Livio Romano
Uomini a Natale
(omaggio a Pier Vittorio Tondelli)

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È il regalo più bello che i suoceri m'abbiano mai fatto. Voglio dire, ok, la bella casa al piano di sopra, gli impianti hi fi di cui vado pazzo rinnovati ogni tre anni. Non lo nego. Tutta roba pregiata. E l'altr'anno il monovolume Chrysler è stata la figata del secolo. Ché ok, non era nuovo di pacca. Se l'erano fatto spedire dai parenti rimasti in Svizzera. Da quelle parti la gente cambia auto ogni due anni. Con quindicimila euro ti porti via una madonna di macchina. Ma volete mettere il figurone dopo che l'ho fatta reimmatricolare e dotare di targa italiana? Sembrò subito una vettura appena presa dal concessionario. Scivolavo come un babbonatale per i viali del paese, e quando andai a Lecce a prendere le ragazze di ritorno dall'Università, furono contente anche loro. Per giorni non si fece che puntare sveglie presto sì da accaparrarsi per primi le chiavi e uscire col mastodonte a fare shopping nei negozi addobbati a festa. Quell'anno, fino alla Vigilia, a nessuna è venuto in mente di pronunciare la parola mamma. Un record. Uscita dalle nostre vite. Da quelle dei genitori che vivono al piano di sotto e adorano le mie ragazze, dalla mia testa, dalla mia casa: fu un Natale perfetto.
Devo dirgli grazie, a questi suoceri. Ché li vedo i colleghi miei bidelli del Liceo Classico. Sempre incasinati con le rate e i mutui i fidi e i direttori di banca che li strigliano di continuo. Io lo stipendio della scuola lo metto da parte, altro che bollette. E con l'altra entrata da contabile al negozio di sanitari mi ci compro i vestiti, mi pago l'aereo per andare a visitare le ragazze a Bologna, all'epoca prendevo gli ori per mia moglie -mica roba da poco, la troiona ha lasciato nel suo scrigno diecine di milioni di gioielli, e dire che le ragazze quelle robe manco le guardano, le trovano pacchiane, rétro.
E così i suoceri quest'anno hanno voluto esagerare. Lo fanno per me, e per le bambine. Hanno detto basta. Basta con le richieste di metter piede ancora in questa casa. Basta con lo stillicidio di soldi. Che glieli passi il suo amante, qui da noi non troverà più porte aperte. Eh già. Lei voleva mettersi alla prova. Cosa le mancava? Cosa voleva dimostrare con questo lavoro trimestrale da netturbina? Non hanno forse fatto gli schiavi abbastanza i suoi beneamati genitori a Coira, trent'anni fa? Non lo hanno fatto anche perché lei stessa mai più fosse costretta a sgobbare per campare? E questa grandissima puttana cosa mi fa? Si mette a fare la netturbina con due figlie che studiano Legge a Bologna ché certi giorni quando la vedevo per il paese che guidava il camioncino, intabarrata nella tuta arancio fosforescente con a fianco la collega-sguattera: mi veniva la vergogna, non osavo guardarla, tiravo dritto per non vederla. E brava la spazzina. Neanche trenta giorni di libertà che subito si tromba il coordinatore ambientale, un altro dei pezzenti che avrà fatto carriera nella ditta dell'immondizia. E due anni e mezzo di pianti miei e dei suoceri, a noi, chi ce li ripaga, eh? Voleva ritornare a casa, la furbastra. "È stata solo una storiella durata due mesi". E invece si da il caso che se ne debba trovare un altro, di alloggio. Ché pure il prete amico nostro ce l'ha detto. Ci son tante stamberghe nel centro storico di proprietà della Curia. La trovo io una sistemazione alla ragazza. Voi pensate alle bambine. Ha detto il prete. E quindi adesso cosa vuole ancora da noi? I miei suoceri pagano un affitto di centocinquanta euro mensili al caro don Ottavio. Vuole anche l'affetto delle figlie? Le mie ragazzine che studiano da avvocato? Che da subito hanno deciso di non parlarle mai più? Che le ho dovute mandare in ritiro spirituale con la parrocchia per fargli superare lo choc? Cosa? Cosa, ancora? Vuole il comò del seicento? Preferirei arderlo nel camino, piuttosto che saperlo nella sua topaia da sgualdrina. E sua mamma, mia suocera, preferirebbe lasciarsi morire d'inedia, preferirebbe non curarsi più il diabete anziché vederla ancora che si aggira attorno a casa nostra.

