Beatrice Laghezza
Université Paris 8 Vincennes-Saint-Denis

Cartografie dell'Europa in Remo Ceserani

 

Scheda bibliografica Torna all'indice completo del numero Stampa il frame corrente


Sommario
I.
II.
III.
IV.
Viaggio in Italia (e nelle «piccole patrie d'Europa») del dottor Dapertutto
Un'Europa della cultura o un'Europa del diritto?
Altre dicotomie
Canone vs. biblioteca


 

§ II. Un'Europa della cultura o un'Europa del diritto?

 

I. Viaggio in Italia (e nelle «piccole patrie d'Europa») del dottor Dapertutto

«Amo i campi di battaglia. Per orrenda che sia, la guerra attesta ancora la grandezza dell'animo umano che può sfidare così la morte, la sua più aspra e irriducibile nemica ereditaria. Qui [sui colli del Montello] la carneficina [della prima guerra mondiale] fu particolarmente atroce e senza senso, anche se poi un senso le guerre ce l'hanno sempre.
Ci sono campi di battaglia che amo supremamente, come Austerlitz, Marengo, Stalingrado: campi in cui la libertà e la tirannide, direttamente contrapposte, danzarono su rose di sangue il loro voluttuoso ballo nuziale, o funebre che fosse. Su campi di battaglia come quelli si sono scontrati i vecchi, indomabili nazionalismi e hanno trovato, nel comune destino di sangue, le ragioni del proprio superamento, l'hegeliana Aufhebung. Lo spirito nazionalistico, così importante nel costituirsi della modernità, nel dare ai popoli una individualità, traducendo in simboli ed esigenze spirituali i loro pur giusti interessi materiali, ha cominciato qui la sua storia ascendente e quella discendente. [...] Il vero nazionalismo, quello forte e prepotente, è venuto nell'Ottocento, con tutte le sue borie e le sue intemperanze, già presenti negli eserciti di Napoleone. Poi, nel corso del Novecento, traverso due terribili guerre mondiali e tante altre vicende di imperi fatti e disfatti e decolonizzazioni attuate di buona o cattiva voglia, quel nazionalismo ha cominciato a sfaldarsi e a dissolversi, tutte le asprezze e le angolosità del carattere particolare dei diversi popoli hanno cominciato a smussarsi dando forma a un nuovo spirito più ampio e cosmopolita, a un concerto vivo di culture e di popoli, nel progredire generale d'Europa e del mondo. Oggi in Europa non ci sono più nazioni, ma solo movimenti, culture e partiti: e bisogna vedere come questi si riconoscono subito tra loro nonostante la diversità dei colori, e come s'intendono nonostante la babelica confusione delle lingue! E se anche le teste sbagliano, i cuori sanno ormai ciò che vogliono. I tempi intanto avanzano, in una continua ascensione, verso il raggiungimento dei loro grandi scopi.
Ecco allora ricomparire, al di là degli scontri nazionalistici dell'Ottocento, lo spirito universalistico della Rivoluzione francese, la visione lungimirante europea di Napoleone, che è stata poi anche di Adenauer e De Gasperi e Schuman (e non, invece, purtroppo, di De Gaulle)».1

A pronunciare questo appassionato elogio delle magnifiche sorti e progressive della storia europea è Karl Friedrich Palimpsestus, il professore e giornalista tedesco «troppo intriso di memorie letterarie, di letture di libri di viaggio, di mitologia italiana»2 che Remo Ceserani accompagna in viaggio - dissimulandosi sotto i panni del dottor Dapertutto, l'assistente del professore -, a indagare sui mutati rapporti tra politica, intellighèntsia e industria culturale nel Belpaese degli anni Novanta. Nel Viaggio in Italia del dottor Dapertutto (1996) la visione lineare e teleologica della Storia professata da Palimpsestus viene beffardamente smentita dal suo luciferino segretario: sullo sfondo della dissoluzione dei «soggetti forti della modernità, gli Stati, i partiti, gli individui stessi nella loro aspirazione borghese ad autocostituirsi o ad autodeterminarsi», Dapertutto osserva come gli «ideali sovranazionali» si infrangano ormai sempre più spesso contro la ricomparsa di «tante micronazioni».3 Il loro proliferare sulla base di pretestuose «diversità etniche, religiose, culturali»4 nell'Europa del Trattato di Maastricht (1992) che assiste impreparata alla scomposizione dell'ex Unione Sovietica e impotente ai conflitti scoppiati in Cecenia e nella Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, rompe l'illusione che le guerre e i campi di battaglia rievocati da Palimpsestus per celebrare il trionfo della libertà sulla tirannide siano animati da un'astuzia della ragione di memoria hegeliana, e che rendano così possibili dei cambiamenti epocali di civiltà altrimenti irrealizzabili.
Poche pagine più avanti, la recrudescenza del nazionalismo viene nuovamente smascherata dal dottor Dapertutto attraverso la sarcastica biografia del frate cappuccino Cirillo, l'ex studente anarchico-marxista Ippolito Nordis, originario di Cividale, che ha ridotto a una dimensione asfitticamente territoriale le «ambizioni universali» del «pacifismo e d[e]l solidarismo cattolico e socialista»5 difese in gioventù ed è divenuto il paladino di un «nevrotico attaccamento alle radici»6 e del «Friuli come modello ideale di piccola patria»:7

