Breve rassegna di studi su Massimo Bontempelli (1991-1998)
di Eleonora Conti


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L'attenzione della critica verso Massimo Bontempelli (1878-1960) ha conosciuto momenti di maggiore e minor fortuna. Gli storici saggi di Bo (1943), Falqui (1953 e 1958), Baldacci (1967), e le prime edizioni in volume dei testi teatrali (1947) e narrativi (1961), avevano fornito importanti prospettive critiche sulla figura dell'autore comasco; tuttavia, intorno a Bontempelli non è mai fiorita una tradizione costante di studi ed edizioni: è emblematico che il primo convegno a lui dedicato abbia visto la luce trent'anni dopo la sua morte (1991) e che i suoi primi due romanzi «del nuovo corso», le due singolari Vite (Intensa e Operosa) siano state ripubblicate in volume solo nel maggio 1998, dopo decenni di irreperibilità in libreria.

Gli anni Settanta avevano registrato la pubblicazione di alcuni saggi critici decisivi nonché la riedizione dell'ampia silloge degli scritti teorici dell'autore. Il decennio si era chiuso con la prima monografia bontempelliana, edita da Mursia, ad opera di Fulvia Airoldi Namer, e con lo studio di Antonio Saccone dedicato al «mito del 900» (Liguori, Napoli), entrambi datati 1979. Il decennio seguente, invece, non ha riservato a Bontempelli uguale fortuna. Eccettuata una produzione saggistica accolta in rivista, la critica sembrava continuare a trascurare questo autore che pagava, sul piano intellettuale, insieme a molti altri, lo scotto di aver operato nel clima denso di ombre caratterizzante gli anni tra le due guerre, e sul piano letterario, l'essersi cimentato con categorie – il fantastico, il surreale, il magico – che poco interessavano pubblico e critica del secondo dopoguerra.

I pochi saggi in volume degli anni Ottanta si concentrano quasi solo nel biennio 1985-86: oltre all'Invito alla lettura di Bontempelli di Giovanni Cappello (Milano, Mursia, 1986), rapida sintesi della multiforme opera bontempelliana diretta a un pubblico che desiderasse un primo approccio all'autore, meritano di essere segnalati due volumi, entrambi riguardanti l'iniziativa più discussa del Bontempelli intellettuale, la fondazione della rivista «900. Cahiers d'Italie et d'Europe» (che, come è noto, vide la luce a Roma, in francese, nel 1926). Si tratta della monografia di Anna M. Mandich, Una rivista italiana in lingua francese: il «900» di Massimo Bontempelli (1926-1929) (Pisa, Edizioni Libreria Goliardica, 1983), e di quello che è a nostro avviso l'evento più significativo del decennio, ossia l'edizione dell'importante carteggio Alvaro, Bontempelli, Frank. Lettere a «900», intercorso tra i redattori della rivista, preceduto da un ricchissimo saggio di Marinella Mascia Galateria, che fa esaurientemente il punto sulle dinamiche intellettuali messe in atto intorno all'iniziativa di Bontempelli: il suo difficile inserimento nella società letteraria della metà degli anni Venti, la messa in discussione della tradizione, la mediazione con l'Europa, lo scontro con Malaparte, la polemica tra Strapaese e Stracittà.

Restando al 1986, non si può trascurare inoltre, nell'ambito della saggistica breve, la penetrante lettura del «romanzo come manifesto», condotta da Guido Guglielmi in riferimento alle Vite, nel suo primo volume dedicato alla Prosa italiana del Novecento (Torino, Einaudi, 1986).

Chiuso un decennio poco denso dal punto di vista della quantità degli studi, ma significativo quanto a puntualizzazioni critiche, bisogna constatare che gli anni Novanta, da un lato, hanno invertito la rotta, producendo un notevole numero di testi che vorrebbero approfondire le questioni critiche ancora aperte e dare nuovo impulso alla riedizione delle opere; dall'altro, che gli studi più recenti non sempre portano contributi realmente innovativi nel panorama della critica bontempelliana.

