Stefano Visani
Marcegaglia

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Ecco che ne arriva un altro, disse la donna guardando verso sinistra e strizzando le palpebre sotto gli occhiali da sole.
La sua amica smise di leggere e guardò pure lei. È normale, disse. Qui è un via vai continuo, ce ne sono talmente tanti ormai che non li contiamo neanche più.
Vanno e vengono in continuazione, aggiunse la loro ospite, che stava un po' più indietro rispetto a loro, su una sdraio, affondata nel disco di ombra grigio topo dell'ombrellone. Era una donna grassa con i capelli opachi e un orribile costume a un pezzo, giallo con dei fiori rossi. E non pensare mica di riconoscerne qualcuno, perché già un po' che si assomigliano tutti... già che si scambiano in continuazione: non lo vedi mica due volte lo stesso vu cumpra'!
Sì, disse l'amica della donna, c'hanno un gran traffico... brum brum... non sono neanche arrivati e già via che vanno... disse agitando il giornale a destra e a sinistra, in un gesto che ricordò alla donna le ballerine del can can quando scuotono l'orlo delle gonne da una parte all'altra.

L'uomo era un nero alto, rasato a zero, con dei jeans quasi bianchi e una maglietta slavata dei Chicago Bulls. Si fermò davanti a loro e appoggiò sulla sabbia calda delle dodici un borsone senza forma. Molte cose le aveva ancora in mano o adagiate lungo gli avambracci. Guardando il campionario nella borsa vicino ai suoi piedi, la signora notò che portava delle nike, un modello forse di tre anni prima. Le aveva comprate uguali a Mattia, il suo piccolo, quando aveva fatto diciassette anni.
Ciao signora, vuoi collana? Disse l'uomo.
Vuoi bracciale portafortuna? Spilla per capelli? Anello... borsellino? Vuoi ciddì?
Le donne lo guardavano in silenzio.
No? Vuoi occhiali? Guarda che belli signora, guardate signore, anche voi: occhiali raibàn solo 40 euro. Troppo? Ve li do a 35. Vuoi altra marca? ho valentino, ho versace ho tutti occhiali che preferisci! Guarda signora che belli, no?
Ma ce li abbiamo già gli occhiali, non vedi? Magda, mi sa che quello ne ha più bisogno lui di noi, degli occhiali! Disse la loro ospite ridacchiando.
Allora compri un pareo. Che prezzo vuoi spendere? ho da 15 da 12 da 10 euro... anche da sette, dai.
L'uomo attese un po', inutilmente. Davvero non volete comprare niente? disse.
No, disse l'amica che aveva ripreso a leggere.
E dai, comprami qualcosa che non c'ho i soldi da mangiare o almeno dammi una moneta: 1 euro, mezzo euro... disse l'uomo rivolto alla signora.
Ci manca solo l'accattonaggio adesso! Va' là va' là, disse l'amica, e fece un gesto che l'invitava a passare oltre.
Ma lui rimase fermo, perché le altre due donne forse potevano ancora essere convinte, soprattutto quella che non aveva parlato.
La signora lo fissava in silenzio da sotto gli occhiali, all'altezza dell'ombelico, inseguendo un qualche pensiero. Dietro l'uomo, sentiva e cercava di vedere il gran mare azzurro dell'Adriatico, immobile, appena crepitante per lo strepito di qualche ondina solitaria che si scorgeva a stento.
Se non hai i soldi dovresti andare a lavorare, disse poi.
Epperché, cosa faccio adesso? rispose l'uomo alzando verso le signore le braccia piene di cose.
Ma quello non sarà mica lavorare!? Disse la donna. Andare su e giù per una spiaggia a vendere cianfrusaglie...
E cosa dovrei fare secondo te, signora? In mio paese tutti poveri, non c'è lavoro, non mangiare... capisce? a volte non abbiamo neanche acqua..., in mia famiglia sei fratelli tutti in casa di due stanze senza nemmeno gabinetto... non posso lavorare in mio paese.
