Stefano Lazzarin
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I. II. III. IV. |
Alle origini di un incontro intellettuale Ravvivare l'immaginario col materiale Il fantastico secondo Ceserani Un nuovo fantastico |
I. Alle origini di un incontro intellettuale
Probabilmente l'incontro intellettuale fra Remo Ceserani (1933-2016) e Antonio Tabucchi (1943-2012) non fu dettato tanto da prossimità generazionale - Tabucchi era sensibilmente più giovane di Ceserani, un decennio esatto - quanto da una serie di frequentazioni (in senso lato) comuni. Chi volesse ricostruire la storia dei rapporti fra lo studioso e lo scrittore dovrà interessarsi, innanzitutto, all'ambiente intellettuale pisano: nella città toscana in cui Tabucchi era nato Ceserani visse e insegnò a lungo; ed entrambi, come è logico, ebbero occasione di stringere conoscenze e amicizie fra i personaggi più e meno rilevanti di quell'ambiente. Un esempio che potrebbe essere approfondito è quello di Francesco Orlando: «quel francesista che è venuto a parlarci di Racine e di tutti i complessi della Fedra», lo definisce Tabucchi, senza pronunciarne il nome, nel racconto Le persone felici (I volatili del Beato Angelico, 1987);1 a Orlando, Ceserani era legato da un rapporto di stima reciproca, attestato, oltreché dalle testimonianze dirette, dai testi e dalle collaborazioni scientifiche.2 Alle "connessioni pisane" andrà aggiunta la predilezione per certe letture e certi scrittori, che ritornano spesso nell'opera di Tabucchi (come fonte d'ispirazione) e in quella di Ceserani (come oggetto di studio): per esempio Stevenson, che li legava entrambi anche all'allievo di Ceserani, e scrittore che Tabucchi ebbe occasione di conoscere, Paolo Zanotti.3 E poi c'è, da un punto di vista più ampio, la condivisione di alcuni interessi, in campo letterario e no, che dovettero portare Tabucchi e Ceserani prima a incontrarsi, poi a stabilire un'amicizia intellettuale destinata a perdurare e a produrre frutti non trascurabili.
Fra ragioni aneddotiche e più profonde del sodalizio Ceserani/Tabucchi, scelgo qui di percorrere un paio di piste - il fantastico, il postmoderno, come indicato dal titolo del mio saggio - o per meglio dire una sola, che sorge precisamente laddove convergono queste due traiettorie: perché per Ceserani, specialista internazionalmente riconosciuto del primo e del secondo argomento (si pensi ai due volumi Il fantastico e Raccontare il postmoderno, usciti rispettivamente nel 1996 e nel 1997),4 Tabucchi è autore postmoderno («fra i pochi scrittori dell'Italia contemporanea che non si offende a sentirsi definire postmoderno»,5 scrive nel 1997) ed è, inoltre, autore fantastico, discendente dalla tradizione "classica", ottocentesca, del modo fantastico, e che ne testimonia la "persistenza novecentesca" al pari dei testi del surrealismo o dell'opera narrativa di Julio Cortázar (esempi proposti nel libro del 1996);6 ma oltre a ciò e prima di ogni altra cosa, per Ceserani Tabucchi è scrittore fantastico postmoderno - ossia un esponente, forse l'esponente più significativo, di un nuovo tipo di racconto fantastico, erede del genere storico ottocentesco ed ennesima reincarnazione del modo letterario, che sorge nella seconda metà del Novecento e le cui propaggini letterarie giungono fino a noi.7
II. Ravvivare l'immaginario col materiale
Ma prima di parlare del fantastico postmoderno, e di Tabucchi come suo rappresentante, vanno fatte due premesse.