«Eccolo portare avanti, con una pubblicistica fitta e insistente, un progetto di coordinamento fra le tante e dimenticate piccole patrie d'Europa. Da quando, poi, sono sorti in Italia movimenti politici di tipo localistico e federalistico, da quando la vicina ex-repubblica jugoslava si è spaccata in tronconi, il suo attivismo si è fatto frenetico. Si incontra spesso con gente della Liga veneta, ha una corrispondenza intensissima con un preside di scuola media di Bellinzona nel Canton Ticino, raccoglitore di memorie patrie della sua piccola patria, scambia lettere e telefonate con il professor Miglio, con un gruppo di agitatori baschi, con il Sinn Fein irlandese, con l'autonomia sarda, con la federazione dei popoli ladini e friulani. Nella sua cella fa collezione di riviste scritte nelle lingue delle piccole patrie e di progetti federalistici intesi a difendere quelle stesse lingue e a proclamarne la necessità dell'insegnamento nelle scuole. A un livello scientificamente più impegnativo, coltiva quelli che si chiamano gli studi di imagologia - l'immagine dei tedeschi in Italia e degli italiani in Germania, dei friulani in Italia e degli italiani nel Friuli, per esempio - e per questo ha intrecciato rapporti con studiosi olandesi e tedeschi come Joep Leersen e Hugo Dieserynck. Sulla rivista "Limes" pubblica saggi abbastanza prudenti ed equilibrati in sostegno di una ideologia multiculturale e federalistica, secondo la quale l'Italia non è mai stata davvero una nazione, come vorrebbero i modelli forti della modernità, ma soltanto una mescolanza mal combinata di culture, un cocktail preparato alla meglio seguendo una ricetta dilettantesca».8

I passi citati mostrano in modo esemplare l'ironia con cui, nei capitoli V e VI del Viaggio in Italia del dottor Dapertutto, la voce narrante proietta il grand tour italico del professor Palimpsestus e del suo segretario in uno spazio geografico più articolato e complesso nel quale nozioni come patria e federalismo assumono significati diversi se osservati attraverso la lente nazionale o quella sovranazionale europea.9

 

§ III. Altre dicotomie Torna al sommario dell'articolo

 

