![]() Note: 1 Tra i contributi più recenti segnalo la lettura psicanalitica, condotta soprattutto a partire da Lacan, di R. Scarfò, Dall’«Otherness» all’altro negli scritti di Anna Maria Ortese, prefazione di M. Ganeri, Reggio Calabra, Leonida Edizioni, 2012; quella ecofemminista di S. Zangrandi, La partecipazione alla natura segreta del mondo. Donne, animali, creature indecifrabili tra umano e non umano nella trilogia fantastica di Anna Maria Ortese, in «Otto/Novecento», a. XXXVII, gennaio-aprile 2013, n. 1, pp. 191-202; e quella ecologica di Alonso e i visionari offerta da T. Crivelli, Alonso, the Poet and the Killer: Ortese’s Eco-logical Reading of Modern Western History, in G.M. Annovi e F. Ghezzo (a cura di), Anna Maria Ortese: Celestial Geographies, Toronto-Buffalo-London, University of Toronto Press, 2015, pp. 409-431. Anche Vilma De Gasperin, nel suo studio accuratissimo sulle relazioni intertestuali e il concetto di alterità nell’opera di Ortese, riconduce la scelta del modo fantastico nell’Iguana a pochi, prevedibili moventi, del tutto disgiunti dalle «ethical and social issues» del romanzo: «it serves to create an engagé novel while firmly rejecting the realist mode as the only or most apt way of representing reality; and it allows Ortese to construct several layers of meaning, which would otherwise be impossible to achieve in a realist narration and in such a short text with a relatively limited number of characters. Finally, it exhalts the fictional, artistic nature of narration as a means of both creative art and social denunciation» (V. De Gasperin, Loss and the Other in the Visionary Work of Anna Maria Ortese, Oxford, Oxford University Press, 2014, pp. 223, 225-226). 2 M. Farnetti, I romanzi di Anna Maria Ortese, introduzione ad A.M. Ortese, Romanzi, vol. I, a cura di M. Farnetti, Milano, Adelphi, 2002, p. XVI. 3 F. Amigoni, I rottami del niente, in Id., Fantasmi nel Novecento, Torino, Bollati Boringhieri, 2004, pp. 95-123 (la citazione è alle pp. 120-121). 4 Cfr. M. Farnetti, Irruzioni del semiotico nel simbolico. Appunti sul fantastico femminile, in M. Galletti (a cura di), Le soglie del fantastico, 2 voll., Roma, Lithos, 1996-2001, vol. I, pp. 223-235. Farnetti ha successivamente precisato la propria proposta in Definire il fantastico femminile, in G. Rimondi (a cura di), Definire il fantastico, Atti della Giornata di Studi (Ferrara, 26 ottobre 2001), in «Nuova Prosa», luglio 2002, n. 34, pp. 237-246; Empatia, euforia, angoscia, ironia. Modelli femminili del perturbante, in E. Chiti, M. Farnetti, U. Treder (a cura di), La perturbante. «Das Unheimliche» nella scrittura delle donne, Atti del Seminario (Venezia-Firenze, 2002), Perugia, Morlacchi, 2003, pp. 9-22; Il fantastico femminile, in P. Ihring e F. Wolfzettel (a cura di), La tentazione del fantastico. Narrativa italiana fra 1860 e 1920, Atti del Convegno (Frankfurt am Main, 15-18 novembre 2001), Perugia, Guerra, 2003, pp. 217-222; Anxiety-free: Rereadings of the Freudian ‘Uncanny’, in F. Billiani e G. Sulis (a cura di), The Italian Gothic and Fantastic: Encounters and Rewritings of Narrative Traditions, Atti del Convegno (Londra, 9-10 maggio 2003), Madison-Teaneck (New Jersey), Fairleigh Dickinson University Press, 2007, pp. 46-58. Sulla sua scia si sono mosse più di recente C. Seno Reed, Ortese e il fantastico: una prospettiva femminile, in «Rassegna Europea di Letteratura Italiana», 2010, n. 36, pp. 129-140, e S. Zangrandi, Cose dell’altro mondo: percorsi nella letteratura fantastica italiana del Novecento, Bologna, Archetipolibri, 2011 (in particolare il capitolo «Alcune narratrici fantastiche», alle pp. 121-148). 