Maria Dolores Pesce, Massimo Bontempelli drammaturgo, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 2008, pp. 156, € 16,00

di Fulvia Airoldi Namer

 

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Maria Dolores Pesce, docente di Storia del teatro presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Torino, ha scoperto con evidente entusiasmo il teatro di Bontempelli, a cui ha dedicato questo saggio, enunciando l'ambizioso proposito «attraverso l'analisi testuale e un rinnovato inquadramento storico» di dimostrare «l'esistenza di una intuizione e di una visione estetica coerente» e comune sia alla poetica , sia alla drammaturgia dello scrittore comasco. Lo studio più che su opere critiche recenti (sono comunque citati Paolo Puppa e Ugo Piscopo), si basa soprattutto su alcuni degli studi più tradizionali (di Luigi Baldacci, Gigi Livio, Lia Lapini, Fernando Tempesti, B. Nuciforo Tosolino...) e soprattutto sul n.13, anno IV, della «Rivista italiana di drammaturgia» (1979), interamente consacrato al teatro bontempelliano. Ma soprattutto M.D. Pesce, che colloca i drammi bontempelliani su uno sfondo teatrale e culturale prevalentemente italiano (futurismo, grottesco, teatro di Pirandello), oltre a presentarli con con diligente dovizia di particolari, cita numerosi e amplissimi brani di tutti i lavori teatrali dello scrittore comasco. E non solo di quelli di cui Alessandro Tinterri ha curato la riedizione nel volume einaudiano del 1989 (Guardia alla luna, 1916, Siepe a Nord-ovest, 1918, Nostra dea, 1925, Minnie la Candida, 1928) ma soprattutto di tutte le altre commedie "riconosciute" da Bontempelli e ormai introvabili, se non nelle biblioteche o presso librai antiquari. Negli anni 30 egli aveva scritto La Fame, Bassano, padre geloso, Valoria e Nembo; nel 1942 Cenerentola, nel dopoguerra, Venezia Salva e L'innocenza di Camilla. Il saggio di M.D. Pesce vale quindi anche come una preziosissima antologia grazie alla quale studiosi e lettori possono accostarsi ai drammi bontempelliani, in mancanza oltre che della riedizione dei testi, anche - e soprattutto - della loro rappresentazione davanti a un pubblico, indispensabile alla ricezone autentica di ogni opera teatrale. L'autrice, che si dilunga giustamente sull'esperienza bontempelliana del «Teatro degli Undici», ricorda le rarissime messe in scena - negli anni Venti - di Nostra Dea e di Minnie la Candida, (da segnalare comunque che in questi ultimi decenni i due drammi sono stati riproposti al pubblico da compagnie importanti almeno una volta ciascuno).
M.D. Pesce, analizzando il teatro di Bontempelli (e traendone la nozione di "realismo magico" a cui lo accosta, principalmente da L'avventura novecentista ripubblicata nel 1974 da Ruggero Jacobbi, e non direttamente dai «Cahiers du '900»), applica spesso in modo assai sorprendente il termine narrazione (la quale «agendo sull'immagine, anche interiore o inconscia, che si ha e si dà della realtà, ha la possibiltà di influire su di essa») anche al linguaggio teatrale, quando per esempio parla dell'"attualità" di Bontempelli. «In primo luogo - scrive M.D. Pesce - va presa in considerazione l'affermazione dell'autonomia del testo drammatico, come prima conseguenza dell'autonomia intrinseca dell'intuizione e della narrazione, nonché la consapevolezza della necessità di una particolare predisposizione del testo stesso in funzione della sua rappresentazione». E in queste caratteristiche l'autrice scorge l'anticipazione della poetica elaborata da Eduardo Sanguineti (su cui ella ha lavorato per la sua tesi di laurea) del travestimento «come preparazione del testo e della parola al suo transito in scena, la necessità di questo transito per recuperare senso e significato alla parola stessa banalizzata, e infine la necessità di rafforzare il testo, nella sua autonoma predisposizione, attraverso un'accurata notazione».
Sono frasi interessanti, che invitano a nuove ricerche, per le quali comunque sarebbe necessario che, per un'eventuale ristampa di Bontempelli drammaturgo, l'autrice ne ampliasse la bibliografia, semplificando magari anche il proprio linguaggio, e tenendo conto dei saggi, numerosi e originali, pubblicati negli ultimi decenni in Italia e all'estero sull'opera - e sulle opere - di Bontempelli.
È comunque molto importante che, malgrado le scarse ristampe delle opere di Bontempelli, alcuni saggi (ispirati più o meno tutti all'Avventura Novecentista, ripubblicata da R. Jacobbi nel 1947) mettano in risalto la molteplicità dei suoi interessi e l'originalità delle sue intuizioni: vedi M.D. Pesce per il Bontempelli drammaturgo, Chiara Simonigh (Il nuovo spettacolo, in Il cinema e la vergogna, Torino, Testo immagine, 1998) per il teorico del cinema, E. Pontiggia (Realismo magico e altri scritti sull'arte, 2006) per il "non-critico" d'arte.

 

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