![]() ![]() Note: 1 C.E. Gadda, lettera a B. Tecchi del 6 marzo 1926, in All'amico fraterno, Milano, Garzanti, 1984, a cura di M. Carlino, pp. 43-44. 2 G. Contini, Quarant'anni di amicizia. Scritti su Carlo Emilio Gadda (1934-1988), Torino, Einaudi, 1989, p. 48. 3 Si veda in proposito G. Oddeino, Gadda o la creatività del non-finito, in Metamorfosi della novella, a cura di G. Bàrberi Squarotti, Foggia, Bastogi, 1985. 4 P.V., Mengaldo, Fu un vero narratore?, in Giudizi di valore, Torino, Einaudi, 1999, pp. 116-119. 5 C.E. Gadda, Meditazione milanese, in Opere (Milano, Garzanti, 5 voll., 1988-1993), vol. V, p. 735. Ivi anche p. 827. L'espressione torna anche nel saggio eponimo della raccolta I viaggi la morte, in Opere, cit., vol. III, p. 578: «Se abbiamo camminato e navigato, non era a cercare immagini e sogni, ma per mettere in ordine il mondo». 6 C.E. Gadda, Racconto italiano di ignoto del Novecento, in Opere, cit., vol. V, p. 396. 7 Gadda stesso scrive in Impossibilità di un diario di guerra, ne Il castello di Udine, in Opere, cit., vol. I, p. 141: «Il mio diario di guerra contiene dei giudizi, esso è dunque impossibile», dando così voce a questo paradosso fondativo della sua scrittura. Pecoraro, nella sua lettura dell'opera gaddiana come scrittura giudiziaria, in cui l'autore sarebbe cioè al contempo testimone, accusatore e giudice del suo tempo, trova la radice del paradosso sopra evidenziato nella «totale mancanza di illusione nella trasparenza del mezzo linguistico» da parte di Gadda, in A. Pecoraro, Gadda, Bari, Laterza, 1998, p. xii. 8 C.E. Gadda, Elogio di alcuni valentuomini, già in «L'Ambrosiano», 27 novembre 1931, poi in Il castello di Udine, ora in Opere, cit., vol. I, p. 130. 9 C.E. Gadda, Racconto italiano di ignoto del Novecento, in Opere, cit., vol. V, p. 396. M. Carlino, in Gadda, progettualità e scrittura, a cura di M. Carlino et al., Roma, Editori Riuniti, 1987, sostiene che «eleggere equivarrebbe a depotenziare gnoseologicamente la scrittura [...] fondere è infine impossibile, come impossibile è eleggere», Ivi, pp. 90-91. 10 R. Dombroski, Apocalypse how? Gadda, Svevo, Pirandello, in «EJGS», <http://www.ed.ac.uk/italian/gadda>, p. 5. 11 A. Roncallo, Variabili nella tipologia dei testi letterari: romanzo e racconto, in L. Coveri, (a cura di) Linguistica testuale, Roma, Bulzoni, 1984, pp. 153-166, alle pp. 154-156. Proprio alla brevitas del racconto è stata fatta risalire questa interessante distinzione sul valore della descrizione nell'economia narrativa. 12 M. Carlino, in Gadda, progettualità e scrittura, cit., pp. 90 e 93. 13 Per la definizione di macrotesto ci riferiamo a G. Cappello, La dimensione macrotestuale, Ravenna, Longo, 1998, pp. 7-62. Per macrotesto si intende la raccolta di testi brevi di un unico autore; la nozione è da intendersi in un certo senso, come iperonimo di canzoniere, ed è stata coniata da M. Corti a proposito del Marcovaldo calviniano. Il problema su cui si basa è se esista un ordinamento di testi che produce un incremento di senso. 14 C. Segre, Le tre rivoluzioni di C.E. Gadda, in «Acme» Annali della facoltà di lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Milano, 1998, 51, 2, pp. 3-12; ora in Letteratura italiana del Novecento, Bilancio di un secolo, a cura di A. Asor Rosa, Torino, Einaudi, 2000, pp. 435-448, a p. 441. 15 Ivi, p. 438. 16 G. Guglielmi, Le forme del racconto, in La prosa italiana del Novecento II. Tra romanzo e racconto, Torino, Einaudi, 1998, p. 4. 17 C.E. Gadda, Intervista al microfono, in I viaggi la morte, in Opere, cit., vol. III. 18 C.E. Gadda, La morte di Puk, Madonna dei Filosofi, Opere, cit., vol. I, p. 43. 