* * * * * *

No senti, adesso mi stai a sentire. T'ho detto che non c'è problema. Sul serio. Te ne ringrazio, va bene? Non stare sempre lì a dilaniarti coi sensi di colpa. L'Avvento sta finendo. Puoi mollare la presa. Cerca di sistemare casa. Lascia perdere per un po' l'oratorio. M'avevi detto che sarebbero venuti i tuoi nipoti il giorno di Santo Stefano, e allora cosa aspetti? Vai giù al mercato a comprare un albero, dei pupazzi per un presepio. Fai un po' di spesa ché quel tuo frigo è sempre una tristezza. È Natale, Anna, cerca di recuperare un minimo di allegria, non so. E no. No no no. Questo è un ricatto, Anna. Tutti noi possiamo essere allegri, se lo vogliamo. Non parlo di felicità, capisci? Quel briciolo di voglia, quell'impegno che abbiamo nei confronti di noi stessi a non lasciarci andare. Ci pensi quanta gente in questo momento non ha neanche i soldi per un regalino ai bambini preso dai cinesi? No, dai. Non è venalità, lo sai bene. Ma facciamo presto noialtri occidentali a intristirci per un nonnulla. Lo so lo so. Sono un miserabile egoista. Fa bene a entrambi raccontarcela così e però le cose non cambiano. No. Di me non ti devi preoccupare. Son sbarcato stamattina a Patrasso. C'è vento e freddo. Ho pranzato in una taverna vicino al porto. Più tardi mi metto in marcia. Non ho soldi per la corriera, ma ci sono degli autostoppisti fuori da questa cabina. Siamo sulla strada che porta ad Atene. E smettila di parlarmi ancora di quella gente. Cosa vuoi che mi importi più? Hanno fatto il loro gioco. M'hanno cacciato dalla Chiesa e non poteva andare altrimenti. D'altro canto ho rotto o no i coglioni tutti i santissimi giorni schierandomi con quei vagabondi dei no global e sputando sentenze contro i potenti così come contro le quaglie così come contro le querce? No, Anna, non sto delirando, dai, lo sai. Ho rotto o no il voto di castità innamorandomi di te? E guarda che adesso non voglio rinnegare niente. Ma lascia loro il diritto di malignare quanto ne hanno voglia. È vero, è verissimo. Io son qui a mille chilometri e tu sei lì. È per questo che devi pensare alla tua casa, capisci Anna? Rendila allegra, cristosanto. Illuminala un po'. Vendono quelle ghirlande stroboscopiche con le musichette incorporate. Ah, e delle candele profumate, potresti comprare. Vado a fare in culo? Ok, ok. Ci vado. Hai ragione tu, mi sa. Ciao.

