Jacques Anis
L'ipertesto come ipermetafora
Sommario
I. L'ipertesto come ipermetafora
Il presente intervento vorrebbe dimostrare la produttività teorica della nozione di ipertesto. A tale scopo ci si avvarrà di un corpus di citazioni, attingendo in particolare ai testi dei fondatori dell'ipertesto.
Il termine di ipermetafora designerà l'insieme dei dispositivi simbolici che vengono configurati per, all'interno e attraverso l'ipertesto/iper-media stesso. Tale termine comprenderà quindi sia le metafore intese in senso stretto (il «percorso»), sia gli elementi di interfaccia (le «finestre»), sia i paradigmi (l'ipertesto come «metafora della mente») che le costruzioni ideologiche (l'ipertesto come utopia).
II. L'ipertesto, una metafora informatica: margine o crocevia?
Tradizionalmente la storia dell'ipertesto comincia con la pubblicazione, nel luglio del 1945, di un articolo intitolato Come possiamo pensare1 di Vannevar Bush, consulente scientifico di Roosevelt. Bush (1890-1974) è l'inventore di due autentici computer: l'analizzatore differenziale, un calcolatore analogico che ha conosciuto un certo successo negli anni Trenta, e il selezionatore ad alta velocità, che avrebbe dovuto permettere la selezione rapida dei dati su microfiches; un progetto inaugurato negli anni Trenta e in gran parte fallito2. Ma come Babbage, che egli stesso cita, Bush è passato alla storia come l'inventore di una macchina immaginaria, il Memex:
«a Memex is a device in which an individual stores all his books, records, and communications, and which is mechanized so that it may be consulted with exceeding speed and flexibility. It is an enlarged supplement to his memory».3
La caratteristica fondamentale del Memex è l'indicizzazione associativa:
«[…] any item may be caused at will to select immediately and automatically another. This is the essential feature of the Memex. The process of tying two items together is the important thing».4
Paradossalmente proprio lo sviluppo dell'informatica classica ha contribuito all'emarginazione di Bush, oggi considerato invece come uno dei precursori. Soltanto negli anni Sessanta i fondatori dell'informatica moderna hanno ripreso in considerazione le sue idee. Douglas Engelbart riconosce l'influenza dell'operato di Bush al momento di redigere il suo Programma sull'efficienza umana5 nel 1962, al quale seguirà l'anno successivo A conceptual Framework for the Augmentation of Man's Intellect. Il progetto, denominato Augment, che è all'origine dell'interfaccia grafica e del trattamento dei testi, sfocerà in particolare su un supporto elettronico (NLS) che permetterà all'équipe di ricercatori la condivisione collettiva dei documenti grazie a dei legami associativi.6
Sarà Theodor Nelson nel 1965, i cui autori di riferimento continuano ad essere Bush e Engelbart7, a diffondere tra il grande pubblico i termini di «ipertesto» e «ipermedia». Ne riportiamo di seguito alcune sue definizioni:
«text structure that cannot be conveniently printed»;8
«branching and responding text»;9
«by "hypertext", I mean non-sequential writing - text that branches and allows choices to the reader, best read on a interactive screen»;10
«as popularly conceived, this is a series of text chunks connected by links which offer the reader different pathways»;11
Precisiamo che Nelson dichiara di aver dimenticato per un certo periodo di essere stato anche l'inventore del termine "ipermedia", di cui nel 1993 fornisce la definizione seguente:
«complexes of branching and responding graphics, movie and sound - as well as text […]».12
Le ricerche di Nelson sul progetto Xanadu13 come quelle di altri gruppi di ricercatori universitari, che hanno come scopo l'accessibilità al pubblico della totalità delle pubblicazioni nel mondo (cominciate nel 1967), mantengono per lungo tempo una dimensione confidenziale. È necessario attendere la metà degli anni Ottanta affinché lo sviluppo della microinformatica e la nascita del cd-rom (1985),14 così come i programmi Guide (1986, per PC) e Hypercard (1987, per Macintosh), rendano popolari le nozioni di ipertesto e di ipermedia.