Va bene va bene, lo sappiamo che in Africa siete tutti poveretti ma diosanto, almeno una volta che hai fatto la fatica di fare tutti quei chilometri daa... da dove esattamente?
Come dici signora?
Da dove, da dov'è che vieni tu?
Io? da Senegal, disse l'uomo sorridendo.
Ecco, appunto. Una volta che hai fatto tutti quei chilometri per venire dal Senegal.
Ma quanti saranno?, si intromise la loro ospite, duemila? di più?
Sono quattromila, disse l'uomo.
Allora bene: tu, dopo aver fatto quattromila chilometri, vieni qua a vendere delle collanine sulla spiaggia. E poi?
E poi cosa?
E poi cosa speri, di campare così? chiese la signora scuotendo la testa.
Soprattutto quest'anno, poi... con 'sto tempo del cavolo che piove sempre e in spiaggia non ci viene più nessuno, disse la loro ospite.
L'uomo la ignorò e spalancò due occhi enormi sulla signora, che trovandoseli così di fronte come due torce al neon, ebbe per un attimo la sensazione di fissare un teschio al negativo, con le ossa nere e le orbite piene di luce e le sembrò che due gorghi bianchi la tirassero a sé, magari non minacciosi... più con una specie di gentilezza, come se scivolasse su un velluto inclinato, sembrava che volessero mostrarle qualcosa... invitarla in un posto lontano, al caldo... Ebbe un movimento impercettibile della testa, all'indietro, per ritrarsi, e cercò di mascherarlo dando l'idea di volersi sistemare meglio sul lettino rispetto alla posizione del sole.
Ma signora, tu credi che io vengo qui da voi e trovare lavoro vero, non so... magari in fabbrica?! Diceva l'uomo agitando le braccia e così facendo fece scivolare a terra una collana.
La signora si chinò su un fianco per raccoglierla e se l'avvicinò al viso, sollevandosi gli occhiali, ma accecata dal riflesso del sole sulla sabbia, se li rimise subito e gliela restituì.
Ma si capisce che lo puoi trovare, disse.
L'uomo l'afferrò con un gesto brusco ma se ne pentì subito, cercò di star calmo, sorrise e chiese, con tutto l'interesse che riusciva a dimostrare: e dove, signora?
In Italia da quasi un anno senza permesso, era passato dalla raccolta dei pomodori a rimettere a posto i carrelli in un supermercato e infine approdato al mondo del commercio. Bigiotteria, ma dopo una breve parentesi nell'etnico: elefanti di legno in scala come le matrioshke, teste di donne nere con gli occhi enormi come mosche e il cranio a ogiva come un missile, infradito di paglia e calumet per farsi le canne, "roba che in realtà si fabbrica da qualche parte tra Singapore e Taiwan", gli disse una volta un fornitore. Le infradito però per un po' erano state di gran moda, scambiate forse per effettivi prodotti artigianali, che poi tutti gli immigrati, da Lignano a Procida e dall'Elba a Milano Marittima, che fossero marocchini, senegalesi, coreani o cingalesi, ne vendevano di uguali, mutandosi di esse solo il prezzo, in proporzione alla rinomanza del posto di villeggiatura e alla dabbenaggine di chi vi si trovava.
Ancora ne teneva qualche paio, in fondo al borsone, per ricordo, più che altro, ma anche perché non si poteva mai sapere, sebbene adesso nessuno gliele chiedesse più.

Be', disse la signora dopo una pausa. Da Marcegaglia, per esempio. Lo sai dov'è? Prendi l'autobus qui a Marina Romea - perché qui passa l'autobus, lo sapevi? e vai in direzione Ravenna, cioè: dalla parte di Ravenna, hai capito? chiese, mentre indicava la direzione con il braccio destro teso in alto che si abbassava verso sud come la sbarra di un passaggio a livello e poi si alzava di nuovo.
Magda, ma dai che così mi sembri un vigile! Disse la loro ospite.
Mi raccomando,verso Ravenna, direzione Bassette, continuò la donna, non verso Casalborsetti, aggiunse indicando con il pollice dietro le spalle come se facesse l'autostop, che se no vai dalla parte opposta! ...verso le Bassette, lo sai cosa sono, no?
