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Note:


Il lavoro è la rielaborazione di una relazione al Convegno «Un linguaggio dell'anima», Giornata di studio su Tommaso Landolfi, Università di Siena, 3 novembre 2004.

1  G. Contini, Italia magica, Torino, Einaudi, 1988, p. 249; G. Debenedetti, Il "rouge et noir" di Landolfi, in Id., Intermezzo, Milano, Il Saggiatore, 1963; A. Cortellessa, Cœtera desiderantur, in Le lunazioni del cuore. Saggi su Tommaso Landolfi, a cura di I. Landolfi, Firenze, La Nuova Italia, 1996, pp. 77-106; E. Pellegrini, L'arte di "aprire una finestra sul buio", ivi, pp. 27-48; A. Dolfi, "Ars combinatoria", paradosso e poesia (1981); La camicia di Nesso della letteratura (nota sul diarismo di Landolfi) (1989); Poesia, diari: il "differire" autobiografico di Landolfi (1989), raccolti in Ead., Terza generazione, Roma, Bulzoni, 1997, pp. 315-381.

2  A parte il tentativo di uno spoglio ricco, con incasellature analitiche, di O. Macrì, Tommaso Landolfi narratore, poeta critico artefice della lingua, Firenze, Le Lettere, 1990.

3  P. Zublena, Approssimazioni alla lingua "altra" di Tommaso Landolfi, in Gli "altrove" di Tommaso Landolfi, Atti del Convegno di studi, Firenze, 4-5 dicembre 2001, a cura di I. Landolfi e E. Pellegrini, Roma, Bulzoni, 2004, pp. 155-61.

4  Per gli studi di Dolfi e Pellegrini cfr. nota 1.

5  L'articolo del 1983 è ora in I. Calvino, Saggi 1945-1985, a cura di M. Barenghi, vol. II, Milano, Mondadori, 1995; la citazione è a p. 1867.

6  T. Landolfi, Opere, I (1937-59), II (1960-1971), a cura di I. Landolfi, Milano, Rizzoli, 1991 e 1992; vol. II, p. 297; da questa edizione, in mancanza di indicazione diversa, si cita.

7  Ecco alcuni passi congruenti de La biere (Opere, vol. I, rispettivamente pp. 575 e 650-51): «[...] fatalmente la mia penna, cioè la mia matita, piega verso un magistero d'arte, intendo verso un modo di stesura e di composizione che alla fine fa ai pugni colla libera redazione propostami, e di' pure colla mia voglia di scansar la fatica. Non potrò dunque mai scrivere a caso e senza disegno, sì da almeno sbirciare, attraverso il subbuglio e il disordine, il fondo di me?»; «Sono anche stanco di questa mia scrittura, giacché stile non si vuol chiamare, falsamente classicheggiante, falsamente nervosa, falsamente sostenuta, falsamente abbandonata, e giù con tutte le altre falsità [...]. Per forza, la mia scrittura è falsa: falsi e retorici sono anche in gran parte i sentimenti che esprimo». Nell'ultimo diario Des mois (1967), in un passo polemico sia verso il mito della lingua semplice e della simulazione di parlato che verso le bizzarrie sperimentali delle avanguardie, si conclude, chiudendo il cerchio, che esistono scrittori cui «costituzionalmente si presenta per prima e con invincibile diritto di precedenza la parola rara, il costrutto prezioso, l'accezione desueta, la lezione più difficile» (Opere, vol. II, pp. 779-780).

8  Opere, vol. II, p. 317.

9  I due passi sono citati nella lucidissima Nota introduttiva di I. Landolfi al secondo volume delle Opere, p. VIII.

10  A. Cortellessa, Cœtera desiderantur, cit., p. 105.

11  V. Sereni, Tre crisi degli anni cinquanta. 1. Cancroregina, in Id., Letture preliminari, Padova, Liviana, 1973; le recensioni di E. Montale rispettivamente a La biere e a Rien va si leggono nel Meridiano Il secondo mestiere. Prose (1920-1979), a cura di G. Zampa, Mondadori, Milano, vol. I, pp. 1607-10 e vol. II, pp. 2586-90; A. Zanzotto recensisce la riedizione Rizzoli de La biere du pecheur in «Panorama», 2 luglio 1989, ora in Id., Aure e disincanti nel Novecento letterario, Milano, Mondadori, 1994, pp. 323-24; G. Caproni, La scatola nera, Milano, Garzanti, 1996, pp. 163-65, a proposito di Rien va, osserva che il continuo e dichiarato «non aver voglia» dà al diario «un vago sapor di Teatro: e proprio di Teatro maiuscolo, ma appunto per questo troppo più vero del vero per riuscire, mi si perdoni il bisticcio, convincentemente vero e non stridente nel corpo della pur dura e imperterrita confessione».