Secondo Conklin l'ipertesto è un ibrido che riassume in sé, associandoli, un metodo di banca-dati, uno schema di rappresentazione simile a una sorta di rete semantica e una modalità di interfaccia (pulsanti di controllo); questi tre elementi « are metaphors for a functionality that is an essential union of all three».15
L'ipertesto globale, secondo la concezione di Nelson,16 dovrebbe riunire i «sistemi testuali informatici (computer text systems)» - che secondo lui erano stati concepiti come una totalità da Engelbart -, il trattamento del testo, del piano, la teleconferenza, la posta elettronica, il videotex, le «agende elettroniche (pop up note pads)», gli appunti elettronici autocollanti, ecc.17
Si tratterebbe dell'ipertesto così come si configura nel World Wide Web di Internet? In realtà alla base del Web si pone la generalizzazione dei link e il linguaggio usato per creare le pagine è l'Hypertext Mark-Up Language (Linguaggio di marcatura ipertestuale).18
III. L'iperspazio
Il testo di Bush prefigura quella rappresentazione spaziale che si impone oggi in tutti i campi, proprio mentre lo spazio fisico tende a scomparire, forse per una necessità di equilibrio compensativo. Si tratta di uno spazio nel quale si delinea la «geografia della conoscenza» di cui parla Stiegler.19 Ne citeremo qualche passaggio significativo.
Il punto di partenza è il «web of trails», una rete di percorsi, che è l'immagine, per Bush, della memoria associativa. L'utilizzatore del Memex unisce degli elementi per «comporre un percorso»:
«it is exactly as though the physical items had been gathered together to form a new book. It is more than this, for any item can be joined into numerous trails».20
Bush illustra il procedimento attraverso l'esempio di un ricercatore interessato alla superiorità dell'arco turco rispetto all'arco inglese durante i combattimenti dei crociati.
«He has dozens of possibly pertinent books and articles in his Memex. First he runs through an encyclopedia, finds an interesting but sketchy article, leaves it projected. Next, in a history, he finds another pertinent item, and ties the two together. Thus he goes, building a trail of many items. Occasionally, he inserts a comment of his own, either linking it into the main trail or joining it by a side trail to a particular item. When it becomes evident that the elastic properties of available materials has a great deal to do with the bow, he branches off on a side trail which takes him through textbooks on elasticity and tables of physical constants. He inserts a page of longhand analysis of his own. Thus he builds a trail of his interest through the maze of materials available to him».21
Emergono in questo passaggio le nozioni di «percorso principale (main trail)» e «percorso laterale (side trail)» così come il termine di «labirinto (maze)». Altrove si trova anche il concetto di «percorso a salti (skip trail)»22 che egli applica a una serie dei principali avvenimenti selezionati da uno storico all'interno della storia di un popolo.
È noto infine che Bush inventa una nuova figura professionale: gli «apri-pista (trails blazers)», «che si dilettano a stabilire percorsi utili attraverso l'enorme massa di dati comune» (who find delight in the task of establishing useful trails through the enormous mass of the common record)».23
Nel corso degli articoli si dipana una rete metaforica. L'utente che ritorna a un argomento precedentemente affrontato si ritrova «in tutta una rete di piste che può seguire a piacere (in a whole network of trails which he c[an] follow at will)» , espressione ripresa più tardi quando l'autore rievoca il Memex, che dopo un certo tempo di utilizzazione, è «permeato da una complessa rete di piste (permeated by a complex network of trails)».24 Si osserva inoltre l'utente
«[…] move through the network in some novel way, following one trail for a time, branching off to another, taking false trails and promptly backing up, tying together on the path he traces through the maze a whole new association of ideas which has become of importance to him».25
Al giorno d'oggi le reti semantiche e ogni sorta di grafo orientato hanno ormai semplificato la nozione di rete anche se rimane valida l'affermazione di Lévy secondo la quale l'ipertesto è fondato sul «principio di topologia»: «La rete non sta nello spazio, è lo spazio (Le réseau n'est pas dans l'espace, il est l'espace)».26
Tale «topologia», o topografia,27 è caratterizzata da un grado elevato di astrazione. Alla base di Xanadu, per esempio, esiste un sistema di indicatori generalizzato per il quale Nelson conia il termine di «trasclusione»:
«transclusion means that part of a document may be in several places - in other documents beside the original - without actually being copied there».28
Si potrebbe elencare una lunga serie di metafore spaziali applicate ai molteplici settori dell'ipertesto: percorsi o sentieri (paths, ways, pathways), «spazio d'attività» attraverso il quale si «viaggia»29. Il «problema dell'orientamento»30 diventa decisivo: per non «perdersi nell'iperspazio»31 l'utente necessita probabilmente di «mappe (maps)»32 o persino di «visite guidate».33
