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Marina Spunta e Silvia Ross (a cura di), Tra ecologia letteraria ed ecocritica. Narrare la crisi ambientale nella letteratura e nel cinema italiani, Firenze, Franco Cesati Editore, 2022, 144 pp., 14 €
di Giuliano Migliori, The Ohio State University
Chiunque voglia orientarsi nell'eterogeneo campo dell'ecologia culturale e dell'ecocritica nelle sue declinazioni metodologiche ai testi e alle arti visive troverà di notevole stimolo la collezione di saggi nel volume curato da Marina Spunta e Silvia Ross per Franco Cesati Editore, Tra ecologia letteraria ed ecocritica. Narrare la crisi ambientale nella letteratura e nel cinema italiani. Uno dei pregi metodologici di questa raccolta è la sua poliedricità nelle strutture d'indagine delle discorsività sull'ambiente e sul concetto di natura che propongono paradigmi nuovi percettivi riguardo alla crisi climatica, alle mutazioni dell'idea di soggettività, e al rapporto testo e materia. Soggettività decentrate che lasciano spazio a nuove botaniche della grammatica che producono echi simili alle poetiche di Zanzotto,1 e l'unicità del panorama italiano che sviluppa nuove relazioni semantiche sull' interdipendenza tra mondo umano, animale, vegetale, industriale, e mitico.
Sullo sfondo dei saggi si situano due grandi macro-campi analitici che dominano il dibattito della critica ecologica e che, secondo lo studioso Niccolò Scaffai, nel suo testo Letteratura ed Ecologia. Forme e temi di una relazione narrativa (2017), si dividono in approccio storico-ermeneutico, tipico di una certa tradizione italiana, ed etico-pedagogica, più vicino alle strutture anglofone (p. 14). Si noterà, tuttavia, che queste due linee metodologiche si intersecano spesso negli studi proposti in quanto riformulano profondamente sia le categorie dell'umanesimo tradizionale sia la funzione della dimensione ecologica all'interno delle strutture narrative e la loro efficacia etica per un movimento dalla letteratura al testo del mondo, vicino alle tesi di Serenella Iovino in Filosofie dell'ambiente. Natura, etica, società (2004) riprese da Caterina Salabé (pp. 16-17).
Per la sua natura interdisciplinare e dialettica, le curatrici propongono di leggere i contributi attraverso quattro motifs: l'esperienza del paesaggio come attivismo, l'idea di corporeità e spazio industriale, l'intersezione del genere nell'ambiente, e la decostruzione prospettica degli animal studies. Nella prima sfera, si nota il contributo di Laura Albertini (pp. 35-42) che rivitalizza la storia ecologista di Antonio Cederna, nei testi Sulla distruzione della natura in Italia (1971) e Brandelli d'Italia, come distruggere il bel paese (1991) rivelandone una sensibilità per la tutela del paesaggio la cui lotta giunge sino ai giorni nostri a noi con la modifica della legge Bottai nell'art. 9 della Costituzione Italiana. Paesaggio dei parchi nazionali la cui esperienza non può essere solo voyeuristica, ma diviene uno spazio comunitario di riflessione, «àncora»2 contro abusi e privatizzazione incontrollata. Anche l'analisi di Jacopo Turini (pp. 43-50) ci consegna una letteratura militante sulla montagna nei testi denuncia di Nuto Revelli, Il mondo dei vinti (1977) e L'anello forte (1985) che espongono la vulnerabilità delle valli cuneesi e sua correlazione alle lotte No Tav di Un viaggio che non promettiamo breve (2016) di Wu Ming nella Val di Susa. Come evidenziano bene gli studiosi, queste dinamiche letterarie di compartecipazione sul campo incrociano tematiche di giustizia ambientale ed esprimono «legami emotivi, storici, e culturali alla ricerca di un sense of place»(p.45) simile alla paesologia di Franco Arminio.3 La vulnerabilità dei luoghi naturali è sviluppata anche come momento di cura nel saggio di Marina Spunta sull'opera di Pia Pera (pp. 85-94), in particolar modo ne L'orto di un perdigiorno. Concentrandosi sulla lingua polimorfa di Pera e i suoi riferimenti ai critical plant studies (Coccia, Fukuoka), Spunta sottolinea la portata trasformativa della pratica del giardinaggio che diventa carattere protagonista, nuovo bios letterario che rovescia la millenaria struttura di possesso in favore di una vicinanza etico-sensoriale.4
