Christel Henry
Identitā negata e identificazione
Intellettuali portoghesi e cinema neorealista italiano (1950-1965)

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Da una prospettiva portoghese è difficile parlare d'identità europea, considerato il clima d'ostracismo politico e culturale in cui si trovava il Portogallo negli anni Cinquanta e la sua propensione a volgersi piuttosto verso le colonie che verso un'Europa in via di formazione. In effetti la politica di Salazar rimase per lo più fedele alla matrice di un "atlantismo coloniale", distante dai conflitti interni europei, che si esprime nell'espressione geo-metaforica: «face ao mar, costas à terra».1 A dispetto del clima politico generale, ad ogni modo, il cinema portoghese dimostrò negli stessi anni una notevole apertura verso il cinema italiano, e in maniera particolare nei confronti del movimento neorealista. Le ragioni di questa preferenza emergono con grande chiarezza dagli scritti degli intellettuali dell'epoca: nel cinema neorealista italiano, in sostanza, gli intellettuali portoghesi affermano di ritrovare gli stessi problemi quotidiani dei loro compatrioti, secondo un processo d'«identificazione» che avvicina il pubblico portoghese ai personaggi di quei capolavori. Sebbene siamo coscienti che un'indagine sul concetto d'«identificazione» sia scientificamente inattendibile (dal momento che risulta impossibile misurare quale impatto reale abbiano avuto i film neorealisti italiani sul pubblico portoghese, soprattutto per la mancanza totale di statistiche concrete sul numero di spettatori che hanno assistito alle proiezioni), la riflessione che qui vogliamo sviluppare concerne i modi in cui esso venne fissato ed elaborato dai critici portoghesi degli anni Cinquanta e Sessanta, e più precisamente da Manuel de Azevedo e Víctor Cardoso e, in misura minore, da Fonseca Costa.
Dobbiamo probabilmente al loro impegno se il concetto di «identificazione» si diffuse nel circuito dei cineclub. Manuel de Azevedo era infatti un membro molto attivo della direzione del cineclub di Porto, nonché autore di diversi saggi sul cinema; Víctor Cardoso, era invece membro della direzione del cineclub di Barreiro,2 mentre Fonseca Costa, regista portoghese molto conosciuto, era all'epoca membro del cineclub Imagem e critico della rivista omonima legata a quel cineclub.
Manuel de Azevedo fu il solo critico portoghese a consacrare un intero libro al cinema italiano, una raccolta di interventi critici pubblicata nel 1956 con il titolo di O moderno cinema italiano do após-guerra e o neorealismo (1957). Da fervente sostenitore del cinema italiano, egli fu sempre attivo nel trasmettere e divulgare le opere più significative della "scuola" neorealista (è cosė che gli intellettuali portoghesi consideravano il neorealismo e non, come venne definito dai critici italiani, un semplice movimento); l'intento che guidò la sua azione fu quello di sottolineare il profondo impatto emotivo che queste opere suscitarono nelle coscienze del pubblico, cercando tuttavia di non ridurre ad una prospettiva essenzialmente sentimentale la visione globale del movimento. Ciò nonostante, insieme all'insistenza sulla forte identificazione, e sull'assimilazione, da parte degli spettatori portoghesi, della realtà rappresentata dai film italiani, nell'analisi del cinema italiano prevalse un'ottica sociologica.
Per passare a qualche esempio, si può osservare quanto la visione di Molti sogni per le strade (1948) di Mario Camerini abbia emozionato e convinto Manuel de Azevedo. Secondo quanto scrive, si tratterebbe di un film semplice e umano, caratteri che del resto, a suo parere, costituirebbero le basi della scuola neorealista. Il merito dell'opera di Camerini, tuttavia, andrebbe spartito in ugual misura con lo sceneggiatore Piero Tellini, che seppe estrapolare da piccoli fatti quotidiani, dai contrasti sottilissimi e dal clima popolare italiano, una risonanza e un messaggio universali. Dello stile del regista italiano, Manuel de Azevedo confessa di ammirare la maniera in cui sono descritte le reazioni dei personaggi, sempre diverse a seconda della loro posizione sociale e dell'ambiente che li circonda; ma è soprattutto la forte possibilità d'identificazione con la situazione nazionale portoghese ad affascinarlo:

A par da apreciável, íamos a dizer exemplar, construção cinematográfica, do seu calor humano, da sua interpretação incrìvelmente verdadeira, Sonhando pelo camino é o mais português de todos os filmes italianos desta magnífica fase de renovação a que vimos assistindo de há meia dúzia de anos para cá. Aliás, já foi dito que os modernos filmes italianos são as melhores obras do cinema português. E, é verdade! Os nossos cineastas mais ou menos de ocasião não compreenderam, na altura própria, que o sentido do cinema nacional tinha sido indicado com vigor, segurança e antecipação apreciável na Maria do mar, no Douro faina fluvial e na Canção da terra. Perderam-se pela estrada e de tal modo que nós nos sentimos muito mais próximos dos filmes italianos de hoje do que a maioria das fitas que têm saído dos nossos estúdios.3

Questo brano costituisce il nodo fondamentale di tutta la critica di Manuel de Azevedo nei riguardi del cinema italiano. In effetti, egli fu il primo a porre l'accento sulla latinità profonda dei film italiani - sottolineandone al contempo la tensione universalizzante - e a mostrare la forte identificazione del pubblico portoghese con le gioie, le miserie, la lotta quotidiana e le sofferenze dei personaggi rappresentati nei film neorealisti:

Deixou-se [o público português] penetrar pelo encanto novo que nos vem das ruas e casas autênticas, das pessoas que vestem, vivem e falam como nós, com os mesmos problemas, as mesmas dúvidas, as mesmas reacções e as mesmas dificuldades e alegrias do espectador português.4

Dall'intera raccolta dei suoi interventi, traspare la stessa convinzione che anima il precedente brano: ossia che fu proprio questa trasposizione di tipo sentimentale, fondata sull'affinità latina tra due popoli, che fece il successo del cinema italiano presso il pubblico portoghese, e che portò i critici portoghesi (essenzialmente quelli di sinistra, cattolici o non) a fare appello ai registi nazionali perché realizzassero un cinema "neorealista" dalle peculiarità portoghesi. Purtroppo, e nonostante gli sforzi encomiabili ma temerari di Manuel Guimarães, i tentativi di realizzare un cinema neorealista portoghese si risolsero in un vero fallimento, e scaddero in un populismo dagli accenti patetici.
Nella presentazione del Cammino della speranza di Pietro Germi (1950), Azevedo sottolinea ancora una volta la forza del legame che unisce il pubblico portoghese al neorealismo italiano:

Já tem sido dito, quer por nós, quer por outros que o moderno cinema italiano nos toca muito particularmente, não apenas pela latinidade que emerge das suas obras mais puras e humanas, mas pela afinidade e semelhança de problemas e sensibilidade comum. E isto a ponto de poder dizer-se que os filmes italianos são os mais portugueses dos estrangeiros e, até, mais portugueses do que … alguns filmes nacionais.5

