Note:


1 L'incontro fra letteratura e fotografia ha originato risultati di genere e natura spesso difficilmente classificabili (cfr. Roberto De Romanis, Scrivere con la luce, recensione a Jane Rabb, Literature and photography interactions. 1840-1990, «L'Indice», 1 (1997), p. 43).
Alcuni critici hanno detto - a proposito di Lettura di un'immagine / Romanzo di figure - che «non è un romanzo» (Augusta Grosso, Un album di fotografie per capire Lalla Romano, «Il Nostro Tempo», 25 Gennaio 1976); «non è un libro di memorie, non è un'autobiografia» (Alfredo Giuliani, Ritratto dell'autrice da cucciola, «La Repubblica», 13 Dicembre 1986). È un «nuovo tipo di narrazione, per immagini commentate» (Cesare Segre, Introduzione a Lalla Romano, Opere, LIII, a cura di Cesare Segre, Milano, Mondadori, 1991-92). Considerando «il puntuale richiamo alla Penombra» vi si può scorgere «la sua qualità di saggio ma trasposto su un piano di creatività, saggio-romanzo» (Carla Mazzarello, Lettura di un'immagine, «Annali della Scuola Superiore Normale di Pisa», 1976); «Io non so cosa sia esattamente questo libro […] non so se sia un documento di costume o una favola […] un piccolo trattato antropologico […] o il racconto di un uomo […] e di un cane […] non so insomma se questo libro sia letteratura»; «questo libro mostra l'impotenza e la velleità della letteratura quando rinuncia a sé stessa e non rinuncia a morire e scende a patti con un altro media» (Claudio Marabini, Quando la letteratura tenta di forzare il silenzio della fotografia, «Il Resto del Carlino», 20 Maggio 1986).

2 Manuela Grassi, Come vivo scrivo, «Panorama», 21 Giugno 1987.

3 «L'Unione Sarda», 25 Luglio 1987. «Riesco a esprimermi meglio scrivendo romanzi - anche se di genere un po' particolare» (Mauro Merosi, Impudica per vocazione, «Brescia Oggi», 13 Settembre 1987). Ulteriore conferma della sua stessa difficoltà e disinteresse a rientrare nel genere.

4 Nei romanzi in particolare l'autrice fa spesso riferimento alla fotografia per suggerire chiavi di interpretazione dei personaggi, per fornire nuove prospettive ma spesso ci si trova di fronte a veri e propri documenti grazie a cui una situazione diviene più chiara (Cfr. Flavia Brizio, Come vivo scrivo: Lalla Romano's works between experimentation and autobiographism, Diss. Washington University, 1988). Le fotografie non sono gli unici oggetti a comparire frequentemente nei suoi testi, tanto che Carlo Bo nell'Introduzione alla raccolta di poesie L'autunno ha parlato di tecnica di «cosificazione».

5 Inteso nel suo senso etimologico di trovare, quale sempre lo usa la Romano, come dimostra il suo romanzo Una giovinezza inventata. «Qualcuno obietterà che ho inventato tutto: è appunto quello che accade con la scrittura» (Lalla Romano, Introduzione a La treccia di Tatiana, Torino, Einaudi, 1986, VI): questo è un altro elemento che avvicina e rende simili scrittura e fotografia, in quanto, in entrambi i casi, alla base vi deve essere «L'inventare»…

6 Cfr. Antonio Ria, Scrittura e fotografia, in Lalla Romano: L'esercizio della pittura, a cura di Antonio Ria, Torino, Einaudi, 1995, p. 144.

7 Cfr. Carla Mazzarello, Pittura e scrittura: tangenze e divergenze nell'iter di Lalla Romano, in Intorno a Lalla Romano, a cura di Antonio Ria, Milano, Mondadori, 1996, p. 347.