5 Cfr. C. Seno Reed, Ortese e il fantastico, cit., p. 136: «È infatti la donna, in quanto essere intrinsecamente "perturbante", sia nella sua essenza sia nella sua rappresentazione, il veicolo principe per collegarci all’esperienza fantastica e che, al tempo stesso, quella stessa esperienza può inesorabilmente trasformare» (corsivi miei). Da questa discutibile premessa deriva che «il "perturbante", mutato di segno, div[iene] il veicolo naturale dell’espressività femminile e di quella ortesiana in particolare» (ivi, p. 137, corsivo mio). 6 Cfr. ivi, p. 134. 7 Ivi, p. 129. 8 F. Amigoni, I rottami del niente, cit., pp. 95-96. 9 Cfr. S. Malatesta, Il grido della colomba, in «la Repubblica», 16 settembre 1988, p. 26: «In quel periodo - la Ortese aveva diciotto anni - leggeva molto: poesia sulle antologie scolastiche dei fratelli, Chateaubriand... [...] Poi la scoperta di Poe: "La parola usata con economia e con sfarzo, il bizzarro, l’angoscioso, il fantastico autentico. E l’estrema rivolta che c’era nell' estremo fantastico"». 10 Cfr. L. Pelletier, Le récit fantastique féminin, Québec, Groupe de recherche multidisciplinaire féministe, Université Laval, 1990, p. 130: «l’expérience feminine exploite toujours le fantastique sur le mode tragique». Sulle tendenze e i caratteri del fantastico novecentesco, si veda S. Lazzarin, «Centuria». Le sorti del fantastico nel Novecento, in «Studi novecenteschi», a. XXIV, giugno 1997, n. 53, pp. 99-145; Id., Il fantastico italiano del Novecento. Profilo di un genere letterario, in cinque racconti di altrettanti autori, in «Bollettino ’900 - Electronic Newsletter of ’900 Italian Literature», giugno-dicembre 2007, n. 1-2, <http://www.boll900.it/2007-i/Lazzarin.html> (data ultimo accesso: 27/02/2016); Id., Tre modelli di fantastico per il secondo Novecento, in «Allegoria», a. XXVI, gennaio-dicembre 2014, n. 69-70, pp. 41-60. 11 Riprendo l’espressione dal titolo di un saggio di M. Farnetti, Le amiche del Mostro, in G. Rimondi (a cura di), Lo straniero che è in noi. Sulle tracce dell’Unheimliche, Cagliari, CUEC, 2006, pp. 69-78, nel quale la studiosa sviluppa la sua teoria del fantastico femminile alla luce delle riflessioni di Rosi Braidotti. 12 Se nel Cardillo addolorato «the Church comes to represent allegorically the ultimate manifestation of power» (V. De Gasperin, Loss and the Other, cit., p. 208), questo è tanto più vero per L’Iguana, dove l’identità tra religione e potere è incarnata dal personaggio di don Fidenzio Aureliano Bosio. 13 Sull’ambivalenza e l’assoluta alterità del sacro cfr. R. Otto, Il sacro: l’irrazionale nella idea del divino e la sua relazione al razionale, trad. it. di E. Bonaiuti, Bologna, Zanichelli, 1926; ed. orig. Das Heilige. Über das Irrationale in der Idee des Göttlichen und sein Verhältnis zum Rationalen, Breslau, Trewendt und Granier, 1917. Sulla scomparsa del sacro nella modernità si veda invece S. Acquaviva, L’eclissi del sacro nella civiltà industriale, Milano, Edizioni di Comunità, 1961. 14 Ne ho indagati alcuni in B. Manetti, Donne al cospetto dell'angelo: il sacro come epifania del fantastico in Paola Masino, Elsa Morante e Rossana Ombres, in «California Italian Studies», vol. 5, 2014, n. 1, <http://escholarship.org/uc/item/50f7w5k3#> (data ultimo accesso: 27/02/2016). 15 Cfr. R. Girard, La violenza e il sacro, trad. it. di O. Fatica e E. Czerkl, Milano, Adelphi, 1980; ed. orig. La violence et le sacré, Paris, Grasset, 1972; Id., Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo, trad. it. di R. Damiani, Milano, Adelphi, 1983; ed. orig. Des choses cachées depuis la fondation du monde, Paris, Grasset, 1978. 