In realtà il nuovo decennio si è aperto con un avvenimento decisamente positivo, il primo convegno internazionale organizzato intorno a «Bontempelli scrittore e intellettuale» dall'Università di Trento (18-20 aprile 1991). L'iniziativa, giusto in limine al nuovo decennio, – insieme con il volume che ne raccoglie gli Atti: Massimo Bontempelli scrittore e intellettuale, a cura di C. Donati, Roma, Editori Riuniti, 1992 – si è proposto di guadagnare a Bontempelli l'attenzione di un pubblico più ampio e di una critica finalmente attenta e meno sospettosa. Come puntualizza Corrado Donati nella Prefazione al volume, il Convegno si collocava in un momento particolarmente vivace delle edizioni di opere bontempelliane e si configurava come una sorta di «riflessione corale» che «facesse finalmente i conti» con un autore ed intellettuale di cui non si poteva negare il peso nel panorama del nostro secolo, ma che talora era parso «ingombrante» eppure «sfuggente». Gli interventi individuavano tre principali filoni d'interesse: la narrativa, il teatro, il ruolo d'intellettuale di Bontempelli. Data la portata dell'evento, ci sembra opportuno fornire il sommario degli Atti.

Apre il volume una sezione sulla narrativa bontempelliana, in cui si leggono i saggi di Gilbert Bosetti, La poetica dell'infanzia nella narrativa di Bontempelli, pp. 3-26; Jean Lacroix, Il gioco delle apparenze: Bontempelli o la poetica dell'enigma, pp. 27-48; Fulvia Airoldi Namer, Magia degli elementi e immaginario dell'acqua, pp. 49-75; Marinella Mascia Galateria, Tipologia del racconto d'amore nella narrativa di Massimo Bontempelli, pp. 77-97; Luigi Fontanella, Bontempelli tra mito e metafisica: una rilettura di «Eva ultima», pp. 99-112. Un secondo gruppo di saggi indaga alcuni aspetti teorici della poetica bontempelliana: grazie ad alcune lettere di Bontempelli a Manlio Dazzi, che gli aveva dedicato una monografia nel 1943, Alessandro Scarsella analizza Il declino del magico nella produzione bontempelliana degli anni Quaranta (pp. 113-126); in «La trincea avanzata», «la città dei conquistatori»: Bontempelli e l'avanguardia futurista (pp. 127-145), Antonio Saccone puntualizza i rapporti con il futurismo; mentre Ilaria Crotti, in Il fantastico della teoria in Bontempelli (pp. 147-172), si sofferma su alcuni nodi della teoria bontempelliana, fra tradizione, mito e intuizioni che manifestano elementi in comune col formalismo russo.

Quanto al ruolo di Bontempelli intellettuale e promotore di cultura, è obbligatorio il riferimento alla complessa avventura dei Cahiers di «900», a cui dedicano i loro saggi Massimo Rizzante, Abitare il moderno. Riflessioni sulla poetica novecentista, pp. 173-186; Corrado Donati, presentando il fascicolo di un numero già pronto per la stampa, eppure rimasto inedito, della rivista (Bontempelli e «900»: un numero inedito tra due profezie, pp. 187-204); e Giuliano Manacorda che, in Nino Frank e «900» (pp. 205-219), ripercorre – richiamandosi necessariamente al carteggio edito dalla Mascia Galateria – il rapporto con quel singolare mediatore culturale che fu Frank, responsabile della redazione parigina di «900».

Non poteva mancare una sezione dedicata al teatro, con gli scritti di Paolo Puppa, Per una metascena intensa e operosa, pp. 221-235; Anna Barsotti, «Nostra Dea», l'automa liberty, pp. 237-257 e Alessandro Tinterri, Bontempelli critico teatrale nell'Italia del primo dopoguerra, pp. 259- 268; chiude la sezione Aurora Cogliandro, Valenza della musica in «Nostra Dea» e «Cenerentola» (pp. 269-291), che esplora un altro aspetto originale del creatore Bontempelli, la sua produzione musicale.