II. Un'Europa della cultura o un'Europa del diritto?

È attualmente in corso di pubblicazione per Quodlibet - nella collana Elements. Forme e immagini della modernità diretta da Luciano Curreri, Gabriele Fichera, Vittorio Frigerio e Giuseppe Traina - un volume a cura di Stefano Lazzarin e Pierluigi Pellini in cui vengono raccolti e ripubblicati otto saggi di Ceserani dedicati al tema di «un'idea diversa dell'Europa»10 (la postfazione redatta dalla sottoscritta costituisce il nucleo di partenza delle riflessioni sviluppate in questo articolo). Nella nota critica che introduce il libro i curatori spiegano che l'interesse di Ceserani per questioni di natura europea attraversa l'intera produzione critica dello studioso, toccando, addirittura a partire dagli anni Sessanta, argomenti tra loro molto diversi: scambi culturali e letterari, enciclopedie europee, rapporti tre le lingue parlate in Europa, stereotipi sulle tipologie psicologiche dei popoli, momenti di passaggio nella storia intellettuale e culturale del Vecchio Continente, scrittori e opere che trascendono la geografia dei confini nazionali, ecc. Tuttavia, è a partire dal saggio del 1999 La «conversazione poetica» fra leggerezza e resistenza che l'attenzione per il destino politico e culturale dell'Europa assumerebbe una nuova consapevolezza, tale da indurre Lazzarin e Pellini a riunire nella dimensione organica di un volume postumo le riflessioni più significative che Ceserani ha maturato sui temi europei negli ultimi quindici anni della sua carriera.
La lettura diacronica dei contributi che, a partire dalle soglie del nuovo millennio, Ceserani dedica a questi temi rivela, in effetti, che l'indagine sulle sorti politico-istituzionali e culturali del continente è direttamente connessa al trauma che scuote l'Europa a causa della duplice bocciatura referendaria del trattato costituzionale europeo, elaborato dalla Convenzione convocata a Laeken alla fine del 2001 e respinto da Francia e paesi Bassi dopo essere già stato approvato dai capi di Stato e di governo dei vari paesi dell'Unione.11 L'analisi di Ceserani si inserisce quindi nel lungo e faticoso dibattito sul processo di integrazione europea che, a partire dall'adozione del Trattato di Maastricht, ma soprattutto in seguito alla firma dei Trattati di Roma (2004) e Lisbona (2007), tenta di reintrodurre nella discussione sull'assetto istituzionale dell'UE quella dimensione politica e culturale che era stata deliberatamente espunta nel secondo dopoguerra dall'approccio funzionalista-comunitario suggerito da Jean Monnet e Robert Schuman per aggirare le resistenze degli Stati più restii a cedere quote di sovranità nazionale. Ceserani si interroga su quale «organizzazione statale e costituzionale»12 sia destinata ad assumere l'Europa e si chiede se «le spinte prevalenti andranno in direzione di una semplice confederazione fra Stati, una più ampia e integrata unità federale o un improvviso ritorno alle dinamiche della frammentazione».13 Ed è, non a caso, la complessità di questa dimensione strettamente politica a suggerirgli l'urgenza di «mette[re] all'ordine del giorno il problema di una maggiore integrazione anche culturale, e anche letteraria»14 dell'Europa.
Sebbene i testi che Ceserani dedica espressamente ad argomenti di taglio europeo siano stati concepiti in momenti diversi, e nell'ambito di manifestazioni scientifiche o pubblicazioni di varia natura, almeno due fattori conferiscono loro un'omogeneità d'insieme. In primo luogo, un carattere aneddotico del discorso e un registro dialogico che Ceserani mutua dal Calvino della leggerezza e dal Goethe della conversazione poetica, e che, nel saggio del 1999 presentato al convegno bolognese L'Europa dei poeti, coincide con il tono suggerito alla poesia - e più in generale alla letteratura - per resistere alla difficoltà di assumere una funzione civile, nonché di svolgere un ruolo effettivo nella costruzione dell'Europa, in un'epoca che sancisce il trionfo incontrastabile dei mezzi di comunicazione di massa e vanifica il lavoro sui linguaggi tipico dei fenomeni di avanguardia, sempre più frequentemente riassorbiti nei meccanismi del mercato culturale.15 Il secondo dei due elementi che accomunano questi saggi è individuabile nella formulazione di una serie di dicotomie attraverso le quali Ceserani articola la sua argomentazione e che, nel testo del 1999 appena citato, prende ad esempio le forme dell'opposizione tra le ragioni della leggerezza e quelle della resistenza.
Una seconda dicotomia riguarda il processo di costruzione dell'identità nazionale italiana e di quella sopranazionale europea ed è sintetizzabile nell'antitesi tra cultura e diritto. Nella trattazione di questo problema affiorano le tracce di quella difficile ma potenzialmente virtuosa antinomia tra la difesa dei particolarismi locali e la tensione verso l'unità che affonda le sue radici nel pensiero di Rousseau, Montesquieu e Voltaire. Ma emerge soprattutto la rielaborazione della portata nazionale e al contempo europea del progetto risorgimentale di Mazzini e Cattaneo (e dello stesso Garibaldi), o di Gioberti, nel pensiero dei quali, nonostante le irriducibili diversità di vedute, il rapporto tra l'unità italiana e il contesto sovranazionale presenta non pochi richiami alle istituzioni politiche del confederalismo e del federalismo destinate ad associare tra loro gli Stati Uniti d'Europa. Nelle Considerazioni al primo volume dell'Archivio triennale (1850) Cattaneo fu tra i primi ad adottare la formula degli Stati Uniti d'Europa, che richiamava l'esperienza del federalismo americano a lui ben presente, accanto all'esempio offerto dalla Svizzera. Alla luce del diverso radicamento del concetto di sovranità nazionale negli Stati americani e in quelli europei, la Confederazione Elvetica viene indicata come possibile modello di un'Europa federale anche da Charles Lemonnier (Les États-Unis d'Europe, 1872) e, in anni a noi più vicini, dal filosofo e scrittore svizzero Denis de Rougemont16 e dall'ex ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer,17 tutti e due impegnati a difendere la causa del federalismo europeo ed entrambi opportunamente citati e commentati da Ceserani nei suoi scritti.