In questo film di Germi, la parentela sembra rafforzata dal fatto che si narra di un gruppo di siciliani che emigrano verso la Francia. Poiché, all'epoca, il popolo portoghese era a sua volta un popolo d'emigranti, si può sostenere che si trovasse nelle condizioni migliori per comprendere questo suggestivo documento, pieno di speranza e d'ottimismo nei confronti del futuro. Anche se Il cammino della speranza pecca probabilmente per una carenza di caratterizzazione dei personaggi e per alcuni eccessi inutili (è il caso del personaggio del bandito), Azevedo osserva che lo spettatore, alla fine del film, sente di aver già conosciuto quei personaggi, quegli uomini, quelle donne e quei bambini, tutti esseri umani alla ricerca della felicità, e umani a tal punto che gli interpreti, ai suoi occhi, quasi non sembrano attori, ma visi tipici di contadini; ci sarebbe in loro, a suo parere, più vita che rappresentazione. La stessa purezza d'intenzioni che Manuel de Azevedo scopre nella "scuola" neorealista, la si può ritrovare nei suoi scritti, al tempo stesso poetici e ingenui. Sembrerebbe persino che egli sia stato impregnato dello stile dei film di cui scrive e che abbia tentato in qualche modo di trasferirlo nelle sue critiche o «palestras».
Anche durante la crisi del cinema neorealista, Azevedo non mancò di far sentire tutto il suo affetto verso il movimento italiano. Sostenne, infatti, che non era giusto né opportuno annunciare la morte del neorealismo, poiché, se anche di questo si poteva trattare, esso avrebbe continuato ad essere vivo nella storia del cinema, e si sarebbe conservato nei cuori di tutti coloro che avevano visto le sue opere, perché «troviamo in questo movimento qualcosa del nostro tempo, dell'uomo dei nostri giorni, qualcosa di noi stessi».
Utilizzando una variante del titolo del film di Comencini, Azevedo definė in questo modo lo stile neorealista: «Pão, amor e actualidade».6 In effetti, ciò che più interessa il critico portoghese, piuttosto che soffermarsi sugli aspetti formali è sottolineare come quella rappresentata sia una realtà vicina agli uomini, quotidiana, attuale.

É que a escola italiana procura exprimir o homem do nosso tempo, numa mensagem que não seja apenas documento, mas também compreensão humana. Eis porque, de certo modo, nós nos encontramos também retratados nos filmes italianos, especialmente nas obras de ambiente rural.7

Si potrebbe affermare che proprio Comencini, in Pane, amore e fantasia (1953), con un tono allegro e a tratti caricaturale, abbia dato una visione onesta, profonda e umana della vita di un paese rurale, che benché italiano, potrebbe tranquillamente appartenere alle regioni di Trás-os-Montes o del Minho.8
Secondo Azevedo, tanto Comencini quanto Steno e Monicelli in Guardie e ladri (1951), cercherebbero uno stile "queirosiano"9 come forma sottile di evocazione della realtà, il primo in un contesto rurale e i secondi in un contesto cittadino. In questo senso, Manuel de Azevedo prende Eça de Queirós come esempio di un realismo alla portoghese che cerca di distinguersi dal semplice naturalismo, e che ha come obiettivo quello di perseguire la "pittura" della realtà in tutta la sua complessità e profondità. Ma nonostante le sue considerazioni, difficilmente potremmo affermare che Pane, amore e fantasia di Comencini avanzi delle pretese realiste, essendo in realtà nient'altro che una simpatica commedia popolare; in questo caso specifico, forse, l'entusiasmo di Manuel de Azevedo per la "scuola" italiana, si rivela fuorviante.
Per quanto riguarda, invece, la distinzione prima accennata tra contesto cittadino e contesto rurale, è interessante constatare che, secondo Azevedo, il pubblico portoghese s'identificherebbe soprattutto nel contesto rurale mostrato nei film italiani piuttosto che in quello cittadino. È probabile che questo fosse dovuto al fatto che il Portogallo negli anni Cinquanta era un paese essenzialmente rurale, mentre l'Italia sperimentava l'inizio di un esodo dalle campagne verso i grandi centri urbani, fenomeno cosė significativo da trasformare interamente la struttura della sua società. D'altra parte, la letteratura neorealista portoghese era più portata verso la rappresentazione dei piccoli paesi (vilas) delle zone agricole o della piccola industria piuttosto che delle grandi città. Al contrario, il neorealismo italiano cinematografico fu un fenomeno nettamente più cittadino che rurale.