12  Opere, vol. I, p. 553.

13  Cfr. C. Bo, Introduzione a T. Landolfi, Opere, vol. I, pp. X-XII.

14  T. Landolfi, Le più belle pagine scelte da Italo Calvino, Milano, Rizzoli, 1982; cito dall'ediz. Adelphi (Milano, 2001), postfazione di I. Calvino L'esattezza e il caso, p. 552.

15  T. Landolfi, Le labrene, Milano, Rizzoli, 1974, pp. 66-67.

16  G. Nencioni, Autodiacronia linguistica: un caso personale, in La lingua italiana in movimento, Firenze, Accademia della Crusca, 1982, pp. 7-33. Tra i molti proprio l'esempio del trombaio o fontaniere.

17  Il disinteresse di Landolfi per la verosimiglianza dei registri sociali torna ne Il regalo (cfr. Il gioco della torre, Milano, Rizzoli, 1987, con racconti degli anni Sessanta): al lessico aulico-manierato del facoltoso cliente (che parla di «badiali sonni tra le molli piume»; usa espressioni come «di pelo aurato e fulvo») risponde sulla stessa lunghezza d'onda la commessa del negozio, che gli dice: «Prenda questo leggiadro benché inadeguato pegno» (pp. 8, 12).

18  Postille a un'analisi stilistica, uscito negli «Annali della R. Scuola Superiore di Pisa» nel 1936. Poi in C.E. Gadda, Il tempo e le opere, a cura di D. Isella, Milano, Adelphi, 1982, pp. 101-112.

19  G. Roscioni, La disarmonia prestabilita. Studio su Gadda, Torino, Einaudi, 1969.

20  T. Landolfi, Le labrene, cit., 85.

21  T. Landolfi, Opere, vol. I, p. 186.

22  T. Tarquini, Il "Discorso" di Landolfi, in Landolfi libro per libro, a cura di T. Tarquini, Introduzione di W. Pedullà, Alatri, Ethea, 1988, pp. 15-26, a p. 25.

23  T. Tarquini, Il discorso di Landolfi, cit., sovrappone la paretimologia landolfiana (zittella da zitta) al mutismo di cui sono prigioniere le due nubili inibite, al quale si oppone, alla fine perdente, il discorso del desiderio attivato dalla scimmia. Secondo questa interpretazione l'autore a bella posta suggerirebbe un'interpretazione profonda, basandosi su un puro accidente grafico.

24  La correctio meriterebbe una schedatura a sé, come sintomo di una continua attenzione al lessico. Un esempio dal cap. VI di Racconto d'autunno: «Remoto e miserevole smarrimento, se disperazione senza più non si deve chiamare».

25  T. Landolfi, Opere, vol. II, rispettivamente a p. 534 e 541.

26  Ivi, p. 548.

27  Ivi, p. 568.

28  P. Zumthor, La presenza della voce. Introduzione alla poesia orale, Bologna, Il Mulino, 1984, pp. 241, 358. Una sintesi molto interessante del tema della vocalità si legge nel libro di A. Cavarero, A più voci. Filosofia dell'espressione vocale, Milano, Feltrinelli, 2003.

29  Cfr. la prefazione di I. Landolfi e E. Pellegrini a Gli 'altrove' di Tommaso Landolfi, cit., a p. II.

30  T. Landolfi, Opere, vol. II, p. 260.

31  Non diversamente da Gurù si atteggia Lucia, protagonista femminile del Racconto d'autunno, nonostante la data 1947 altro libro non condizionato dal Neorealismo; la quale Lucia impiega un flusso di voce altrettanto sregolato, intende i linguaggi non verbali delle cose e degli animali; e per di più restituisce una lingua antiquata, che il padre le ha insegnato, isolandola, nel vecchio maniero.

32  P.P. Pasolini, Nuove questioni linguistiche (1964-65), in Id., Empirismo eretico, Milano, Garzanti, 1972, pp. 5-50.

33  R. Carbone, Dialogo dei massimi sistemi, in Landolfi libro per libro, cit., pp. 47-53, parla di «estetica delle forme bloccate, che dalla riconoscibilità del genere giunge al suo pieno rovesciamento».

