Giuliana Picco Lalla Romano. Parole e immagini
Sommario
I. Introduzione
II. Lettura di un'immagine
III. Conclusione
I. Introduzione
Un aspetto singolare dell'opera di Lalla Romano è costituito dai libri di fotografie, la particolare modalità di unione di immagini e testo che li caratterizza li colloca difatti in un genere difficilmente catalogabile, come dimostrano le reazioni e i commenti suscitati dal loro apparire.1 Un dato interessante, a questo proposito, è costituito dalla difficoltà incontrata dai critici nel definire la sua opera precipuamente narrativa come romanzesca: spesso si trovano infatti definizioni come «è un romanzo ma è anche un diario» oppure «non è un romanzo»; la stessa Romano sostiene di aver accettato che i suoi romanzi siano definiti come tali, ma di non curarsi molto di queste categorie: «Adesso lascio che i miei libri si chiamino romanzi perché il romanzo è un genere molto vasto. Ma in realtà per me sono distinzioni senza senso»;2 «Non è importante la connotazione "romanzo", che io però non rifiuto in quanto è molto vasta e comprende infinite forme».3
In generale nei suoi testi - non solo nei romanzi ma anche nelle recensioni, nei commenti e così via - è presente una grande attenzione per la fotografia,4 con interessanti riflessioni di carattere teorico.
Per la Romano la fotografia riveste una peculiare funzione narrativa, diventando di volta in volta personaggio o momento romanzesco, e - cosa ancor più importante - nuovo taglio dello sguardo ordinatore: Lalla Romano parte sempre dalla memoria per costruire i suoi testi, e «l'occhio fotografico» si allea all'archivio della memoria per ri-costruire (inventare)5 il suo mondo.6 Rispetto ai romanzi, però, nei libri di fotografia questo medium assume un diverso valore, essendo fisicamente presente e creando un libro con due livelli di lettura - quello verbale e quello delle immagini: la Romano ha creato un nuovo tipo di romanzo, dove i due livelli sono perfettamente integrati l'uno con l'altro e riesce a oggettivare l'attitudine al figurativo, sempre presente nelle sue opere.7
Lalla Romano arriva ad affrontare il nuovo tipo di «scrittura» rappresentato da questi libri a partire dalla metà degli anni Settanta: Lettura di un'immagine è del 1975 e viene pubblicato da Einaudi nella collana «Saggi» (la scelta della collana viene spiegata con la necessità di ricorrere a un formato tale da permettere una buona riproduzione delle fotografie, ma è di per sé dato indicativo di un'anomalia: un libro di fotografia che si considera un romanzo e viene pubblicato come saggio).8 Sempre da Einaudi viene poi ripubblicato nel 1986, con alcune variazioni, col titolo Romanzo di figure, nei «Supercoralli»; La treccia di Tatiana esce nello stesso anno e per lo stesso editore. Lalla Romano partecipa anche alla formazione di altri testi di/con fotografie, ma solo per scrivere brevi didascalie per le immagini, senza prendere parte alle decisioni relative al loro ordinamento.9 Si tratta, quindi, di operazioni differenti rispetto ai testi citati, tutti costruiti in maniera analoga, con la fotografia nella pagina di destra e in quella di sinistra le parole della Romano, in genere poche, rapide righe. Nonostante l'analoga costruzione, fra i testi citati vi sono notevoli differenze.
II. Lettura di un'immagine
Lettura di un'immagine è un libro costituito da fotografie incise su lastre in bianco e nero scattate dal padre della scrittrice - che si autodefiniva «fotografo dilettante» - nel periodo compreso fra il 1904 e il 1914. Quasi tutte le immagini hanno come sfondo la valle Stura, la valle cuneese nella quale la Romano è nata.