IV. L'ipertesto come metafora del pensiero
Bush parte da un'ipotesi che oggi potremmo definire di tipo cognitivo, affermando che le tecniche classiche di ricerca dell'informazione sono inadatte al nostro funzionamento mentale:
«the human mind does not work that way. It operates by association. With one item in its grasp, it snaps instantly to the next that is suggested by the association of thoughts, in accordance with some intricate web of trails carried by the cells of the brain».34
Laufer e Scavetta, evocando la pretesa dell'ipertesto di «mimare […] il funzionamento associativo della memoria biologica (mim[er] […] le fonctionnement associatif de la mémoire biologique)», richiamano in nota una «metafora dove il male conosciuto si illumina alla luce dell'ignoto (métaphore où le mal connu s'éclaire à la lueur de l'inconnu)».35
Nelson possiede comunque anche delle idee sul funzionamento del pensiero e ci informa che in realtà costruiamo un ipertesto come Jourdain scrive in prosa:
«as Bush points in his own terms, we think in hypertext. We have been speaking hypertext all our lives and never known it. It is usually only in writing that we must pick thoughts up and irrelevantly put them down in the sequence demanded by the printed word».36
Una delle forme dell'ipertesto sembrerebbe suggerire che il pensiero si configura secondo una struttura modulare:
«Modular Text Structures. These discourse structures are composed mainly of independent modules of information. They typically communicate many kinds of encyclopedic and reference information, and they therefore often employ notecard or file metaphore. […] These structures view the human mind as working with "chunks" of information».37
Per Bolter, dal momento che la scrittura è una proiezione del pensiero, le tecnologie della scrittura danno origine a metafore proprie del pensiero:
«with the aid of computer, the writer constructs the text as a dynamic network of verbal and visual symbols. These electronic symbols in the machine seem to be an extension of a network of ideas in the mind itself. More effectively than the codex or the printed book, the computer reflects the mind as a web of verbal and visual elements in a conceptual space. When technology provided us with printed books and photographs, our minds were repositories of fixed texts and still images. When the contemporary technology is electronic, our minds become pulsing networks of ideas.».38
Egli compie così una rivisitazione della metafora che identifica mente e computer, proposta dai fautori dell'intelligenza artificiale, che diventa in tal modo:
«the mind as a network, of which the computer is the embodiment. To understand the mind as a network of signs is also to understand the mind as a text. Semiotics and literary theory now suggest implicitly that we regard the mind as a text, as a writing space filled with interwoven signs.».39
Quanto a Barrett, egli si oppone in modo più radicale al cognitivismo, considerando l'ipertesto come il paradigma della costruzione sociale del sapere.
«In essence, text is a social construct, and "hypertext" a paradigm for the social construction of meaning or alternate "texts." The highly touted non-linearity of hypertext should be taken in its most complete sense: an a-cyclic, asynchronous sharing of language around central topics of concern - a communicative function for the creation of new texts, new scripts for the understanding of the individual and the group. And this communication, and that creating of new understanding, imply a pointing at more than text-objects; it entails the use of language to criticize, analyze, and compose anew the social justification for holding this or that text or way of thinking and understanding as central».40
Seguendo questa prospettiva non ci si può stupire del fatto che alcuni considerino l'ipertesto come «l'I.A. al contrario (A.I. in reverse)».41 Infatti, sempre secondo Barrett:
«[…] a muscular hypertext, a active system rather than a passive one, would support the social construction of meaning that characterizes understanding and communication in the larger world beyond the computer screen. Real objects, intellectual and affective orderings of meanings in the individual and the group, supplant the miniaturism of mere object-oriented programming through a system that facilitates the creation, annotation, and exchange of new "texts" within the community of users. Hypertext, in this view, escapes from the collapsed inner world of the machine and enters history. But to do this requires a shift from the paradigm that seeks to model the mind in the machine - a de-emphasis upon the "smart machine" that Zuboff (1988) claims has "textualized" the workplace. Instead, we need to textualize the computer itself».42
V. L'ipertesto: finalmente il testo
L'ipertesto secondo Nelson costituisce la «forma più generale di scrittura».