34  T. Landolfi, Opere, vol. II, p. 179.

35  T. Landolfi, Opere, vol. I, rispettivamente a p. 542 e 547.

36  Altrove Landolfi ironizza sullo stile della romanzeria di consumo, bloccando una propria descrizione in soste metaletterarie: «In giardino, la notte illune era animata da (oppure 'ferveva di') una vita segreta. Da o di misteriosi fruscii ... Così i romanzieri d'appendice: nel fatto s'udiva solo una specie di sonoro ed assiduo trinciamento, dovuto alle mandibole di quei gagliardi, furtivi coleotteri che divorano le foglie appunto trinciandole a mezzaluna [...]», Un fiato leggero (Il gioco della torre, cit., p. 16).

37  T. Landolfi, Opere, vol. I, pp. 564-65.

38  Ed è interessante che in Rien va uno dei tanti "fogliolini" ritrovati parli ancora del "porrovio" e della sua antica definizione, in Cancroregina nei termini deliranti e nominalistici della voce narrante ivi inscenata («Un tempo la chiamai Porrovio e la definii una parola»), mentre ora, a un decennio di distanza, si contesta l'interpretazione nominalistica dovuta al puro «genio letterario» e si conferma, dal fondo di una dolorosa ossessione, la motivazione personale e non dominabile di tale fantasma verbale: la definizione di porrovio come pura parola era menzognera, si dice, mentre la nuova definizione di «bestia folgorosa», è meno letteraria e più personale-perseverante, idiosincratica (vol. II, p. 308).

39  A. Tirrito, La teatralità nella scrittura di Tommaso Landolfi, testo proveniente dalla tesi di laurea, riportato in «Diario perpetuo», Bollettino del Centro Studi Landolfiani, a. VII, n. 7 (2002), pp. 21-26, che aggancia la teatralità di Landolfi alle esperienze europee del primo Novecento, cui neanche Pirandello è estraneo.

40  T. Landolfi, Opere, vol. I, p. 5.

41  Ivi, p. 391.

42  Ivi, p. 413.

43  T. Landolfi, Le labrene, cit., p. 95.

44  A un'arte allusiva, rovesciata sul grottesco, nello stesso racconto sono improntate due riconoscibili citazioni dantesche, infilate con una piroetta nell'invettiva contro la moglie, legata e imbavagliata per bene: «quale mestiere esercitavano li maggior tui?»; «la tua funzione di madre sarebbe di destare in quell'anima semplicetta l'amore del bello e del buono».

45  T. Landolfi, Le labrene, cit., p. 104.

46  G. Guglielmi, Ironia e negazione, Torino, Einaudi, 1974.

47  Altri attacchi al rapporto tra lo strumento linguistico e il soggetto scrittore si leggono in Parole in agitazione, dove la rivolta dei lessemi gioca sullo scambio tra significanti e significati; in La penna, in cui l'ammutinamento della penna sabota l'edulcorato elogio dell'amore, riscrivendolo a dispetto dell'autore nel senso un po' manganelliano della letteratura come menzogna e definendo le parole «gusci vuoti»; così in altri racconti rubricati nell'antologia di Calvino nella sezione Le parole e lo scrivere.

48  Molto chiaro in questo senso, e con utili osservazioni formali, il capitolo conclusivo di L. Cecchini, Parlare per le notti. Il fantastico nell'opera di Tommaso Landolfi, in «Etudes Romanes», 51, University of Copenhagen, 2001.


Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2005-2006

Giugno-dicembre 2005, n. 1-2


 
Torino, Einaudi, 1974.

47  Altri attacchi al rapporto tra lo strumento linguistico e il soggetto scrittore si leggono in Parole in agitazione, dove la rivolta dei lessemi gioca sullo scambio tra significanti e significati; in La penna, in cui l'ammutinamento della penna sabota l'edulcorato elogio dell'amore, riscrivendolo a dispetto dell'autore nel senso un po' manganelliano della letteratura come menzogna e definendo le parole «gusci vuoti»; così in altri racconti rubricati nell'antologia di Calvino nella sezione Le parole e lo scrivere.

48  Molto chiaro in questo senso, e con utili osservazioni formali, il capitolo conclusivo di L. Cecchini, Parlare per le notti. Il fantastico nell'opera di Tommaso Landolfi, «Etudes Romanes», 51, University of Copenhagen, 2001.


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Giugno-dicembre 2005, n. 1-2