La riflessione ceseraniana sulle sorti dell'Europa si innesta dunque nell'alveo di quella lunga tradizione storico-filosofica che sorge in Italia nel secondo dopoguerra e che, sull'onda delle iniziative tese a promuovere l'integrazione comunitaria messa in atto dai Padri Fondatori dell'Europa, tenta di coniugare la questione nazionale e risorgimentale - da riaccreditare dopo il ventennio fascista - con l'idea di un'Europa unita. Basti pensare ai lavori pubblicati da studiosi come Augusto Monti, Dante Visconti, Carlo Morandi, Armando Saitta, Luigi Salvatorelli, Federico Chabod e Mario Albertini, in cui si riprendono linee di ricerca in parte già esplorate, negli anni Trenta, dal liberalismo morale e civile di Benedetto Croce e dall'idea di patriottismo plurale che nutre il socialismo liberale di Carlo Rosselli.18
Per entrare nel merito delle tesi discusse da Ceserani, il punto di convergenza tra la dimensione nazionale e quella sopranazionale è fornito dalla denuncia di illusori miti di fondazione finalizzati a saldare una comunità sociale sulla base di valori culturali invece che giuridici e civili. L'unità italiana, spiega Ceserani, è stata realizzata sulla base del modello di Stato centralizzato proposto dalla Francia, difficilmente esportabile in un paese come l'Italia che, a causa delle sue profonde differenze interne, linguistico-culturali ma anche socio-economiche e politico-amministrative, avrebbe dovuto seguire un processo di unificazione più gradualistico e meno uniformizzante, sull'esempio offerto dal modello svizzero e americano, o dalla consimile esperienza germanica, anch'essa caratterizzata da un'unificazione tardiva rispetto alle altre nazioni europee.19 Di conseguenza, l'unico strumento che si ritenne funzionale ed efficace per promuovere l'unità «politica, economica, linguistica e culturale del paese [...] fu quello offerto dalla tradizione letteraria italiana»,20 il che chiarisce come mai, in Italia, la questione dell'identità nazionale sia un problema ancora irrisolto e tuttora discusso alla luce degli argomenti opposti della cultura e del diritto.
E però, nota Ceserani già in Raccontare la letteratura (1990), se si osserva la vicenda culturale e letteraria italiana non più attraverso gli strumenti della «periodizzazione storicistica (medioevo, rinascimento, romanticismo, naturalismo, verismo, decadentismo, ecc.)» o dell'«uniformazione stilistica (manierismo, barocco, simbolismo, ecc.)»,21 ma a partire dall'analisi delle numerose frontiere22 geografiche, climatiche, antropologiche o linguistiche che percorrono il territorio e la storia della penisola, ci si accorge che, lungi dal «poter disporre [...] di una tradizione omogenea, [...] [l]'Italia è un paese fortemente decentrato»23 anche sul piano della cultura e della letteratura. Ed è proprio in virtù di questa sua «realtà così molteplice e diversificata» che l'Italia delle differenze potrebbe fungere da laboratorio per un'Europa delle differenze: «[d]alle tante Italie, gradualmente, si risalirà così alle tante Europe».24
E invece la dicotomia tra cultura e diritto finisce con l'animare anche il dibattito sull'identità europea, come hanno dimostrato, a metà degli anni Duemila, le polemiche sorte a proposito del mancato riferimento alle radici giudaico-cristiane dell'Europa nel trattato costituzionale redatto dalla Convenzione guidata da Valéry Giscard d'Estaing. Nell'esigenza di preservare l'anima cristiana del Vecchio Continente, sviluppatasi a partire dall'eredità culturale greco-romana ed ebraica, Ceserani vede agire un modello di civiltà omogenea che, nonostante divergenze ideologiche spesso anche profonde, accomuna intellettuali tra loro molto diversi, eppure tutti propensi a difendere l'idea di una specifica identità europea: da Novalis a Pierre Drieu La Rochelle ed Ernst Robert Curtius, fino a storici e filosofi contemporanei (Johannes Sløk, Norman Davies, Hans-Georg Gadamer, Biagio De Giovanni), scrittori (Oriana Fallaci), pontefici (Karol Wojtyła e Joseph Ratzinger) e, purtroppo, anche leader politici di destra che fanno leva su una visione organicistica delle culture e dei popoli per alimentare sentimenti euroscettici o esplicitamente antieuropei (Ceserani cita il francese Jean-Marie Le Pen, l'austriaco Jörg Haider e l'italiano Umberto Bossi).25 Sul versante dei sostenitori di un'Europa delle differenze, figlia dell'Illuminismo e fondata sui valori del diritto e della democrazia, Ceserani colloca invece pensatori come Marc Bloch, Hannah Arendt, Salvador de Madariaga, Federico Chabod, Jean-Baptiste Duroselle, Benedict Anderson, Edgar Morin, Ulrich Beck, John Lanchester, Peter von Matt, Zygmunt Bauman e, soprattutto, due figure di spicco del federalismo contemporaneo, Denis de Rougemont e Jürgen Habermas.26 Nell'opera del primo,27 esponente dei non-conformistes degli anni Trenta e del personnalisme, poi di un federalismo integrale in quanto applicabile non esclusivamente agli aspetti dell'organizzazione amministrativa federale, ma all'intera società, Ceserani individua tre aspetti fondamentali. In primo luogo, l'attenzione che il filosofo pone sulla molteplicità e la diversità delle componenti etniche, linguistiche, culturali, religiose, ideologiche e politiche che, nei secoli, hanno forgiato la cultura europea:

«For him European culture is made of many different strains: the Greek sense of individuality; the Roman spirit of the law; the Judeo-Christian tradition of humility, solidarity, and individual responsibility; the sense of adventure and chivalry brought by the Celts; that of audacity and loyalty to the clan brought by the Germans; the attitude toward love produced in the courts of Provence by the convergence of Christian Gnosis, through the Cathars, and Oriental eroticism, through the Arabs; the critical, rationalist, and empirical attitudes that became dominant in the seventeenth and eighteenth centuries, producing a new sense of creativity, invention and diversity; the spirit of dissent that is typical of many currents of thought in Modernity, and so on».28

Il secondo elemento su cui indugia l'analisi di Ceserani consiste in una visione critica, conflittuale e rivoluzionaria del cristianesimo (debitrice del pensiero di Calvino, Lutero, Goethe, Rousseau, Kierkegaard, Karl Barth), che plasma l'idea specificamente europea dell'uomo come «homme de la contradiction», «homme dialectique par excellence»:29

«Contrary to those that speak so generically and superficially of the Christian roots of Europe, he writes that the original features of Europe are rooted in contradiction, conflict and laceration: the Christian cross for him is a tragic symbol of laceration, not simply of sacrifice and resurrection. [...] For Europe, according to him, diversity can be an asset, not a hindrance. He speaks of those differences using a religious language: federalism for him is the result of love for complexity, as opposed to the brutal simplifications that are typical of all totalitarian approaches to reality [...]».30

Sulla scorta di de Rougemont (ma anche di Salvador de Madariaga31 e di Edgar Morin32), Ceserani vuole in sostanza proporre una soluzione laica alla controversa questione delle radici giudaico-cristiane dell'Europa che ha ostacolato, e poi, di fatto, impedito l'approvazione del trattato costituzionale europeo redatto dalla Convenzione di Laeken, ponendosi su una posizione speculare - e perciò complementare - a quella avanzata tre anni prima da Tzvetan Todorov quando, in Le nouveau désordre mondial (2003), lo storico delle idee franco-bulgaro aveva sostenuto che, «[p]aradoxalement, l'idée de laïcité provient d'une tradition religieuse: le christianisme».33
Infine, il terzo elemento che Ceserani riprende da Denis de Rougemont coincide con la proposta del modello svizzero come esempio di Stato plurilinguistico e pluriculturale che ha adottato un assetto federale sulla base di valori civici e giuridici: democrazia, solidarietà sociale, neutralità, pacifismo.34
Da Habermas,35 teorico del paradigma comunicativo e della costellazione post-nazionale, oltre che rappresentante di un federalismo di matrice costituzionale, Ceserani mutua invece l'idea che, nell'epoca della globalizzazione, per rispondere alla necessità di costruire un popolo europeo, sia necessario superare i concetti di nazionalità e appartenenza culturale alla luce di una nozione di cittadinanza fondata sui valori dello Stato sociale e dell'inclusione giuridico-politica ed economica:36

«Permettetemi di dichiarare [...] che la mia preferenza va alla posizione di Habermas [...], e di aggiungere che preferisco pensare all'Europa come al luogo delle differenze, che può ritrovare una sua identità solo se considera quelle differenze una forza e non una debolezza, anzi una ricchezza ineguagliabile, una ragione stessa d'identità. Preferisco pensare all'Europa come al luogo che, contrapponendosi ad altri assai più monolitici e uniformi, cerca di definire la propria specificità solo in alcune tendenze sociali e culturali di fondo, nate da una lunga storia di conflitti sanguinosi ma anche di invenzioni politico-sociali di grande valore: la uguaglianza democratica fra tutti i cittadini, la solidarietà come comportamento collettivo e pratica sociale (il welfare), a correzione dell'individualismo come segno distintivo del protestantesimo, del capitalismo, del liberalismo (e in particolare del neocapitalismo e del neoliberismo), l'inclusione come atteggiamento di apertura culturale rispetto a tutti gli immigrati da qualsiasi parte del mondo vengano, la fiducia nella scienza, nel progresso tecnologico, nella costruzione di un mondo migliore».37

 

§ IV. Canone vs. biblioteca Torna al sommario dell'articolo

 

III. Altre dicotomie

All'interno della macro-dicotomia che distingue un'Europa fondata sulla cultura (da intendersi come esclusiva di tutte le altre e su di esse dominante) da un'Europa fondata sul diritto, Ceserani ne sviluppa poi delle altre, intrinsecamente collegate. Innanzitutto quella che oppone l'elaborazione degli stereotipi associati alle identità sociali e culturali dei popoli europei alla decostruzione dei clichés:38 Ceserani si sofferma sul caso dell'"italiano inaffidabile" e del "tedesco prepotente" e su quello, ancor più gravido di conseguenze nel recente scenario politico, del "fascista bonaccione" e del "nazista feroce", responsabile del mancato esame di coscienza degli italiani sull'esperienza del fascismo39 e dei sempre più frequenti episodi di Ur-Fascismo o fascismo eterno, dai quali Umberto Eco, già a metà degli anni Novanta, metteva in guardia.40
Troviamo poi una dicotomia attualissima, se pensiamo al conflitto russo-ucraino attualmente in corso, tra i confini rigidi e i confini flessibili di un'Europa che si interroga su dove tracciare le frontiere dell'Unione e ripensa periodicamente «the ever-changing relationship between centre and periphery»:41

«Should it [Europe] extend to the Urals and include Ukraine, Russia and other Republics of the Russian federation? Should it include an Islamic country like Turkey? And what kind of relations should it entertain with the one-time European colonies in other continents? [...]
For those, like me and my colleagues, who are engaged in drawing a map of the literatures of Europe, what are needed are the most flexible, and movable boundaries and the most inclusive idea of Europe: we cannot think, for instance, of the great tradition of Russian literature [...] as not belonging to European literature [...] (and yet we know very well that the cultural, religious, and political differences make the boundary between the actual European community and Russia a challenging one, rather difficult to eliminate)».42

