![]() ![]() Note: 1 Lo confessava umilmente all’amico Antonio Scano, in una lettera a lui indirizzata nel novembre 1897, nella quale così esordiva la giovanissima scrittrice rivolgendosi al letterato suo conterraneo: «...Ti mando anche per la Rivista delle signorine dei versi, dei quali ti accorgerai che sto meditando il delitto di un volume di poesie, e tu mi aiuterai, spero, a farlo accogliere dal Treves. Il "delitto" spero mi verrà perdonato per La Giustizia, il romanzo serio e forse triste che uscirà un altr’anno». Cfr. G. Deledda, Versi e prose giovanili, a cura di A. Scano, Milano, Edizioni Virgilio, 1972, p. 277. Sull’ostracismo praticato contro la Deledda dall’ambiente natale, che perdurò per tutta la carriera della scrittrice, si vedano in particolare M. Giacobbe Harder, Grazia Deledda. Introduzione alla Sardegna, Milano, Bompiani, 1974, pp. 7-25 e D. Turchi, Grazia Deledda e il suo ambiente, in S. Wood (a cura di), Grazia Deledda. Una sfida alla modernità, Oliena, Edizioni IRIS, 2012, pp. 49-60 (trad. it. di The challenge of the modern. Essays on Grazia Deledda, edited by S. Wood, Leicester, Troubador Publishing, 2007). 2 Non è forse inutile ricordare, per completezza d’informazione, che la Deledda si provò anche in alcuni generi di scrittura teatrale, come attestano il bozzetto drammatico Odio vince (in «Nuova Antologia», n. 194, 1904; poi in appendice all’edizione riveduta del romanzo Il vecchio della montagna, Milano, Treves, 1912); L’edera (in collaborazione con C. Antona Traversi, Milano, Treves, 1912); La grazia (dramma pastorale in collaborazione con C. Guastalla e V. Michetti, Milano, Ricordi, 1921) e infine A sinistra (bozzetto drammatico ospitato nel romanzo La danza della collana, Milano, Treves, 1924). Per la bibliografia delle opere, presente in molti contributi sulla Deledda, si rinvia in particolare ad A. Dolfi, Grazia Deledda, Milano, Mursia, 1979, pp. 171-176. 3 Ben nota ormai l’amara confessione affidata dalla Deledda a un passaggio della novella autobiografica La casa paterna, inclusa nella raccolta Nell’azzurro (Milano, Trevisini, 1890, 19292): «Avevo pubblicato i miei primi lavori, i miei primi bozzetti, a quindici anni: prima di vedere il mio nome stampato, fulgidi sogni, larve dai mantelli di raso, incoronate di fiori, avevano popolato la mia mente: erano i fantasmi della Gloria! Figuratevi dunque il mio dolore, la mia rabbia, la mia delusione quando, nella mia città natia i miei lavori furono accolti in una scoraggiante guisa e mi valsero le risa, la maldicenza, la censura di tutti e specialmente delle donne». Si cita (ora e in avanti) dall’edizione del 1929 (pp. 154-155), i cui testi in più parti presentano varianti rispetto alla loro originaria versione (1890). 4 A. Dolfi, Grazia Deledda, cit., p. 179. 5 R. Serra, Le lettere, in M. Isnenghi (a cura di), Scritti letterari, morali e politici: saggi e articoli dal 1900 al 1915, Torino, Einaudi, 1974, p. 433. 6 G. Deledda, Romanzi e novelle, a cura di N. Sapegno, Milano, Arnaldo Mondadori Editore, 1997 (8a edizione), p. XI. 7 A. Dolfi, Grazia Deledda, cit., p. 94. 8 G. Petronio, Grazia Deledda, in Letteratura italiana. I contemporanei, Milano, Marzorati, 1963, vol. I, p. 153. 9 G. Deledda, Novelle, a cura di G. Cerina, Nuoro, Ilisso Edizioni, 1996, voll. 6 (Bibliotheca sarda, nn. 7-12). 10 S. Wood, Maniere e magia: i racconti di Grazia Deledda, in Id. (a cura di), Grazia Deledda. Una sfida alla modernità, cit., pp. 87-110. 11 Ivi, p. 87. 12 Ibid. 13 D. Dubravec Labaš, Grazia Deledda e la "piccola avanguardia romana", Roma, Carocci, 2012. 