19 R. Franchi, recensione a La Madonna dei Filosofi uscita in «Italia letteraria» il 9 agosto del 1931. Da parte sua Tanelli, nell'analizzare la raccolta incorre in un'interpretazione a nostro parere forzatamente storicizzata, collegando la problematica esistenziale gaddiana nell'orizzonte di crisi degli anni in cui scrive i testi della Madonna dei Filosofi, ossia gli anni dell'avvento del Fascismo in Italia: «Nonostante la frammentarietà dei racconti, la narrativa è costruita intorno ad un solo problema, o, meglio, intorno alla domanda più profondamente sentita da tutti i personaggi, perché fondamentale nella vita contemporanea: "Come agire di fronte alla realtà?», p. 19 in O. Tanelli, La tecnica narrativa di C.E. Gadda ne «La Madonna dei Filosofi», in «Le ragioni critiche», 1978, pp. 19-31. 20 G. Guglielmi, La prosa italiana del Novecento. Umorismo, metafisica, grottesco, Torino, Einaudi, 1986, p. 21. 21 C.E. Gadda, Eros e Priapo, in Opere, cit., vol. IV, p. 240. 22 C.E. Gadda, Dopo il silenzio, in Accoppiamenti giudiziosi, in Opere, cit., vol. II, p. 639. 23 «Per Gadda le opere di Caravaggio erano un'epifania di quelle che egli ha chiamato tante volte "le ragioni della vita"», così riassume questo debito fondamentale di Gadda nei confronti dell'arte di Caravaggio Ezio Raimondi nel suo Barocco moderno. Roberto Longhi e Carlo Emilio Gadda, Milano, Bruno Mondadori, 2003, p. 167. 24 C.E. Gadda, Scritti Dispersi, in Opere, cit., vol. III, p. 1102. 25 Testimonianza riportata da V. Bompiani, 1973, Via privata, Milano, Mondadori, pp. 229-230 (cfr. infra). Eppure il problema di una definizione di genere trova Gadda sensibile, se nel suo risvolto di copertina della silloge saggistica de I viaggi e la morte, Milano, Garzanti, 1958, egli scrive: «Saggi, brevi saggi, è il nome che nelle letterarture occidentali si suol conferire a un siffatto genere di lavorucci. Ma forse varrebbe, per il libro che si occupa, il francese Entretiens. Il lettore vi potrà scorgere, a dispetto di qualche impressione momentanea, una coerenza tonale nell'istruttoria e del giudizio delle cause, lievi cause: quella coerenza che al secol nostro si usò chiamare una linea». Il testo viene qui citato dalla nota a I viaggi e la morte di C. Martignoni, in Opere, cit., vol. III, p. 1300. 26 C.E. Gadda, Scritti Dispersi, in Opere, cit., vol. III, p. 741. 27 C.E. Gadda, Scritti Dispersi, in Opere, cit., vol. III, pp. 936-937. 28 G. Guglielmi, Le forme del racconto, in La prosa italiana del Novecento II, cit., p. 3. 29 E. Auerbach, La tecnica di composizione della novella del primo Rinascimento in Italia e in Francia, Roma-Napoli, Ed. Theoria, 1984. 30 Ivi, p. 73. Corsivo nostro. 31 Ivi, p. 74. 32 Lettera a G. Contini del 2 gennaio 1952 [1953], n. 60 delle Lettere a Gianfranco Contini a cura del destinatario, 1934/1967, Milano, Garzanti, 1988, p. 86. 33 G. Manganelli, Che cosa non è un racconto, in Il rumore sottile della prosa, pp. 33-35. 34 C.E. Gadda, Meditazione milanese, in Opere V, cit., p. 691. 35 C.E. Gadda, Secondo libro della Poetica, in «I quaderni dell'ingegnere. Testi e studi gaddiani», n. 2, Napoli, Ricciardi, 2003. 36 C.E. Gadda, Meditazione milanese, in Opere, cit., vol. V, p. 842. 37 A. Moravia, Racconto e romanzo, in L'uomo come fine e altri saggi, Milano, Bompiani, 1964, p. 275, già Prefazione a Racconti Italiani, a cura di G. Carocci, Milano, Lerici, 1957. 38 Ivi, p. 277. Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature - © 2005-2006 Giugno-dicembre 2005, n. 1-2 |