La prima: di fantastico e di postmoderno è probabile che Ceserani e Tabucchi dibattessero più volte, se è vero che i testi sembrano recare traccia del loro intenso scambio intellettuale. Vale innanzitutto la pena di ricordare che al fantastico Tabucchi dedica una delle riflessioni di Fernando Diogo Maria de Jesus de Mello Sequeira, detto Loton perché «assomiglia a quell'attore inglese grasso che recitava sempre nei ruoli dell'avvocato»8 (Charles Laughton): «Qui la volevo, replicò l'avvocato, il fantastico. È una bella parola e anche un concetto su cui meditare, ci mediti, se ne ha tempo».9 È vero che l'avvocato della Testa perduta di Damasceno Monteiro (1997) è fin troppo facondo, e dice la sua, senza riuscire a trattenersi, su innumerevoli argomenti; tanto per limitarci al primo incontro con Firmino:10 lo stile, Lukács, il materialismo dialettico, il neorealismo portoghese, Kafka e Orson Welles, la Grundnorm e Hans Kelsen, Marcel Jouhandeau e l'abiezione, Gide, Hölderlin e Flaubert. E però l'invito fra sbrigativo e sardonico che il fluviale avvocato rivolge al suo giovane interlocutore non è privo di interesse; anche perché altre occorrenze metaletterarie, nei testi di Tabucchi, confermano la curiosità dello scrittore per la questione del fantastico.11
Quanto al postmoderno, è un tema metaletterario decisivo in Requiem (1991), ovvero uno dei testi di Tabucchi più spesso ascritti dalla critica alla letteratura fantastica... Ecco un passo in cui la "parola" e il "concetto" di postmoderno vengono discussi in termini che potremmo definire gastronomici o culinari, certo non esenti da ironia:
«proprio di fronte al molo c'è un ristorante che prima era una stazione o qualcosa del genere, adesso l'hanno trasformato in un luogo d'incontro polivalente, c'è ristorante, bar, discoteca e non so che altro, è un posto molto alla moda, credo che sia un locale post-moderno. Post-moderno?, dissi io, in che senso post-moderno? Non glielo saprei spiegare neanch'io, disse il Venditore di Storie, voglio dire che è un posto con molti stili, guardi, è un ristorante con molti specchi e una cucina che non si sa bene cos'è, insomma, è un posto che ha rotto con la tradizione recuperando la tradizione, diciamo che sembra il riassunto di varie forme diverse, secondo me è in questo che consiste il post-moderno».12
Nella fattispecie Tabucchi sembra addirittura precorrere Ceserani, il cui volume sul postmoderno esce, come dicevo, nel 1997 (ma la riflessione del teorico sulla categoria precede il libro che le dà una configurazione definitiva: era infatti abitudine di Ceserani quella di far confluire saggi apparsi in diverse sedi e in varia forma - studi accademici, articoli di giornale, resoconti e recensioni, ecc. - in una summa che concludeva il lavoro di anni, a volte di decenni).13 Sempre in Requiem possiamo leggere un trasparente ammicco al fortunato manuale di letteratura Il materiale e l'immaginario, che Ceserani scrisse in collaborazione con Lidia De Federicis;14 anche in questa circostanza, e forse non a caso, Tabucchi si mette a parlare di «pappa»:
«Brava!, esclamò Tadeus battendo le mani, lo sa come si chiama questo, Casimira?, si chiama una raffinata lezione di cultura materiale, per quel che mi riguarda io ho sempre preferito il materiale all'immaginario, o meglio mi è sempre piaciuto ravvivare l'immaginario col materiale, immaginario sì ma con giudizio, anche l'immaginario collettivo, bisognava cantarglielo chiaro al signor Jung, prima dell'immaginario viene la pappa».15
Qualche anno più tardi, questi brani di Requiem entrano in risonanza con una pagina del già menzionato Raccontare il postmoderno in cui Ceserani sembra quasi voler fondere la suggestione del «locale postmoderno» descritto dal Venditore di Storie con la «lezione di cultura materiale» che riscuote l'approvazione di Tadeus. Il critico rievoca infatti una cena dopo una conferenza, in compagnia di colleghi universitari, che costituisce un esempio perfetto di discussione accademica capace di ravvivare l'immaginario col materiale; sebbene realmente avvenuto, l'episodio conserva nondimeno un singolare, tabucchiano sapore di finzione:
«i colleghi neozelandesi mi hanno portato in un ristorante e lì, con mia sorpresa, nientemeno che ad Auckland, nella Nuova Zelanda, mi sono trovato dentro un esempio perfetto di ristorante postmoderno. [...] Su ciascuna delle quattro pareti della stanza si apriva come una grande finestra, dove i camerieri andavano a presentare i loro ordini alla cucina; ciascuna delle quattro finestre offriva un menu diverso di una diversa tradizione culinaria: italiana, americana, cinese-thai e giapponese, ciascuna con le sue specialità, ciascuna aggiornata con un leggero tocco di nouvelle cuisine. I clienti, combinando i vari menu, potevano fare le più bizzarre creazioni; noi, per esempio, potevamo intertestualizzare ciascuno a modo suo la sua cena: prendere, per esempio, del sushi insieme con una ratatouille à la provençale, una zuppa di cocco insieme con una pizza al pesto, e così via».16
È, insomma, un vero e proprio dialogo a distanza, da un libro all'altro, da un saggio a un racconto o a un romanzo, che pare instaurarsi fra l'autore e il teorico, fra lo scrittore postmoderno che rivitalizza il racconto fantastico e lo studioso del fantastico e del postmoderno.