14 Ivi, pp. 133-137 (Appendice I. Novelle e racconti: la parte meno studiata e meno conosciuta dell’opus della Deledda). 15 Ivi, p. 133. 16 Ivi, p. 137. 17 Come scrive G. Cerina, la Deledda «nel momento in cui riprende le novelle apparse nei periodici per ripubblicarle in volume, ritorna sul testo apportandovi significative varianti, in uno sforzo di miglioramento stilistico e linguistico e di risistemazione della composizione narrativa, a conferma di un impegno artistico costante e di una progressiva evoluzione». Cfr. G. Deledda, Novelle, cit., vol. 2, p. 20. 18 Non tredicenne, come pure ella faceva credere, tendendo a posticipare l’anno di nascita al 1875 (un piccolo segreto da donna?), nel tentativo più verosimilmente di far apparire ancor più prodigioso il suo debutto letterario. Tale mistificazione, rimasta un segreto fino alla sua morte, avrebbe ingenerato errori di prospettiva storica nella valutazione di opere e di eventi biografici anche nelle analisi di critici puntuali. Da registrare come un fatto sintomatico in tal senso il caso di J. O’Brien, autore del breve articolo Grazia Deledda’s debut, pubblicato nel 1932 su «Italica» (vol. IX, n. 1, marzo 1932, pp. 10-12). Dopo aver annunciato il rinvenimento, presso una libreria di Cambridge, di una copia della prima edizione di Nell’azzurro recante una nota autografa della Deledda («Questo è il mio primo volume! Lo scrissi che avevo tredici anni; è quindi l’opera d’una bambina, l’alba d’una lunga giornata letteraria: e come l’alba d’una giornata serena ha forse un tenue splendore di bellezza e di poesia. Roma, 8 Novembre 1905. Grazia Deledda»), O’ Brien ammetteva di aver appreso dalla stessa autrice la data esatta della sua nascita («The present writer has it directly from Signora Deledda that she was born in 1875». Ivi, pp. 11-12), ritenendola perciò attendibile al fine di inquadrare quell’esperienza narrativa nella primissima fanciullezza della nuorese (tredici-quattordici anni, anziché diciassette-diciotto). 19 Giornale per ragazzi, il «Paradiso dei bambini» fu stampato nella capitale dal 1888 al 1894. Fu diretto fino al 1890 da Onorato Roux, poi sostituito da Epaminonda Provaglio nel 1891. Su tale esperienza pubblicistica, si veda R. Carrarini, Il paradiso dei bambini: libri e periodici per l’infanzia dell’editore romano Edoardo Perino, in L. Finocchi, A. Gigli Marchetti (a cura di), Editori e piccoli lettori tra Otto e Novecento, Milano, Franco Angeli, 2004, pp. 109-120. I rapporti (non sempre idilliaci) intrattenuti dalla Deledda con l’editore Perino sono documentabili a partire dai riferimenti a quella collaborazione contenuti nelle Lettere a Epaminonda Provaglio, leggibili in G. Deledda, Opere scelte, a cura di E. De Michelis, Milano, Mondadori, 1964, vol. I, pp. 923-1120. 20 G. Deledda, Nell’azzurro. Novelle, Milano, Casa Editrice Luigi Trevisini, 1929, p. 164. 21 Sono versi estratti dall’ode L’ame di Victor Hugo (1823), citati nel volume in epigrafe: «Vole de fleur en fleur, de montagne en montagne, / remonte aux champs d’azur d’ou l’homme fut banni» (in corsivo le parti riportate dalla Deledda). 22 G. Deledda, Nell’azzurro. Novelle, cit., p. 83. 23 Ibid. 24 Su tutto ciò, si veda R. Fedi, Bozzetto e racconto nel secondo Ottocento, in La novella italiana, Atti del Convegno di Caprarola (19-24 settembre 1988), t. I, Roma, Salerno, 1989, pp. 587-606. 25 G. Deledda, Nell’azzurro, cit., p. 154. 26 Così la Deledda nella missiva indirizzata a Onorato Roux, senza data, riportata in Grazia Deledda, Versi e prose giovanili, cit., pp. 292-295 (alle pp. 293-294). 