L'uomo stava fermo, sorridendo senza alcun cenno di comprensione, solo le braccia, con su almeno dieci collane, gli si erano abbassate un po'.
No? le hai viste di sicuro: sono una zona piena di fabbriche, giù per andare a Ravenna, c'è anche un ipermercato... con una grossa struttura di tubi attaccati sulla facciata, in una specie di intreccio per tutta la lunghezza, sarà più di trenta metri...
Ma sì, il razzo, disse l'amica.
Ecco, disse la signora vedendo un cenno dell'uomo che le parve di assenso, vedi che hai capito! Allora è chiaro? l'autobus per le Bassette in direzione di Ravenna, ma non devi aspettare di arrivare a Ravenna, ti devi fermare prima, da Marcegaglia. Ce l'hai presente?
No? Vabbe' insomma, qui a Ravenna c'abbiamo questa Marcegaglia che è una grossa ditta, grossissima, una delle più grosse ditte di tubi del mondo. Lì un lavoro te lo danno di sicuro: ci lavorano delle centinaia di stranieri. Ma devi andarci subito, adesso, oggi o al massimo domani; prendi su il tuo autobus e vai da Marcegaglia, direzione di Ravenna, diceva la signora cercando di scandire meglio le parole ed alzando progressivamente la voce, come se la barriera linguistica fosse solo una barriera sonora, ma fallo subito, entro domani, che stanno cercando...
Ma domani è Domenica! Disse la loro ospite.
Vabbe' allora andrà bene anche dopodomani, però il meglio in assoluto sarebbe andarci oggi, o comunque al più presto... mica ti pigliano su in due e due quattro: ti devono fare la prova, devono controllare... che lì non ti assumono mica in nero... ti mettono in regola subito... e allora ci vuole il suo tempo.... L'autobus lo puoi prendere alla fermata davanti alla Cassa di Risparmio... qui a Marina, e poi chiedi all'autista dov'è Marcegaglia, anzi, per non saper né leggere né scrivere sali sul tuo autobus e dici all'autista: "io devo andare da Marcegaglia", perché la fermata ce l'ha proprio davanti... che dopo se sbagli ti tocca di tornare indietro... vedrai che lui lo sa dov'è, ci passa davanti tutti i giorni! E lì, se vedono che sei a posto e ne hai voglia allora... disse la signora alzando appena le spalle, come se stesse esprimendo un concetto autoevidente, può darsi anche che ti trovano una casa...se sei bravo.... certo non per starci solo te, mica ti possono mettere in un appartamento da solo come in albergo... comunque se ne hai voglia vedrai che lì ti sistemi perché al giorno d'oggi di italiani che vadano a lavorare in fabbrica non ce n'è mica tanti, anzi, disse la signora torcendo il busto indietro verso la loro ospite. Allora, dai retta a me: prendi su il tuo trentuno e vai in là!.
A quel punto sembrava che avesse finito. Si aggiustò gli occhiali sul cranio e si girò da un lato, come se non ci fosse più nessuno e poi senza guardarlo aggiunse: degli autobus ne passa uno ogni quaranta minuti, più o meno. L'uomo fece mezzo giro intorno al lettino e cercò di guardarla in faccia, ma lei era molto più in basso e girata su un fianco e guardava dritta davanti a sé, all'altezza delle sue tibie.
A me non mi prendono signora, te lo dico io, non mi prendono,diceva sommessamente, scuotendo la testa.
La signora si tolse gli occhiali e lo guardò, incazzata. Ma va là, disse. Ecchennesai che non ti prendono?
A me non mi prendono signora. È meglio questo lavoro, per me, disse l'uomo alzando le braccia con le cose.
Ma cosa dici? ma ti pare che vendere delle collane sulla spiaggia sia meglio che lavorare in una ditta internazionale? ma hai idea tu che razza di fabbrica sia Marcegaglia?, ma lo sai o no che è una delle prime in Europa nel suo campo?, ma lo sai tu quanti tubi fanno quelli in un giorno?