Non mancano infine incursioni nel campo della poesia (Elena Salibra, Le acrobazie del tempo nel «Purosangue», pp. 293-313); del giornalismo (Katia Migliori, Bontempelli: l'«articolo», un diario politico, pp. 315-324), della critica d'arte (Simona Martini, Bontempelli appassionato incompetente, pp. 325-342); il volume è chiuso dall'analisi del rapporto di Bontempelli con l'intellettuale spagnolo J. Bergamìn (Rosa Maria Grillo, Bontempelli e Bergamìn, pp. 343-358).

Il Convegno del 1991 avrebbe voluto riaprire dunque il dibattito sullo scrittore comasco e dare il via ad un rinnovato interesse critico ed editoriale nei suoi confronti. In effetti, oltre al volume che si è analizzato, almeno altri tre studi in volume, apparsi nel decennio appena concluso, vorrebbero fare il punto sull'opera di Bontempelli: Sogni e visioni. Massimo Bontempelli fra surrealismo e futurismo (Ravenna, Longo, 1991) di Elena Urgnani; La traversata dell'ironia: studi su Massimo Bontempelli (Napoli, Guida, 1994) di Roselena Glielmo e Storia di Bontempelli, di Luigi Fontanella (Ravenna, Longo, 1997) – quest'ultimo non nuovo agli studi bontempelliani, anche tenuto conto del suo interesse per una letteratura di area surrealista. Tuttavia, rispetto al valore dei saggi su «900» usciti negli anni Ottanta, non sembrano aprire ancora nuove prospettive di ricerca; e Bontempelli continua a non suscitare molto interesse presso gli italianisti: è raro trovare un corso di letteratura italiana del Novecento a lui dedicato. La singolare avventura di Bontempelli, professore classicista «rinato» a quarant'anni, autore di teatro d'avanguardia e narratore affascinato dal grande pubblico, sostenitore dell'arte «senza parole» e detrattore del culto della forma letteraria, tentato da una letteratura contaminata dal cinema e dagli spettacoli di massa, rappresenta ancora oggi una via eccentrica e difficilmente inscrivibile in un canone? Tuttavia se le risposte sono talvolta poco soddisfacenti, le domande incalzano e questo è certo un segnale di sotterranea vitalità.

Per completare la rassegna degli studi degli anni Novanta, occorre notare che una grande quantità di articoli è apparsa recentemente su rivista. Segnaliamo un altro intervento di Fontanella: Sul teatro fantastico e parasurrealista di Massimo Bontempelli (in «Critica letteraria», n. 70, 1991); un breve studio di Olimpia Pelosi: Tra Donna-Sole e Donna-Notte. L'anima junghiana in Breton, Bontempelli e Savinio (in «Gradiva», n. 14, 1996); gli articoli di Pierfrancesco Morabito: Mito e modernità nella poetica di Massimo Bontempelli («il Verri», 3-4, settembre-dicembre 1995, pp. 93-111), e di Fabriano Fabbri, L'«iperrealismo» di Massimo Bontempelli («Poetiche», 3, 1997, pp. 43-55). Per quanto riguarda inoltre il ruolo di «900» nel dibattito critico degli anni Venti, mi permetto di rinviare a: Eleonora Conti, Ungaretti e Raimondi: un dibattito culturale (in Giuseppe Raimondi, carte, libri, dialoghi intellettuali, Bologna, Pàtron, 1998, pp. 83-103) che, grazie a documenti meno noti e ad un carteggio non di primo piano rispetto a Bontempelli – quello tra il poeta del Porto Sepolto e un intellettuale bolognese legato a «La Ronda» e a «L'Italiano» – apre qualche nuovo spiraglio nelle pieghe della nota polemica tra Strapaese e Stracittà.