27 Lo scrive nella lettera a Stanis Manca, datata 7 dicembre 1891. Ivi, p. 267. 28 Sono parole di F. Di Pilla, dal suo La vita e l’opera di Grazia Deledda, in Grazia Deledda: premio Nobel per la letteratura 1926, Milano, Fabbri, 1966, p. 76. Tra gli omaggi che ricorrono in quei testi, sotto forma di citazioni implicite o esplicite, sono riconoscibili i riferimenti a Carducci, Ponson du Terrail, De Amicis, Costa, Cavallotti, Edel, Prati, Dickens, Lamartine, Milton. Ivi, p. 81. 29 G. Deledda, Novelle, cit., vol. 1, p. 8. 30 Ivi, p. 7. 31 F. Di Pilla, La vita e l’opera di Grazia Deledda, cit., p. 79. 32 G. Deledda, Novelle, cit., vol. 1, p. 8. 33 Id., Versi e prose giovanili, cit., pp. 269-270. 34 Così la Deledda nella lettera a Stanis Manca, datata Nuoro 18 giugno 1891, in Id., Amore lontano. Lettere al gigante biondo (1891-1909), a cura di A. Folli, Milano, Feltrinelli, 2010, pp. 63-65 (a p. 64). 35 Ibid. 36 A. Faeti, Il crepuscolo dell’orco pedagogico, in E. Perodi, Fiabe fantastiche. Le novelle della nonna, Torino, Einaudi, 1993, p. L. 37 Sulle condizioni civili e socio-culturali dello spaccato sardo ottocentesco, pure con riferimento a taluni risvolti formativi dell’attività narrativa della Deledda, si vedano le osservazioni contenute in L. Marrocu, Società e cultura nella Sardegna di fine Ottocento: note per una ricerca, in Grazia Deledda nella cultura contemporanea (Grazia Deledda nella cultura sarda contemporanea), Nuoro, Consorzio per la pubblica lettura «S. Satta», 1992, vol. 1, pp. 45-55. Rappresentativa di taluni bagliori di progettualità pedagogica, palesatisi nel corso delle avviate esperienze di scrittura della narratrice sarda (pure sottesi ai legittimi sogni di gloria coltivati nel primo periodo), risulta la confessione da lei rilasciata nell’epistola indirizzata a Stanis Manca il 1° agosto 1891, in cui scriveva: «...Io non sogno la gloria per un sentimento di vanità e di egoismo, ma perché amo intensamente il mio paese e sogno un giorno di poter irradiare con un mite raggio le foschie ombrose dei nostri boschi; narrare, intera, la vita e le passioni del mio popolo, così diverso dagli altri, così vilipeso e dimenticato e perciò più misero nella sua fiera e primitiva ignoranza...Mi si può dire che la gloria è una spaventevole cosa: si può sorridere della temerità della mia stolta fissazione, si può pensare ch’è al di sopra delle mie forze il còmpito che mi impongo: che non riuscirò mai a raggiungere la mia mèta; che non spetta ad una povera e umile fanciulla senza istruzione e senza appoggi di rialzare il nome di un paese; si rida di tutto ciò come rido io stessa nelle ore della realtà, quando facendo il mio esame di coscienza penso che la mia idea è una presunzione bella e buona; ma non si può dire che la mia anima deve restare una landa arida e deserta, benché illuminata dal sole dell’arte splendente». Cfr. G. Deledda, Versi e prose giovanili, cit., p. 265. 38 A Francesco Di Pilla, il pastore Bastiano (nome a cui forse non sarebbe errato associare una qualche suggestione verghiana) è apparso «il primo uomo solitario della narrativa deleddiana, il primo fievole abbozzo di quelle figure cui la Deledda (che non a caso le collaca fuori del consorzio umano, nei boschi e sulle montagne) assegnerà sovente, con infinite sfumature e gradazioni, un po’ il ruolo di depositari della propria ansia di innocenza [...] o della propria saggezza, rivelando talvolta, per bocca loro, l’aspetto più profondo della sua meditazione; in definitiva, la sua concezione morale». F. Di Pilla, La vita e l’opera di Grazia Deledda, cit., pp. 79-80. 