«Hypertext can include sequential text and is thus the most general form of writing. (note: In one direction of generalization, it is also the most general form of language). Unrestricted by sequence, in hypertext we may create new forms of writing which better reflect the structure of what we are writing about; and readers, choosing a pathway, may follow their interest or current line of thought in a way heretofore considered impossible».43
Per J.-L. Lebrave44, il testo nelle prime fasi del suo costituirsi ricorda l'ipertesto, come per esempio nel caso di alcuni scrittori e in particolare di Flaubert:
«on considèrera qu'au cours de la genèse d'Hérodias, Flaubert construit une base de données multi-médias, combinant des éléments textuels et des éléments visuels. A partir de cette base, l'activité de lecture sélective et de prise de notes consiste à mettre en place un système de navigation par extraction de fragments pertinents et établissement d'un réseau de relations entre ces fragments. Cette invention d'un parcours s'accompagne en outre d'une intense activité de réécriture et de reformulation des textes retenus, activité qui se prolonge dans les phases de rédaction proprement dite et s'achève avec l'ultime mise au net.
Bref, l'ensemble des documents consultés par Flaubert et l'activité de prise de notes à laquelle il se livre peuvent être considérés comme un hypertexte muni d'un système de navigation. La circulation dans cet hypertexte donne naissance à un nouveau texte : le début du conte».45
Tornando a Nelson, l'ipertesto non rappresenta quindi una novità assoluta, poiché la parola scritta non ha mai aderito a un ordine che sia completamente lineare:
«hypertext is fundamentally traditional and in the mainstream of literature […] we constantly depart from sequence, citing things ahead and behind in the text. Phrases like "as we have already said" and "as we will see" are really implicit pointers to contents elsewhere in the sequence».46
Le prime pagine dei giornali, le riviste, la poesia visiva, l'enciclopedia non dipendono più da una lettura di tipo lineare. In maniera più generale si può affermare che i creatori di ipertesti non fanno altro che confrontarsi con la problematica dell'intertestualità, che affonda le sue radici nella tradizione semiotica europea.
«Donner du sens à un texte quelconque revient à le relier, à le connecter à d'autres textes, et donc à constuire un hypertexte. On sait bien que des personnnes différentes prêtent des sens parfois opposés à un message identique. C'est que, si le texte est le même pour chacun, l'hypertexte peut différer du tout au tout. Ce qui compte c'est le réseau de relations dans lequel sera pris le message, le filet sémiotique dont l'interprétant se servira pour le capter».47
Sembra delinearsi così un nuovo significato di ipertesto che diviene il testo per antonomasia. Bolter afferma:
«text as texture, as a weaving together of signs, is a metaphor that dates from the Middle Ages. The signs in a text mingle and interrelate: they are points in a space, whose coordinates are determined , as Eco points out, by the intersection of many codes. Both the written page and the printed page are fields in which codes intersect, but the computer as hypertext offers a more appropriate space for this intersection. A text in the computer is a dynamic network of relationships, and each path, through the network defines an order, interpretation, and meaning according to a certain code. The sum of all connections becomes all possible interpretations of the text».48
VI. Ipertesto, libro e biblioteca
Per creare dei dispositivi interattivi è necessario costruire delle interfacce che facciano riferimento al grado di esperienza posseduto dall'utente; in questo senso si possono evocare delle metafore-carta per l'ipertesto, proposte da Horn:
«fiches de catalogue de bibliothèque, notes de bas de page, références croisées, notes autocollantes, commentaires, index, citations, anthologies».49
Gli ipertesti e gli ipermedia potrebbero considerarsi quindi come una nuova tappa nella storia del libro e della biblioteca. Bush stesso aveva prefigurato che la produzione scritta avrebbe subito una simile metamorfosi:
«wholly new forms of encyclopedias will appear, ready-made with a mesh of associative trails running through them […]».50
Sarebbero state create nuove opere di riferimento:
«there will be special organizations making a speciality of reference books. They will tie all the useful ones, so that having found an item in a book the Memex user will be able to step directly to related items in another. For example, in connection with patents, one may have a complete file in storage of all those in an area of interest, added to as new patents appear, and completely threaded through horizontally by trails which connect all points of identity and resemblance».51
Di conseguenza si sarebbero sviluppate anche nuove modalità di accesso all'informazione scientifica:
«professional societies will no longer print papers. Instead they will send him [the Memex user] lists of tittles with brief abstracts. And he can then order individual papers or sets to come on tape, complete of course, with photographs and diagrams.[…] The societies will do much more than process individual papers. In each society will be mantained a master Memex on the professional field of interest. This will contain all papers, references, tables, and the like, intimately interconnected by trails, so that one may follow a detailed matter from paper to paper, going back into the classics, recording criticism in margins. It will be so coded that new papers will immediately fit the pattern. Our Memex user can order a whole section of this record, to become his personal affair. And, as he reviews it he will add his own thoughts and comments as he goes, speaking them into the record. Massive records, such as those of the law and medicine, thus will become at last really accessible».52
Le biblioteche generiche avrebbero assunto nuove funzioni:
«[…] there will be central libraries where all these [reference books] are collected in massive Memexes, and where the staff build trails among them and constructs trails in the literature where there are no specializing groups engaged».53
Nell'ultima versione del suo articolo Bush deplora l'indifferenza che la classe dirigente dimostra nei confronti la modernizzazione delle biblioteche, allorché non esita a investire ingenti somme nelle missioni spaziali, settore di prestigio e molto più mediatico:
«[…] the public do not understand that the welfare of their children depends far more upon effective libraries than it does on the collecting of a bucket of talcum powder from the moon».54
Trent'anni dopo Bolter evoca il passaggio progressivo che porterà dalla biblioteca della pietra alla biblioteca elettronica:
«[…] the image of the electronic library as a community of writers in an instant and effortless communication - this image will persist and it will define the next age of writing. Working libraries will continue to be hybrid: combinations of machine-readable materials, computer services and familiar books and journals. But the emphasis will gradually move from the physical to the electronic components. The library […] will no longer be a building or even a fixed conceptual structure or even a fixed conceptual structure, but instead a constantly evolving network of elements. To write and read in this library will be to move through the network examining and altering elements. Writer and reader will be "connected", and each act of writing and reading will leave a trace for future writing and reading. In at least one sense, the goal of all previous ages will be realized: the library will finally be nothing other than a great book, a larger structure composed of the same elements in the same writing space as the book itself».55
Il carattere ibrido delle biblioteche attuali e lo slittamento verso l'elettronica sono elementi riscontrabili in alcuni siti Internet, quali per esempio Alessandria56 che si definisce come una biblioteca virtuale francofona, dotata sia di testi elettronici sia di link con tutti gli altri siti letterari francofoni, e molto più recentemente il server sperimentale Gallica,57 che la Biblioteca nazionale francese ha consacrato al XIX secolo.