* * * * * *

Io sorella mia, io uno di questi giorni mi butto in un angolo e mi faccio travolgere dalla prima macchina. Anzi, sai cosa? Lasciami un po' da solo. Vado di là a fare un riposino. Appoggio qui il telefonino. Lo spengo. Non la voglio sentire. Ho lasciato un po' prima il lavoro, lo vedi. Pioveva, e tutto quello che c'era da fare nella villa dell'avvocato io l'ho fatto. Adesso a casa non mi va di ritornare. Sono sveglio dalle cinque e mezza. A quest'ora vorrei soltanto dormire. E invece quella appena mi vede mi carica in macchina e mi porta a lavorare nella casa che abbiamo comprato. Oh, bell'affare davvero. I tubi dei bagni rotti, le porte rotte, l'impianto elettrico rotto. Tutto da rifare. Son mesi e mesi che lavoro anche la sera fino a tardi. Non abbiamo un soldo per permetterci delle maestranze. E non possiamo restare a lungo a vivere in cinque in una stanza di mio cognato. Ché quello sì che ci sa fare nella vita. Oh mio cognato, sorella. Che portento di uomo. Che pazienza coi figli. E i soldi che porta a casa. Oh lui sì che è un uomo con due belle palle. Vado un po' a dormire, ti va? Mi metto nel lettino che tuo marito usava per leggere la sera, nel suo studio. Non stropiccio le coperte. Sta' tranquilla. Mi butto un'ora e mi sentirò un altro. Pensare che fra due giorni è Natale e io ho soltanto debiti, e debiti fatti per pagare i debiti. Non ti devi mortificare, sorella, io lo so che tu non puoi fare niente per me. Lo so che lo sai. Che gioco ancora appena riesco a scappare da quella disgraziata che mi ha distrutto la vita. Ma lo faccio nella speranza di mettere tutto a posto. Di ragranellare due soldi per fare la spesa e comprare i giochi ai bambini. E invece mi metto sempre di più nei guai. Oggi mi scadeva la cambiale. Lo so. Lo so che tu non mi puoi aiutare. Ho firmato sei cambiali per pagare le rate in banca. E cinque le ho rimborsate utilizzando la carta di credito. Però adesso dovrò pagare le rate della carta e insomma sono nella merda, se non lo avessi capito. Un'ora soltanto. Dai. Versati anche tu un goccio di brandy: è Natale, sorella. Chiamami alle sette. Tornerò a casa a sentirla strillare. Di là, vado, adesso. Sul lettino della buonanima di tuo marito.

* * * * * *

Bel regalo davvero. Io e le mie figlie e i miei suoceri a far nascere il bambinello senza lei fra le palle. L'hanno fatta incarcerare. Adesso andrà a fare i dispetti alle galeotte. L'idea dell'anno. Neanche io ci sarei arrivato. Eh, ma loro conoscono gli avvocati giusti. È bastato poco. Quella mi graffiava la Chrysler con la chiave? Prima diffida. Mi telefonava a tutte le ore implorandomi di lasciarla tornare a casa? Denuncia ai Carabinieri. Si intrufolava quando non c'era nessuno per prendersi dei vestiti? Serrature cambiate e ulteriore avvertimento. Le hanno imposto di tenersi lontano. Non lo ha fatto. Ha importunato le bambine chiamandole a Bologna e chiedendo se la ospitavano due giorni. E già. Noi lì a pagarle l'affitto e lei che si sputtana i soldi guadagnati alla nettezza urbana in viaggi. Adesso col cavolo che le rinnovano di nuovo il contratto da spazzina. Adesso dovrà rendere conto a un giudice dei suoi gesti inconsulti.
E poi parliamoci chiaro. Maristella cominciava a innervosirsi. Ci mancherebbe che adesso mi piantasse pure Maristella. La mia maestrina d'asilo bionda e sporcacciona. Stamattina mi son svegliato e ogni cosa era al posto giusto. Un sms della mia lei. "Amore mio si avvicina il nostro primo Natale. Rinasceremo come lucertole dal letargo". È un segno. Che l'ha presa bene. Fino a una settimana fa non me la dava più, mi sbatteva le cornette in faccia. Adesso, mi comunica la mamma -beh sì, la suocera-, che lei e la mia fidanzata hanno bevuto un caffè insieme, stamattina presto, mentre io le bambine dormivamo. E che ha lasciato sotto l'albero un pacco dorato per il papà, il nonno delle mie figlie. Eccellente. Quella serpa in galera e Maristella riappacificata con i miei suoceri. Sarà un Natale storico.