39 G. Deledda, Vita silvana, in Id., Nell’azzurro, cit., p. 69. 40 P. Boero, C. De Luca, La letteratura per l’infanzia, Bari, Laterza, 2003, p. 84. 41 Sui racconti con protagonisti i bambini orfani, «eroi incompiuti alla ricerca di un destino», e sugli annessi modelli vigenti in tali narrazioni infantili di fine Ottocento, si vedano le riflessioni di E. Beseghi, Sul sentiero dei bambini orfani, in E. Besegni, G. Grilli (a cura di), La letteratura invisibile. Infanzia e libri per bambini, Roma, Carocci, 2011, pp. 78-81. 42 G. Deledda, Novelle, cit., vol. 1, p. 8. 43 V. Spinazzola, Pinocchio & C. La grande narrativa italiana per ragazzi, Milano, Il Saggiatore, 1997, pp. 33, 34. 44 Lo notava già Giovanna Cerina che «in quel racconto di avventure farraginose alcuni motivi richiamano la novella boccacciana di Andreuccio da Perugia» (cfr. G. Deledda, Novelle, cit., vol. 1, p. 9). Ma per un’analisi più compiuta sui debiti contratti dalla Deledda con la materia boccacciana nonché sul riuso da lei operato della stessa novella decameroniana, si veda E. Cesaretti, "Oh, la disobbedienza...!" Meditazioni su una novella giovanile di Grazia Deledda, in «Italica», vol. 84, n. 4 (Winter, 2007), pp. 723-734. 45 Ivi, p. 726. 46 Per dirla sempre col Cesaretti, il giovane protagonista della novella rappresenterebbe «il potenziale archetipo [...] di tutta una serie di ambigui, irresoluti personaggi deleddiani sospesi tra volontà di appartenenza ad un ordine ed esigenza di ribellione, tra tradizione ed innovazione». Ivi, p. 728. 47 Ivi, p. 727. Come Ardo anche la Deledda, scrive Cesaretti, «entro pochi anni lascerà la casa paterna» e «tendenzialmente "disobbedendo" e frequentemente rifiutando le regole esistenziali di una cultura arcaica e limitante, informerà il resto della sua narrativa proprio della centrale, drammatica ambiguità ed irresolutezza tipica di chi è diviso tra l’ossequio alle regole e l’opposto, spesso ben più allettante "impulso a contravvenire alla legge" [...], sia essa della società, della morale e non ultima di una illustre tradizione letteraria in cui si cerca nondimeno di ritagliarsi un proprio spazio». Ivi, p. 732. 48 W. Grandi, Per un approccio pedagogico ai generi narrativi, in E. Beseghi, G. Grilli (a cura di), La letteratura invisibile, cit., p. 132. 49 G. Deledda, Memorie infantili, in Id., Nell’azzurro, cit., p. 84. 50 Ivi, p. 88. 51 Ivi, p. 89. 52 Ibid. 53 Com’è noto, il romanzo autobiografico della Deledda, uscito postumo su «Nuova Antologia» nel 1936 (in volume l’anno dopo presso Treves), si apriva con una minuziosa ricostruzione di ambienti, figure e oggetti dell’abitazione paterna di Grazia/Cosima, rivelatrice a pieno della sua «curiosità e un’abilità nello scoprire angoli segreti e una attitudine a guardare le cose, a immaginarle con una sensibilità percettiva che non si fatica a definire cinematografica». Cfr. G. Deledda, Cosima, a cura di G. Cerina, Nuoro, Ilisso Edizioni, 2005, p. 12. Per il romanzo si rinvia anche all’edizione mondadoriana, curata da V. Spinazzola (con note di A. Baldini) nel 1975. 54 G. Deledda, Memorie infantili, in Id., Nell’azzurro, cit., p. 142. 55 Lo si è già registrato alla nota 3 del presente contributo, a cui nuovamente si rimanda. 56 H. Koch, Il birichino di papà, presentato da G. Deledda, tradotto da M. Campanari, illustrato da E. Abbo, Milano, Solmi, s.d. [1925], p. 5. 57 Ivi, p. 6. 