Altri interventi sulla crisi dell'italianistica
![]() ![]() ![]() ![]() Sommario Raccogliamo qui alcuni scambi di messaggi indirizzati alla redazione o ad altre liste di discussione in risposta al testo di Armando Gnisci sull'Italianistica in crisi, pubblicato in «Bollettino '900», 1996, n. 1. Queste voci si aggiungono agli altri importanti interventi sullo stesso tema pubblicati negli ultimi numeri o nella newsletter. [n.d.r.]
![]() I. Italianistica e Cultural Studies
Crisi delle facoltà letterarie Grazie dunque ad Armando Gnisci per questo suo intervento. È triste vedere come in Italia alle persone più aperte e sensibili al nuovo non vengano concessi spazi "ufficiali" nei quali esprimersi, come egli denuncia - e come era anche quando io fui suo allievo. Invito perciò tutti gli affiliati a Let-it a mandare ad Armando un augurio di "buona resistenza".
![]() ![]() II. Italianistica e linguistica
Ho letto con piacere e con interesse le riflessioni del collega Gnisci - premetto che chi scrive dopo essersi laureato in Italia più di vent'anni fa (lingue e lett. stran./ tedesco: piani di studio di mera 'letteratura' con uno spruzzo di 'filologia'), ha insegnato/insegna in Germania/Austria dopo una seconda laurea tedesca (linguistica generale e applicata).
![]() ![]() III. Italianistica e cultura / Sistema americano
In margine alle considerazioni di Gnisci e di Merz, vorrei aggiungere una precisazione, che può essere necessaria per chi non è addentro al sistema americano. Nei dipartimenti di Lettere delle università italiane il docente in generale si rivolge a un pubblico che è composto di laureandi in letteratura o in materie affini. Nel sistema americano, invece, l'università ha il compito di sopperire a certe carenze nella formazione di base delle high school locali, e quindi accanto ad un numero limitato di laureandi in Italiano, in quei corsi che io insegno in inglese si iscrivono studenti provenienti da ogni disciplina (anche Fisica o Economia, per fare solo due esempi), i quali sono obbligati, per laurearsi, a completare un certo numero di corsi di indirizzo umanistico o più genericamente culturale. A questa osservazione si deve aggiungere che è essenziale, per i dipartimenti di ogni università nordamericana (pubblica o privata), avere un alto numero di iscritti nei vari corsi per assicurare la propria sopravvivenza, aggiudicandosi, in ogni bilancio annuale, i fondi necessari per operare e, all'occorrenza, per assumere nuovo personale. A partire da queste premesse di ordine amministrativo e istituzionale, è naturale che il docente si impegni a venire incontro alle molteplici esigenze di una clientela che nella maggior parte dei casi non è preparata a affrontare lo studio dello specifico della letteratura, e, soprattutto, che ha ben poco interesse a farlo. È questo uno dei fattori che hanno determinato negli ultimi anni il proliferare dei programmi di Italian Studies e Cultural Studies, a danno dei tradizionali Italian Literature e Italian Language. Una delle conseguenze più positive di questa situazione è che spinge il docente di Italiano a portare alla luce, nei suoi corsi, la rilevanza delle questioni letterarie per la cultura e le civiltà contemporanee, e lo invita ad affrontare lo studio della letteratura (in congiunzione con altri aspetti della cultura italiana) come parte fondante di una tradizione che si estende al di là dei limiti imposti dalle periodizzazioni tradizionali e dai confini interdisciplinari. Tuttavia un pericolo insito in questo sistema è che la logica di mercato che influenza le istituzioni nordamericane induce talvolta a privilegiare un approccio generico e divulgativo nello studio delle discipline umanistiche. Semplificando la questione (che richiederebbe certo un'analisi meno affrettata), si può dire che in tempi di vacche grasse questo sistema funziona al meglio, perché dispone ogni docente a rispettare gli interessi più genuini e le reali esigenze degli studenti, ma in tempi di austerity e di tagli di bilancio rischia di produrre una competizione per il più alto numero di studenti che qualche volta si trasforma in una corsa al ribasso, in un incentivo a seguire le mode passeggere piuttosto che a educare ai valori profondi della cultura.
![]() ![]() IV. Re: Fedi. Italianistica e mercato
Per sciagura, conosco il sistema americano. E in Germania, in Austria, in Isvizzera ecc., c'è un sacco di gente che vorrebbe imitare queste perversità. Merda! dove siamo arrivati? Facciamo il cantastorie della letteratura e della linguistica sul mercato delle vanità? O abbiamo un interesse scientifico serio? Scienza e mercato - per fortuna! - spesso non vanno insieme!
![]() ![]() V. Re: Wunderli
Se è dunque miserabile, sotto molti o sotto alcuni aspetti, la situazione accademica negli Stati Uniti, come spiegare il fatto che questo maledetto mercato nondimeno produce o permette risultati di un interesse scientifico non solo uguale, ma talvolta anche superiore a quello che si produce in Europa e in ispecie da noi in Germania? Per citare come esempio un settore che credo conoscere bene, cioè gli studi danteschi: se facciamo il confronto tra contributi americani e tedeschi negli ultimi venti anni, mi pare che la discussione di interesse scientifica sia esilata (con pochissime eccezioni) dai paesi di lingua tedesca, ma prosperante e viva invece negli Stati Uniti (e certamente anche in Britannia e in Italia). Sarebbe dunque possibile che il "mercato delle vanità" favorisce non soltanto il successo di certe tendenze lamentabili, ma anche la ricerca più seriosa? Per imparare dalla situazione americana vorrei dunque sapere un po' anche sui vantaggi eventuali di questa situazione. E non abbiamo anche noi i nostri propri problemi, e forse non meno gravi, come per esempio il dirigismo dello Stato (o per dire meno: della burocrazia ministeriale), più o meno assente invece nell'università americana? La situazione di un professore americano dovendo offrire lo stesso corso di letteratura o linguistica non solo a laureandi di italianistica, ma anche a studenti di altre discipline non umanistiche, mi pare certamente più difficile, ma non sostanzialmente differente dalla nostra: da noi offriamo lo stesso corso non solo a studenti che vogliamo preparare alla ricerca filologica, ma anche a altri studenti che dovremmo preparare all'insegnamento della lingua in scuola, settore dove sovente non abbiamo nessuna esperienza pratica e poco competenza teoretica. E nondimeno produciamo ricercatori forse competenti ma senza futuro in un mercato accademico praticamente chiuso, e insegnanti con competenze molto più dubbiose e con prospettive similmente disperate. Per potere consentire senza riserve al "Merda!" del venerato prof. Wunderli vorrei dunque estendere questo giudizio anche alla situazione accademica nel mio proprio paese. Otfried Lieberknecht (temporalmente privato di ogni autorizzazione istituzionale a aggravare la situazione degli studenti nel mondo)
![]() ![]() VI. Re: Lieberknecht
Per ciò che precede: d'accordo. Le cattive possibilità di lavoro non hanno mai impedito le persone intelligentissime di creare capolavori, magari le hanno stimolate. >Per potere consentire senza Nessuna protestazione! Sono pienamente d'accordo, dovendo costatare continuamente che questo governo ladro mi impedisce continuamente di occuparmi di ciò che ho imparato e mi obbliga di perdermi in lavori amministrativi e legislativi dei quali capisco pochissimo.
![]() ![]() ![]() ![]() ![]() Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 1997-1999 <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/1997-i/italianistica.html> Gennaio-Maggio 1997, n. 1 |