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Nanni Cagnone, Avvento, Bari, Palomar, 1995
di Vitaniello Bonito
Dopo Anima del vuoto (1993) Nanni Cagnone pubblica, sempre per l'editore Palomar, Avvento, una nuova e assai bella raccolta di versi che alla precedente si lega per stretta consonanza. Cagnone è poeta maturo e la sua lingua si arricchisce di senso a mano a mano che trova l'"andatura" poematica in una distanza dell'ascolto. Se in Anima del vuoto lo scacco della visione era dato da «queste rovine / nello sguardo», in Avvento si fa strada una «condizione concava» del poeta che va incontro alle cose e all'apertura con cui esse sembrano accoglierci, se noi sappiamo prendervi posto: «durano intorno / sognanti cose singole, / e per nostra foschia / non le vedremo, / mentre attrae lontano / luttuosa cadenza / che muove da niente a qualcosa. / Se solo sapessimo / prendere posto / in qualcosa».
È un «sentire di vedere» allora ciò che muove il sistema percettivo di questa poesia, una «cadenza» che ritaglia nel luogo verbale un «pensare nel percepire». In questo «raccogliersi» di risonanze nel vuoto dell'anima sta l'attesa e l'attenzione «a quel che avviene», «salvare distante / con profondo». Da queste lontananze, l'ascolto della parola si avvicina al dire, penombra dell'ascolto, «vicinanza / di ogni custodito / ad ogni custode».
Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 1997-1999
<http://www3.unibo.it/boll900/numeri/1997-ii/Bonito.html>
Giugno-Dicembre 1997, n. 2
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