No signora.
Prova a dire una cifra, dai!
Come? chiese l'uomo che non aveva capito la parola "cifra".
Ma dai un numero su, dì un numero, prova solo a dire un numero di chilometri di tubi che fanno quelli lì, in un giorno.
L'uomo rimase in silenzio, imbarazzato.
Cinquemila ne fanno caro mio, cinquemila chilometri di tubi in un giorno, più di quanto c'è da qui al tuo paese! Lo sapevi eh?
No, naturalmente non lo sapeva, si disse la signora fissandolo solo per un attimo perché di nuovo le sembrò che i suoi occhi, bianchi come palline da golf abbandonate in una pozza d'acqua sporca, la cercassero, la fossero venuti a scovare fin da laggiù per portarla altrove, in qualche posto dove non era sicura di voler andare. Si girò verso le sue amiche. E voi lo sapevate ragazze, eh?
Che cosa? chiese l'amica che leggeva.
Dei tubi, i tubi di Marcegaglia, disse la loro ospite. Che quelli in un giorno dice che fanno cinquemila chilometri di tubi.
Ah. Disse l'amica.
Ma sei sicura Magda?, chiese la loro ospite, no perché non è per dire, ma a me cinquemila al giorno mi sembravano un po' tanti.
Sicuro che sono sicura, cosa credi che quelli i tubi li fanno solo qua a Ravenna? guarda che quelli c'hanno fabbriche di tubi in tutto il mondo, cosa credi? Anche in America.
Smise di parlare e di nuovo cercò di considerare il mare in tutta la sua massa piatta, una linea infinita e infinitamente immobile, ma il nero piantato lì in mezzo come un salame glielo impediva, ostruendole la visuale.
Io lo so bene, continuò poi, dopo un po'. Il mio grande ci ha lavorato per tanto di quel tempo...
L'amica abbassò il giornale e la guardò, Giacomo?
Sì, rispose la donna.
Ah, non lo sapevo, disse, e rialzò il giornale.
E poi? chiese la loro ospite sporgendosi in avanti sulla sedia a sdraio.
Nessuna delle due rispose.
E poi non si sa, mormorò lei, lasciandosi ricadere sullo schienale, un po' offesa.
Poi nessuno seppe più cosa dire e rimasero lì in silenzio.
L'uomo si dondolava appoggiando il peso su una gamba e sull'altra. Nessuno gli avrebbe comprato niente. Recuperò il suo borsone, girò attorno al lettino della signora e fece per avviarsi, ma quando le era ormai già di spalle, la sua voce lo raggiunse di nuovo.
Allora di' su: ci andrai o no?
L'uomo si girò su se stesso e le guardò le spalle un po' spelacchiate, il culo largo, la cellulite che le solcava le cosce, i calcagni callosi e le unghie dei piedi smaltate.
Va bene signora, ma se ti prometto che vado, tu mi compri qualcosa?

Secondo voi ci andrà? chiese l'amica quando era già un po' lontano, scrutandolo dall'orlo superiore del giornale.
Ci deve andare, disse la signora. Subito, cosa c'è da aspettare? non c'è mica niente da aspettare...
Io dico che non ci va, disse la loro ospite, per me non ha neanche capito dov'è, Magda.
... se uno deve fare una cosa, continuò la signora senza ascoltarla, la deve fare subito, la fa subito e non ci pensa più, chi ha tempo non aspetti tempo, no? Il più è la voglia di lavorare, con quella ne hai metà della fatta, qua da noi solo uno che non ne ha voglia rimane disoccupato.
Già, disse l'amica, solo uno che non ne ha voglia.

Due giorni dopo, mentre faceva in autobus la solita strada che da Ravenna attraversava le Bassette, la zona industriale e poi lo riportava a Marina, irta di tubi fumanti come una foresta in fiamme, ad Alioun tornò in mente quella signora che lo voleva mandare da Marcegaglia e lo raccontò ad uno dei suoi compagni di appartamento, che gli sedeva di fianco. Quello però gli rispose che forse non era una stronzata, perché anche lui aveva sentito una cosa del genere, da dei nord-africani, anche loro dicevano che da Marcegaglia stavano cercando.