58 Ibid. 59 Lo afferma la Deledda, a proposito di Fior di Sardegna, nella lettera a Epaminonda Provaglio datata Nuoro 18 gennaio 1892, leggibile in G. Deledda, Versi e prose giovanili, cit., p. 285. 60 Così scriveva in proposito a Sofia Bissi Albini, nel novembre 1899: «Io non so, Sofia, perché mi dicano pessimista, mentre credo fortemente al bene. Certo non mi piace scrivere sciocche storielle di amoretti che finiscono in matrimonio, ma se scrivo di gente quale incontro nella vita, e cioè più malvagia che buona, lo faccio con la ferma convinzione di far opera morale, condannando sempre il male». Ivi, p. 279. 61 Nella lettera del 20 dicembre 1893, precedentemente riportata nel testo. 62 Per l’accezione del termine, con riferimento alla scrittura infantile intrapresa da alcuni tra i maggiori letterati italiani del secondo Novecento (Deledda esclusa), si veda U. Fracassa, Sconfinamenti d’autore. Episodi di letteratura giovanile tra gli scrittori italiani contemporanei, Pisa, Giardini, 2002. 63 A. Ascenzi, M. Di Felice, R. Tumino (a cura di), «Santa Giovinezza!». Lettere di Luigi Bertelli e dei suoi corrispondenti (1883-1920), Macerata, Alfabetica, 2008, p. 23. 64 Bertelli e Bemporad si trovarono d’accordo nel ritenere «che era opportuno, nella assoluta deficienza di giornali per ragazzi, creare una piccola rivista settimanale, istruttiva ma che non stancasse l’attenzione dei lettori, educatrice ma senza annoiarli, interessante senza sforzarne la immaginazione, divertente senza sguaiataggini e senza volgarità, artisticamente e riccamente illustrata, e che accendesse e tenesse viva sempre nel suo pubblico la fiamma degli eterni ideali per la Patria e per l’Umanità, non con la vana retorica di frasi fatte, ma con la forza che viene dalla sincerità dell’accento di chi comunica affetti profondamente sentiti». Cfr. Vamba, Santa Giovinezza! Libro per i ragazzi, Firenze, Bemporad, 1927, pp. 328-329. 65 Lettera a Luigi Bertelli, Nuoro 17 agosto 1909, in A. Ascenzi, M. Di Felice, R. Tumino (a cura di), «Santa Giovinezza!». Lettere di Luigi Bertelli e dei suoi corrispondenti (1883-1920), cit., p. 469. 66 Lo testimoniano vari passaggi epistolari della corrispondenza tra i due. In particolare, la lettera indirizzata dalla scrittrice a Vamba il 18 agosto 1909, in cui ella ammetteva francamente: «Temo sia impossibile intenderci perché io, come Le scrissi, non cedo a nessun prezzo l’assoluta proprietà dei miei lavori. Ne vendo solo le edizioni, una dopo l’altra, e uso prendere una percentuale che non è mai inferiore al 33 per cento sul prezzo di copertine di ogni copia degli unici volumi». E soggiungeva in conclusione: «Una parte della percentuale mi viene versata all’atto della pubblicazione del volume, e per il resto si fanno i conti ogni sei mesi. Capirà quindi che io non potrei, anche volendo, fissare una somma per ogni novella perché la vendita delle copie di un volume può andare al di là delle previsioni dell’autore e dell’editore, o arrestarsi anche al di qua delle stesse previsioni». Ivi, p. 471. 67 Per un esauriente profilo biografico e artistico del pittore sassarese, si rinvia alla monografia di G. Altea, M. Magani, Giuseppe Biasi, Nuoro, Ilisso Edizioni, 1998. Vi si apprende che il Biasi conobbe la Deledda intorno all’estate del 1908, nel corso di un suo soggiorno a Nuoro. Tra i due nacque subito un’empatia che si tramutò presto in accordo di collaborazione, finalizzato sia al «Giornalino della Domenica» sia ad altre riviste nazionali ed estere. Sempre una grande impressione avrebbe la scrittrice ricavato dalla visione delle tavole dell’illustratore conterraneo, le quali - ella sosteneva - «più di ammararle io le sento, e mi sembrano perfette per l’animo, per il colore locale che le rende vive e palpitanti» (Lettera a Giuseppe Biasi, Roma 11 gennaio 1909. Ivi, p. 333). 