In un articolo dal titolo Caminhos errados pubblicato nel n° 12 dell'ottobre 1951 della prima serie di Imagem, Alves Costa, direttore del cineclub di Porto, commentava con queste righe le parole che un amico gli aveva confidato. Benché dalle righe di Costa non traspaia alcun accenno al nome dell'autore, il discorso da lui riportato mi sembra appartenere a Manuel de Azevedo. In effetti, oltre al fatto che erano amici e che entrambi facevano parte della direzione del cineclub di Porto, l'idea secondo cui il cinema italiano sarebbe il più vicino al sentimento e all'espressione del popolo portoghese mi permette di supporre quasi con certezza che si tratta di Azevedo:

Ainda há dias - e com quanta razão! - um amigo tinha este desabafo a propósito de Não há paz entre as oliveiras: «Em minha opinião, a grande, a extraordinária revelação da obra está naquilo que para nós, portugueses, ela tem de familiar com os nossos usos, costumes, caracteres e idiossincrasia. O nosso cinema já em tempos nos deu Os lobos e, mais recentemente, Os lobos da serra. O primeiro vai longe e o segundo não chegava a ter qualidade. Mas qualquer deles poderia ter mostrado aos nossos cineastas o que há de tremendamente dramático e humano lá no alto das fragas e de poético, ao mesmo tempo, nessas regiões onde a civilização apenas toca como éco [sic] imperceptível. É o homem, o único homem que romanceou a nossa serra poderia ter espevitado o interesse dos nossos produtores e dos nossos realizadores. Todavia A terra fria e A lã e a neve vão ficando esquecidos na sombra das sensaborias ou inferioridades pretenciosas [sic] que são o fruto corrente da nossa produção cinematográfica. Ferreira de Castro, ali, à vista… e é preciso vir um De Santis, com uma serra como as nossas, uns pastores como os nossos, um sol e um folclore como os nossos, fazer um filme que podia ser português. O Marão, a Estrela… vamos vê-las…na Itália! E lá nas fragas do Lindoso e de Arouca, todos os dias, tantos acontecimentos, tantos caracteres, tantos usos e costumes à espera dum De Santis nacional». Triste verdade! Enquanto que as nossas fitas se desenrolam num mundo falso, com fantoches com que ninguém se pode identificar, é em Dois dias fora da vida, em A porta do céu ou em Não há paz entre as oliveiras que vamos encontrar-nos em nossa casa, com seres autênticos, como nós, que conhecemos, que poderiam ser qualquer de nós…10

Nella critica a Roma, ore undici (1952) di De Santis (comparsa nel programma della 134a sessione del cineclub Imagem dell'11 novembre 1957), Fonseca Costa rivela l'impressione di aver già conosciuto le attrici del film (tutte quelle fanciulle che si presentano per un posto da dattilografa), la sensazione di averle già incrociate per strada, sentimento che Manuel de Azevedo aveva già espresso a proposito del gruppo di emigranti in occasione della presentazione del Cammino della speranza al cineclub di Porto e che Alves Costa riscontra in Quattro passi fra le nuvole (1942), La porta del cielo (1944) o in Non c'è pace tra gli ulivi (1950), come abbiamo appena verificato dal suo testo intitolato Caminhos errados:

E esta apresentação é tão banal como quase desnecessária : todos nós as conhecemos já. Elas são as mesmas raparigas simples que cruzamos cada dia na rua. Esta é uma das virtudes do filme: a sua humanidade, o quotidiano.11

Per Luís de Pina, è ancora la latinità che permette l'identificazione del pubblico portoghese con la sensibilità e la maniera di vivere il quotidiano dei napoletani rappresentati nella Sfidadi Francesco Rosi (1957). A suo parere, sarebbero proprio il temperamento meridionale, la passione e il sentimentalismo tipici dei napoletani che conferiscono alla Sfida un certo carattere di melodramma e che fanno sė che lo spettatore portoghese possa comprenderlo in nome della sua natura e della sua cultura comuni: «E noi, spettatori tranquilli, noi non dobbiamo sorprenderci come si sorprenderebbe uno svedese o un norvegese davanti all'atmosfera d'esasperazione - perfino eccessiva - in cui il film si svolge».

