Stefano Zampieri
Savinio a scuola

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Quanto accade nell'editoria scolastica è fenomeno emblematico della alterna fortuna di Alberto Savinio nella cultura italiana del '900. È facile rendersi conto, infatti, della totale assenza di Savinio nei testi dedicati agli studenti almeno fino agli anni '80, anche in opere che pure dedicano ampio spazio ad innumerevoli scrittori "minori": si dia uno sguardo alla opere classiche di Sapegno, Salinari, Giudice-Bruni, Guglielmino, dove non si va oltre la citazione del nome, o alla Sintesi di storia della letteratura italiana di Alberto Asor Rosa, che lo ignora, così come lo ignora il Pazzaglia. E non diverso è l'atteggiamento di un testo che pure tanta importanza ha avuto nel processo di revisione dei programmi e delle metodologie di insegnamento nella scuola superiore, Il materiale e l'immaginario di Remo Ceserani e Lidia De Federicis (Torino, Loescher, 1979-1988), dove Savinio appare citato due volte. Una prima nel volume 8 (tomo II, alle pp. 931-934) ove si riporta una sua ironica recensione alla Nave di D'Annunzio (tratta dai Palchetti Romani), cui per altro fa seguito una nota biografica (alle pp. 934-935) realizzata con cura ma anche sproporzionata rispetto al rilievo effettivo che nel volume viene dato all'autore.
Una seconda citazione la si trova nel quadro di una presentazione delle Edizioni Adelphi (p. 306 del vol. 9), ed anche qui la situazione è un po' paradossale: si riconosce all'editore in questione il merito di aver riscoperto Savinio del quale però così poco si parla nel resto dell'opera.
È a partire dalla fine degli anni '80 e poi negli anni '90 che si realizza una vera e propria svolta estremamente rivelatrice dei nuovi orientamenti e della nuova sensibilità della critica italiana. Comincia, infatti, ad apparire sistematicamente nei testi scolastici un capitolo specificamente dedicato ad una linea del fantastico italiano, che raccoglie in sé il riferimento ad almeno quattro autori: Bontempelli, Savinio, Landolfi, Buzzati; in qualche caso il gruppo appare allargato anche a Delfini e Campanile. In genere si sorvola sulla questione di quale possa essere l'effettivo legame fra questi autori e ci si accontenta di un vago cenno all'esperienza europea del surrealismo. Di già il raggruppamento appare sufficiente per creare una logica connessione fra quanto invece dovrebbe essere messo adeguatamente in questione. Ma d'altra parte anche da un punto di vista critico l'idea di una linea italiana del fantastico è oggetto di una controversia decisamente non risolta.
Certo è che da questo momento i testi principali si cui si formano i nostri studenti cominciano a riservare uno spazio nuovo anche a Savinio. Così è, per esempio, nel Guglielmino-Grosser, Il sistema letterario (Milano, Principato, 1989) che lo inserisce sulla "linea del realismo magico e del surrealismo" insieme a Bontempelli, Landolfi e Buzzati, e raccoglie in antologia il racconto Formoso da Casa «la Vita».
Così anche nella Storia intertestuale della letteratura italiana, di Angelo Marchese (Messina-Firenze, D'Anna, 1990), Savinio fa la sua comparsa sotto il titolo «La narrativa del "fantastico"», in compagnia di Landolfi e Buzzati. Mentre la Storia della letteratura italiana di Giulio Ferroni (Torino, Einaudi, 1991) dedica a Savinio un lungo e articolato capitolo (nel vol. IV, pp. 219-225) ove si dà conto dell'intera sua produzione letteraria e si mettono in luce i temi critici di maggior rilievo nel solito quadro di una "letteratura fantastica in Italia" in compagnia non solo di Landolfi e Buzzati, ma anche di Delfini e Campanile.
Ancora nel De Caprio-Giovanardi, I testi della letteratura italiana (Torino, Einaudi, 1994), Savinio viene adeguatamente presentato e antologizzato (un brano da Tragedia dell'Infanzia e il racconto Mia madre non mi capisce da Casa «la Vita», all'interno di un capitolo interamente dedicato a "Realismo magico e surrealismo" (e sempre in compagnia di Landolfi, Bontempelli e Buzzati).
E così, infine, nel recente Manuale di letteratura italiana di Brioschi e Di Girolamo (Milano, Bollati-Boringhieri, 1996) pensato per lo studente universitario, Savinio è presente nella ricostruzione della prosa del '900 (coi soliti vicini), ma anche laddove si parla di letteratura di viaggio (per Dico a te, Clio), e persino per la saggistica, nel capitolo curato da Alfonso Berardinelli dedicato alle "Forme del saggio" (vol. 4, pp. 866-868).
Ma così è oramai praticamente per tutte le opere pubblicate dopo la metà degli anni '90, che sistematicamente dedicano un capitolo alla linea della narrativa fantastica in Italia e spesso raccolgono in antologia brani di Savinio, scelti prevalentemente fra i racconti di Casa «la vita». È chiaro che un nuovo topos critico si è assestato. Non sappiamo quanto sarebbe piaciuta a Savinio stesso questa sua metamorfosi in "classico" della letteratura italiana, ma certo egli si sarebbe sentito alquanto imbarazzato a diventare oggetto di studio se questo significa essere ridotto a materia morta, ben collocata in una linea, in una precisa cella della storia letteraria. E ridotto così a monumento, privato cioè di quella naturale leggerezza che caratterizza l'artista nella sua inarrestabile e ironica divagazione intorno alla vita e alla realtà.

 

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Bollettino '900 - Electronic Newsletter of '900 Italian Literature - © 2002-2003

Giugno-dicembre 2002, n. 1-2