Ma Ceserani insiste anche sulla presenza di forti divisioni interne che, nei secoli, hanno contribuito a differenziare profondamente lo spazio geografico europeo, parallelamente al progressivo spostamento del suo baricentro dal Mediterraneo ai paesi dell'Europa continentale e settentrionale: la scissione fra impero d'Oriente e impero d'Occidente, il conflitto tra cristiani e musulmani, l'opposizione tra un'Europa feudale e agricola e un'Europa mercantile e urbana, la frattura tra Chiesa di Roma e Chiesa ortodossa, e poi tra cattolici e protestanti, o quella tra ordini monastici diversi - domenicani e francescani in primis - in seno alla stessa Chiesa di Roma. E ancora: la divisione fra un'Europa liberale e democratica di paesi come la Francia e l'Inghilterra e un'Europa più conservatrice e retta da regimi autoritari come l'Europa danubiana dell'Impero austro-ungarico, la separazione tra un'Europa amministrata dal diritto romano e un'Europa amministrata dal diritto consuetudinario, fino all'ultima grande frattura politico-economica che ha attraversato il continente, quella tra l'Europa del blocco capitalista e l'Europa del comunismo sovietico, venuta meno con la caduta del muro di Berlino.43
Un'altra dicotomia intorno alla quale si snoda il pensiero di Ceserani mette a confronto, da un lato, i processi socio-culturali suggeriti dai concetti di unità, omogeneizzazione e identità, o dalle metafore della radice e del crogiolo, dall'altro quelli ispirati alle nozioni di differenza, diversificazione e appartenenza e alle rispettive immagini dell'àncora e dell'insalatiera.44 Ne derivano due diversi modi di intendere e risolvere il problema dell'accoglienza dei migranti, una delle cruces che, a ogni nuova crisi migratoria (da quelle innescate dalle "primavere arabe" e dalla guerra civile siriana sino alle ondate di profughi in fuga dall'Ucraina e dal Medio Oriente), minaccia di far esplodere l'UE: l'assimilazione o l'integrazione. Se la rivendicazione di identità forti o monolitiche rischia di innescare divisioni e conflitti, o di pretendere l'assorbimento più o meno volontario delle culture dominanti (il melting pot), la difesa delle differenze e della libera scelta della comunità in cui vivere garantisce il reciproco e pacifico rispetto e arricchimento di tutte le culture.45 Ecco perché - e siamo a una nuova dicotomia - ai modelli unificanti (la grecità, la romanità, il cristianesimo, l'umanesimo, il metodo scientifico, ecc.)46 e ai miti di fondazione dell'immaginario europeo (Orfeo, Prometeo, Europa, Edipo, Ulisse, Enea, Cristo, Parsifal, Sigfrido, Faust, Don Giovanni, Napoleone, ecc.)47 Ceserani oppone le innumerevoli mappe del continente che è possibile tracciare e che, a differenza dei modelli o dei miti, hanno il vantaggio di essere provvisorie per definizione: mappe dei mari e delle strade, mappe dei luoghi del potere e dei luoghi anonimi, mappe delle grandi battaglie europee e delle guerre, degli stili architettonici o dei tipi di alimentazione («l'Europa dell'olio e quella del burro, l'Europa della patata e quella della colza, della polenta o della pasta di grano duro, quella del vino e quella della birra»),48 mappe delle lingue parlate sul territorio dell'Europa (indoeuropee, ma anche semitiche o ugro-finniche) e del dominio di alcune di esse in determinati periodi storici (prima il greco, il latino e l'arabo, poi il francese e l'inglese), mappe dei dialetti e delle lingue locali o dei fenomeni di sostrato, mappe dei prestiti e delle influenze da altre lingue, mappe delle lingue usate nelle esperienze di esilio e di emigrazione.49
A ben guardare, questa sensibilità geografica caratterizza il pensiero di Ceserani già negli anni Novanta, ad esempio quando, in Raccontare la letteratura, l'autore commenta la ricchezza degli atlanti tematici pubblicati dalla casa editrice tedesca Deutscher Taschenbuch Verlag (dtv) e passa in rassegna le storie letterarie italiane che, a dispetto dell'impianto storicistico tradizionale ancora presente in alcune di esse, provano a integrare i metodi e gli strumenti forniti dalle discipline geografiche - Geografia e storia della letteratura italiana (1967) di Carlo Dionisotti, Storia letteraria delle regioni d'Italia (1968) di Walter Binni e Natalino Sapegno, I luoghi letterari. Paesaggi, opere e personaggi (1972) di Giampaolo Dossena, Letteratura italiana (1982) di Alberto Asor Rosa -, senza dimenticare «le ricerche degli studiosi riuniti a Padova nelle scuole di Folena e Branca, a Venezia in quella di Giorgio Padoan o quelle di studiosi indipendenti come Franco Fido».50 Nel volume del 2010 dedicato alle convergenze tra gli studi letterari e le altre discipline l'interesse per la geografia si arricchisce invece dei «principi teorici e metodologici della geocritica di marca francese»51 e riattualizza una delle costanti del pensiero critico ceseraniano: la volontà di desacralizzare la letteratura per «[i]nserire il discorso letterario nell'insieme dei discorsi che circolano nelle comunità umane»52 e in tal modo preservare la «dimensione etica di ogni attività intellettuale e di conoscenza».53
La predilezione che Ceserani accorda, lungo tutto il suo percorso intellettuale, alla nozione di immaginario piuttosto che a quella di letteratura scaturisce per l'appunto dalla convinzione che la letteratura sia uno dei modi (assolutamente non l'unico) in cui prende forma l'immaginario antropologico e socio-culturale e che studiarne le manifestazioni parallelamente a quelle di altre tipologie di discorso consenta, paradossalmente, non solo di tutelare le sue specificità (la narrazione, la creazione metaforica, ecc.), ma anche - e forse soprattutto - di reintegrarla a pieno titolo nel sistema più ampio della comunicazione e dei testi (siano essi letterari, figurativi, filmici, giuridici, scientifici, ecc.) «che trasmettono e diffondono sapere, conoscenze, immagini della realtà e del mondo, strutture mentali, atteggiamenti della sensibilità, modelli di comportamento».54

