Ilaria Scola
Le donne di John Currin

Torna all'indice completo del numero Mostra indice delle sezioni Togli testata



Il pittore John Currin è considerato uno dei più importanti pittori del momento. Nato in Colorado nel 1962, Currin appartiene al gruppo di pittori usciti dalla Scuola d'Arte della Yale University nel 1986. Dal Novembre del 2003 al Febbraio del 2004, l'opera di Currin è stata oggetto di una mostra al Whitney Museum of American Art di New York, per una retrospettiva sulla carriera dell'artista. Già presentata a Londra e Chicago, la mostra includeva quarantacinque dipinti prodotti negli ultimi dieci anni.
John Currin è noto per i suoi ritratti di donne raramente rappresentate con proporzioni normali. Nella mostra, di fatto, numerosi erano i ritratti di donne e gruppi di donne, mentre pochissimi erano i ritratti di figure maschili. Magrissime o giunoniche, giovani o vecchie, in ogni caso le donne di Currin sono la rappresentazione di una bellezza femminile deformata o finta, in ultima analisi una caricatura della figura femminile. Ma negli occhi privi di espressione e nei sorrisi gelidi di queste donne Currin sembra rappresentare la decadenza morale determinata dalla routine del denaro o dai media all'interno di certe classi sociali americane. Infatti, la vera protagonista della pittura di Currin sembrerebbe l'America WASP, i bianchi anglosassoni puritani, rappresentati come personaggi ben vestiti e ben curati, con facce deprivate di ogni vita interiore, occhi vuoti, ridotti a cerchietti privi di qualsiasi profondità. Attraverso queste immagini Currin fa la parodia dell'America puritana e del "politically correct".
Fondendo la lezione dei grandi maestri (Botticelli, Tiepolo, Mantegna, Cranach, ecc.) con elementi di cultura popolare americana (TV, Cosmopolitan, Playboy, ecc.), il pittore crea una chiara immagine visuale, triste e insieme comica, di una società che si percepisce nei suoi falsi valori di apparenza, ricchezza e bellezza artificiale: i vestiti costosi, gli accessori importanti, le acconciature alla moda che dichiarano il potere delle donne americane come Mrs. Omni; i capelli patinati della bionda di Park City Grill che fanno pensare alla pubblicità per uno shampoo; gli interni di ambienti che pur belli restano impersonali siano essi il ristorante di Park City Grill o il soggiorno di Stamford after brunch; la bellezza misurata sulle taglie di reggiseno di Bra Shop, che non può non fare pensare al tanto popolare quanto sessista Victoria Secret d'invenzione americana. Comunque, le deformazioni e distorsioni ironiche della pittura di Currin provocano ma non scuotono e si consegnano più come una esaltazione che una critica della società puritana. Un esempio è Thanksgiving, dove Currin fa la parodia della festa del ringraziamento attraverso una scena di consumismo rappresentato per negazione: un gigantesco tacchino crudo, un piatto vuoto, e tre donne magrissime. La scena sembrerebbe una cinica celebrazione della parabola di consumismo e insaziabilità dell'America e del mondo occidentale.
A proposito dell'arte in America, Bertrand Russel diceva: «Dalle società virtuose in modo convenzionale, non è mai sorta la grande arte. L'arte è nata tra uomini che nell'Idaho sarebbero stati sterilizzati». (Matrimonio e Morale, 1929). È forse proprio questo moralismo convenzionale e formale che nuoce all'immaginazione e all'arte di Currin.

 

Precedente Successivo Scheda bibliografica Torna all'inizio della recensione Torna all'indice completo del numero Mostra indice delle sezioni


Bollettino '900 - Electronic Newsletter of '900 Italian Literature - © 2004-2005

<http://www3.unibo.it/boll900/numeri/2004-i/Scola.html>

Giugno-dicembre 2004, n. 1-2