8 Cfr. Lalla Romano, Il mio primo romanzo di immagini, in Un sogno del nord, pp. 1597-1598, e con lievissime differenze in Lalla Romano pittrice, a cura di Antonio Ria, Torino, Einaudi, 1993, p. 277, dove si trova il riferimento alla collana in cui il volume venne pubblicato.

9 La Romano ha scritto brevi note di commento alle fotografie di Max Nobile per Terre di Lucchesia, Lucca, Pacini-Fazi, 1991; ha scritto le definizioni al volume Sguardi di Vincenzo Cottinelli, Brescia, La Quadra, 1994; ha commentato la raccolta di fotografie di «Scrittori del Novecento», riunite nel volume Scrittori per un secolo, a cura di Goffredo Fofi e Giovanni Giovannetti, Milano, Linea d'Ombra, 1993.

10 Per il padre in camera oscura cfr. Lalla Romano, La penombra, pp. 1020-1021: «non ho saputo più ritrovare, nel primo tratto della strada, la Pietra della fotografia […]. La pietra allora era sporgente sul bordo e aveva più o meno la forma di un ciocco; pareva messa lì apposta per sedersi. Io la credevo "di papà". Papà componeva il gruppo. La mamma seduta, un berretto piatto posato sui suoi capelli crespi; io col paltoncino bianco, appoggiata a lei; papà stava all'impiedi dietro a noi, la giacca da cacciatore abbottonata fino al collo e il berretto di pelo. Davanti a tutti Murò. Sullo sfondo la strada bordata di roveri e di magri olmi selvatici… Papà era serio, un po' fiero, con un'ombra di sorriso negli occhi socchiusi. Anche Murò era serio; […] La mamma guardava con i suoi occhi profondi, un po' canzonatori. […] Io piccola fissavo con stupore quasi doloroso»;. Questa è invece la descrizione in Lettura di un'immagine: «- gruppo molto unito, raccolto in un blocco contro la strada vuota nella spoliazione invernale - le linee degli alberi accompagnano il ritmo ascendente del gruppo - forti stacchi di nero e di bianco - l'uomo col berretto di pelo ha un sorriso impercettibile di sicurezza - la donna col berretto all'inglese, ha un sorriso tranquillo, di accettazione fiduciosa - la bambina, vestita da città, con la cuffia fiorita, è quasi una bambola; ma il suo sguardo è vigile -» (Lalla Romano, Lettura di un'immagine, p. 106).
Altri riferimenti alla fotografia nel romanzo: Lalla Romano, La penombra, p. 864: «E le merende al castello? Papà aveva fotografato il gruppo davanti alla tovaglia stesa sul prato. Dietro, in piedi, stavano le cameriere. C'erano anche i bambini: Felicino vestito da bambina, con la cuffia dal lungo pizzo, era in braccio alla sua mamma […] .Nella fotografia c'erano anche il papà e la mamma di Idina».
Lalla Romano, La penombra, p. 865: «Nella fotografia che il babbo le fece [alla "mamma - balia"], in piedi sulla scala esterna di legno della sua casa di Rialpo, la piccola donna con le mani in croce era solenne e modesta come i santi antichi». In Lettura di un'immagine, p. 176: la scrittrice amplia questa annotazione arricchendola sia di particolari pittorici («- Composizione ascendente, semplice, non casuale, ma priva di artificio - l'immagine è solenne e perfino mistica […] le cose hanno una funzione costruttiva e un valore materico (legno pietra stoffa) ricco e prezioso, nella loro usura e povertà»), sia di osservazioni sulla donna e il marito («la figura della donna, austera, dolorosa, è serena; il gesto delle mani è umile ma fermo e pieno d'autorità - un leggero umorismo è nello sguardo imbarazzato dell'uomo, nel suo corpo un po' goffo come di grosso burattino»).
Lalla Romano, La penombra, pp. 949 - 950: «In molte fotografie Murò appare come il mio custode. In una è accanto a me nell'orto, seduto sulle zampe di dietro, il collo eretto; è fiero, consapevole della sua dignità. C'è una somiglianza tra il cane e la bambina. Entrambi hanno sulla fronte - rigida e scura quella di lui, bianca e convessa quella della bambina - un leggero corrugamento, un'ombra di malinconia. Ma l'occhio di Murò è fisso, intrepido ed ingenuo come quello di una recluta, mentre gli occhi della bambina sembrano rivolti a considerare qualcosa di lontano e preoccupante»; in Lettura di un'immagine viene ampliata la riflessione sul «corrugamento sulla fronte»: «Può l'occhio di un'infante esprimere il pensiero? - fu il Dottore a definire "Ruga del pensiero" l'ombra come di corruccio che si formava sulla fronte convessa della piccola figlia dell'amico - l'immagine è comunque solenne, anche se goffa, seria come di un adulto - lo sguardo è concentrato appunto in qualcosa come un pensiero […] il cane, vigile, ha una fissità da idolo (o da recluta sull'attenti) - è un simbolo propiziatorio».