Secondo me è quella vecchia matta che lo va a dire in giro a tutti gli africani che vede in spiaggia! Disse Alioun. L'altro lo guardò senza espressione e poi ad un tratto scoppiò a ridere. Anche Alioun rise.
Quel giorno non vendette quasi niente; verso le sette di sera, alla fermata dell'autobus, incontrò di nuovo il compagno di camera. Come è andata? gli chiese.
Male, rispose l'altro. Quando arrivò l'autobus ci salì su in fretta, si sprofondò in un posto vicino al finestrino e si mise a guardare fuori, senza dire una parola. Neanche Alioun parlò e anzi si appisolò appena l'autobus cominciò a muoversi.
A un certo punto, all'inizio della zona industriale, saltarono su una buca, una delle tante scavate nell'asfalto dal peso dei tir stracolmi che andavano e venivano di continuo, l'autobus sobbalzò, Alioun aprì gli occhi e gli venne da pensare che si stavano avvicinando.
Ehi, disse all'altro.
Quello non rispose.
Ascolta, ehi!. Gli appoggiò una mano sulla spalla e, credendo che si fosse appisolato, lo scosse.
Cosa vuoi? Non ho voglia di parlare, lasciami in pace.
Ascolta, dai. Insisteva Alioun.
L'altro allora si girò verso di lui, guardandolo male.
E se ci andassimo veramente?
Dove?
In quella fabbrica, da Marcegaglia.
Ma che dici?
Potremmo provare ad andarci.
Noi due, senza permesso. Disse l'altro e rimase immobile a fissarlo con le labbra aperte.
Sì.
Ma dai... senza permesso niente codice fiscale e senza codice niente assunzione, lo sai.
Proviamoci lo stesso.
Ma perché?!
... E poi adesso ho sentito che vogliono fare quella cosa, come la chiamano... la "sanatoria", anche per i clandestini che potrebbero avere un contratto di lavoro a tempo determinato.
Sì, l'ho sentito anch'io ma il contratto dovrà essere almeno di un anno.
E allora?
Allora cosa Alioun, ti sei rincoglionito anche tu a forza di stare con gli italiani? Quando mai ci assumono per un anno, a noi, questi qua! Rispose l'altro, alzando le braccia in un gesto circolare, come se volesse comprendervi tutti quelli che avevano intorno, anche la gente sull'autobus e la bambina bionda piccoletta seduta di fronte a loro che li guardava seriamente, abbracciando un secchiello.
Senti, perché no? quella signora diceva che assumono un sacco di stranieri.
Non ho mai sentito che assumessero qualcuno senza permesso.
D'accordo, non ci assumeranno, ma andiamoci lo stesso. Alioun cominciava a vedere i pennacchi di vapore delle ciminiere spuntare dietro l'argine spelacchiato del canale.
Perché?
Non lo so perché, per vedere; voglio vedere com'è questo posto...
L'amico lo guardò, senza parlare.
L'autobus accostò a una fermata infrattata tra gli alberi corti e imbozzachiti di un vialone deserto in mezzo a un nulla industriale e si fermò. Le porte si aprirono, l'autista si girò indietro e disse: ehi, quelli che vogliono scendere da Marcegaglia.... Ci siamo.