I contributi più cospicui sono tuttavia dovuti a Fulvia Airoldi Namer – il cui lavoro critico si distingue per l'abbondanza della produzione e la costanza dell'interesse – in italiano e francese. Si tratta di una produzione densissima. Possiamo citare, per il solo 1992, almeno tre interventi: Le personnage du savant dans le théâtre de Pirandello, Rosso di San Secondo et Bontempelli (in Création théâtrale et savoir scientifique en Europe, Paris, Kliensieck, pp. 261-286); L'immaginario dello spazio e del tempo nei romanzi di Bontempelli tra il 1930 e il 1942 (in Il pianeta Buzzati, Milano, Mondadori, pp. 75-99); L'émergence des formes théatrales dans le roman «Eva ultima» de Massimo Bontempelli (in Le rôle des formes primitives et composites dans la dramaturgie européenne, Paris, Klincksieck).

E negli anni successivi: Politica e letteratura nei «Cahiers du 900» (in Cultura italiana, Budapest, Il Ponte, 1993, pp. 82-122); L'Africa segreta di Massimo Bontempelli (in «Studi di italianistica nell'Africa australe», Special Issue, Images of Africa in Italian Literature and Culture, Part 3, vol. 6, n. 2, pp. 4-22); Marionnettes et automates dans le théâtre italien entre les deux guerres (in Théâtre européen, scènes françaises: culture nationale, dialogue des cultures, Actes du Colloque international organisé par le groupe de recherche théâtrale de l'Université de Paris XII-Val de Marne, 6-7 novembre 1992, Paris, L'Harmattan, 1995, pp. 213-237); Venezia come simbolo e come metafora: Simone Weil, Massimo Bontempelli (in Tra totalitarismo e democrazia – Italia e Ungheria 1943-1995, a cura di I. Fried, Budapest, Il Ponte, 1995, pp. 106-139); Massimo Bontempelli: una vita intensamente inoperosa (in Atti del XV Convegno AISLLI, Letteratura e Industria, Torino, 15-19 maggio 1994, a cura di G. Bàrberi Squarotti e C. Ossola, Firenze, Olschki, 1997, pp. 682-706).

Anche Marinella Mascia Galateria ha continuato a occuparsi di Bontempelli sotto molteplici punti di vista, lungo tutto l'arco del decennio. Appartengono al volume già citato, dedicato a Letteratura e industria, l'introduzione (Dalle officine del Lingotto alle allegre strade d'Italia) e le note alla novella 522. Storia di una giornata, già uscito per l'editore Scriptorium di Torino, nel 1995. Dello stesso anno è la Postfazione (Lo specchio di Adria) alla riedizione del romanzo Vita di Adria e dei suoi figli, per la SE di Milano. La studiosa ha continuato inoltre a privilegiare l'edizione di testi inediti o poco noti, come nel caso del saggio Alle soglie della dodecafonia: la musica lieve di Malipiero per un dramma di Bontempelli («Avanguardia», III, n. 9, 1998, pp. 29-58) che, a partire dallo scambio epistolare intercorso fra i due, e qui pubblicato per la prima volta, analizza le trasformazioni di un testo teatrale bontempelliano che si colloca ai vertici della sua produzione: il dramma Minnie la candida, dallo spunto iniziale contenuto in alcune novelle al libretto d'opera. Lo stesso dramma è stato oggetto d'analisi, sotto un'altra angolatura, anche nella relazione presentata al Convegno Internazionale AISLLI-UCLA di Los Angeles (6-9 ottobre 1997) col titolo Le metamorfosi di Minnie la candida (in via di pubblicazione). Almeno altri due interventi su Bontempelli sono in corso di stampa, a testimonianza di un lavoro costantemente in fieri: il saggio Oltre lo specchio: il modello di Lewis Carroll per la favola metafisica di Massimo Bontempelli (Atti del Convegno La letteratura italiana per l'infanzia, Roma, Università «La Sapienza», 12-14 novembre 1998) e la compilazione della voce monografica dedicata al nostro autore nel volume novecentesco della Storia generale della letteratura italiana, collana «Libri e grandi opere», in uscita per la RCS di Milano.