68 A. Ascenzi, M. Di Felice, R. Tumino (a cura di), «Santa Giovinezza!». Lettere di Luigi Bertelli e dei suoi corrispondenti (1883-1920), cit., p. 475. 69 Lettera di Giuseppe Biasi a Luigi Bertelli, Sassari [1909]. Ivi, pp. 493. 70 Ivi, p. 494. 71 Lettera inviata a Luigi Bertelli da Cicognara (Mantova), il 14 ottobre 1909 (ivi, p. 485). L’attenzione al folklore regionale fu una prerogativa del «Giornalino». Nel 1908, infatti, il settimanale di Vamba ospitò una serie di articoli intitolati "Il bel paese", con lo scopo di descrivere singole realtà locali della Penisola, puntando poi l’anno successivo a includere novelle di autori italiani che illustrassero «nella lor luce e nei loro colori le tradizioni e i caratteri speciali d’ogni regione» (G. Altea, M. Magani, Giuseppe Biasi, cit., p. 33). Il compito di caratterizzare il contesto sardo fu naturalmente assegnato alla Deledda, che forte della complicità figurativa del Biasi, mise a frutto l’esperienza demologica conseguita negli anni della collaborazione con la «Rivista delle tradizioni popolari» di Angelo De Gubernatis. Testimonia la fase degli interessi popolari della nuorese l’importante carteggio da lei intrattenuto proprio col De Gubernatis, leggibile in G. Deledda, Lettere ad Angelo De Gubernatis (1892-1909), a cura di R. Masini, Sassari-Cagliari, Cuec, 2007. 72 Come riconobbe Henrik Schück a proposito dell’arte deleddiana, nel suo discorso ufficiale per il conferimento del Nobel, «la natura che essa descrive ha i contorni semplici e grandiosi del paesaggio antico, tutto ne ha la casta purezza e la maestà. È una natura animata in modo meraviglioso che si armonizza perfettamente con la psicologia dei personaggi». Cfr. Grazia Deledda: premio Nobel per la letteratura 1926, cit., p. 19. 73 Le ricerche effettuate hanno consentito di rinvenire soltanto il numero del 26 dicembre 1909 del «Giornalino della Domenica» (anno IV, n. 52), contenente la novella deleddiana Il maialino di Natale. Novella che poi non è altro che Il vecchio Moisè, storia di un guardiano abilissimo nell’intrattenere i bambini con i suoi racconti (come quello incentrato sul furto di un maialino subito in occasione del Natale), figurante nella successiva raccolta Il dono di Natale (1930). Un’altra lampante dimostrazione di come la Deledda ritornasse frequentemente sui propri testi, anche a distanza di anni, ripubblicandoli con aggiustamenti ed emendamenti in occasione di una nuova stampa. Della novella I sette fratelli, ospitata sul numero del 20 novembre 1910 del «Giornalino», si fa menzione in G. Altea, M. Magani, Giuseppe Biasi, cit., p. 39. Invece, per ciò che attiene alla pubblicazione de I tre vecchi, essa si evince da un passaggio di una lettera romana (di tono polemico) indirizzata dalla Deledda al Bertelli il 28 ottobre 1911 (cfr. A. Ascenzi, M. Di Felice, R. Tumino [a cura di], «Santa Giovinezza!». Lettere di Luigi Bertelli e dei suoi corrispondenti (1883-1920), cit., p. 536). Lettera nella quale la scrittrice fa pure riferimento al manoscritto di un’altra sua novella destinata al «Giornalino», intitolata Una passeggiata, di cui rivendica il possesso presumibilmente per la sfumata opportunità di pubblicazione. Data la brevità, si riporta per intero la suddetta testimonianza epistolare: «Egregio Signor Bertelli, Le scrissi altre due volte ed Ella non s’è neppure degnato di rispondermi. Sono dunque dolente di avvertirla che se Ella non si decide a far ricercare e mandarmi il manoscritto di Una passeggiata e di inviarmi il compenso della novella I tre vecchi io metterò la cosa in mano del mio avvocato. Salutandola. Dev. Grazia Deledda» (ibid.). 