* * * * * *

Sono io. Dovresti chiudermi il telefono, altro che storie. Sto bene. Bene. Respiro a un ritmo che mi sembra sempre più regolare, mi capisci? E sì, son contento che tu non sia arrabbiata. D'altro canto incavolata non t'ho vista mai. Ho preso un passaggio dopo essermi inzuppato per un'ora sotto la pioggia. Era un rappresentante francese di profumi. Ha caricato me e due ragazze, pure loro francesi, o belghe, non ho capito bene. Io son sceso a Corinto, loro proseguivano per Atene. Poi ho beccato subito un camion che andava verso la Tessaglia. Ho dormito per tutto il tempo. Ora? Ora sono in una pensione a Vólos, ci è nato De Chirico. Davanti a me c'è il mare. Ho freddo. Farò un bagno caldo e dormirò fino a domattina. Non stare zitta, ti prego. Ti leggo un pezzo di Conrad che ho sul comodino? Senti qua. L'ho appuntato. No dai. Piangere non serve a nessuno di noi due. No. No. Sul serio ti ferisce lo sguardo di disapprovazione della fiorista? Ma è una vecchia bagascia. Cosa ha lei da disapprovare? Quanti preti nel mondo hanno mollato l'altare? Quanti si sono innamorati? Quante donne dovrebbero essere messe in croce? Ma va' che non siamo i primi né saremo gli ultimi. E poi fra di noi non c'è che un ricordo bellissimo, cristallino, che nessuno mai soffocherà. Tu sei una donna libera. Puoi giocarti ancora tutto, hai solo trentadue anni. Non buttarti via con me, Anna. Abbi rispetto di te. Finché vivrò ti ringrazierò, per questo. Perché mi hai dato il coraggio. Allora, te lo leggo il passo? Anna. Anna, dai. Domani mi metto in marcia verso la Macedonia. Ma no che non sono così patetico da andarmi a schiaffare sul Monte Athos. Solo questo, voglio. Ascoltare una lingua sconosciuta. Salire sulle montagne oppure restare a guardare il mare, dai, è tutto già così difficile in questo momento per me. Sai cosa faccio? Non ti chiamo più. Anna ci sei? Ho detto che non chiamerò più. Anna! Sul serio hai riattaccato? Ti volevo dire che penso di proseguire ancora, di arrivare in India. Anna, ti amo.

* * * * * *

Sorella, dimmi. No, non dormivo, di' pure. E le hai risposto? Non hai messo giù? Come immaginava che fossi qui? E no che non ce l'ho. T'ho detto che non ho manco i soldi per la spesa di Natale, figurarsi se posso darle cento euro per il dentista. Vabbè, mi alzo. Tanto s'era capito che non avrei dormito. Ce n'è ancora di quel brandy? Ma no che non esagero. Non devo svegliarmi domattina e guidare una ruspa. Domani non si lavora, sorella. Domani è la vigilia del santo Natale. E non se ne parla nemmeno. A casa non torno. Chiamerò i bambini e dirò loro che vado a fare il cameriere a Napoli per tutto il periodo delle feste. E certo che farei bene a lavorare sul serio, come cameriere durante le feste. Ma mi hai visto come sono smagrito? Hai visto che borse sotto gli occhi? Dormire, devo, sorella. Qui da te, nel silenzio. Ancora un po' di liquore? Ah già ché a te non ne avevo proprio versato. Bene. Allora io vado. Tu va' pure a coricarti, quando è ora. Io rientrerò e mi stenderò sul letto della buonanima. C'è così tanto silenzio, qui. E se devi trascorrere il Natale coi tuoi figli, fallo pure senza badare a me. Io sopravvivo con due panini e una birra. Dai. Adesso vado. Un altro goccio e me ne vado al Club. Se chiama dille che non mi hai visto. Dille quello che diavolo ti pare, sorella. Non avresti per caso uno di quei cappotti morbidi di tuo marito? Stasera voglio fare il signore. Ecco qua. Lascio sul divano questa giacca di plastica. Prendo il soprabito beige. Non mi sta una meraviglia addosso? Certo, accorciando un po' le maniche andrebbe ancora meglio. Ma ci penseremo dopo le feste. Buonanotte, sorella.