Nel 1965, in occasione del ciclo sul nuovo cinema italiano presentato al cineclub di Barreiro, Víctor Cardoso giustifica il successo di penetrazione del cinema italiano presso il pubblico portoghese con parole che, per il nostro studio, riteniamo illuminanti:

Se um dia se estudar pormenorizadamente a influência que o neo-realismo teve não só na formação dos nossos intelectuais como junto do povo, verificaremos, mais uma vez, a grande força, o grande poder de comunicação desse cinema. Desde o aspecto comercial (na última década dos anos 50 fomos o primeiro importador mundial de filmes italianos, isto num país onde 70% do que vimos é de origem U.S.A) até ao de simples introductor [sic] de um grande interesse por tudo que fosse italiano (o povo até se saudava nessa língua) se notou a grande popularidade atingida por essa cinematografia. Qual a razão do êxito? Apenas um, ao qual queríamos chegar: a lúcida transposição humana, simples dos problemas quotidianos do homem, não herói sofisticado "made in Hollywood", mas o homem da rua, aquele que vimos todos os dias, mas sem nos apercebermos da sua presença. Todos aderimos a esse cinema. A sua importância político-social é enorme e sempre actual. Mau grado, os detractores, os que queriam que o neo-realismo não continuasse, ele cerra fileiras rompe todos os diques e vem até nós. […] Eis porque os Cine-Clubes conscientes da sua missão cultural, apresentam mais do que nunca esse cinema.12

Ed ecco che nelle parole di Víctor Cardoso troviamo ribadito il concetto di identificazione, asse portante delle posizioni critiche di Manuel de Azevedo. Il fatto che Víctor Cardoso scriva che l'importanza politico-sociale del cinema neorealista sia enorme e sempre attuale ci illumina ulteriormente sulla funzione che il cinema italiano ha esercitato nei cineclub portoghesi, i quali se ne sono serviti come di uno strumento capace di risvegliare nei loro spettatori una coscienza politica nazionale, e questo ancora nel 1965! Attraverso i film italiani, i membri del cineclub avrebbero potuto rendersi conto del loro assoggettamento a una dittatura che li imprigionava mentalmente e spiritualmente, e influenzati dal sentimento di rivolta sottostante ai film neorealisti, avrebbero poi potuto trasportarlo nella loro stessa società allo scopo (evidentemente utopico) di cambiare le cose. Non dimentichiamo che Barreiro, all'epoca, costituiva una specie di città dormitorio nei pressi di Lisbona, abitata da una popolazione operaia che aderiva in buona parte al P.C.P. (Partito Comunista Portoghese); per tale ragione, l'identificazione con le difficoltà della vita quotidiana degli italiani era lė più facile che in altri cineclub, soprattutto in quelli delle grandi città, i cui membri appartenevano spesso a un'élite intellettuale.

L'impatto reale del cinema neorealista italiano sul pubblico portoghese, per le ragioni già menzionate, è forse impossibile da calcolare con precisione, nonostante non ci sia nessun dubbio sull'importanza che ebbe tra gli intellettuali portoghesi cinefili, come abbiamo constatato dai loro testi. Anche se non ebbe mai le ripercussioni che ci si sarebbe potuti aspettare né sul piano politico, in quanto movimento capace di risvegliare una coscienza nazionale negli spettatori, né sul piano estetico, poiché la realizzazione di un neorealismo cinematografico portoghese si tradusse in un fallimento fragoroso (fatta eccezione forse per Dom Roberto di Ernesto de Sousa), la sua penetrazione nella critica portoghese degli anni Cinquanta e Sessanta a questo doppio livello fu, come dimostrano questi testi, innegabile. Non si deve dimenticare, a questo proposito, che il neorealismo letterario portoghese era allora l'espressione artistica più marcata di un'opposizione culturale e ideologica alla politica culturale dell'Estado Novo. Ora, non avendo un equivalente nel cinema nazionale, gli intellettuali portoghesi videro nel neorealismo cinematografico italiano il mezzo più adeguato per esprimere le loro aspirazioni di ordine estetico e politico, e, di conseguenza, ricorsero, in mancanza di meglio, a una sorta di transfert, postulando un processo d'«identificazione» del pubblico nazionale con le vicende cinematografiche quotidiane ed eroiche del popolo italiano.

(Christel Henry, ricercatrice nel gruppo «Correntes artísticas e movimentos intelectuais» del CEIS20, Centro de Estudos do Século XX).
 


 

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Dicembre 2001, n. 2


 
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