso in diciotto capitoli. In questo primo capitolo essa inizia a raccontare all'amica Livia tutta la storia dell'incesto, in un grande flash-back che di tanto in tanto viene interrotto dalla trama principale, narrata al presente, e alla quale torniamo verso la fine del romanzo. Nel penultimo capitolo Antinea conclude la storia dolorosa della sua adolescenza, quando racconta l'ultimo incontro con il padre, un vero climax, in cui riesce, finalmente, a pronunciare quella parola intorno alla quale gira tutto il romanzo e che finora non è mai riuscita a nominare nelle discussioni con il padre: «[T]utto quello che volevi era che accettassi l'incesto, che è stato considerato tabù da tutte le società umane fin dalla notte dei tempi».8
Nell'ultimo capitolo infine, il diciottesimo, torniamo al momento da cui siamo partiti, appartenente al presente, e vediamo Antinea davanti ad una nuova vita. Uscita dall'adolescenza, da quel rapporto strano e cinico con un padre forse matto, forse solo inconsapevole, è all'inizio di una nuova fase nella sua vita, rappresentata dall'immagine poetica del mare che percorre il libro come un filo rosso: «La luce del sole che la luna rifletteva si rifletteva nell'acqua calma dell'oceano, in ogni pozzanghera e in ogni minuscola goccia di umidità».9 La Lemos ha un debole per il mare, non c'è dubbio. Non è un caso che il primo ricordo di Antinea sia appunto il mare. Nell'intervista sul suo romanzo, la scrittrice spiega il rapporto tra il corpo e il mare: «Il corpo rappresenta la singolarità di un essere, una goccia, il mare rappresenta la vita di cui il corpo è una parte e in cui deve cercare di essere, e a cui deve trovare il modo di tornare ogni volta che ne è separato».10 Il mare è l'unico posto in cui Antinea trova pace. Il rapporto ambiguo con il padre e il sesso fa sì che lei non veda mai il suo corpo come appartenente a sé. Solo nel mare ritrova la propria identità, la propria vita indipendente dal padre. Il mare è anche metafora dell'utero materno, l'unico posto in cui Antinea è stata vicina a sua madre.
Se non si può propriamente parlare di Bildungsroman, Il corpo e il mare ha il merito di raccontare un tema tanto delicato in una lingua semplice e schietta e non senza profondità.

 

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Giugno-dicembre 2007, n. 1-2


 

 

 

 

 

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