* * * * * *

-Signore, può scendere un attimo in strada?
-Lei è il maresciallo del mese scorso? Anche se questo videocitofono è in bianco e nero la riconosco dalle basette lunghe…
-Esatto. La aspetto giù. Non mi faccia aspettare.
-Ma non vuol salire? Mia suocera ha preparato i dolci di Natale. Non faccia complimenti. Le ragazze sono in giro per compere. Il cenone inizierà solo fra due ore. Su, non si faccia pregare.
-Signor Palmi, la prego io di essere gentile. Venga giù.
-Qualcosa non va?
-Venga giù.

-Ah ma allora il nero delle vostre divise influenza anche l'umore, a voialtri Carabinieri… cosa ci fa, maresciallo, con quella cera addosso? Stanotte è Natale.
-Palmi, ho già avvertito suo suocero. Sia loro, i genitori della signora, sia lei che le sue figlie avete dieci giorni per lasciare questa casa.
-Ma cosa sta sognando, maresciallo?
-Signor Palmi, potete opporvi, naturalmente. Ma si deve trovare un avvocato che impugni l'atto di sgombero. Nel frattempo io ho l'ordine di eseguire la liberazione dell'abitazione.
-Cosa cazzo dici, eh? Cosa c'è che non va? Perché dovremmo lasciare la nostra casa?
-Perché tutta la palazzina è di proprietà di sua moglie, Palmi, mi dispiace. Questo non me l'avevate raccontato.
-Di mia moglie? Intende dire di quella zoccola che lei stesso ha incarcerato per molestie?
-Esatto, Palmi.
-Ma non dica sciocchezze… quello che vede è il frutto di trent'anni di lavoro a Coira dei miei suoceri… entrambi in fabbrica di giorno e nelle baracche di notte, capisce cosa voglio dire?
-Palmi, sua moglie è stata scarcerata tre giorni fa. Merito dell'avvocato De Santis. Una ragazzina di ventotto anni originaria di qui. In seconda liceo fece il salto, si maturò con il massimo dei voti e partì per Padova. Dopo cinque anni era già procuratore. Ne avrà sentito parlare. Un paio d'anni fa il giornale locale dedicò un servizio a questa fanciulla che viveva in oratorio, a Este, da quel prete mezzo irlandese. Don Fabrizio, l'amico degli autonomi e degli extracomunitari, il pacifista.
-E cosa vuole che mi importi a me dei preti comunisti?
-Quest'avvocato De Santis è stata il braccio legale di Don Fabrizio. Ha fatto scarcerare i no global padovani messi dentro a Genova e ha ottenuto case popolari per pakistani e indiani. Ha denunciato perfino la Caritas, pensi un po' che provetto difensore le è piovuto dal cielo, a sua moglie.
-Ma quale cielo. Glielo avrà consigliato il suo amante. Il coordinatore della ditta.
-E invece la ragazza si è presentata spontaneamente al giudice di sorveglianza e ha chiesto di parlare con sua moglie. Dopo due giorni la donna era fuori.
-Fuori, eh? Bene, e che se la goda anche lei, questa santa notte. Adesso se non le dispiace devo andare a vestirmi per il cenone.
-Mi sa che deve seguirmi, Palmi. O firma la dichiarazione di sgombero volontario oppure entro la Befana io devo cacciarvi via con la forza.
-Ma lo capisce che questa è casa mia? Cosa vuole da me, stasera? Cosa c'entro io con la giovane avvocatessa?
-La ragazza era qui per le ferie. Gliel'ho detto. I suoi genitori son morti otto anni fa in un incidente stradale, ma lei ogni tanto ritorna. Ha zie e cugini. Ha saputo dell'incarcerazione di sua moglie dal tam tam del pettegolezzo. E andata lì e l'ha liberata. E ha scoperto che sua moglie è l'unica proprietaria di questo fabbricato. La donna non ne era neppure al corrente, se lo vuol sapere.
-Beh, e non lo sapevo neanche io.
-I suoi suoceri hanno intestato tutto all'unica figlia. È successo ormai ventitre anni fa. Non v'eravate neanche sposati. È la dura verità, Palmi, mi creda. Lei abita l'appartamento senza averne titolo. E le assicuro che la De Santis non le toglierà i denti da dosso finché non l'avrà vista caricare sul camion l'ultimo comodino. Giovani idealisti. Mi stupisco che non ne avesse mai sentito parlare. Era citata nella rubrica del giornale "Paesani celebri nel mondo".
-E quale sarebbe l'ideale qui, eh? Sfasciare una famiglia? Mettere su una strada due bambine che ancora studiano?
-Tenga questo numero di telefono. Parli lei stesso con la De Santis. Oppure ci faccia parlare un avvocato. Ma se lo scelga di altissimo livello. Le assicuro che nonostante l'età questa è una specie di prodigio del diritto.