 

Vai alla fine dell'articolo Torna al sommario dell'articolo

 

IV. Canone vs. biblioteca

Con l'ultima dicotomia che emerge dalla lettura degli "scritti europei" di Ceserani, quella tra il canone e la biblioteca, ritorniamo, infine, nel campo specificamente letterario da cui tutta la riflessione ha preso le mosse. Come si è detto, Ceserani rifiuta di considerare la letteratura uno strumento per fondare o rafforzare l'identità nazionale, dato che «[l]e grandi opere letterarie si prestano a fatica alla formazione ideologica dei popoli; di solito sono grandi, e capaci di parlare nel tempo a tante successive generazioni di lettori, proprio perché sono problematiche, piene di contraddizioni, capaci di presentare punti di vista diversi e interpretazioni diverse della realtà».55 Per cui il ruolo che egli rivendica alla letteratura nel processo di costruzione dell'Europa converge con la capacità che essa possiede di «sviluppare, nei futuri cittadini europei, [...] la comprensione della complessità [...] e l'esperienza concreta del confronto fra la pluralità delle voci, che possono produrre cambiamento».56 In queste affermazioni - che Ceserani riprende, con qualche minima variazione, anche in La letteratura nell'età globale (2012), scritto assieme a Giuliana Benvenuti -,57 è possibile cogliere tanto l'influenza della teoria della complessità di Edgar Morin,58 quanto l'ascendente che esercitano sul suo modo di intendere lo studio e l'insegnamento della letteratura il modello della comunità interpretante59 indicato da Stanley Fish e la proposta di insegnare i conflitti60 formulata da Gerald Graff.61 Ne consegue la necessità - se non addirittura l'urgenza - di studiare e insegnare la letteratura al di là di rigide frontiere nazionali, cioè sulla base del dialogo e del confronto tra le diverse culture e letterature: si tratta, è ben noto, di una postura teorica e didattica che Ceserani adotta sin dai tempi dall'elaborazione, insieme a Lidia De Federicis, del manuale scolastico Il materiale e l'immaginario (1979-1988) e che, negli anni Zero, mette in pratica nella fondazione, con Roberto Bigazzi e Laura Caretti, di Synapsis - European School for Comparative Studies (2000-2014). In sede critica, questa posizione viene difesa promuovendo il «metodo storiografico [...] della comparazione»,62 l'adozione di un approccio comparatistico anche nello studio delle storie culturali e letterarie nazionali,63 la riorganizzazione degli studi letterari attorno ad "aree di studio" che prendano in conto gli intrecci fra le diverse tradizioni linguistiche e culturali,64 e l'opportunità di correggere la tradizionale centralità della cultura europea ed occidentale negli studi comparatistici sostituendo la prospettiva eurocentrica con una vocazione europeista:

«Tornando alla situazione italiana, c'è da domandarsi: quale specie di comparatismo stiamo introducendo in Italia? Il comparatismo tradizionale, interessato alle fonti e al prestito di temi o generi o stili da un paese all'altro, o invece il nuovo comparatismo che studia analogie e contrasti, strutture linguistiche e oggetti culturali, sfondi storici, su una scala mondiale? E poi c'è da domandarsi: è possibile che, mentre fra gli obiettivi polemici delle discussioni d'oltreoceano c'è la condanna del tradizionale eurocentrismo della comparatistica insegnata nelle università (che in quella situazione finiva per porsi come scelta ideologica delle radici europee dell'America, tagliando fuori non solo le minoranze amerindie, ma, inevitabilmente, quelle nero-africane portate in America a forza dai colonizzatori europei, e poi quelle ispano-americane che premono sui confini e che, superati i confini, colorano di sé, delle proprie lingue e culture interi quartieri, città e zone del paese, e poi quelle asiatiche arrivate in California e di lì distribuite in tutto il continente) - è possibile che quella stessa parola d'ordine, non dell'eurocentrismo, ma dell'europeismo, vista da paesi a impronta fortemente nazionale come la Francia, la Germania, l'Inghilterra, la Spagna acquisti un valore progressivo, disegni un compito nuovo e importante per gli insegnamenti e i dipartimenti di letterature comparate, quello cioè di contribuire a pensare in prospettiva europea?».65