11 «Quando l'ho scritto [il libro La Penombra che abbiamo attraversato] avevo con me l'album di famiglia […] C'era stato insomma una specie di controllo reale di questa persistenza, che però basterebbe che fosse anche solo nella memoria. Molti personaggi sono nel libro, non tutti nelle fotografie, perché le fotografie, naturalmente, si facevano solo nei momenti importanti» (Lia Cavalleri De Pra, A Colloquio con Lalla Romano, «Noi Donne», 1987).
Come è stato notato (cfr. p.es. Sontag, On photography, pp. 9-10) per una famiglia le fotografie costituiscono la sua cronaca, racchiudono la sua storia, ma queste immagini, nell'intento della Romano, non vogliono testimoniare la storia della famiglia, bensì assumere un valore più universale.

12 Lalla Romano, Io e L'immagine, in Un sogno del nord, p. 1600.

13 Cfr. Cesare Segre, Introduzione a Lalla Romano, Opere, LIII.
Esempi di questo tipo si possono vedere nei seguenti passi: Lalla Romano, Lettura di un'immagine, p. 54: «- dopo la cerimonia - persone come personaggi - quasi presentazione sul palcoscenico di attori dopo la commedia - (le due persiane scandiscono come due quinte e fondali) - protagonista un vescovo dalla figura emaciata e nobile, dallo sguardo duro - le mani lunghe e aristocratiche, intrecciate, coi pollici congiunti come quelli del Buddha - la signora prima attrice è compresa e compiaciuta del suo ruolo - si volge al prelato con aria di omaggio: un sorriso accennato, quasi di complicità - (il suo vestito è di raso, dalle spalle scende una specie di bolero ricamato a pansé) - il prete modestamente discosto, le mani strette alla buona, il sorriso ingenuo, è "l'arciprete" - il signore barbuto in frac, dal profilo severo, è un medico: laico, freddissimo, ha l'aria di far parte di un consulto - il signore piccolo, col cravattino bianco è il farmacista, marito della signora - ha l'aria soddisfatta; eppure assomiglia a Flaubert! -»; Lalla Romano, La penombra che abbiamo attraversato, pp. 994-995: «Un anno fu madrina di cresima la mamma di Idina. Papà fece la fotografia a lei e al padrino, il dottor Morini, accanto al vescovo. La signora Valeria aveva la sua aria da attrice, reggeva a mazzo con una mano la gonna scampanata; teneva gli occhi bassi ma sorrideva al vescovo, quasi con civetteria. Il vescovo aveva la testa piegata su una spalla e un'aria da vittima». Qui viene spiegato di quale cerimonia si tratta e non si descrive con esattezza la fotografia, (infatti nel romanzo non vengono considerati l'arciprete e il dottore laico, mentre informazioni su di loro si trovano in Lettura di un'immagine) ma vengono indicati i rapporti che legano fra loro le persone considerate.