Un segnale positivo viene anche dalla ripresa dell'edizione delle opere bontempelliane, spesso introvabili in libreria: l'Oscar Mondadori contenente le due Vite (maggio 1998) presenta un saggio di Marinella Mascia Galateria (Parodia, paradosso e qualche favilla di verità), che tuttavia non aggiunge molto al magistrale saggio dedicato ai due romanzi dalla stessa studiosa, negli anni Settanta (Tattica della sorpresa e romanzo comico di Massimo Bontempelli, Roma, Bulzoni, 1977). Ci auguriamo tuttavia che questo Oscar sia solo l'inizio di una riedizione di tutte quelle opere finora difficilmente reperibili.

In conclusione, allo stato attuale degli studi, quali campi d'indagine si prestano oggi a ricerche fruttuose? A nostro avviso, oltre alle tre aree d'interesse poste in rilievo dal Convegno del 1991, una rassegna degli studi critici dedicati a Bontempelli dovrebbe tener conto anche di un quarto filone interpretativo: quello relativo alla fortuna (o sfortuna) critica dell'autore all'estero. Il primo paese con cui confrontarsi non può che essere la Francia, sia perché, soprattutto negli anni fino alla seconda guerra mondiale, un successo a Parigi rappresentava per gli autori di tutta Europa – e non solo – la consacrazione come autore moderno, sia perché Bontempelli cercò con passione e costanza una fortuna francese che per lungo tempo non ottenne. Il suo stesso progetto di realizzare una rivista italiana in lingua francese (tema indagato, oltre che dalle già citate Mascia Galateria e Mandich, dai saggi racchiusi negli Atti di Trento, da Bisicchia, Falqui, Saccone, Troisio e altri, già negli scorsi decenni) – quel «900» che gli creò tanti guai nella società letteraria della fine degli anni Venti e che colpisce perché è un'iniziativa singolare, tutta tesa verso un'apertura all'Europa in un momento storico concentrato invece sull'affermazione dell'autarchia e dell'indipendenza nazionale della cultura italiana – denuncia il desiderio dell'autore di essere riconosciuto come innovativo, giovane: una consacrazione che solo la Francia poteva dargli.

In questo ambito va annoverato il breve saggio di Fulvia Airoldi Namer, su Massimo Bontempelli e la Francia (in Heurs et malheurs de la littérature en France, Actes du Colloque de Caen, 25-26 mars 1994, a cura di M. Colin, Presses Universitaries de Caen, 1995, pp. 187-201), che si spinge ad indagare la fortuna dell'autore fino ai giorni nostri, rilevando come questo decennio abbia registrato una felice impennata delle edizioni dei romanzi bontempelliani in traduzione francese (nove romanzi tradotti tra il 1990 e il 1994). Una fortuna forse tardiva ma che all'autore avrebbe certo fatto piacere. Infatti, dopo le tre traduzioni risalenti agli anni in cui Bontempelli era ancora in vita – 1930 (Le fils de deux mères, Gallimard, tradotto da E. Audisio), 1932 (La vie et la mort d'Adria et de ses enfants, Editions Albin Michel, tradotto dalla Baronne d'Orchamps) e 1955 (Des gens dans le temps, Editions Del Duca, tradotto da J. Bertrand) – la versione in francese dei romanzi di Bontempelli ha atteso oltre trent'anni prima di suscitare nuovamente interesse presso gli editori francesi. Essa è opera, in questi ultimi anni, tra gli altri, di François Bouchard, a cui si devono: La vie laborieuse. Aventures de 1919 à Milan (La vita operosa), Paris, Christian Bourgois Editeur, 1990; Eve ultime/Ma vie, mort et miracles (Eva ultima, Mia vita morte e miracoli), Paris, Bourgois, 1992; La famille du forgeron (La famiglia del fabbro), Paris, Editions Climats, 1992.