III. Il fantastico secondo Ceserani
Altrettanto indispensabile - è la seconda premessa cui alludevo sopra - mi sembra sia delineare, per quanto brevemente, le caratteristiche del fantastico secondo Ceserani: perché il fantastico postmoderno si costruisce in una relazione sfaccettata - di ripresa, imitazione, rivisitazione, conflitto, negazione, ecc. - con il fantastico ottocentesco; ed entrambi non sono altro che incarnazioni, attualizzazioni, di uno stesso tipo di letteratura.
La nozione di fantastico elaborata da Ceserani nel libro omonimo del 1996 si fonda su alcuni elementi essenziali, che il critico riprenderà nei suoi studi più tardi, ribadendo ma anche approfondendo e sfumando quanto aveva inizialmente proposto.17 I capisaldi della teoria ceseraniana del fantastico mi sembrano quattro:
1) Le origini storiche del fantastico, affermate con forza fin dal contributo pubblicato nella Narrazione fantastica, lavoro d'équipe maturato nell'ambito dell'Ateneo pisano nel 1983.18 Come Ceserani non si stanca di ripetere nei suoi studi sull'argomento, il fantastico non è di tutti i tempi e di tutti i continenti, ma sorge in Europa, in un'epoca storica ben determinata - e cioè tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento - e in connessione con un cambiamento epocale:
«Parecchi studiosi della storia, della letteratura, della cultura occidentali collocano nell'epoca tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento un cambiamento epocale: dopo di esso "il mondo, nel bene e nel male, non è più stato lo stesso e i vari settori della vita sociale, dell'immaginario e della comunicazione umana nelle tante sue forme hanno subìto [...] un ribaltamento e una ristrutturazione radicali" [...]. È appunto in connessione con questo cambiamento - che alcuni definiscono la "svolta storica" di fine Settecento [...] - che si producono le condizioni favorevoli alla nascita della letteratura fantastica: in connessione, cioè, con eventi di storia delle strutture materiali (la rivoluzione industriale) e delle ideologie (la rivoluzione francese), di storia delle mentalità (la scomparsa delle forme tradizionali di credenza al soprannaturale), di storia delle forme letterarie e dei generi letterari (più o meno nello stesso periodo, come si accennava, una svolta viene a modificare anche l'assetto del millenario sistema letterario europeo)».19
2) Il fantastico non va inteso come genere bensì come modo letterario,20 cioè una categoria più ampia e flessibile, dai confini meno rigidi di quelli del genere perché meno codificata del genere. Ceserani avanza questa proposta per ovviare agli eccessi teorici dei suoi predecessori, soprattutto Tzvetan Todorov,21 che aveva ristretto fino all'inverosimile il canone del "fantastico puro": «[s]i un conte fantastique est un récit où l'hésitation entre explication rationnelle et explication surnaturelle se maintient en dernière page», nota spiritosamente Jacques Finné, «la littérature universelle n'en possède pas assez pour former un genre».22 In tale ottica il fantastico viene ad assumere il medesimo statuto del comico, del tragico, del patetico o dell'elegiaco; il modo letterario si incarnerebbe poi in vari generi: così, per esempio, potremmo parlare di romanzo fantastico, racconto fantastico, ballata fantastica, e perfino di sinfonia fantastica (una ne scrisse il musicista francese Hector Berlioz, la Symphonie fantastique del 1830); in tutti questi casi il nome indica la determinazione di genere, l'aggettivo quella modale.
