Daniela Baroncini
Per un'arte nuova classica. Parte terza
Il ritorno al mestiere. Ungaretti e Valéry

 

Scheda bibliografica Torna all'indice completo del numero Salva il frame corrente senza immagini Stampa il frame corrente


§ Vai alla fine

Nell'immediato dopoguerra Ungaretti avverte la necessità di rinnovare la parola poetica, restituendo ad essa la profondità della memoria. Dal sentimento della crisi del linguaggio nasce così la poetica della "parola memore", che si rivolge alla tradizione per ritrovare la propria vitalità e riattingere l'innocenza. Negli anni della genesi del Sentimento del tempo il poeta affronta i problemi tecnici ed espressivi riscoprendo il "mestiere", nel tentativo di conciliare, secondo la lezione di Apollinaire, la tradizione e l'invenzione, l'ordine e l'avventura. Attraverso l'esempio di Mallarmé egli comprende allora che il "miracolo" in poesia è frutto di memoria, e solamente attraverso la memoria è possibile ritornare innocenti.
In questo periodo si rivela determinante la lettura di Valéry, il quale ha saputo sanare «il dissidio tra convenzione e creazione, tra miracolo e mestiere, tra classicismo e romanticismo», conciliando il turbamento al rigore, come si legge nella Rinomanza di Paul Valéry del 1925. Il classico presuppone dunque un romanticismo anteriore, secondo quanto Valéry afferma in Situation de Baudelaire (1924), mentre la spontaneità è una conquista laboriosa, ottenuta con la precisione e la disciplina dell'hostinato rigore. Questo motivo ricorre spesso negli scritti di estetica di Valéry e sembra riflettersi nella definizione del classico come «raggiungimento della libertà espressiva per la precisione di regole e la loro esatta osservanza» elaborata da Ungaretti in Immagini del Leopardi e nostre (1943).
Nel dialogo Eupalino o l'architetto del 1921, apparso nell'edizione italiana con il commento di Ungaretti, risulta centrale l'idea della costruzione, intesa come lavoro sapiente che fissa l'effimero nell'eterno, e viene esaltato il gesto del costruttore che conferisce all'opera solidità e durata. Attraverso queste letture Ungaretti matura la nozione di un'innocenza da conseguire con la tecnica sapiente e tuttavia discreta e, come riconosce in Va citato Leopardi per Valéry (1926), impara a «riaccorgersi di un'infinità di risorse e di effetti della parola».
Gli scritti ungarettiani degli anni Venti rivelano un'intensa sintonia con il maestro di "suggestiva lucidità", al quale attinge una fondamentale lezione di mestiere, acquistando la consapevolezza tecnica necessaria per conferire alla parola poetica lo spessore della memoria e nello stesso tempo l'illusione dell'innocenza.

Parte prima - Parte seconda

 

Precedente Successivo Scheda bibliografica Torna all'inizio dell'articolo Torna all'indice completo del numero


Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 1997-1999

<http://www3.unibo.it/boll900/numeri/1997-i/Baroncini.html>

Gennaio-giugno 1997, n. 1