In un certo senso, il tema è analogo a quello di La penombra che abbiamo attraversato, il romanzo del 1964 dove la Romano rievoca i suoi anni dell'infanzia e in cui alcune pagine fanno proprio riferimento alla pratica della fotografia, consentendo infatti precisi confronti con questo testo,10 ed esplicitamente indicando i rapporti che legano le due opere, tanto più che la Romano dice che quando scrisse questo libro aveva di fronte a sé l'album di famiglia.11 L'autrice, infatti, scrive che l'esercizio della fotografia da parte del padre fu una delle meraviglie della sua infanzia «come ho raccontato in un libro, La penombra che abbiamo attraversato»;12 rispetto al romanzo però nel testo di fotografia si incontra una sorta di «spersonalizzazione»:13 i personaggi non sono indicati col loro nome, e vi è maggiore attenzione ai dati formali. I personaggi appartengono, in entrambi i testi, alla cerchia ristretta dei familiari e degli amici, e spesso, confrontando i due lavori, si riesce ad avere un'idea più completa della situazione, del carattere dei personaggi. Ad esempio, in Lettura di un'immagine si trova la seguente didascalia di una foto che ritrae la sorellina con due cani: «- vasta apertura prospettica - nel mezzo la bambina piccola, graziosa e buffa, allineata con i cani - piange perché ha paura, anche se sono i cani di casa - Murò ha un nuovo compagno: elegante, svelto, giovane; si sente anche lui spodestato - abbassa la testa, mortificato, vorrebbe consolare la bambina piccola».14
In La penombra che abbiamo attraversato troviamo, riferito alla medesima situazione, il seguente passo: «Murò aveva subito altre umiliazioni, nella sua vecchiaia. Papà aveva preso due cani giovani, dalle lunghe orecchie, che "lo ignoravano" [
] Era il tempo della sorellina. In una fotografia lei è su una strada di campagna in mezzo ai cani; piange disperatamente ed è buffa. Murò mortificato sta in disparte. Non è più il custode della sorellina».15 Quindi meglio si comprende la ragione della «mortificazione» di Murò, ma in Lettura di un'immagine si crea un più profondo legame fra il cane e la scrittrice, entrambi «spodestati» dall'arrivo di qualcuno (nel testo fotografico, poi, questa sezione è intitolata «L'altra», la sorellina, appunto, vista come rivale).
Le occasioni per scattare fotografie sono offerte dalla vita semplice delle vallate alpine dell'inizio del secolo: nevicate, partite di caccia, feste di carnevale; mentre, nel romanzo, la rievocazione si origina a partire dalla visita che la scrittrice compie al paese d'infanzia dopo la morte della madre. È difficile, in Lettura di un'immagine, ricostruire una vera e propria storia con precise sequenze cronologiche, ma questo in realtà è un tratto proprio anche della Penombra e di quasi tutti i suoi romanzi, nei quali non c'è un ordinato sviluppo cronologico, e la narrazione si svolge attraverso quadri successivi, modo di procedere che la Romano riprenderà in particolare in Le lune di Hvar, del 1987, dove - pur essendoci precise definizioni cronologiche, dal momento che la narrazione ha forma diaristica - le date non sottolineano una continuità narrativa come storia, a parte la storia che il lettore inventa, analogamente a quanto avviene nei romanzi fotografici.