14 Lalla Romano, Lettura di un'immagine, p. 160.

15 Lalla Romano, La penombra, p. 951.

16 Lalla Romano, Lalla Romano pittrice, p. 139.

17 Le fotografie sono spesso giudicate e valutate con il linguaggio della pittura anche per carenza di una ricca critica fotografica (oltre al fatto che costantemente paragoni sono stati fatti fra le due arti). Su questo cfr. p.es. Sontag, On photography, New York, Farra, Strauss and Giroux, 1973, p. 138.
Nel testo si trovano, ad esempio: «Allo stesso modo una ballerina di Degas è evocata nel suo scatto sapiente e senza sforzo»; «L'immagine del paese è insieme minuta e sommaria, come le stampe antiche - così il disegno fiammingo delle siepi e dei campi»; «Realismo alla Courbet»; «Pecore come odalische di Ingres»; «La sua figura "alla Velasquez" è verista ma garbata». (Tutte le citazioni da Lalla Romano, Lettura di un'immagine, pp. 12, 20, 34, 56).

18 Francesco Porzio, Su Romanzo di figure, in Intorno a Lalla Romano, p. 342.

19 Claudio Marra, Bersaglio mobile, Ravenna, Essegi, 1984, p. 53.
Cfr. Lalla Romano, Lettura di un'immagine, p. 20: «Le montagne hanno un carattere visionario, sognante; sembrano guardare al cielo, supine, tendono a svanire nella lontananza»; Lalla Romano, Lettura di un'immagine, p. 46: «- Il bianco rende la figura incorporea, senza peso, sul fondo mosso e confuso - il "ramage" del ginepro spinoso contro l'abito bianco accentua il carattere di fiore dell'immagine -»; Lalla Romano, Lettura di un'immagine, p. 90: «- Spazio illimitato, folto, fluido, non solido […] non è stata cercata la monumentalità, piuttosto una comune freschezza vegetale: donna-albero, erbe fiorite, libere, luce soffusa, diffusa -»; Lalla Romano, Lettura di un'immagine, p. 110: «- Un paese immaginario, nel quale si può camminare - una strada larga e sontuosa, rocce e muri da cui sporgono agavi e pini - la strada è deserta -». Ad accomunare queste immagini al sogno il fatto che si tratta di immagini indefinite e prive di peso.

20 Questo testo rappresenta un ulteriore esempio della difficoltà di definire, racchiudere in un genere i testi della Romano: non solo la critica rimase sconcertata all'apparire di questo volume, ma la scrittrice stessa afferma «Si tratta di un libro in bilico fra la poesia, la saggistica, e, non il romanzo, ma la narrativa» (Lia Cavalleri De Pra, A Colloquio con Lalla Romano, «Noi Donne», 1987). Inoltre a proposito dei rapporti con il testo Lettura di un'immagine, cfr. quanto scritto da Cesare Segre a proposito de Le metamorfosi nell'Introduzione al volume delle Opere: «leggendo questi sogni sembra che la Romano operi una lettura di immagini, vicina alla lettura di vecchie fotografie e come nelle fotografie anche in questo testo è demandato al lettore il compito di trovare "il filo"». (Cesare Segre, Introduzione a Lalla Romano, Opere, XIX).

21 Il senso di fiabesco che viene comunicato dal testo può anche essere ricondotto a quanto afferma la Sontag a proposito della fotografia intesa come momento attraverso cui si possiede il mondo sotto forma di immagine. Secondo lei infatti questo processo porta a sperimentare la lontananza dal reale, l'irrealtà. Come si è visto in precedenza attraverso la scrittura, la pittura e la fotografia si esplicita una volontà di possesso del mondo circostante e il rivedere le immagini di quel mondo fa sperimentare la lontananza dal mondo concreto e avvicina a un mondo irreale che in questo caso emerge attraverso i modi della fiaba.

