Claude Lafaye
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I. | Le origini del dibattito |
II. | Nuovi percorsi |
I. Le origini del dibattito
Il lungo dibattito sul fenomeno controverso dell'adattamento cinematografico di opere letterarie risale ai primi tentativi di utilizzare la letteratura per le trascrizioni, all'epoca in cui Anatole France, uno dei primi autori «adattati» per il cinema, rilevava la sconcertante metamorfosi subita dal suo Giglio rosso (Lys Rouge, 1894).
Fino ad oggi i protagonisti di questo dibattito sono stati soprattutto «uomini di cinema», teorici cinematografici e in particolare André Bazin, il Corifeo della critica cinematografica, affermava che, per quanto possano essere approssimativi, gli adattamenti non tradiscono la fonte letteraria per i pochi conoscitori ed estimatori del testo adattato; coloro che invece ignorano il testo di riferimento o si accontenteranno del film o verranno comunque stimolati alla conoscenza del modello letterario. Un'ipotesi che può apparire datata considerato il contesto dell'epoca in cui tutte le arti espressive rivendicavano un ruolo di rilievo e che vedeva scrittori, anche affermati come Jean Giono, e registi dividersi la scena. Le parole di Bazin inoltre appaiono anacronistiche poiché formulate proprio dallo scopritore dell'espressione cinematografica che aveva messo al servizio del Cinematografo l'acume del suo sguardo critico - «Cinematografo» e non «cinema», secondo la scrupolosa esattezza terminologica di Jean Cocteau.
Le prime due opere letterarie adattate che permettono al cinematografo di uscire da uno statuto provvisorio sono l'Enfant prodigue (1907) e L'assassinat du Duc de Guise (1908). Nel primo, un mimodramma filmato, la qualità del soggetto è in grado di alleare a quella che ancora non era la settima arte un pubblico che fosse diverso dai frequentatori di luoghi ludici e fiere. Il secondo adattamento è il risultato di uno sforzo maggiore poiché la sceneggiatura viene scritta appositamente da un accademico francese e interpretata messa in scena e girata - all'epoca le réalisateur era colui che dirigeva gli attori - da comédiens français e accompagnata dalla musica di Camille Saint-Saens, allora all'apice della fama. L'assassinat du Duc de Guise è difeso da uno dei maggiori giornalisti dell'epoca Adolphe Brisson, in un articolo apparso in «Le Temps» che allo stesso tempo ne sottolinea i limiti, secondo il quale dal film è stato escluso tutto ciò che la parola è in grado di tradurre: la meditazione, l'astrazione, la passione. Dodici anni più tardi André Antoine, con un'osservazione non meno formale, afferma che l'opera di un autore cinematografico, che deve essere soprattutto un inventore di immagini, resta un'opera puramente plastica; esattamente l'opposto di un'opera drammatica, orientata invece verso uno studio fisiologico o psicologico. Tali affermazioni confermano la convinzione di Louis Feuillade: il cinema è un'arte che deve tanto alla pittura quanto all'arte drammatica.
Nel 1924, con La Roue, Abel Gance dimostra la versatilità della scrittura cinematografica che possiede ormai una sua grammatica. Durante i quindici anni che separano l'Enfant prodigue da La Roue il cinema attinge dalle opere di scrittori affermati o celebri- si tratta delle famose «Séries d'Art» (e della «Série d'or» in Italia) - prima di appropriarsi delle sceneggiature originali degli scrittori. Una prassi certamente non inedita - Zacca aveva infatti girato un Quo vadis? di sei minuti - ma che permette al cinema di ottenere un riconoscimento qualitativo dal punto di vista artistico ed estetico.
Il primo dopoguerra è caratterizzato inoltre dall'arrivo sugli schermi delle pellicole americane, insieme ai primi film sovietici e alla produzione tedesca.
Dopo l'avvento del sonoro aumentano i soggetti originali e si moltiplicano gli adattamenti, talvolta firmati dagli stessi autori. Il cinema francese trae ispirazione dalle opere di Pierre Benoît, Pierre Mac Orlan, Roland Dorgelès o Roger Vercel.