Le fotografie ritraggono per lo più persone, si tratta dunque di ritratti - e il ritratto è una forma di biografia: l'intenzione di un fotografo di ritratti è quella di catturare e fissare la personalità, analogamente a quanto avviene dipingendo o scrivendo, quindi attraverso il ritratto l'artista cerca di raccontare la storia della persona, come la Romano stessa afferma: «Ritratto vuol dire volto, e quel volto deve essere ambiguo, intenso e misterioso come un romanzo».16
Il commento alle immagini di Lettura di un'immagine fa frequente riferimento al modo in cui le fotografie sono costruite, ai giochi di linee o di luci che in esse emergono e talora vi sono anche precisi riferimenti a dei quadri.17 L'immagine è trattata come il sogno: vi è una estrema concentrazione dell'elemento narrativo e la ricerca di una dimensione espressiva misteriosa e irrevocabile, presente e lontana come quella del sogno, cui si avvicina anche per la commistione fra finito e indefinito, per le atmosfere allo stesso tempo vicine, concrete ma anche vaghe;18 la fotografia, inoltre, proponendosi quale frammento isolato rispetto ad un contorno apparentemente assente ma di cui comunque si avverte la pregnanza, ripete la stessa struttura con cui si presenta il sogno. L'immagine fotografica, come il sogno, necessita spesso della didascalia per essere correttamente interpretata e uscire così dalle condizioni di polivalenza semantica dalla quale altrimenti sembrerebbe dominata. Dunque, la fotografia e la sfera onirica presentano delle similarità certo non casuali19 e questo non è senza significato in una scrittrice che ai suoi esordi pubblica un testo di sogni, Le metamorfosi (1951).20
In Lettura di un'immagine le fotografie sono contornate da un alone da favola, creato ad esempio alimentando, come nelle favole, il senso di mistero del paesaggio21 («angolo selvaggio misterioso come una fiaba»; «valle stretta, segreta»; «La valle si chiude in fondo, solitaria, fantasiosa e non paurosa»; «La presenza del cane, in attesa o custode, allude al senso del luogo che è quello di una fiaba»; «Lei sul mulo col garbo di una regina - regina o dama (di favola)»; «La curva e lo spessore pesante dell'arco racchiudono un piccolo paese di favola»).22
I commenti non spiegano ma rafforzano il valore assoluto dell'immagine. La parola e l'immagine non si illustrano a vicenda, ma entrambe partecipano in maniera attiva alla costruzione dell'opera: sottraendo uno dei due elementi, l'altro risulta privo di senso, e non arriva ad attivarsi dal punto di vista creativo. Nel commento alle fotografie raramente viene spiegata l'occasione in cui la foto è stata scattata (spiegazione che si ritrova invece, più spesso, in La penombra), mentre più frequentemente si danno indicazioni sul carattere dei personaggi fotografati, insieme all'analisi dell'immagine che ricorre a osservazioni di tipo pittorico.23
Per riuscire a scrivere La penombra che abbiamo attraversato, come si è detto, la Romano aveva di fronte a sé un album di fotografie ed è evidente il ruolo delle immagini nel far scaturire il ricordo: «La memoria di Lalla Romano è messa in movimento dall'indugio mentale sulle fotografie».24 Questa è una delle principali caratteristiche della fotografia, come sottolineano gli studiosi di tale mezzo espressivo,25 che indicano come altra sua peculiarità quella di rassicurare sul modo in cui le cose sono avvenute, dal momento che la fotografia conferma la veridicità di ciò che si ricorda. Ma non è questo l'intento della scrittrice, che afferma che le immagini vengono viste «al presente»: «Ma ci può essere chi non riesce a prescindere dal fatto che ogni fotografia è un documento e come tale è datata. Costui non si appaga di un commento formale-psicologico; reclama il confronto, se non con le storie, con la Storia: altrimenti, egli pensa, viene a mancare la dimensione drammatica».26
