Franca Sinopoli
Imago Europae.
Storia e critica dell'idea di Letteratura europea

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In questa breve comunicazione vorrei presentare le linee generali di un programma di ricerca riguardante i caratteri autoidentitari che compongono l’idea di letteratura europea confrontati con le eteroimmagini che di essa hanno elaborato, in una prospettiva fortemente critica, letterati di provenienza non europea. Faccio riferimento ovviamente, per l’impiego del concetto di “immagine” e dei suoi derivati, al riorientamento dello studio comparato operato nella seconda metà del Novecento dall’imagologia, la quale assegna alle immagini letterarie un ruolo “intrinseco” nella interpretazione delle opere, oltre che nella comprensione del processo di traduzione e di ricezione delle medesime condotta attraverso l’analisi della relazione “straniero/familiare” (J. Leerssen).
Con il binomio “storia” e “critica”, di consolidata tradizione, mi riferisco invece alla necessità di aggiornare, in relazione all’oggetto di indagine, rispettivamente da un lato il concetto di “critica” in senso postcoloniale (in particolare attraverso l’impostazione data allo studio letterario da Edward Said, a partire dagli anni Settanta, nella sua ricerca su un topos molto caro agli stessi studi comparatistici quale quello dell’immagine europea dell’Oriente) e dall’altro quello di “storia” in termini di comprensione del carattere “discorsivo” ed ideologico della storiografia letteraria (non sto qui a ricordare i numerosi contribuiti messi in campo a partire dagli anni Ottanta e riguardanti lo studio delle tecniche narrative della storiografia).
La ricerca, in corso di svolgimento grazie ad un assegno ottenuto nel 2001 presso il Dipartimento di Italianistica e Spettacolo dell’Università “La Sapienza” (Roma), sviluppa il mio precedente lavoro pluriennale (di dottorato e postdottorato presso l’Università Roma III, 1991-1994, 1997-1999) intorno al tema della letteratura europea e alle diverse prospettive e metodologie d’indagine ad essa relative, in particolare quella storiografico-comparatistica dal ‘700 al ‘900, dirigendolo ora verso una verifica di più ampia portata relativa al Novecento. In particolare ho preso in considerazione la pluralità dei discorsi (da quelli strettamente letterari a quelli critici, storiografici e teorici) che fondano nel contesto europeo o, viceversa, decostruiscono e riorientano in altri contesti culturali l’identità europea attraverso la critica di alcune delle componenti principali della formazione del suo canone letterario: ad esempio, la periodizzazione, l’uso del genere letterario, la coincidenza tra lingua letteraria e lingua nazionale, il paradigma patria-dispatrio come discriminante dell’appartenenza ad un canone letterario nazionale.
Un primo filone di ricerca, già abbastanza maturo, verte quindi sulla costituzione e sull’incremento di un corpus di testi (in senso lato) in cui si elabora il discorso autoidentitario della cultura europea attraverso la pratica (a livello di poetica o di critica) della letteratura. In questo campo ricordo la mia antologia Il mito della letteratura europea (del 1999), concentrata sullo statuto “mitopoietico” dell’idea di letteratura europea e sulle sue molteplici “varianti d’uso” (dalla repubblica delle lettere, all’Europa letteraria alla letteratura europea vera e propria) in epoca moderna e poi contemporanea. Ai materiali di natura critica lì esaminati, sto ora affiancando una rete di testi letterari (essenzialmente otto-novecenteschi, ma con precedenti ovviamente ad essi riconducibili) tematizzanti a livello figurale l’identità europea, e passando attraverso interessanti contiguità con la tradizione iconologica e cartografico-simbolica dell’Europa.
Un secondo filone, in corso d’opera ma già in grado di offrire una prima messe di risultati, riguarda invece l’organizzazione e l’interpretazione di un confronto tra posizioni assai diverse messe in campo attualmente da studiosi non europei di letteratura in merito alla dicibilità e visibilità – oggi – di una letteratura europea. Mi riferisco in particolare ai contributi (in gran parte inediti) che faranno parte di una seconda antologia da me curata, in preparazione, e che a mio parere pongono un problema interessante: l’invisibilità della letteratura europea da un punto di vista generale e per converso la sua dicibilità sul piano particolare della critica dei caratteri costituitivi del discorso che in occidente ha reso possibile la sua predicabilità secolare. Mi riferisco al fatto che i non europei, in particolare i casi campione da me coinvolti e provenienti ad esempio dai contesti culturali arabo-nordafricano ed estremoorientale, individuano l’orizzonte di esistenza della letteratura europea in termini di discussione di alcune sue pietre angolari (come la questione del romanzo, il principio della novità, l’autoreferenzialità del sistema poetico occidentale) e in nome della complementarità dell’idea stessa dell’esistenza di una letteratura europea rispetto alle proprie tradizioni letterarie. L’eteroimmagine è dunque, a differenza delle auto-immagini di origine europea e occidentale, di tipo prevalentemente dialogico e non conflittuale. Tradotto in termini più concreti, ad esempio per un comparatista orientale come Cho Dong-il (Università di Seoul) parlare di letteratura europea significa individuare la questione particolare (anche se di portata generale) del romanzo europeo e dei limiti storici della sua teorizzazione in termini dialettici in epoca moderna (da Hegel, via Lukacs, a Goldmann) riportandola nell’orizzonte della mutualità tra le culture, così come per un critico letterario nordafricano di cultura araba, come Abdelfattah Kilito (Università di Rabat), l’identità dell’intellettuale arabo di oggi si misura in termini di appartenenza a due ordini temporali, dove il «doppio calendario» è anche il filo doppio con cui la letteratura araba, secondo Kilito, si riconduce sempre a quella europea, soprattutto a partire dal XIX secolo.
Il terzo ed ultimo filone di indagine del tema europeo, al quale mi sto dedicando e che vorrei brevemente accennare quale ulteriore declinazione dal punto di vista della sua “autoimmagine”, si concentra invece sulla questione dell’identità letteraria nazionale in Europa, la quale può essere un valido esempio di come lo studio dell’idea di letteratura europea possa ancora passare attraverso una prospettiva nazionale, seppure alternativa rispetto ai consueti temi della dimensione europea di questo o quel singolo classico nazionale. Mi riferisco infatti ad una sorta di “mossa verso il margine”, costituita dalla messa a fuoco di una fascia molto particolare di scrittori europei, limitandomi alla seconda metà del ‘900: gli scrittori italiani o di origine italiana migrati in altri paesi europei che pubblicano in altre lingue, oltre l’italiano, e gli scrittori stranieri che vivono in Italia e che usano come nuova lingua letteraria l’italiano, pur avendo già pubblicato in altre lingue. Ora, questo è un esempio assolutamente particolare ancora da definire nella sua complessità e da articolare storiograficamente sul piano dei rapporti che un certo campione rappresentativo di scrittori ha con le diverse letterature nazionali di riferimento, quella della patria nativa e quella della patria acquisita (o delle diverse patrie acquisite), per intenderci, ma anche sul piano della corrispondenza a una qualche identità europea da essi direttamente tematizzata, o viceversa tematizzabile sul piano interpretativo proprio a partire dalla loro traiettoria linguistico-letteraria.

