Note: 1 In questo senso, Luigi Russo nelle Avvertenze dell'Autore: «Ma nonostante codesta estemporaneità della nostra preparazione guerriera, vivissimo era in tutti il desiderio di dare un sistema, un ordinamento ideale, direi una filosofia, alla nuova vita, che eravamo chiamati a condurre». (L. Russo, Vita e disciplina militare, Verona, Il Saggiatore, 1992, p. IX). 2 La lettera è citata dallo stesso De Robertis nella "Dichiarazione", premessa all'Esame di coscienza; si veda ad esempio l'edizione E.S.T., Pordenone, 1994, utilizzata per il presente studio. 3 L. Russo, Avvertenze dell'autore, in L. Russo, Vita e disciplina, cit., p. VII. 4 L. Russo, Vita e disciplina, cit., p. 187. 5 G. Trombatore, in Ecoteca giovane, postfazione a L. Russo, Vita e disciplina, cit., p. 184. 6 E. Garin, in Ecoteca giovane, postfazione a L. Russo, Vita e disciplina, cit., p. 188. Lo stesso spirito, sia detto per inciso, viene testimoniato da Giani Stuparich, che, nella Prefazione al suo Scrittori garibaldini (Milano, 1948, p. XII), ricorda: «...ci facemmo cucire la camicia rossa dalle nostre ragazze (ultimi innocui pavoneggiamenti d'un romanticismo che si commuoveva ancora ai ricordi); ma, arrivati al fronte e disciplinati nei reggimenti regolari, prima la indossammo nascosta sotto la giubba grigioverde e poi ben presto la chiudemmo, un poco vergognosi, nelle nostre cassette militari...». 7 L. Russo, Vita e disciplina cit., p. 6. 8 Ibid.. 9 Ivi, p. 8. 10 Ivi, p. 12. 11 Ivi, p. 29. 12 Ivi, p. 31. 13 Ivi, p. 33. Si noti al riguardo la chiosa di Giovanni Gentile sull'argomento: «la milizia ...è anche, e principalmente, una forma fondamentale, per dir così, dello spirito umano e della vita di tutti, giacchè ogni uomo è sempre soldato, e combattente, nell'esercito o fuori dell'esercito, e quelle stesse qualità che l'esercito richiede e procura di educare, son pure le qualità necessarie a ciascuno in tutte le condizioni della vita» (G. Gentile, Prefazione all'edizione del 1934 di Vita e disciplina cit., p. XIV). 14 Ibid. 15 Ivi, p. 41. 16 Ivi, p. 115. 17 Ivi, p. 44. 18 Ivi, p. 48. 19 Ivi, p. 53. 20 Ivi, p. 75. 21 Ivi, p. 77. Per una morte letteraria "eroica", si confrontino ad esempio per contrasto queste annotazioni di Russo con le splendide pagine di Emilio Dandolo sulla morte di Luciano Manara in I volontari e i bersaglieri lombardi. A proposito inoltre del più ampio brano da cui è stato tratto il passo citato, giova segnalare il giudizio di Trombatore (op. cit., p. 185): «...tre pagine che nessuno esiterebbe a collocare fra le più alte che siano state scritte sulla guerra, sulle quali, intrise di virile pessimismo, sembra alitare la presenza del divino». 22 Ivi, p. 83. 23 Ivi, p. 91. 24 Ivi, p. 95. 25 Ivi, p. 96. 26 Ivi, p. 97. Nel definire pusillanimi, inetti, ed abulici «coloro che rinunziano all'azione solo perché il futuro non sarebbe conforme ai loro disegni», Russo li distingue dai pessimisti, che possiedono «un pessimismo attivo, un pessimismo che spinge all'opera, nel quale esso stesso rimane annullato» e cita, quale esempio di quest'ultimo, sulla scorta dell'insegnamento desanctisiano, Giacomo Leopardi. 27 Ivi, pp. 142-143 (ed. 1934). 28 R. Luperini, Il Novecento, I, Torino, Loescher, 1981, pp. 193-194. Considerato che si riferisce ad un soldato caduto mentre guidava i suoi uomini all'attacco, l'affermazione, secondo la quale Serra non aveva gli strumenti ideologici per comprendere la necessità della guerra, rischia di apparire quanto meno discutibile. 29 C. Bo, Quel che resta del Novecento, in «Tuttolibri», supplemento de «La Stampa», 8 aprile 1995. 30 R. Serra, Esame di coscienza di un letterato, Pordenone, E. S. T., 1994, p. 19. 31 Ivi, pp. 21-22. 32 Ivi, p. 20. 33 Ivi, p. 39. Il rapporto tormentato con la letteratura si riverbera anche nei giudizi variegati che Serra esprime nelle prime pagine dell'Esame su alcuni degli esponenti di maggior spicco della vita culturale di quegli anni: De Lollis, Missiroli, D'Annunzio, Croce. 34 Ivi, passim, pp. 29-39. 35 A. Pompeati, Storia della letteratura italiana, IV, Torino, UTET, 1958, p. 613. 36 R. Serra, Esame di coscienza, cit., passim, pp. 42 - 44. 37 Ivi, p. 45. 38 F.Flora, Storia della letteratura italiana, V, Milano, Mondadori, 1956, p. 594. Lo stesso Flora suggerisce poi un'interessante, anche se audace, interpretazione dell'adesione di Serra al conflitto: «io con eccesso giovanile, forse, ma con un senso di verità presentita che oggi devo soltanto spiegare accentuando i lati più nobili della natura serriana, adombrai quella condizione nel detto che egli accettava la guerra (alla quale negava ogni ragione ideale che non fosse la presente passione) come una sostituzione al suicidio». Propenso ad un'interpretazione contraria è Carlo Bo: «Quando Serra muore non cerca certo la morte, non la aspetta come una comoda soluzione che metta fine ad una crisi che si è prolungata in modo abnorme, no, egli ama ancora la vita e l'ama nel modo più nobile, con la coscienza della nostra fragilità, con lo spettro sempre presente della morte» (C. Bo, La religione di Serra, Firenze, Vallecchi, 1967, p.32). O ancora: «Serra non aveva nessuna intenzione di morire e ne fanno fede la continue allusioni, i ritorni sul tema e la paura di concludere l'esistenza prima di aver raggiunto la prova finale dei conti» (Ivi, p. 36). 39 R. Serra, Esame di coscienza, cit., p. 46. 40 Ivi, passim, pp. 47-52. Una posizione molto simile è espressa, nella identica condizione di giovane ufficiale al fronte, da Piero Jahier: «Altri morirà per la Storia d'Italia volentieri /.../ ma io è per far compagnia a questo popolo digiuno /.../ Altri morirà per le aquile e per le bandiere / ma io per questo popolo rassegnato /.../ Altri morirà solo / ma io sempre accompagnato...» (P. Jahier, Dichiarazione, da Poesie in versi e in prosa, Torino, Einaudi, 1981, p. 86). 41 R. Serra, Esame di coscienza, cit., passim, pp.53-54. 42 L. Russo, Renato Serra e il Decadentismo, in L. Russo Ritratti e disegni storici, Bari, Laterza, 1937, p. 419. Bollettino '900 - Electronic Newsletter of '900 Italian Literature - © 2003 Giugno 2003, n. 1 |