Lo scopo di queste fotografie non è quello di fornire una ricostruzione storica, ma piuttosto quello di originare un'operazione più esistenziale (parallela al modo in cui la Romano intende la Storia), quella di vedere in esse «l'uomo che vi ha espresso sé stesso», intuire i destini delle persone fotografate, «come appunto avviene in un'opera letteraria, nella poesia».27 Le fotografie che vengono via via evocate hanno la funzione di far scaturire il ricordo in La penombra che abbiamo attraversato, mentre in Lettura di un'immagine sono anche davanti agli occhi del lettore, che deve usarle insieme alle parole per arrivare a formare il «romanzo» che vi è implicito, e dove, come dice paradossalmente la Romano nella Prefazione, «le immagini sono il testo e lo scritto un'illustrazione»: «Può accadere che un testo letterario si accompagni con immagini (illustrazioni), le quali a loro volta possono essere viste e godute per se stesse [
] In un simile connubio l'immagine (figurativa) si trova in posizione subordinata. Invece nel mio libro Lettura di un'Immagine le immagini sono privilegiate».28 I brevi appunti che accompagnano le fotografie dovrebbero servire a fermare l'attenzione sulle immagini, che normalmente sono guardate solo fuggevolmente, e a fornire nuove prospettive di lettura.29
Questa affermazione tocca tra l'altro uno dei punti centrali della più generale riflessione sui rapporti fra letteratura e fotografia e sulle relazioni che queste due arti hanno stabilito fra loro.30 Quando la collaborazione fra fotografia e letteratura ebbe inizio, entrambi gli artisti - il fotografo e lo scrittore - si sforzarono di sottolineare che le parole erano più che semplici didascalie e le fotografie più che illustrazioni.31 Inizialmente le fotografie illustravano lo scritto, ma pian piano si vollero creare libri in cui le immagini non avessero bisogno di parole e diventassero esse stesse testo. Arrivando agli anni '70 del nostro secolo le fotografie private diventarono risorsa per espressioni personali, portando a una narrativa di memoria che richiedeva molta precisione per riuscire a evocare sé stessi, e ad offrire precise emozioni per il lettore. Nonostante il valore centrale della memoria nell'opera della Romano, questa non pare essere l'operazione da lei condotta in questo libro, perché le fotografie sono sì un mezzo per stimolare il ricordo, ma non vengono corredate da particolari per dare informazioni sulle emozioni, rimanendo in una situazione di indefinitezza, di vaghezza analoga a quella che si riscontra nei romanzi, nei quali l'autrice non fornisce mai troppi particolari, data la sua convinzione che le persone sono più attraenti con i loro segreti, e pertanto non sia necessario informarsi su di esse, ma piuttosto mantenere intorno ad esse una sorta di alone di mistero.
Gli studiosi di fotografia32 si sono sforzati di classificare il rapporto che intercorre tra il testo e la fotografia, anche se in genere non fanno riferimento ai testi - rari - di narrativa; il modo usato dalla Romano per accostare il testo alle immagini sembra una «didascalia aggiuntiva», vale a dire un modo in cui la parola scritta non enuncia o narra la foto, ma vi aggiunge una nuova dimensione: combinando le proprie connotazioni con quelle delle fotografie riproduce una nuova immagine nella mente dello spettatore, non si limita ad amplificare un insieme di connotazioni già incluse nella fotografia. Spesso, inoltre, la prima frase potrebbe essere avvicinata a un titolo, mentre il resto dell'appunto amplia quanto nel titolo viene suggerito.33 Il rapporto che si instaura fra immagine e parte scritta è fondamentale perché la difficoltà dei lavori «foto - testuali» è proprio costituita dall'equilibrio che deve essere raggiunto fra fotografia e testo. Solitamente - come osserva la Romano34 - nei libri di fotografie (che nascono spesso dalla collaborazione fra fotografo e scrittore e dove difficilmente lo scrittore è anche colui che scatta la fotografia) viene privilegiato il testo a discapito dell'immagine. La Romano ritiene che la fotografia sia un linguaggio, e che, pertanto, non richieda un supplemento di linguaggio,35 non avendo bisogno di essere spiegata. In questo si discosta dalla teorizzazione di autorevoli