3) Un'altra categoria che il libro del 1996 introduce nel dibattito sul fantastico è quella di "fantasticizzazione". Ceserani conia questo neologismo ispirandosi alla "romanzizzazione" indagata da Michail Bachtin: nell'Ottocento il fantastico si troverebbe, rispetto agli altri generi e modi letterari, in una posizione egemonica, simile al «dominio del romanzo su tutte le altre forme letterarie nel mondo moderno, a partire dal Settecento», di cui parla il grande studioso russo;23 il successo prodigioso che arride al récit fantastique suscita un fenomeno di ibridazione nei generi non-fantastici, per cui opere appartenenti, ad esempio, al modo mimetico-realistico assumono elementi - temi, forme, strutture - che sono tipici della letteratura fantastica.24
4) Quarto e ultimo fondamento della teoria ceseraniana: il fantastico andrà considerato come un fenomeno complesso, che solo un fascio di considerazioni situate a livelli d'analisi diversi - tematico, stilistico, narrativo, retorico, ma anche storico, sociale, "contestuale" nel molteplice senso della parola - può circoscrivere con un minimo di approssimazione. È questa la ragione per cui, ad esempio, Ceserani insiste sul fatto che non esistono «procedimenti formali e neppure temi che possano essere isolati e considerati esclusivi e caratterizzanti di una specifica modalità letteraria»:25 sottolineando in tal modo quella "trans-genericità" di temi e forme che, quando si parla di modi e generi letterari, non andrebbe mai persa di vista.26
IV. Un nuovo fantastico
Ora: rispetto a questa descrizione del modo fantastico, come si configura il fantastico postmoderno? Quali caratteristiche o specificità presenta, e perché dovremmo considerarlo come un "tipo" autonomo, l'ennesimo avatar del modo letterario in epoca postmoderna?
Una prima risposta si trova nel libro del 1996. Qui Ceserani, chiedendosi come si possa pensare l'evoluzione del fantastico fra Otto e Novecento, da Hoffmann e Poe fino a Cortázar, approda a un'ipotesi più ampia di storiografia letteraria, che il successivo volume sul postmoderno si incaricherà di approfondire; il fantastico sarebbe una sorta di osservatorio privilegiato prima della modernità, poi della postmodernità, e della transizione da un'epoca all'altra negli anni Cinquanta del secolo scorso:
«Tra le tante rivisitazioni compiute dalla letteratura postmoderna delle modalità e dei generi letterari [...] del passato, da quelli classici e medievali sino a quelli moderni, non poteva mancare il fantastico. Anzi, si può dire che esso ha avuto un posto privilegiato in tante scritture caratterizzate dal recupero ironico o nostalgico delle modalità letterarie di più forte attrazione. Ritornando in vita sotto forma di rivisitazione e rievocazione consapevole, il fantastico può ritornare anche a modalità più vicine a quelle dei primi racconti romantici, a parte l'inevitabile indebolimento e l'alleggerimento di certi effetti, dovuti all'intervento distanziante (in due diverse direzioni) della nostalgia e dell'ironia».27
Sia nel volume del 1996 che in quello del 1997 l'autore postmoderno che Ceserani cita come esempio di un siffatto, consapevole recupero del fantastico è Antonio Tabucchi:28 Raccontare il postmoderno lo accomuna a Julio Cortázar per la «capacità di rivitalizzare, all'interno della nostra cultura e dei nostri sistemi di comunicazione, il genere ottocentesco del racconto fantastico (in una versione postmoderna, fra tardo surrealismo e psicologismo sottile e allusivo)»;29 Il fantastico sceglie invece di analizzare I pomeriggi del sabato (nella raccolta Il gioco del rovescio, 1981, seconda edizione 1988) in qualità di «campione di un'intera temperie letteraria».30 Già a questa altezza cronologica, dunque, Ceserani identifica in Tabucchi il prototipo di un nuovo scrittore fantastico, e vede nei suoi racconti il paradigma di un tipo inedito di letteratura fantastica, capace di rinnovare in profondità la grande tradizione otto-novecentesca: per l'appunto il fantastico postmoderno.