22 Tutte le citazioni da Lalla Romano, Lettura di un'immagine, pp. 22, 26, 44, 74.
Non va dimenticato che la Romano scrisse anche un testo di favole, Lo stregone (Pubblicato per Stampatori nel 1979). Su questa raccolta la Romano dice: «Scrivere fiabe era il mio sogno di bambina. Oggi credo non si possano più scrivere. Queste mie sono soltanto racconti favolosi» (Nota Biografica, in Lalla Romano, Opere, XCII).

23 «Pic-nic sul prato (si chiamavano "merende") - gruppo spensierato […] "zio dottore" è allegro […] è un addio: zio dottore lascia la condotta e va in città» (Lalla Romano, Lettura di un'immagine, p. 220. Questa è tra l'altro l'ultima fotografia del libro che dunque si chiude con un addio quasi elegiaco); «- gruppo di famiglia su carro agricolo - composizione di gusto classico, su fondo alberato (alla Poussin): così che il carro diventa allegorico» (Lalla Romano, Lettura di un'immagine, p. 216); «composizione monumentale a piramide […] la donna è statuaria, astratta come una dea - però anche lei ha un accenno, un'ombra di sorriso» (Lalla Romano, Lettura di un'immagine, p. 210); «- Vestito troppo importante, non solo nei confronti del paesaggio, ma anche della faccia della giovane, delicata, un po' annoiata» (Lalla Romano, Lettura di un'immagine, p. 200); «Figura cittadina di giovane (liceale) insieme elegante e impacciata […] - nel viso intenso "arabo" si intravede il fascino di un destino» (Lalla Romano, Lettura di un'immagine, p. 190); «Ritratto di ragazza - la bambina è un po' sfocata, assorta, lontano» (Lalla Romano, Lettura di un'immagine, p. 180); «La mamma e le bambine in posa come dal fotografo - la piccola, grassa, dagli occhi tondi stupiti, si appoggia sicura alla madre, anche lei ormai tanto sicura da sembrare fredda» (Lalla Romano, Lettura di un'immagine, p. 166); «toni chiari, ombre leggere, "alla Renoir"- alberi giovani, senza disegno, senza prospettiva - la bambina grande ha uno sguardo serio, triste» (Lalla Romano, Lettura di un'immagine, p. 154).

24 Cfr. Cesare Segre, Fotografia come Pittura, in Intorno a Lalla Romano, p. 333.

25 Cfr. p.es. Literature and photography interactions. 1840-1990, a cura di Jane Rabb, University of New Mexico Press, Albuquerque, 1995.

26 Lalla Romano, Premessa a Lettura di un'immagine, XI.
Anche in questo caso si può risalire alle più generali posizioni della Romano sulla Storia e sul ruolo che questa deve avere nei testi letterari, vale a dire una posizione mai centrale.

27 «È naturale che il corpus delle fotografie scattate da mio padre, le quali testimoniano il mondo delle mie origini, mi coinvolga. Ebbene, io presumo che se avessi incontrato quelle immagini in un album di ignoti, mi avrebbero incantata allo stesso modo. Voglio dire che l'importanza di quelle foto non è dovuta tanto alla sensibilità visiva del fotografo, ma consiste nella contemplazione della natura e nella intuizione dei destini da parte della coscienza di un uomo. Lo dimostrano la scelta dei soggetti, il rispetto e l'ironia sulla vita. Come appunto avviene in un'opera letteraria, nella poesia». (Lalla Romano, Io e l'immagine, p. 1600).
Più marcata, rispetto a La penombra, - e proprio grazie alle foto del fotografo che cerca «inutilmente, attraverso l'obiettivo, di avvicinarsi alla donna amata e anche l'inquietudine della bambina che vede questo affanno e se ne fa depositaria» (Stefano Agosti, L'immagine e il discorso, «Libri Nuovi», VIII, giugno 1976) - è la prospettiva del fotografo. Questo è possibile proprio perché l'autore delle fotografie è il padre e parte del testo si costruisce attraverso gli occhi di quest'ultimo, mentre nel romanzo tutto passa attraverso gli occhi della bambina ormai adulta.