critici che non ritengono, invece, che alla fotografia sia possibile conferire lo statuto di linguaggio.36 Infatti, la Romano dice «quello che conta per me è che le immagini possano essere lette» e accompagnate o meno da un testo scritto appartengono alla parola.37 Nelle intenzioni dell'autrice il testo deve limitarsi a suggerire prospettive di lettura, senza fornire «notizie», né identificare i personaggi: quelli principali sono infatti «Lui/Lei l'altra», a volte «mio padre», «la bambina», «la bambina grande», e le informazioni su di loro possono essere eventualmente ricavate da La penombra. La Romano, in un altro articolo, ci informa sul principio che ha guidato la costruzione di questa opera: «Accostai al testo fotografico un testo letterario in funzione illustrativa, non informativa. Quello che intendevo illustrare non era l'esteticità [
], ma la pregnanza dei significati, una prospettiva di lettura delle immagini stesse in quanto simboli o metafore [
] Scelsi di prescindere dalle informazioni di cui disponevo, per interpretare liberamente (creativamente) i segni delle immagini».38
Fotografie e testo dialogano fra loro: da un lato troviamo l'interpretazione del padre attraverso le fotografie, dall'altro la lettura di quello stesso mondo da parte della scrittrice, con brevi commenti che sembrano appunti che si susseguono senza montaggio sintattico: si tratta infatti di brevi segmenti separati da trattini e non gerarchizzati da una griglia interpuntiva - manca infatti il punto fermo - e che per questo risultano più simili ad appunti; dato lo strettissimo legame con La penombra la Romano però afferma di non considerare le prose che accompagnano le fotografie come appunti, bensì come capitoli di un romanzo,39 che danno forza poetica al linguaggio delle immagini stesse in quanto simboli o metafore,40 una lettura - quindi - slegata dalla conoscenza di quello stesso mondo tratta da La penombra che abbiamo attraversato. Ciò non significa ovviamente porre in una posizione subordinata il romanzo, bensì affermare che questi due testi pur affrontando tematiche analoghe e ritraendo i medesimi personaggi sono indipendenti l'uno dall'altro. In generale, il tono dei commenti conferisce a queste immagini lo statuto di qualcosa di totalmente passato (ma non perduto), dato che gli eventi sono ormai definitivamente conclusi. La Romano definisce questo libro semplicemente «libro con fotografie», «una specie di romanzo per immagini», «un romanzo di tipo nuovo, che richiedeva anche la complicità del lettore»,41 perché è il lettore a dover «costruire» la storia: se il lettore non compie questo sforzo non esiste una storia, cosa che accade anche nelle sue altre narrazioni, nelle quali però i segmenti della realtà offerti sono più ampi.
Quando la Romano ritrova le lastre originali da cui erano state tratte le fotografie di Lettura di un'immagine, ne approfitta per rivedere questo volume e pubblicare il nuovo libro Romanzo di figure.42 Nel passaggio dalla prima alla seconda redazione la Romano apporta alcuni mutamenti: alcune fotografie vengono aggiunte, altre vengono spostate, tutte risultano più chiare e nitide e quindi più leggibili,43 mentre la parte scritta tende a divenire più oggettiva attraverso l'eliminazione di dettagli troppo personali, segno questo, forse, del raggiungimento di una maggior «freddezza» che la Romano ritiene necessaria e fondamentale per scrivere. Ad esempio, nella fotografia che ritrae il padre in tenuta da caccia che mostra trionfalmente la preda, in Lettura di un'immagine si fa riferimento alla passione del padre per la caccia, al suo aver vinto un torneo, dettagli che vengono eliminati nell'edizione successiva. In un'altra immagine, che raffigura un gruppo che fa una «merenda» nei prati, la maggior oggettività è ottenuta attraverso una maggior precisione: si specifica a quale specie appartiene l'albero e non si trova alcun cenno interpretativo del paesaggio.44