* * * * * *

-Sei impazzito? Non puoi puntare un assegno da cinquemila euro. Sanno tutti che non hai un soldo.
-Tu cornutone pensa a dare le carte. Di là ci sono puntate per tremila e carte crociate. Passami la carta e spera che ti vada bene.
-Perché un banco dovrebbe accettare l'assegno di un morto di fame? Ci sono ancora delle regole nello Chemin de fer?
-Me la dai la carta? Ti stai cacando addosso?
-Eccola. Non fare tutte quelle smorfie mentre la spogli. Dacci un taglio, ok?
-Un taglio netto, cornutone. Battuta di figa. Prendi la tua carta e votati al bambinello.
-È figura, pezzente. Guarda un po'. Guarda che bel nove che ti smitraglio. Giù giù…
-E basta. Non vedi che c'è bianco che manco la neve del presepio? Comincia a tirare fuori i tuoi, di assegni.
-Sette. A destra vinco. Ecco qua i soldi. Ti devo duemila.
-Tu adesso cachi subito i miei soldi, altro che "ti devo".
-Bene. Ecco qua. Assegno da duemila euro. Che ti ci possa comprare uno scaffale di farmacia.
-Informazione banco. Quanto t'è rimasto?
-Abbastanza da continuare fino all'alba, miserabile.
-Benissimo. Quant'è?
-Sono ottomilatrecentocinquanta euro.
-Lo voglio. Dammi le carte.
-Guarda che così ti incasini. Prendi il mio assegno e filatela, ché sei ancora in tempo.
-Dammi le carte. Bene. Qua è croce. E qua è battuta da nove. Qualche problema, cornutone?
-Finiamola con questa sceneggiata, dai. Ecco qua. Figa più figa più figa. È tutto tuo. Maledetto il giorno che t'ho sposata.
-Cosa hai detto, giovanotto? È troppo presto per le travecole. Fatti da parte. Il banco mischia. Le puntate sono aperte.
-Punto il Chrysler. Vale almeno tredicimila euro. Facciamo che se vinco prendo il mio banco e vado via. Senò la macchina è tua.
-Benissimo.
-Croce
-Di qua? Crociate anche voi?
-Bene. Figa più…… cavaliere, amici. Qualcuno ordini dello spumante. Brindiamo insieme perché io, signori, adesso stesso. Io ora, lo vedete quel cappotto beige laggiù sulla sedia? Io adesso infilo il cappotto e vado via. Tu cornutone lascia sul tavolo il libretto di circolazione. Altre puntate? Qualcuno vuole il banco? Allora ci alziamo tutti? Buon Natale, amici. A voi e alle vostre famiglie.