16 Cfr. S. Weil, La persona e il sacro, trad. it di M.C. Sala, Milano, Adelphi, 2012, p. 17 (ed. orig. La personne et le sacré, in Écrits de Londres et dernières lettres, Paris, Gallimard, 1957): «Ciò che è sacro, lungi dall’essere la persona, è quello che in un essere umano è impersonale. Tutto ciò che nell’uomo è impersonale è sacro, e nient’altro lo è». Di «discreazione» (décréation), Simone Weil parla in L’ombra e la grazia, trad. it. di F. Fortini, Milano, Bompiani, 2014 [Milano, Edizioni di Comunità, 1951], pp. 59 e sgg. (ed. orig. La pesanteur et la grâce, Paris, Plon, 1947). 17 Ead., La persona e il sacro, cit., p. 22. 18 Riprendo qui con più agio alcune considerazioni che ho potuto solo accennare nel già citato Donne al cospetto dell’angelo; prendevo spunto, allora, da un’intuizione di Gabriella Fiori sulla necessità, comune a Weil e a Ortese, dell’«abolizione dentro di noi e nella storia dell’idolatria per la "falsa grandezza"» (G. Fiori, Anna Maria Ortese o dell’indipendenza poetica, Torino, Bollati Boringhieri, 2002, p. 70); e soprattutto da un articolo di Margherita Pieracci Harwell, che ha avuto il merito di impostare per prima, e in modo non impressionistico, la questione dell’influenza weiliana sull’opera di Ortese, cfr. M. Pieracci Harwell, Simone Weil in Italia e la sua influenza sulla scrittura femminile degli anni Cinquanta/Sessanta, in A. Botta, M. Farnetti, G. Rimondi (a cura di), Le eccentriche. Scrittrici del Novecento, Mantova, Tre Lune Edizioni, 2003, pp. 161-177. Adesso molte prove, per quanto solo indiziarie, sono offerte da Angela Borghesi nel saggio «Ho l’eresia in cuore». Anna Maria Ortese e Simone Weil, in Ead., Una storia invisibile. Morante Ortese Weil, Macerata, Quodlibet, 2015, pp. 109-142. Se le tangenze testuali sono effettivamente inequivocabili, «almeno a partire dall’Iguana» (ivi, p. 112), più difficile è dire se la conoscenza dell’opera weiliana da parte di Ortese sia avvenuta nel 1953, quando la scrittrice si trovava a Ivrea, ospite di Adriano Olivetti, nelle cui Edizioni di Comunità escono le prime traduzioni delle opere di Simone Weil, oppure qualche anno prima a Napoli, per il tramite di Nicola Chiaromonte e della rivista anarchica «Volontà», o ancora negli anni Ottanta, quando Adelphi, che dal 1986 diventa la casa editrice di Ortese, avvia la traduzione integrale dei Cahiers (il primo volume è del 1982). 19 La lettera è citata da Monica Farnetti nella sua nota al testo del Cardillo addolorato, in A.M. Ortese, Romanzi, vol. II, a cura di A. Baldi, M. Farnetti, F. Secchieri, Milano, Adelphi, 2005, p. 1023. 20 G. Gramigna, Un matrimonio di carta, in «Corriere della Sera», 11 febbraio 1979, p. 10. 21 M. Farnetti, I romanzi di Anna Maria Ortese, cit., pp. XLVIII-XLXI. 22 La lettera è citata in L. Clerici, Apparizione e visione. Vita e opere di Anna Maria Ortese, Milano, Mondadori, 2002, p. 383. 23 In un’intervista rilasciata in occasione della ristampa di Nascita e morte della massaia per La Tartaruga, Masino afferma: «La Massaia è Riccardo III; non è adagiata; è aspra, cattiva, fa tutto con una sorta di disprezzo... C’è forse nel libro un’idea di conflitto, quasi di guerra» (E. Filippini, La Massaia nel baule, in «la Repubblica», 17 giugno 1982, p. 20). 24 Si muovono su questa linea interpretativa P. Azzolini, La donna Iguana, in Ead., Il cielo vuoto dell’eroina, Roma, Bulzoni, 2001, pp. 209-236, e A. Frizzi, Performance, or Getting a Piece of the Other, or In the Name of the Father, or The Dark Content of Femininity, or Just Like a Woman: Anna Maria Ortese’s "L’iguana", in «Italica», vol. 79, 2002, n. 3, pp. 379-390. 25 A.M. Ortese, Corpo celeste, Milano, Adelphi, 1997, p. 80. 26 Ead., L’Iguana [Firenze, Vallecchi, 1965], Milano, Adelphi, 1986, p. 172. 27 Ead., Alonso e i visionari, Milano, Adelphi, 1996, p. 96. 28 L’autocommento è riprodotto da Filippo Secchieri nell’Appendice II della sua nota al testo di Alonso e i visionari, in A.M. Ortese, Romanzi, vol. II, cit., pp. 1135-1140 (la citazione è a p. 1139). 29 Ead., L’Iguana, cit., p. 18. 