74 G. Altea, M. Magani, Giuseppe Biasi, cit., p. 33. 75 Conclusa questa prima fase nel 1911, il «Giornalino della Domenica» avrebbe riaperto i battenti nel 1918, sempre sotto la direzione di Bertelli, che ne fu alla guida fino al 1920, anno della sua morte. Dal 1921 al 1924, stampato a Milano, sarà diretto da Giuseppe Fanciulli, che ne farà un quindicinale. Diventato un foglio mondadoriano nel 1925, cesserà definitivamente le pubblicazioni nel 1927. Per maggiori ragguagli storici, si rinvia a P. Boero, C. De Luca, La letteratura per l’infanzia, cit., pp. 142-146; C. Gallo, Vita, morte, miracoli e resurrezione del «Giornalino della domenica»: da Bemporand a Mondadori (1906-1927), in L. Finocchi, A. Gigli Marchetti (a cura di), Editori e piccoli lettori tra Otto e Novecento, cit., pp. 317-338; A. Ascenzi, M. Di Felice, R. Tumino (a cura di), «Santa Giovinezza!». Lettere di Luigi Bertelli e dei suoi corrispondenti (1883-1920), cit., pp. 31-36. 76 Sempre affidati alle forme del bozzetto e della novella, motivi riguardanti l’universo infantile e adolescenziale sarebbero ricomparsi nelle più tarde raccolte Chiaroscuro (1912), Il fanciullo nascosto (1915) e Il dono di Natale (1930). 77 Nella penuria di riferimenti al contributo offerto dalla Deledda alla letteratura per l’infanzia, testimoniata dai principali studi sul genere (si vedano almeno i ‘classici’ M. Valeri, E. Monaci, Storia della letteratura per fanciulli, Bologna, Malipiero, 1961; A. Faeti, Letteratura per l’infanzia, Firenze, La Nuova Italia, 1977; P. Boero, C. De Luca, La letteratura per l’infanzia, cit.; ma anche i più recenti G. Marrone, Storia e generi della letteratura per l’infanzia, Roma, Armando Editore, 2002; E. Beseghi, G. Grilli (a cura di), La letteratura invisibile. Infanzia e libri per bambini, cit.), fa eccezione l’affondo essenziale dedicato alla nuorese da F. Bernardini Napoletano, nel suo ragguaglio sulle Scritture femminili per l’infanzia tra Ottocento e Novecento (in Inchiostri per l’infanzia: letteratura ed editoria in Italia dal 1880 al 1965, Roma, De Luca, 1998, pp. 13-19 [alle pp. 14-15]. Sembra ora finalmente reagire al perdurante clima di oblio e d’ingenerosità riservato alla Deledda narratrice per l’infanzia da parte della critica (non solo letteraria dunque, ma anche pedagogica) la recente antologia curata da S. Calabrese (Letteratura per l’infanzia: dall’Unità d’Italia all’epoca fascista, Milano, BUR, 2011), nella quale risultano incluse tre novelle deleddiane (Anellino d’argento, Il pane, La casa della luna), tutte tratte dalla raccolta Il dono di Natale del 1930. 78 Cfr. Il libro della terza classe elementare. Letture, Religione, Storia, Geografia, Aritmetica, Roma, La Libreria dello Stato, 1931. Se ne parla in A. Centin, Grazia Deledda e il fascismo, nel volume miscellaneo di C. Salvadori Lonergan (a cura di), Insularità e cultura mediterranea nella lingua e nella letteratura italiana. L’Italia insulare (Atti del XIX Congresso dell’A.I.P.I., Cagliari, 25-28 agosto 2010), vol. I, Firenze, Franco Cesati Editore, 2012, pp. 265-273. Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2013 <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2013-i/Scardicchio.html> Giugno-dicembre 2013, n. 1-2 |