28 Lalla Romano, Prefazione a Lettura di un'immagine, p. 1598.

29 Romano, Premessa a Lettura di un'immagine, IX.

30 Su questo si veda anche Roland Barthes, Le message photographique, in L'obvie et l'obitus. Essays critique III, Paris, Edition du Seuil, 1982), pp. 19-20.

31 La letteratura non oppose resistenza alla fotografia alla sua comparsa, intorno al 1840, non si vedevano analogie fra letteratura e fotografia, eccetto lo «scrivere» lasciando una traccia nera su un foglio. La situazione cambiò con la prima guerra mondiale quando la letteratura rompe con le regole tradizionali e la fotografia vuole vedere riconosciute le sue possibilità; le due arti si sostengono a vicenda e - pur senza sfociare in collaborazioni ad una stessa opera - gli incontri fra artisti dei due campi si fanno più frequenti; le collaborazioni cominciarono a fiorire fra gli anni '20 e '40 e poi nel dopoguerra. In genere lo scrittore e l'editore invitavano il fotografo a illustrare un testo, ma pian piano si passò anche ad una collaborazione inversa. Per una storia dei rapporti fra le due arti cfr. Alan Trachtenberg, Photography: The emergency of a key word, in Photography in nineteenth century America, a cura di Martha Sandweiss, New York, Henry Adams, 1991, pp. 16-47; Jefferson Hunter, Image and word. The interaction of twentieth-century photographs and texts, Harvard University Press, 1987.

32 Cfr. p.es. Jefferson Hunter, Image and word; Martha Sandweiss, Photography in nineteenth century; Nancy Newhall, From Adams to Stieglitz. Pioneers of modern photography. In tali lavori viene sottolineato che l'unire testi e fotografie può avvenire in vari modi: ci possono essere autore e fotografo che hanno deciso di collaborare oppure sono stati messi insieme dall'editore; lo scrittore può collegare fra loro una serie di fotografie, il fotografo può illustrare un testo già pubblicato. Il testo che accompagna l'immagine può essere di varia natura: può essere una semplice didascalia, che accresce la comprensibilità dell'immagine (la didascalia perde di significato se disgiunta dall'immagine cui si riferisce); La didascalia a sua volta può assumere caratteri diversi, può essere «enigmatica», cioè tende ad attirare l'attenzione sulla fotografia con una frase accattivante; può essere «un mini saggio», narrativa, aggiuntiva. Ci può essere un testo unito ad una dichiarazione letteraria che accompagnano una serie di fotografie fornendo informazioni sul tema e il suo background, informazioni che non sono contenute né nella fotografia né nella didascalia. In questo caso il testo, pur se strettamente collegato all'immagine, è da essa indipendente. Riferimenti a questo tema si trovano anche in Walter Benjamin, Piccola storia della fotografia, in L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino, Einaudi, 1966, pp. 59-78; Roland Barthes, L'obvie et l'obitus, p. 19.

33 Si vedano ad esempio le prime immagini, in cui le frasi iniziali sono le seguenti «Il cacciatore in riposo»; «trionfo in controluce»; «Presentazione delle armi alla vittima sacrificale»; «L'alta valle». (titoli che possono far pensare a ipotetici titoli di quadri di gusto ottocentesco).