30 Ead., Il cardillo addolorato, Milano, Adelphi, 1993, pp. 35, 122. 31 Ivi, pp. 40, 45, 315. "Disattenzione" è parola ricorrente nel romanzo, quasi sempre riferita a Neville: «Vi era in lui, oltretutto, adesso, non sappiamo che carenza di emozioni (o forse solo profonda disattenzione)» (ivi, p. 345); e rimanda per contrasto all’attenzione di cui Ortese parla a proposito dell’Iguana in un’intervista del 1977: «l’innamoramento è solo la maschera di una più profonda e vertiginosa attenzione: il Conte (Bontà generica, innocente, di "classe") ha intravisto il vero, la degradazione e la segregazione dell’essere umano divenuto "popolo", ma non può ammettere che sia altro che una bestia fantastica» (G. Giuga, Il mare non bagna la Liguria, in «la Fiera letteraria», a. LIII, 13 febbraio 1977, n. 107, p. 9). Attenzione è anche, e soprattutto, parola tipicamente weiliana, il cui significato è mirabilmente riassunto in La persona e il sacro, cit., p. 45: «Solo l’operazione soprannaturale della grazia fa sì che un’anima passi attraverso il proprio annientamento fino al luogo ove si accede a quel genere di attenzione che è la sola a permettere di essere attenti alla verità e alla sventura. [...] È un’attenzione intensa, pura, senza movente, gratuita, generosa. E questa attenzione è amore». 32 La lettera è conservata nell’Archivio Einaudi, Corrispondenza con autori e collaboratori italiani, cartella 147, fascicolo 2243. 33 A.M. Ortese, L’Iguana, cit., pp. 156, 164. 34 Ivi, p. 169: «Si alzò a questo punto un frate, […] e parlò per un pezzo senza essere interrotto. Disse che la colpa del conte ("è un conte anche lui, quel pover’uomo!" si disse con pietà il Daddo), se di colpa si poteva parlare, era in fondo il suo idealismo, privo di un vero senso del reale, cioè della contabilità. "Egli non vide" disse "che la grazia che lo incantava nelle creature delle isole, era costata a quelle creature l’autentico paradiso, il solo che conosciamo, il quale è sulla terra, e viene dato dietro versamento di denari"». 35 Cfr. S. Weil, L’ombra e la grazia, cit., p. 37: «Adorazione del popolo per i grandi, nel secolo XVII (La Bruyère). Era un risultato della immaginazione che colma i vuoti, risultato scomparso quando vi si è sostituito il denaro. Due risultati volgari; ma, il denaro, ancor più dell’altro». E si veda il finale di una stesura dattiloscritta di Alonso e i visionari, datata 3 novembre 1994, che recita: «Chiudo con infinita umiltà questo diario: chi lo riaprirà - quando il signore disporrà che ciò avvenga - lo crederà una storia per bambini. Ciò mi lascia fredda. So ormai con assoluta certezza che la vera storia è invisibile e cammina oltre i libri della Immaginazione, oltre i prati i fiumi le città e i delitti e le cadute dei poteri viventi» (cit. da F. Secchieri nella nota al testo di Alonso e i visionari, in A.M. Ortese, Romanzi, vol. II, cit. p. 1118). 36 Della "disumanità" di Jimmy Op, del suo essere «perduto al senso della storia umana», Ortese parla nella presentazione del romanzo Il puma dal cuore umano, in «La Stampa», 2 giugno 1996, p. 17. Ma altrettanto disumana è la «taciturna e dura» Elmina, il cui «spirito di mortificazione [...] era causa di tutto quel suo gelo interiore, di quel suo spazio interiore così vuoto e così abitato, insieme, da durezze quasi soprannaturali» (Ead., Il cardillo addolorato, cit. pp. 155, 201). 37 È forse questa la fedeltà «al Nulla, al Poco» di cui parla nel Cardillo il principe Neville (ivi, p. 394), riecheggiando la frase che campeggia sul ritratto della madre di Ilario nell’Iguana: «ho scelto il niente» (Ead., L’Iguana, cit., p. 44). Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2018 <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2018-i/Manetti.html> Giugno-dicembre 2018, n. 1-2 |