Scesero, lo spiazzo della fermata era senza asfalto e irregolare, pieno di buchi e sassi, non sembrava neanche di stare a Ravenna, pensò Alioun, sembrava più la Calabria. L'autobus ripartì subito con uno sbuffo, nessun altro era sceso. Camminarono un po' guardandosi attorno, ma non si potevano sbagliare. C'erano almeno tre stabilimenti con su quella scritta, più grande o più piccola, blu o nera. MARCEGAGLIA. La scritta era preceduta dal logo: due emme maiuscole sovrapposte, con quella di sopra a testa in giù, che ricordavano, prese insieme, una specie di grosso ragno. Il capannone con la scritta più grande era grigio chiaro, alto e senza finestre e con il tetto spiovente come quelli delle case che disegnano i bambini. Arrivarono davanti a quello che sembrava un ingresso per automezzi: c'era un cancello lunghissimo, sudicio di ruggine, che scorreva su una specie di monorotaia, aperto, immobile e dietro un grande spiazzo di cemento in cui non si vedeva nessuno, rigato dalle strisce di gomma delle ruote dei tir che si incrociavano in ogni direzione e chiazzato qua e là dalle ambrate deiezioni oleose dei loro scappamenti.
E adesso? disse l'amico. Poi guardò l'orologio. Sono quasi le sette e mezza, sarà tutto chiuso qua.
Noo, disse Alioun. Fanno i turni, tre turni al giorno di otto ore ciascuno. Lo stabilimento è sempre aperto.
Mmm, bene; è sempre aperto. E allora? che dobbiamo fare, entrare?
Non lo so.
Non lo sai, ma che bello.
Senti, gli disse Alioun senza guardarlo, perché continuava a fissare lo stabilimento come se fosse qualcosa di speciale: una specie di museo o un panorama... un monumento, non so. Non ti ho mica obbligato a venire.
Tutto intorno era pieno di gabbiani che volavano basso, come sull'estuario di un fiume selvatico.
E allora? rispose l'altro sbalordito, cosa vorrebbe dire? Invece di ringraziarmi che ti sono venuto appresso in questa stupidaggine...
Vuoi star zitto per favore? disse Alioun. Poi si mosse, fece qualche passo in direzione del cancello e mentre si avvicinava notò un movimento, un lampo di colore in basso, sotto di sé.
Si agitava in una crepa del selciato che partiva proprio dalla scanalatura in cui era fissato il binario sul quale il cancello scorreva.
Alioun si avvicinò ancora.
Si mosse di nuovo: un guizzo verdechiaro picchiettato di macchie più scure. Arrivato al cancello, si fermò e si chinò per guardare meglio. Era una lucertola o un grosso ramarro o meglio quel che ne restava e gli sembrò strano trovarlo lì in mezzo, in mezzo alle crepe del selciato e tra tutto quel ferro e le strisce dei pneumatici.
Era incastrato in una fessura tra il cemento e la sbarra di metallo che faceva da binario per il cancello, certamente si era trovato lì mentre il cancello veniva aperto o chiuso ed i cuscinetti che ne fungevano da ruote l'avevano spinto lì sotto, schiacciato pestato, forse anche maciullato un po', perché Alioun guardò meglio e gli sembrò di vedere delle macchioline rosse. Mancanza di precauzioni, fosse stato più attento non sarebbe capitato, non mettono forse cartelli dappertutto perché si stia lontani dalle macchine in movimento? Alioun pensò che non sarebbe più uscito vivo da lì ma nonostante questo dovesse essere ben chiaro anche a lui, lo vedeva continuare a contorcersi e a dimenarsi, la lunga coda sbatacchiava qua e là, entrando ed uscendo dalla scanalatura di metallo e dal solco nel selciato, il corpo, sotto la pelle luminosa e tirata, era attraversato da strappi e salti, come da una corrente che venisse generata e subito consunta, a gran velocità.
Alioun non pensò di aiutarlo ad uscire, non ce l'avrebbe fatta comunque. Un giorno anche noi, in Senegal, faremo una quantità di tubi e li esporteremo ovunque e ricopriremo di tubi il pianeta, i nostri tubi attraverseranno tutta la terra sopra e sotto, in un anno faremo abbastanza tubi da fare il giro della terra due volte più di quelli di Marcegaglia.