In sintesi, dunque, questa ricerca vorrebbe continuare ad operare in direzione di una interrogazione dell’idea di letteratura europea all’interno di un duplice orizzonte: storicamente autoreferente da un lato e interculturale dall’altro, avvalendosi, per un verso, della storia e della critica riformate dell’idea di letteratura europea e per l’altro di un ripescaggio nella storia delle letterature europee di quelle zone d’ombra e di intersezione di problematiche storiche forti i cui esiti letterari costituiscono tuttora delle questioni aperte sul piano del canone letterario nazionale.


Bibliografia

  • A. Kilito, Qissa, in Il romanzo, a cura di F. Moretti, Torino, Einaudi, 2002, III. «Storia e geografia», pp. 135-140.
  • A. Kilito, Il doppio calendario, in Poetiche africane, a cura di A. Gnisci, Roma, Meltemi, 2002, pp. 149-157.
  • C. Dong-il, Korean Literature in Cultural Context and Comparative Perspective, Seoul, Jipmoondang Publishing Company, 1997.
  • J. Leerssen, Dalla letteratura comparata agli studi europei, in «I Quaderni di Gaia», VIII, 1997, pp. 55-67, poi in L’eredità di Babele. Situazioni e percorsi di letteratura comparata, a cura di S. Maxia e M. Guglielmi, Bari, Edizioni B.A. Graphis, 2000, pp. 85-99.
  • E. Said, Culture and Imperialism [1993], tr. it. Cultura e imperialismo. Letteratura e consenso nel progetto coloniale dell’Occidente, Roma, Gamberetti, 1998.
  • E. Said, The World, the Text and the Critic [1983], London, Vintage, 1991.
  • E. Said, Orientalism [1977], tr. it. Orientalismo. L’immagine europea dell’Oriente, Milano, Feltrinelli, 1999.
  • F. Sinopoli, La storia comparata della letteratura [1999], in Letteratura comparata, a cura di A. Gnisci, Milano, B. Mondatori, 2002, pp. 1-29.
  • F. Sinopoli (a cura di), Il mito della letteratura europea, Roma, Meltemi, 1999.
  • F. Sinopoli, Storiografia e comparazione, Roma, Bulzoni, 1996.

 

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Giugno 2003, n. 1