Mauro Corona, Il volo della martora, Prefazione di Claudio Magris, Torino, Vivalda Editori, 1997, pp. 212, € 15,00
di Anna Pegoretti

 

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Mauro Corona, alpinista e scultore di fama, è ormai noto nel Triveneto anche come scrittore grazie all'assidua collaborazione con i giornali locali e all'affermazione in alcuni premi letterari, e si inserisce in quel culto della memoria e della narrazione che ancora sopravvive nell'arco alpino e che ha oggi in Mario Rigoni Stern il suo esponente più illustre.
Nato e vissuto quasi sempre ad Erto, nella Valle del Vajont, Corona è uno dei sopravvissuti alla tragedia che colpì quei luoghi il 9 ottobre 1963 e persino la sua ormai nota eccentricità ci pare derivare dall'esigenza di riportare alla luce il mondo che l'onda della strage ha portato via con sé e che emerge da questo che è finora il suo libro più fortunato.
La raccolta si divide in quattro parti ("Alberi", "Animali", "Gente" e "L'erto cammino") che delineano già nei titoli l'unitarietà e l'essenzialità del mondo fatto rivivere da Corona, quello "prima della strage", che sembra lontano non quaranta o cinquanta anni, ma secoli, fatto di comunione con la natura, le montagne e gli animali, ma anche di infinità povertà (materiale e spirituale), attraversato da riti e abitudini ormai incomprensibili. La brevità dei singoli racconti, l'evidenza inconfutabile (propria delle favole, come rileva Magris) delle vicende narrate e l'essenzialità di una scrittura che solo raramente scade nella retorica sono il corrispettivo formale di uno spazio e di un tempo che hanno perduto persino la lingua in cui raccontarsi (il ladino della Valle del Vajont si è estinto in seguito alla tragedia) e la cui profonda saggezza, contraltare a volte stupefacente della barbarie, incontra oggi scarsa fortuna.
Nelle parole di Corona c'è rabbia per la stoltezza degli uomini che hanno rotto l'equilibrio fra la terra e suoi abitanti e c'è la profonda partecipazione alla tragedia dei sopravvissuti, trascinati in una follia e in una solitudine ancora più nere. Ma le pagine migliori ci sembrano quelle in cui l'ironia e la semplicità permettono alla narrazione di scorrere leggera, di dare consistenza alle voci dei morti, degli alberi e degli animali, di inserire nel fluire delle cose anche le esperienze più dolorose, di fare di una martora in volo sul collo di un gallo cedrone agonizzante il simbolo trionfante e crudele delle ormai disattese leggi naturali.

 

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Bollettino '900 - Electronic Newsletter of '900 Italian Literature - © 2002-2003

Giugno-dicembre 2002, n. 1-2