Stefano Benni, Achille piè veloce, Milano, Feltrinelli, 2003, pp.231, € 14,50
di Manuela Mellini

 

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«Cosa succede alle persone cosiddette normali...»

Ulisse, il protagonista dell'ultima fatica di Benni, non ha molto dell'eroe, tranne un innegabile senso della giustizia e della correttezza, più a livello teorico-politico che personale. È un uomo tra i trenta e i quaranta, perde i capelli ed è costantemente invaso dal terrore di invecchiare, o, per lo meno, da quello di apparire vecchio. Lavora come lettore in una casa editrice sull'orlo del fallimento; ha anche scritto e pubblicato un libro, ma poi ha perso ogni ispirazione. Soffre di «insonnia pistoria» o «morbo del fornaio»: non riesce a dormire durante la notte, restando attivo e più che desto, salvo poi addormentarsi nel corso della giornata, finendo in preda a sogni e allucinazioni congenite quanto surreali. Ha per fidanzata Pilar, una ragazza sudamericana che ama, pur senza abbandonare il proprio essere un «poligamo politropo»: non sa trattenersi dal cogliere al volo tutte le occasioni che gli capitano.
Nella sua Odissea vortica una serie di personaggi più o meno mitologici: Vulcano, il direttore della casa editrice, irruente e tanto poco dotato per gli affari, quanto amante delle comodità; Circe, la segretaria tentatrice, la maga che, molto poco metaforicamente, trasforma persino Ulisse in un maiale; Penelope, alias Pilar, che, a causa della sua bellezza, è costantemente circondata da Proci. Ma ci sono anche personaggi "benniani" in senso stretto, come i due operai Stanzani e Olivetti (detti Stan e Oliver), con l'hobby di presenziare a ogni sciopero possibile e immaginabile, o i vari critici a cui Ulisse è costretto a rivolgersi per un'introduzione alla collana «Over 100», dedicata a scrittori obesi. Al fianco di Ulisse, dal principio alla fine, c'è un Virgilio: Virgilio Colantuono, un professore che abita in «un paese del Sud dimenticato da tutti, anche dalla mafia», autore di un manoscritto che attende solo di essere letto da Ulisse: Memorie dalla cattedra, seicento pagine di autobiografia su cinquant'anni di insegnamento. Una guida che non è una guida: alto otto centimetri, se ne sta nascosto nella tasca di Ulisse per uscirne solo di tanto in tanto: intimorito, godereccio ma moralista.

«...quando incontrano di colpo un matto che urla o le investe di un delirio incomprensibile? Quando vedono qualcuno crollato a terra, o inchiodato da uno spasmo sui gradini di una chiesa?...»

Il protagonista un giorno riceve una lettera, brutalmente intelligente ma misteriosa, oscura, scritta da un certo Achille. Incuriosito, riesce, non senza difficoltà, a mettersi in contatto con lui. Achille è un ragazzo disabile, deforme, colpito da una grave e rara malattia e da un intervento completamente sbagliato. Sta su una sedia a rotelle, un cavallo alato di metallo, e riesce a muovere solo la testa e le mani. È legatissimo alla casa in cui vive e rifiuta violentemente di allontanarsene, fosse anche per curarsi. Raramente parla, di solito comunica attraverso la tastiera di un computer. Vive con la madre Teti, l'unica veramente capace di amare il figlio, e il fratello Febo, un moderno quanto squallido arrampicatore sociale, impiegato presso la Crepa (Credito Patria, banca loggista che ha finanziato l'ascesa al potere del Duce), che vorrebbe finalmente rinchiudere il fratello in una clinica e dimenticarsi così della sua esistenza.

«...Dopo l'incontro restano immobili, con un'espressione di disagio, di paura o di stordimento...»

Tra Achille e Ulisse comincia un rapporto difficile, tra alti e bassi, attrazione e rifiuto, che avrà esiti sorprendenti. Achille non può uscire, non può avere una ragazza, e chiede a Ulisse di parlargli di Pilar per poterla sentire vicina, sua. Dai loro incontri, sempre più frequenti e sempre più imprevedibili, Achille fa nascere, pagina dopo pagina, un romanzo.

«...Ma il loro volto è cambiato, è come se fossero state fotografate da una luce accecante, scuotono la testa, parlano da sole, per un attimo anche la loro normalità sembra incrinata...»