34 Lalla Romano, Il mio primo romanzo d'immagini, in Un sogno del nord, p. 1597.

35 Cfr. Lalla Romano, Io e l'immagine, p. 1598.

36 A questo proposito cfr. Roland Barthes, Sur la photographie, in Le grain de la voix: Entretiens.1962-1980, Paris, Edition du Seuil, 1981, pp. 232-334; e anche La chambre claire, Paris, Gallimard - Seuil, 1980, p. 18. La Fotografia non è una «langue» perché, essendo una riproduzione analogica della realtà non presenta parti definibili come segni. Nell'immagine fotografica non vi è alcun equivalente della parola o della lettera; secondo Barthes comunque lo stile di una fotografia funziona come un messaggio, ha una connotazione e questo è tipico di un linguaggio. In L'obvie et l'obitus scriverà infatti che l'immagine ha uno statuto particolare, quello di essere un messaggio senza codice. La Sontag afferma senza esitazioni che la fotografia è un linguaggio, perché è un mezzo attraverso cui si possono creare opere d'arte.

37 Cfr. Lalla Romano, Io e l'immagine, pp. 1599-1600.

38 Lalla Romano, Il mio primo romanzo d'immagini, in Un sogno del nord, p. 1597.

39 Nascimbeni, Quando le parole passano attraverso lo sguardo, «Corriere della Sera», 7 Maggio 1986.

40 Lalla Romano, Il mio primo romanzo di immagini, in Un sogno del nord, pp. 1597-1598.

41 Lalla Romano, Il mio primo romanzo di immagini, in Un sogno del nord, p. 1598.

42 Definito «il più sperimentale fra i romanzi della Romano» (Francesco Porzio, Su Romanzo di figure, in Intorno a Lalla Romano, p. 342).
È stata pubblicata una nuova edizione del romanzo dal titolo Nuovo romanzo di figure, Torino, Einaudi, 1998, che rispetto alla precedente edizione presenta 50 fotografie in più.

43 Il ritrovamento delle lastre offre anche l'occasione di allestire una mostra alla Galleria Il Diaframma di Milano; la mostra verrà poi esposta sia in Italia sia all'estero. Rispetto al libro la mostra conteneva una scelta di immagini diverse e autonoma, perché diverso era l'intento, dal momento che si voleva privilegiare il fotografo.

44 «L'albero annoso e frondoso, il taglio arcuato, accentuano il senso protettivo, familiare» (Lalla Romano, Lettura di un'immagine, p. 50); «sotto un vecchio albero di gaggia» (Lalla Romano, Romanzo di Figure, p. 53).

45 Cfr. Trachtenberg, Photography: the emergency of a key word, pp. 16-47.

46 Newhall, From Adams to Stieglitz, pp. 143-144.

47 Un dato interessante a proposito di Lettura di un'immagine / Romanzo di figure: questi due testi, e il secondo in particolare, vengono considerati dall'autrice come romanzi ma in numerose antologie pubblicate negli anni '90, non vengono invece citati fra i suoi romanzi, pur facendosi riferimento a libri da lei pubblicati successivamente. Nel solo testo italiano di mia conoscenza che si occupa dei rapporti di letteratura e fotografia (Gli scrittori e la fotografia, a cura di Diego Mormorio, Roma, Editori Riuniti, 1988) Lalla Romano non è citata, pur non essendoci in Italia molti esempi di testi costruiti con fotografie (per esempio le immagini di Luigi Crescenzi per Conversazione in Sicilia di Vittorini, la collaborazione fra Luigi Ghirri e Gianni Celati per Viaggio in Italia).

48 Lalla Romano, Premessa a La treccia di Tatiana, VI.
Viene anche dichiarato l'analogo processo che presiede la formazione di questo testo, dato dal ruolo dell'«Inventare», inteso nel suo significato etimologico, che è quello in cui sempre lo intende la Romano - cfr. Una giovinezza inventata -.