Ma queste posizioni si nutrono anche della consapevolezza che scrittori e intellettuali fanno parte, da sempre, di una «comunità nomade»66 e che la «storia delle egemonie culturali» mette in luce «un processo di progressivo allargamento e mescolamento delle lingue e delle culture»:67 sono emblematici, in tal senso, i casi di scrittori appartenenti a più culture, o a tutti gli effetti mistisangue,68 come ad esempio Svevo, Conrad, Nabokov, Beckett, Ionesco, Cortázar, Paul Celan, Giorgio e Nicola Pressburger, Nelida Milani Kruljac, e molti altri ancora.
D'altra parte, Ceserani non trascura neppure di osservare che, di fronte alle sfide che comportano i fenomeni uniformizzanti della globalizzazione e quelli nostalgici o reazionari della localizzazione, appare del tutto illusoria e pretestuosa l'idea di costruire un canone degli autori o dei libri europei, e ciò vale anche in caso di anti-canoni o di tradizioni alternative:

«I am convinced that we should reject both the rigid national canons that form the programs of many European educational institutions and the attempts at proposing, or imposing, a universal, or Western, canon of literary masterpieces, on the type of that put forward by Harold Bloom. We should avoid any idea of building a common canon of great European books or authors. Can you imagine the European commission that picks some experts from the now twenty-five countries that belong to the Union and asks them to compute, after interminable negotiations, an official list of masterpieces of European literature? Would Fontane figure beside Flaubert or Tolstoy? Would Leopardi join the other great poets of the century, from Wordsworth to Hölderlin to Baudelaire? Should Mickiewicz or Mácha or Eça de Queiroz or Selma Lagerlöf be included? 'If I help you in obtaining the inclusion of Eminescu, will you help me in proposing the candidature of Clarín?' The negotiations will never come to an end».69

La riflessione sul canone letterario costituisce anch'essa un Leitmotiv della produzione critica di Ceserani,70 il quale, sulla scorta di Barbara Herrnstein Smith71 e di Frank Kermode,72 è disposto a riconoscere la validità dei canoni solo in quanto formazioni storiche periodicamente stabilite - ma anche costantemente revisionate - da istituzioni sociali preposte a trasmettere la cultura (e in particolare dalla scuola e dall'università), e non come valori estetici o morali rigidi e immutabili nel tempo. Di conseguenza, alla nozione implicitamente autoritaria e conservatrice del canone europeo, espressione di una ormai obsoleta modernità solida, Ceserani preferisce l'immagine liquida73 di una biblioteca europea, transitoria per natura nella misura in cui è aperta a infinite possibili aggiunte o emendamenti, organizzata per temi e aree di interesse suscettibili di ibridazione, pensata come spazio di scambio, prestito e confronto di idee e di valori:

«What we propose [...] is what we call a 'European library', a tentative list of books that are related to the topics and charts contained in the volume, selected according to our taste and preference, open to all possible additions and amendments, offered to the reader in the form of the open shelves of a library, organized by subjects and areas of interest».74

Remo Ceserani muore nel 2016, lo stesso anno in cui nasce, a Berlino, il primo degli spazi multimediali Europa Experience, successivamente aperti dall'UE in altre nove capitali europee, tra cui Roma, dove il centro Esperienza Europa è stato inaugurato nell'autunno 2022 e dedicato a David Sassoli. Gli Europa Experience sono luoghi fisici che permettono ai visitatori di conoscere meglio l'Unione Europea e le sue istituzioni attraverso vari dispositivi: un cinema immersivo, una carta geografica interattiva, video su argomenti di politica e attualità o sulle storie personali di alcuni cittadini europei, un tavolo ipermediale che simula il funzionamento del Parlamento, del Consiglio e della Commissione, un gioco di ruolo che consente di mettersi nei panni di un deputato europeo e di scoprire come nasce la legislazione dell'Unione. Tutte le attività proposte sono disponibili nelle ventiquattro lingue ufficiali dell'UE. Se avesse visitato uno di questi centri, Ceserani ne avrebbe forse ragionato nei suoi scritti di argomento europeo per riflettere su cosa comporta, nella vita quotidiana che conduciamo, essere dei cittadini transnazionali. Viene allora spontaneo immaginare che, dopo aver passeggiato fra le carte e gli schermi interattivi degli Europa Experience, Ceserani avrebbe suggerito di allestire un ambiente che simulasse l'inesauribile biblioteca europea in cui far viaggiare i cittadini dell'UE.

Precedente Successivo Scheda bibliografica Torna all'inizio della recensione Torna all'indice completo del numero


Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2023

<http://www.boll900.it/2023-i/Laghezza.html>

gennaio-maggio 2023, n. 1-2