L'Ulisse in questione non vagherà per vent'anni, in cerca della terra madre, ma sarà investito da una serie di inevitabili catastrofi. La Forge, casa editrice in cui lavora, ha le ore contate, nonostante Ulisse cerchi stoicamente di non cedere tutto il proprio lavoro alla Mondial, colosso editoriale sostenuto dal Duce e dalla Crepa, come Valerio-Vulcano vorrebbe. Febo, per guadagnare maggiori possibilità di carriera, vuole vendere la propria abitazione alla Crepa, nonostante Achille. A tale scopo ricatta Ulisse: che convinca Achille a cedere, oppure Pilar tornerà nel suo paese, dal momento che qualche amico di Febo alla Questura si è preso la briga di rovistare tra i documenti della ragazza, scoprendone uno non esattamente regolare.
La situazione sembra precipitare in un vortice senza fine, ma è proprio dal momento più doloroso e commovente che parte l'ascesa. Achille regala a Ulisse il proprio manoscritto, nato dalla loro amicizia, assolutamente geniale: in cambio vuole la promessa che sarà Ulisse a pubblicarlo, col proprio nome. Chiede a Ulisse di ucciderlo, per poi proseguire la propria avventura: Achille muore giovane, è Ulisse che continua la strada fino ad Itaca. Ma Odisseo si rifiuta, non riesce, e scappa.
E da questo momento qualcosa cambia. Dapprima Ulisse trova una critica disposta a scrivere la prefazione a «Over 100». Poi, va in Questura con delega di Pilar. Trova un commissario dal volto umano, che gli propone uno scambio alla pari. Il commissario ha un padre, ormai vecchio, che, molto tempo prima, aveva scritto le sue memorie, mai pubblicate: il padre è Virgilio Colantuono, l'opera è Memorie dalla cattedra. La pubblicazione del testo equivale alla distruzione dei documenti irregolari di Pilar. Ulisse accetta entusiasta, anche per ragioni di affetto verso la sua non guida. Corre poi a trovare Achille e scopre che il ragazzo è morto, un suicidio-omicidio di cui amorevoli complici sono la madre e lo stesso Ulisse: Achille ha realizzato il suo desiderio, non sarà mai rinchiuso in una casa di cura. Il suo manoscritto, a nome di Ulisse, è già nelle mani di Vulcano. Dulcis in fundo, il governo crolla, il Duce è costretto alla fuga e così pure tutti i suoi complici, Febo compreso. Vulcano, sbalordito dalla bellezza del romanzo di Ulisse, che di Ulisse non è, rinuncia alla Mondial, dopo aver ricevuto un'offerta dalla Rossomio, buonissima editrice, che si propone il restyling della Forge. Ulisse ha di nuovo un lavoro, il suo testo sarà pubblicato, Penelope sta per laurearsi e soprattutto non è più costretta ad andare via, lontana dal suo eroe.

«...Cos'hanno visto nel lampo di quella luce, quale paesaggio, quale specchio, quale verità insostenibile che dimenticheranno subito dopo, ma la cui immagine resterà per sempre, in qualche recesso buio del loro cuore, nella biblioteca in fiamme della loro vita?»

Lucido, ironico, cinico ma non troppo, Benni crea una vicenda bellissima nel contenuto e nei particolari, con alcune, non velatissime ma indubbiamente meritate, autocitazioni: Duce e regime (e molto altro) da Baol; l'idea della pazzia come spiraglio, come possibilità di vedere qualcosa in più che un comune mortale mai vedrà da Oleron, racconto incluso nel Bar sotto il mare; Stan e Oliver come potenziali avventori del Bar Sport.
La prosa di Benni è in continua evoluzione: ricca, corposa, quasi gaddiana talvolta, dagli esiti felicissimi e mai scontati. Il linguaggio riesce a essere sempre avvincente, dando un valore aggiunto agli eventi narrati, segnalando con fantasia che è la realtà stessa a essere contorta e la parola non può che adeguarsi. La realtà è espressionistica, non molto lontana dalla nostra, in una città che assomiglia tanto alla Bologna di Benni, con autobus che diventano mostri mitologici, motorini che corrono sulla tangenziale come piccoli draghi, centri commerciali enormi e plastificati, TIR, traffico, un Duce "piccoletto" che possiede case editrici e banche, giovani ribelli che danno fuoco ai cassonetti e computer perfettamente inseriti nella quotidianità. La mostruosità della situazione è però raccontata con ironia, con sentimento, dando spazio ad ampi scorci di humour non scontato e lasciando intravedere rapporti umani non patinati ma, incredibile a dirsi, reali. Un romanzo geniale, con un lieto fine coerentemente imperfetto: Ulisse non è ancora a casa, continua il viaggio e continua la guerra. Ma ha trovato il coraggio di alzare la matita come una spada, di amare il proprio respiro, di camminare a occhi aperti, conscio, almeno stavolta, di aver imparato qualcosa.


Bibliografia di Stefano Benni

  • Bar Sport, Milano, Mondadori, 1976 (poi Feltrinelli, 1997)
  • La tribų di Moro Seduto, Milano, Mondadori, 1977
  • Non siamo stato noi. Corsivi e racconti dalla fuga di kappler a quella di leone, Roma, Savelli, 1978
  • Il Benni furioso, Roma, Cooperativa Il Manifesto, 1979
  • Prima o poi l'amore arriva, Milano, Feltrinelli, 1981
  • Spettacoloso, Milano, Mondadori, 1981
  • Terra!, Milano, Feltrinelli, 1983
  • I meravigliosi animali di Stranalandia, con disegni di Pirro Cuniberti, Milano, Feltrinelli, 1984
  • Comici spaventati guerrieri, Milano, Feltrinelli, 1986
  • Il ritorno del Benni furioso, Roma, Cooperativa Il Manifesto, 1986
  • Il bar sotto il mare, Milano, Feltrinelli, 1987
  • Baol, Milano, Feltrinelli, 1990
  • Ballate, Milano, Feltrinelli, 1991
  • La Compagnia dei Celestini, Milano, Feltrinelli, 1992
  • L'ultima lacrima, Milano, Feltrinelli, 1994
  • Elianto, Milano, Feltrinelli, 1996
  • Bar Sport Duemila, Milano, Feltrinelli, 1997
  • Blues in sedici, Milano, Feltrinelli, 1998
  • Teatro, Milano, Feltrinelli, 1999
  • Spiriti, Milano, Feltrinelli, 2000
  • Dottor Nių. Corsivi diabolici per tragedie evitabili, Milano, Feltrinelli, 2001
  • Saltatempo, Milano, Feltrinelli, 2001
  • Teatro 2, Milano, Feltrinelli, 2003
  • Achille pič veloce, Milano, Feltrinelli, 2003

 

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