49 Lalla Romano, Premessa a La treccia di Tatiana, VI.

50 Lalla Romano, La treccia di Tatiana, «Il Messaggero», 5 Febbraio 1986.

51 Affermazioni che testimoniano ancora una volta della difficoltà a far rientrare questo testo in uno specifico genere.

52 «Nell'antico giardino primi riconoscimenti: con perplessità. Le interrogazioni sembrano severe» (Lalla Romano, La treccia di Tatiana, p. 16); «Contemplazione educata: divertita nella dama, leggermente inquieta nell'uomo» (Lalla Romano, La treccia di Tatiana, p. 30); «Ancora la treccia di Tatiana-Giuliana. Nella penombra un'altra giovinezza, tra bianco e nero. Un altro destino» (Lalla Romano, La treccia di Tatiana, p. 48).

53 A questa impressione contribuisce la stessa scansione in capitoli; Preludio, Ingresso, Coppie, La treccia di Tatiana, fino a Finale. Il testo si apre e si chiude con immagini di pietra, il simbolo di ciò che rimane, che creano una sorta di cornice a quanto viene «narrato». Le erme di pietra simboleggiano poi la permanenza oltre il tempo umano, indicando in questo modo il tipo di lettura simbolica possibile (la prima immagine, uno stemma, è accompagnato dalla seguente «didascalia»: «Purezza di simbolo, immemore del tempo e della Storia» (Lalla Romano, La treccia di Tatiana, p. 4); l'ultima: «Accanto ai tralci spioventi: bianco su bianco l'erma ricorda» (Lalla Romano, La treccia di Tatiana, p. 126). Vi è infatti un continuo senso di perdita («Splendida fatuità»; «Il potente contrasto della luce e dell'ombra sovrasta la futile penombra dei bisbigli umani»), cui si oppone il permanere delle fotografie - quello delle pietre.

54 La libertà offerta al lettore forse mette in crisi il valore della fotografia, che non testimonia più che questo è successo una sola volta e in questo preciso modo perché non dando informazioni di contesto alla stessa immagine potranno corrispondere situazioni diverse a seconda dell'interpretazione del lettore.

55 Nel 1993 l'Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte organizza una mostra antologica, a cura di Mirella Bandini, sull'opera pittorica della Romano e per l'occasione viene pubblicato il volume Lalla Romano pittrice. L'anno successivo il Comune di Milano promuove la mostra "Omaggio a Lalla Romano", curata da Paolo Fossati e Antonio Ria, a seguito della quale viene pubblicato il volume Lalla Romano disegni. Anche il libro Lalla Romano: l'esercizio della pittura nasce come catalogo di una mostra tenuta a Brescia sempre nel 1994 e in cui figurano anche opere non esposte nelle mostre precedenti. Rispetto ai due volumi precedenti in questo mancano però i commenti della Romano ai suoi dipinti.

56 «I riferimenti pittorici [presenti nel commento alle fotografie] sono anche un indizio del tipo di lettura delle fotografie operato da Lalla Romano. Leggere le foto come quadri ha un'implicazione non trascurabile: significa assumere allo stesso livello di consapevolezza 1. ciò che in una foto è stato enucleato dal fotografo entro un'ideale cornice, 2. ciò che è effettivamente inscenato, predisponendo posizioni ed effetti complessivi, dal fotografo; e per contro 3. ciò che costituisce un risultato imprevisto e felice, pur consacrato per sempre dal risultato formale» (Cfr. Cesare Segre, Fotografia come pittura, p. 337).

57 L'analogia fra i testi con fotografia e questi è anche dato da un carattere della lettura dei quadri stessi: la lettura delle fotografie avviene ovviamente in bianco e nero e anche quando si tratta di commentare i propri dipinti la Romano si sofferma soprattutto sul colore bianco mentre non fa quasi mai riferimento ad altri colori (Cfr. Cesare Segre, Fotografia come pittura, pp. 333-340).

58 Per alcuni critici (Mazzarello) queste sono infatti le sue prove più complete proprio perché riescono a conciliare con particolare equilibrio parola e immagine, poesia e arte figurativa.

59 Lia Cavalleri De Pra, A colloquio con Lalla Romano, p. 14.


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