Osservava la lucertola contorcersi mentre il suo compagno, fermo qualche metro più indietro, lo fissava paziente. Ecco, pensò Alioun, l'infinito brulicare della vita sulla terra, eccolo. Se i nostri tubi attraversassero tutta la vita della terra, anche loro imparerebbero ad agitarsi e a dimenarsi così, a darsi da fare per restare vivi, li vedremmo guizzare dalle crepe del selciato come la sua coda, e poi esplodere fuori e dirigersi in cielo con grandi scrollate, li vedremmo sbucare dalla schiuma del mare pieni di bolle e di vapore... Ovunque, non solo qui o in Senegal: a Singapore a Taiwan nel Pakistan e nelle loro fabbriche americane a Chicago e nel Colorado o dove cazzo sono; salterebbero su da sotto la terra e fuori e dentro le onde come i delfini. Li ho visti quando sono venuto con la nave, delfini, e pescecani, balene e anche tonni, di quelli poi, tutti arrotolati nelle loro scatolette di latta grondanti olio di non si sa cosa, ne ho visti più di quanti ne possiate immaginare, più di quanti tubi si fanno qua in un giorno, ne ho visti e forse anche in una settimana e in un mese.
Alioun, Alioun!
L'amico gli si era avvicinato e lo scuoteva per un braccio cercando di tirarlo via, intanto, da dentro un capannone, due tipi in uniforme erano usciti ed avevano cominciato ad avvicinarsi, camminando piano con le mani appoggiate sulle cinture.
Alioun dai, vieni via per favore, si può sapere cosa cazzo stai facendo?

Ecco ecco, ne arriva un altro, disse la signora, guardando verso sinistra, più o meno a metà tra le cabine del bagno e la linea del mare.
L'amica che leggeva disse: ci risiamo, continuando a leggere.
Di' su Magda, disse la loro ospite che se ne stava nel cerchio ombroso dell'ombrellone, e più loro si abbronzavano più sembrava pallida e brutta, non gli vorrai mica fare la predica anche a lui, eh?
Il nero, che si avvicinava lentamente, aveva il cranio rasato e una maglietta slavata con su una scritta che non si distingueva bene: Thi, Chi, una cosa così. Camminava tranquillamente nella loro direzione. L'amica abbassò il giornale, lo squadrò un attimo e disse: sta'a vedere che è quello dell'altro ieri....
No no. Disse la signora. È completamente diverso.
Sarà... insisteva l'amica, a me mi sembra che potrebbe anche essere lui, la maglietta, poi: è precisa.
Ma va' là, ma come fate a dire se è lui o non è lui, che son tutti uguali.
La signora fissava il ragazzo che si avvicinava ondeggiando sulla sabbia calda: stessa maglia, stessa testa pelata stesso campionario (ma quello non voleva dire granché) e intanto udiva l'amica che con aria di sfida diceva: magari quando ci viene vicino glielo chiediamo.
Sì, dai, glielo chiediamo, disse la signora con un sorriso che nessuno vide.
L'uomo si avvicinava e tutte e tre le donne ora erano girate nella sua direzione; la signora si aggiustava e riaggiustava le stanghette degli occhiali, l'amica aveva abbandonato il giornale sulle ginocchia e guardava la scena e la loro ospite si sporgeva in avanti cercando di emergere dalla trappola della sdraio, sbuffando per la pancia che sempre più era costretta a schiacciare per raddrizzarsi.
Ci metteva del tempo perché quasi ad ogni ombrellone si fermava o almeno dava una voce a chi ci stava sotto o di fianco a prendere il sole, a meno che proprio non si vedesse che stava dormendo e così, tra un indugio e una sosta, gli ci voleva tempo, anche se a dir la verità gli ombrelloni eran quasi tutti chiusi, perché era fine agosto, pioveva un giorno sì e uno no e quella era una specie di spiaggia libera, dove si stava belli larghi.
Ma alla fine, comunque, arrivò.
Rallentò un poco - o almeno così sembrò alla signora - e passò oltre, senza fermarsi, senza nemmeno voltarsi a guardarle.
Fece una traiettoria strana, con un brusco angolo retto che aveva come vertice il loro ombrellone e dà lì sembrò puntare diritto verso la linea piatta del mare, come se ci avesse visto qualcosa.

 

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Giugno-dicembre 2004, n. 1-2