* * * * * *

-Pensi sul serio che questo è l'ultimo trasloco? Abbiamo cambiato casa e città tre volte in due anni.
-Immagina un posto dove vivresti per il resto della tua vita.
-L'ho fatto. L'ho immaginato. Adesso me lo dici? È l'ultimo?
-Descrivimelo, 'sto posto. Dai. Metto su Jeff Buckley. Ti aiuterà a visualizzare il paesaggio. Chiudi gli occhi.
-Me lo immagino ampio. Un panorama vasto verso cui spaziare con la vista.
Un panorama come i nostri monti. Ma senza prominenze che ostacolino la fantasia. Ampio e infinito.
-Ti immagini il mare
-Forse è il mare, e forse è un lago. Io son sempre vissuta a Este. Non so dire se mi innamorerei di una distesa di stupida acqua.
-E se quest'acqua fosse zaffiro profondo. Se sentissi un profumo di sale e Africa e resina che ti si condensa nelle narici. Se immaginassi che da un posto così non ti farei mai più andare via. Te ne innamoreresti?
-Di cosa vivremo, di preciso, Fabrizio?
-Vivremo delle tue lezioni di tedesco e delle mie di greco e latino. Vivremo aiutando Carla nelle sue cause giudiziarie…
-Beh, per quello son certa che saremo costretti a rimetterci…
-Anna, Annetta mia. Sempre così concreti voialtri capricorni. Carla è un avvocato eccezionale. Non passerà la vita a difendere paesaggi deturpati e derelitti. Non solo. In questi giorni, per esempio, una grande banca le ha chiesto una consulenza. Le notizie buone volano…
-E vivrà per sempre con noi, nel centro di accoglienza?
-Vivrà con noi finché lo vorrà. È una casa grande. Due piani. Vedrai, andrà bene. Francesco è una persona speciale. Dovresti vederli, lui e Carla col monovolume Chrysler che vanno a raccogliersi i kossovari sbarcati di notte.
-Nel senso che stanno insieme? Scusa Fabrizio, quanti anni hai detto che ha questo Francesco?
-Ma no che non stanno insieme. Francesco ha i suoi figli e le rose che ha piantato nel giardino del ricovero. È incantato solo da loro. E Carla vive per il diritto. A modo loro sono entrambi innamorati.
-Tu, io, una netturbina pazza coi capelli mesciati, un ciccione di cinquant'anni e una zitella isterica che fa tremare i tribunali. Sembra il personale di un circo ungherese. Magari c'è anche un cane. E…. aspetta, un paio di gatti, una capretta, due conigli…
-E un usignolo, quattro criceti, un tacchino, le nonne polacche che dormono in soffitta…
-Arriva il Nucleo Antisofisticazione dei Carabinieri e ci arresta tutti. Quelle dormono con le galline nel letto…
-Ma no, Anna, le galline sono in un curatissimo pollaio che Francesco ripulisce due volte al giorno. Adesso che si avvicina Natale, poi, ha ricoperto le gabbie di ghirlande lampeggianti.
-Un circo, appunto.
-Sai cosa ti volevo leggere al telefono, in quella pensione a Vólos? L'ho imparato a memoria. "Eppure lo devo alla nave, agli uomini che si trovano sul cassero (molti di loro pronti a spendere le ultime energie per eseguire i miei ordini). Sto sfuggendo al mio dovere. Per quella visione. Il primo veliero ai miei ordini. Ora capisco quello strano senso di insicurezza nel mio passato. Ho sempre sospettato che potessi non farcela. Ecco la prova". È Conrad…
-Ho paura, Fabrizio.
-Inizia a piovere. Prova a dormire. Ti sveglierò quando si vedrà il mare.
-E non partiremo mai più?
-Mai più, Anna. Dormite. Anche la piccoletta avrà sonno.
-Lei dorme da un pezzo. Puoi stendere un mano senza che ci schiantiamo? Tocca, si sente la testa.
-Dormi, Anna.

 

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Giugno-dicembre 2004, n. 1-2