VII. L'ipertesto: verso una società ideale?
Alla fine della seconda guerra mondiale, Bush spera che le nuove tecniche di trasmissione del sapere permetteranno un'evoluzione. Nelson, che dedica Literary Machines58 a George Orwell, denuncia la complessità dei sistemi informatici attuali, che rischia di provocare una frattura all'interno del tessuto sociale:
«some people like all this incompatibility and complication, and say it is the new word we must learn to live in. Others, already hating computers, dread these matters and hope vainly to stop the computer tide. I propose a third approach: to unify and organize in the right way, so as to clarify and simplify computer and working lives, and indeed bring literature, art and civilization to new heigths of understanding, through hypertext».59
Una tale simbiosi potrebbe porre le premesse, così promette Nelson, di una «nouvel Âge d'or».60
Senza spingersi così lontano, l'ipertesto, non solo secondo Nelson ma anche nel pensiero di altri autori, rimane legato ad alcuni valori: la libertà, la realizzazione individuale, il pluralismo. Il sistema di Nelson sarebbe «degno della nostra eredità di libertà e pluralismo (worthy of our heritage of freedom and pluralism)».61 Il termine "freedom" appare anche nel titolo del saggio che Anderson dedica alla trasformazione delle biblioteche percorrendo il testo fino alla conclusione:
«the goal of libraries and technology is freedom: to enable the reader or the author to frame knowledge without constraints, and focus energy toward the creation of knowledge rather than on understanding an imposed, external organization of that knowledge. Freedom exists when the author/reader can build upon the linkages and paths of knowledge in a flexible, multi-faceted world».62
Per quanto riguarda l'educazione Carlson, evocando la convergenza del lavoro collettivo realizzato per mezzo del computer, con la concezione del sapere come ambiente e con il processo di visualizzazione del pensiero scientifico, conclude in tal modo le sue riflessioni in una prospettiva che si ispira al pensiero della sinistra americana:
«the convergence of these trends should bring us intelligent, communal learning environments that emphasize synergy over isolated skills, productive interaction over radical individualism, and cooperation over competition».63
VIII. Il mondo è un ipertesto
Se l'ipertesto riflette i meccanismi della scrittura e del pensiero, se l'ipertesto è un'immagine positiva della società, si potrebbe allora fondare su questa metafora una nuova visione del mondo, una nuova filosofia, come si azzardano a fare Lévy e Bolter:
«l'ensemble des messages et des représentations circulant dans une société peut être considéré comme un grand hypertexte mouvant, labyrinthique, aux cent formats, aux mille voies et canaux. Les membres de la même cité partagent nombre d'éléments et de connexions du méga-réseau commmun. Chacun n'en a qu'une vision personnelle, terriblement partielle, déformée par d'innombrables traductions et interprétations. Ce sont justement ces associations indues, ces métamorphoses, ces torsions opérées par des machines locales, singulières, subjectives, connectées sur un extérieur, qui réinjectent du mouvement, de la vie, dans le grand hypertexte social : dans la "culture"».64
Bolter invece si aspetta che dall'ipertesto rinasca la metafora del libro della natura:
«we can expect contempory scientists and scholars to come more and more to the conclusion that the book of nature is a hypertext, whose language is the computational mathematics of directed graphs. This an intriguing prospect. For if scientists are studying the interdependencies of nature, while humanists are reading hypertexts, then our vision of nature can be reunited with our technology of writing in a way that we have not seen since the Middle Ages».65
L'ipertesto, suscitando talvolta, come si è visto, delle immagini iperboliche - sulle quali ironizza Meyrowitz che si domanda se l'ipertesto sia in grado di ridurre anche il tasso di colesterolo -,66 diventa in tal modo la regina delle metafore, l'ipermetafora.
Il ricorso alla metafora computazionale ci è sempre apparsa insolita: si creano delle macchine che siano il più possibile conformi all'essere umano, fondandosi su delle ipotesi riguardanti il funzionamento della mente e si grida al miracolo poiché le macchine confermerebbero queste ipotesi. Ma si tratta indubbiamente di una visione caricaturale delle cose. Simulazione e virtualità esprimono infatti il modo in cui lo sviluppo delle nuove tecnologie permette di utilizzare e elargire le conoscenze, ancora troppo limitate, che l'umanità possiede di se stessa.
IX. Bibliografia
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- Bush, Vannevar - As We May Think, in «Atlantic Monthly», vol. 176, n.1, 1945, ora in J.M. Nyce e P. Kahn, (a cura di), From Memex to Hypertext, cit., pp. 85-107 (trad. it. Come possiamo pensare in J.M. Nyce e P. Kahn (a cura di) Da Memex a hypertext, cit., pp. 41-62).
- Memex II [1959], in J.M. Nyce e P. Kahn, (a cura di), From Memex to Hypertext, cit., pp. 165-184 (trad. it. Memex II, in J.M. Nyce e P. Kahn (a cura di) Da Memex a hypertext, cit., pp. 105-120).
- Memex revisited [1967], in J.M. Nyce e P. Kahn, (a cura di), From Memex to Hypertext, cit., pp. 197-215 (trad. it. Il Memex rivisitato, in J.M. Nyce e P. Kahn (a cura di) Da Memex a hypertext, cit., pp. 133-149).
- Carlson, Patricia A. - Varieties of Virtual: Expanded Metaphors for Computer-Mediated Learning, in E. Barrett. (a cura di), Sociomedia, cit., pp. 53-77.
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Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2001
Dicembre 2001, n. 2
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