Il passaggio del titolo da Lettura di un'immagine a Romanzo di figure è di per sé indice di un cambiamento concettuale. Nel primo libro si sottolineava il doppio registro di scrittura e fotografia, dove il testo costituiva il filo conduttore. Nel secondo, invece, abbiamo un'unificazione di questi due momenti, ed esplicitamente si afferma che le immagini in sé costituiscono e rappresentano un romanzo, dove il testo scritto è secondario, rendendo chiare sin dal titolo le posizioni espresse dall'autrice nell'Introduzione a Lettura di un'immagine. La fotografia non va tradotta, ma semplicemente, proprio perché scrittura, letta. Rispetto alla prima edizione del testo, oltre alla maggior leggibilità delle fotografie, dovuta all'uso delle lastre originali, si ricerca anche una maggior chiarezza della parte scritta: vengono infatti usati caratteri dal corpo maggiore e il testo si trova in basso, non in alto, o alla stessa altezza della fotografia qualora la lunghezza del commento scritto sia pari alla dimensione dell'immagine. Trattandosi di testi dove la visualizzazione riveste un ruolo centrale, questi sono dettagli che possono modificare la fruizione del testo. Questo è importante, perché quando fotografia e scrittura si incontrano devono essere complementari, completarsi a vicenda in modo da formare un solo medium agli occhi di chi legge e guarda le immagini.45 Per fare questo anche il loro schema visuale deve essere chiaro all'occhio,46 e a una maggior visibilità della fotografia deve essere parallela una maggior chiarezza della parola scritta.47
In La treccia di Tatiana la scrittrice approfondisce ulteriormente la sua riflessione sulla fotografia: «L'immagine fotografica - frammento di realtà sottratto al tempo e al movimento - quando sia intesa come scrittura si emancipa»,48 dunque non ha più bisogno di essere spiegata, ma trova la sua spiegazione e ragion d'essere in sé stessa.
Questo testo presenta caratteri molto diversi rispetto ai due precedenti: non si tratta più, infatti, dell'album di famiglia, ma di fotografie scattate da un fotografo professionista in un'occasione ben precisa, una festa che si tiene ogni anno durante la stagione estiva in una villa in campagna e a cui la scrittrice è invitata a partecipare. Rivedendo le fotografie che erano state scattate trova che esse possono unirsi a formare una storia, e vengono pertanto organizzate in modo tale da suggerirla. In questo caso scrittrice e fotografo collaborano pienamente, e l'intervento della scrittrice consiste innanzi tutto nell'organizzazione delle immagini. Lalla Romano nell'introduzione scrive: «Potevo leggere quelle e le altre immagini direttamente - liberamente - nel loro linguaggio di segni come nel mio di parole. Perché anche la fotografia è scrittura [
]. Si suole chiamare racconto (romanzo) qualcosa che segue una trama [
]. C'era l'unità di tempo e luogo [
] ricondotta al sentimento di una stagione irripetibile. Poteva bastare. Come in un vero romanzo si era andata formando una scansione in tempi, capitoli, perfino un inizio e una fine. Chi avesse difficoltà a riconoscere il testo come racconto, può considerarlo un'allegoria. Delle età dell'uomo, per esempio».49
Come già in Lettura di un'immagine, le fotografie formano un racconto che è anche una metafora, e la loro sequenza dà origine a una storia leggibile anche simbolicamente, allegoricamente. La Romano dice di questo testo: «il risultato non è propriamente un racconto, né un romanzo; se proprio necessario catalogarlo in un genere penso di poterlo definire un'allegoria».50 Ma nella IV di copertina si legge: «Il libro non è un ennesimo episodio di quel gusto del revival, acritico e sentimentale [
] è innanzi tutto un originale romanzo».51