L'intreccio di paesaggi e corporeità è propriamente una prerogativa di Carlo Baghetti (pp. 117-126) che esamina la narrativa coinvolgente di Paolo Volponi partendo da La macchina mondiale (1965), e il saggio di Giulia Falistocco (pp. 107-116) che sfrutta le coordinate di climate fiction del capitalismo nel poeta urbinate in Il pianeta irritabile (1977) in relazione a Dissipatio H.G. (1978) di Guido Morselli alludendo al disastro atomico. Attraverso la scomposizione dei personaggi e dei loro mondi strutturati sull'inevitabilità della techné, entrambi gli studiosi evidenziano le disfunzioni della modernità meccanica e capitalistica svelandone le trasfigurazioni violente etico-sociali ed ambientali sul mondo umano e zoomorfico. Su tematiche simili Sandra Dugo (pp. 95-106) analizza il Pasolini fotografo di cambiamenti eco-antropologici delle borgate romane. Sia nel cinema romano che nelle storie di Ragazzi di Vita (1955), Dugo esplora acutamente la traccia ambientale, indagine critica sul progresso edilizio, e la possibilità di una resistenza corporale. La dialettica urbanità/ruralità attraversa la proposta di Mauro Caldiloro (pp. 75-84) sulla semantica del Tiers Paysage (2004) di Gilles Clément applicata alle ecopoetiche contemporanee di Laura Pugno, Italo Testa, e Renata Morresi. Caldiloro mette in luce le potenzialità di una soggettività linguistica dell'attraversamento che riusa le mutazioni naturali e paesaggistiche stranianti per cogliere un dinamismo del divenire piuttosto che un'epica della «marginalità» (p. 81).
Straniamento e dimensione distopica del biologico e del genere sono concetti fondanti anche delle esperienze tossiche di corpi femminili-maschili nelle fabbriche malate nei testi di Alberto Prunetti in Amianto (2012) e Silvia Avallone in Acciaio (2010) scelti da Silvia Ross (pp. 127-136). Partendo dall'idea di transcorporeità definita dalla studiosa americana, Stacy Alaimo, in Bodily Natures (2010) e i dibattiti su femminismo e tossicità, Ross scompone i meccanismi industriale e fisici di una Toscana distopica, dove la fabbrica fallocentrica diventa un luogo «teratologico» (p. 130) che colpisce la vulnerabilità dei corpi umani, specialmente quelli femminili, la loro carnalità, ed evidenzia una violenza sistemica della nocività. La vulnerabilità, ristrutturata come forza propulsiva, è analizzata da Natalia Chwaja e Paulina Kwas΄niewsha-Urban (pp. 51-60) che propongono l'affascinante narrativa eterotopica della scrittrice polacca, Olga Tokarczuk, e i testi apocalittici di Mauro Corona, La fine del mondo storto (2010). In particolar modo, bisogna notare la sperimentazione dei testi non mitici di Tokarczuk, del volume Opowiadania bizarne (Racconti bizzarri) (2018), che portano verso una narrativa del rovesciamento delle dicotomie storiche e di genere e di linguaggi sempre meno umano-centrici.
Infine, i legami di ibridità umano/animale, bios/zoe, sono centrali in maniera trasversale a tanti contributi dell'opera e, in particolar modo, nei racconti postumani delle fabbriche antropomorfe di Volponi e Avallone. Tuttavia, risultano importanti anche nell'attenta analisi della narrativa ortensiana compiuta da Cristina Vignali (pp. 25-34) e il pensiero antispecista artistico de Il volo degli uccelli (2019) di Giulio Marzaioli, letto da Marilina Ciaco (pp. 61-74) che mettono la vita corporea al centro del discorso. Una zoe rivalutata, non solo mimetica o allegorica, ma soprattutto decostruttiva della violenza umana e dell'utile economico in Ortese e Edwin Cerio o nelle voci della Umwelt degli uccelli nella prosa installativa di una «multidirezionale soggettualità» (p. 72) di Marzaioli.
Sguardi e posizioni percettive decentrati sono due attributi sostanziali che ognuno scoprirà in un questo volume essenziale sulle declinazioni narrative e metodologiche dell'ecologia letteraria degli ultimi decenni. Valorizzando l'eterogeneità degli approcci e l'inclusione di teorie dall'ecofemminismo agli studi sull'animalità e il mondo delle piante, sino all'ecopoetica e il materialismo ecocritico, questi saggi dialogano tout court sull'idea dell'umano e amplificano l'attenzione sulla crisi ecologica e climatica e sul modo operandi della letteratura e delle arti visive. Nonostante poco spazio sia concesso alle modulazioni cinematiche, questo volume non manca di proporre coordinate composite sui legami di cura dell'ambiente, riscrivendo sentimenti di vicinanza ed affezione dell'umano e del non-umano sia a livello riflessivo che percettivo dei nostri contorni espressivi.
Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2023
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Giugno-dicembre 2023, n. 1-2
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