Quali siano i connotati o le peculiarità di questo nouveau fantastique,31 Ceserani lo precisa una decina d'anni dopo, in un saggio presentato al convegno cagliaritano «Italia magica». Letteratura fantastica e surreale dell'Ottocento e del Novecento del 2006, pubblicato negli atti del medesimo nel 2008, e ripubblicato in versione aggiornata nel 2015.32 In questo scritto, dal titolo eloquente Rivisitazioni postmoderne del fantastico, il critico tenta nuovamente di stabilire se il modo fantastico, che «ha avuto un rapporto privilegiato con la modernità», conosca una «nuova vitalità» e «un ruolo nuovo [...] negli esperimenti [postmoderni] di rappresentazione del mondo, della sua conoscibilità, della sua stessa esistenza ontologica».33 La risposta è ancora una volta affermativa; nell'ordine, gli elementi caratteristici dei «racconti neo-fantastici»34 sarebbero: l'«autocoscienza letteraria»,35 ancora più forte rispetto al fantastico di epoca moderna; il «fitto gioco di allusioni e intertestualità»;36 la crisi e la frammentazione del soggetto, che nell'età postmoderna tende letteralmente a liquefarsi;37 la presenza di nuovi oggetti-emblemi della tecnologia perturbante;38 il ricorrere di un'interrogazione di matrice non più gnoseologica, come accadeva per lo più nel fantastico di epoca moderna, bensì ontologica.39 Si tratta, come si può vedere e per riprendere la terminologia che ho usato sopra, di "caratteristiche" più che di "specificità", di tratti caratterizzanti e non veramente distintivi; l'intertestualità accentuata, per esempio, non è esclusiva del fantastico postmoderno ma ricorre in molti racconti di epoca moderna: non è quindi la sua presenza o assenza a segnare il discrimine fra le due epoche del fantastico, bensì l'intensità del fenomeno. E naturalmente, il nome di Tabucchi è ricorrente in queste pagine, a dimostrazione del fatto che tutte le osservazioni sul fantastico postmoderno fatte da Ceserani si applicano pari pari all'opera dello scrittore pisano.40
Quando poi, nel 2015, Ceserani ripubblica il contributo "cagliaritano" con il nuovo titolo Il fantastico e l'immaginario postmoderno, ne aggiorna e sviluppa diverse parti, aggiungendo ad esempio i paragrafi sul «cambiamento di scala nella dimensione rappresentativa della realtà, in particolare [mediante] i procedimenti dell'ingrandimento e della miniaturizzazione»,41 e sui diversi mezzi tecnologici prediletti dal fantastico rispettivamente in epoca moderna e postmoderna.42 Ma soprattutto, la versione riveduta e corretta del 2015 sviluppa le considerazioni - già presenti nel 2008 - sulla fotografia come «procedimento neo-fantastico» nell'opera di Tabucchi;43 per l'ennesima volta, dunque, i destini letterari del fantastico postmoderno appaiono indissociabili dal nome dello scrittore pisano. E se prendessimo in considerazione gli altri studi che Ceserani ha dedicato alla questione delle "rivisitazioni postmoderne" del fantastico44 troveremmo agevole conferma di questa centralità.
Possiamo allora fissare, al termine di questo percorso con non pochi andirivieni, almeno un punto fermo: il fantastico postmoderno è una delle strade maestre del sodalizio Ceserani/Tabucchi. Non è moltissimo, forse; ma può bastare per avviare ulteriori ricerche in un cantiere che promette succulente scoperte.
Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2023
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gennaio-maggio 2023, n. 1-2