I testi più che essere descrittivi alludono a situazioni, condizioni, conflitti propri della parabola della vita, qui rappresentati simbolicamente, e raramente si trova quella lettura pittorico/spaziale così costante invece nei lavori precedenti.52 La parte scritta è estremamente breve e concisa, spesso una sola frase, e si limita appunto a suggerire, accennare prospettive di lettura che devono essere però «decise» dal lettore. Negli altri testi considerati la fotografia serviva per un recupero della memoria, anche se in minima parte si davano degli elementi di «contorno», contesto o spiegazioni (ad esempio l'espressione del volto dei personaggi o l'occasione): qui, invece, l'immagine diventa stimolo per la libertà delle interpretazioni emotive e intellettuali, completamente svincolata da ogni altra conoscenza e condizionamento. Mentre in Lettura di un'immagine / Romanzo di figure il testo è più articolato, non perché fornisce particolari sulle persone fotografate ma perché illustra la fotografia e la spiega in termini di rapporti spaziali (con frequenti riferimenti a quadri), nel secondo caso il testo è ridottissimo, una-due frasi al massimo e sembra insistere di più sull'interpretazione. Ne La treccia di Tatiana è forse più semplice ricavare una «storia», con un suo svolgimento, anche perché le immagini raffigurano un evento che si svolge in un breve tempo,53 mentre nei testi precedenti ci trovavamo in un certo senso di fronte a un «testo aperto», un romanzo che non finisce, con la sua alternanza di momenti, fotografie senza tempo proprio perché l'intento della scrittrice non è quello di fornire una storia della sua infanzia, come invece in La Penombra.54
III. Conclusione
La Romano riprende questo tipo di costruzione nel volume Lalla Romano pittrice, e poi Lalla Romano disegni, che nascono entrambi come cataloghi di una mostra,55 una genesi quindi molto lontana da quella di un romanzo. Qui, accanto alla riproduzione del quadro, si trova un breve testo (commento) della Romano stessa, che illustra la tela, la commenta, rievoca il momento in cui venne dipinta. Anche qui, come nei testi di fotografia, troviamo brevi spiegazioni, talora legate al momento, talaltra, invece, di carattere prettamente stilistico. Queste ultime in particolare richiamano alla mente la lettura pittorica delle fotografie:56 in entrambi i casi, infatti, il commento insiste sui giochi di luce ed ombre, sul valore delle linee, sulla costruzione della composizione e sui rapporti spaziali degli oggetti. Grazie a questa costruzione il testo può essere avvicinato ai romanzi fotografici,57 e si è detto che anche in questo libro si può vedere una storia e che pertanto può essere definito un romanzo. Ancora una volta risulta difficile stabilire il genere di appartenenza: si tratta teoricamente del catalogo di una mostra di quadri che però - grazie alle annotazioni dell'autrice - si trasforma in una forma di narrazione.
Dunque, se per tutti i testi della Romano emerge con evidenza la difficoltà a farli rientrare in un genere, ciò risulta particolarmente evidente per questi romanzi dove la parola scritta è accompagnata dalle immagini, approfondendo il carattere di sperimentazione che più in generale si può riscontrare nella sua prosa. È da sottolineare inoltre che proprio la sua prosa si è sempre più orientata verso descrizioni fotografiche, nelle quali il non-detto assume un valore sempre crescente, la descrizione si nasconde nella penombra che è l'equivalente, in fotografia, del rilievo dato al chiaroscuro. L'interesse per la fotografia segna dunque, in certa misura, uno sviluppo di tendenze già presenti nella sua prosa e che diverranno via via più evidenti, con il passaggio da descrizioni a carattere pittorico che si fanno tocchi fotografici. Questi romanzi formano dunque testi assai complessi nei quali confluiscono i suoi diversi interessi per la parola e l'immagine58 e nei quali si uniscono generi diversi (appunto, nota, diario), approfondendo quanto già era emerso nei suoi romanzi più celebri, come Le parole fra noi leggere e Una giovinezza inventata e anche in parte in La penombra che abbiamo attraversato, nei quali la narrazione è costellata dal ricorso ad epistolari, diari, composizioni scolastiche, fotografie. Una lettura di questo tipo trova conferma nelle parole stesse della Romano: «voglio che questi libri siano vivi come un diario».59
Bollettino '900 - Electronic Newsletter of '900 Italian Literature - © 2001
Giugno 2001, n. 1
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