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Andrea Malaguti
A proposito di un libro sul romanzo europeo
Cito dalla recensione di Alessandro Romanello al libro di Stefano
Calabrese Intrecci italiani. Una teoria e una storia del romanzo
(1750-1900), in «Bollettino '900», Discussioni / B, gennaio 1997:
«In questo volume si sostiene che la nascita settecentesca del romanzo moderno, e la sua sostanziale tenuta fino al tardo Ottocento, siano da correlare non tanto al formarsi di un ceto borghese o all'avviarsi di un processo di secolarizzazione, bensì a fattori quali il mutamento degli orizzonti d'attesa dell'uomo e la maggiore imprevedibilità del futuro, impliciti nel diffondersi di una cultura urbana; il crollo dell'etica classica, sostituita da un orientamento probabilistico, e la necessità di raffrontarsi a modelli d'azione osservati nel loro contesto situazionale; il bisogno claustrofilico di proiettarsi in un intreccio concluso, di "ridurre" le complessità storiche e tenere sotto controllo la categoria pragmatica del "caso", mai del tutto assente dalla forma-romanzo; una "perdita d'esperienza" ininterrotta e consistente, tale da vanificare ogni competenza sulla storia passata come indicazione per una virtuosa gestione del futuro» (p. 8).
D'accordo sul fatto che in passato il trastullo pedestre del sociologismo abbia avuto la meglio sulla ricerca epistemologica seria, ma è forse possibile che un sistema di pensiero e una serie di esigenze intellettuali
possano darsi a prescindere dai mutamenti economici e sociali? Mi sembra che i motivi enunciati da Calabrese non siano che aspetti importanti - forse sino ad ora poco considerati - del processo di secolarizzazione, che non può non creare ansie, incertezze e insicurezze (l'etica laica e borghese ha ben poco di comodo e di tranquillo). Per quanto riguarda le
complessità storiche, forse "controllare" è più appropriato di "ridurre", penso io. C'è dietro il romanzo un'indubbia volontà di controllo sull'alea degli eventi - la fabula sceglie sempre un solo senso rispetto alle tante possibili combinatorie - ma resta sempre vivo nel lettore il senso (spesso anche il calcolo) delle probabilità e
dell'azzardo; chi conosce Fielding lo sa bene. Indubbiamente - do e non posso non dare ragione a Calabrese - dietro il romanzo c'è la perdita della certezza e l'onesto riconoscimento del dubbio: forse è per questo che oggi continuiamo a leggerli, assieme al libro di Calabrese, che sono ansioso di avere tra le mani.
Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 1997-1999
<http://www3.unibo.it/boll900/numeri/1997-i/Malaguti.html>
Gennaio-giugno 1997, n. 1
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