II. Nuovi percorsi: il ruolo dello scrittore nella società del suo tempo
La Liberazione segna l'inizio di un nuovo boom del cinema americano che si trova confrontato in questo caso con una cultura cinematografica e una schiera di critici, storici e una categoria di intellettuali che intuiscono la possibilità di accrescere la loro notorietà impadronendosi di questa nuova scrittura.
Se il cinema è un occhio aperto sul mondo, come afferma Bazin, il problema consiste ormai nella fedeltà, che sia allo spirito o alla lettera, del testo. Ma il cerchio potrà dirsi chiuso quando sarà il film ad essere adattato al romanzo e con risultati sorprendenti come le ricerche sulla luce in Terje Vigen (1917) di V. Sjostrom, o l'uso della neve in Sypmphonie pastorale (1946) di J. Delannoy che rimanda visivamente al tratto stilistico del passato remoto in Gide.
Secondo un critico contemporaneo: «lo sceneggiatore che adatta un testo è un lettore che sceglie e fissa [...] non si fantastica su un film, lo si subisce».1 E questo vale sempre, anche nel caso degli adattamenti più riusciti, tratti cioè da un testo nel quale predomina l'azione, la situazione dell'intreccio. Alcuni attori hanno saputo conferire ad alcuni personaggi un volto definitivo che raramente i remake sono stati in grado di modificare (si veda Johnny Weissmuller in Tarzan). Quando invece si tratta di personaggi che non possono essere che sognati, il romanziere fornisce solo spunti all'immaginazione del lettore, evitando dettagliate descrizioni, e quando questo alone di mistero e questo carattere allusivo conferiscono al testo la sua forza, la trasposizione in immagini diventa difficile.
Ad esempio, ogni giovane lettrice de Le Grand Meaulnes2 ha immaginato un suo «Meaulnes» mentre ogni giovane lettore ha tratteggiato una sua «Yvonne», dal momento che i due personaggi sono il risultato sia di frammenti di ricordi ricomposti sia di immagini suscitate dall'immediatezza della lettura.
Ma al di là di tali evidenti constatazioni, ripetute in occasione di un adattamento fallito, si pone inoltre la necessità di definire la letteratura seguendo l'evoluzione del suo statuto all'interno della società e non la storia dei diversi movimenti letterari e dei personaggi.
Si tende infatti a dimenticare sempre il ruolo rivestito dagli autori all'interno della società, che muta in funzione del periodo storico insieme ai criteri di riutilizzazione dei testi. Michel Mohrt, ne Gli intellettuali di fronte alla sconfitta del 1870,3 spiega come la posizione sociale di rilievo occupata dagli scrittori nella Francia della metà del XIX secolo si andasse affievolendo con la vittoria del principe Luigi Napoleone su Lamartine. Secondo Mohrt le idee di letteratura pura, il concetto di «torre d'avorio», il dogma dell'arte per l'arte, ricerche ed esperienze condotte sotto il segno della gratuità nascono facendosi strada nella mentalità di scrittori e artisti di una società che tende ad escluderli. Dopo il crollo del Secondo Impero il naturalismo determina una rivalutazione sociale dell'intellettuale, mentre si sviluppa il movimento simbolista. In seguito politici, psicologi come Barrés, Bourget e altri, si fanno avanti sulla scena restando protagonisti fino al primo dopoguerra.
È interessante rilevare quanto l'epoca analizzata da Michel Mohrt sia storicamente vicina a quella coeva all'autore, ovvero gli anni del secondo conflitto mondiale. Uno scarto temporale più o meno evidente è sempre esistito tra la comparsa delle stesse correnti nelle differenti arti. Non senza un significato preciso quindi le opere letterarie di una determinata epoca ritornano negli adattamenti dei cineasti futuri. I problemi sociali, morali, politici, religiosi o estetici della contemporaneità troveranno sempre un riferimento, un appoggio, un modello nel passato.
Non si deve dimenticare che in Europa lo scrittore è ancora un personaggio sociale e politico. Malraux faceva osservare che in Francia, in particolare, si richiedeva agli scrittori la loro opinione su tutto. Ora che lo storico e il critico possono giudicare il centenario del cinema con una certa distanza critica, ora che si è appurata l'esistenza di molteplici livelli di lettura del film, risulterebbe proficua l'analisi dei rapporti tra letteratura e cinema in funzione del ruolo dello scrittore all'interno della società a lui contemporanea.