Sul piano della produzione critica, il volume Eve ultime/Ma vie, mort et miracles contiene tra l'altro due saggi dello stesso Bouchard, a guisa di presentazione di ognuno dei due testi: Eve ultime ou le Desenchantement e Le laboratoire de l'Ecrivain; mentre La famille du forgeron presenta una postfazione dal titolo Une histoire à l'air libre. Infine, un secondo saggio recentissimo dedicato dallo studioso francese a Eva ultima (Eva ultima, du roman à l'autobiographie fictive) è incluso nella raccolta di saggi Ecritures autobiographiques, a cura di Giuditta Isotti Rosowsky (Presses Universitaires de Vincennes, 1997); e Les Fantômes du castelet: humains et simulacres dans l'œuvre de Massimo Bontempelli, dello stesso autore, è uscito nel volume collettaneo L'autre et ses Leurres (Tours, Publications de l'Université «F. Rabelais»).

Altri romanzi tradotti in francese nell'ultimo decennio sono, per l'editore L'Arpenteur: La vie intense (trad. di M. Darmon, 1990, La vita intensa), L'échiquieur devant le miroir (trad. di J. B. Para, 1990, La scacchiera davanti allo specchio), Dans la fournaise du temps (trad. di M. Darmon, 1991, Gente nel tempo); e, per le edizioni L'Ecoloquent, Le fils de deux mères (trad. di E. Audisio rivista da A. Grünenwald, 1992, Il figlio di due madri). Fulvia Airoldi Namer segnala anche l'allestimento, nel 1994, alla Maison d'Italie di Parigi, della pièce Minnie la candida, in traduzione francese. Il romanzo Gente nel tempo ha avuto recentemente anche una traduzione tedesca.

Sul fronte degli studi anglosassoni, va menzionato invece uno studio sul teatro di Bontempelli, incluso da Harold B. Segel nel volume Pinocchio's Progeny. Puppets, Marionettes, Automatons, and Robots in Modernist and Avant-Garde Drama (Baltimore-London, The John Hopkins University Press, 1995).

Per tornare ai compiti tuttora rimasti in sospeso, urgente ci pare un lavoro accurato sui testi e i documenti bontempelliani: in primo luogo, la presentazione e il commento sistematico dei carteggi – malauguratamente volati oltreoceano, e depositati nel fondo Bontempelli, presso il Getty Center di Santa Monica, in California (stesso destino è toccato all'archivio Marinetti). La ricchezza degli epistolari, così come emerge dal semplice elenco dei corrispondenti, visibili presso il sito internet del Getty Center <http://www.getty.edu/research/tools/special_collections/bontemp.html> (oltre alle lettere d'amore indirizzate alla pittrice Marietta Lydis, incontrata a Parigi, e, ovviamente, a Paola Masino, sono presenti i più importanti intellettuali del secolo, da Pirandello a Montale a Ungaretti, da Marinetti a Malaparte, a Moravia, Cecchi, Comisso, Carrà, per citare alla rinfusa i primi nomi che balzano all'occhio), non possono che far rimpiangere l'allontanamento di un simile corpus di documenti (i libri appartenuti allo scrittore, gli oggetti, le opere d'arte, i ritagli di stampa riguardanti la sua opera, oltre a un discreto numero di tesi e lavori critici su Bontempelli) in una sede certo di non facile consultazione, almeno per gli studiosi europei. Fortunatamente Bontempelli rientra fra gli autori oggetto di studio nell'ambito del progetto di pubblicazione dei carteggi novecenteschi, condotto dall'Università «La Sapienza» di Roma, e diretto da Giuliano Manacorda: dobbiamo aspettarci dunque di vedere presto pubblicate alcune di queste corrispondenze.

L'augurio è se non altro che la trasvolata oltreoceano dei documenti bontempelliani possa allargare il «coro» di voci inaugurato dal Convegno di Trento, suscitare interesse anche presso studiosi stranieri e collocare la produzione di questo autore al posto che gli spetta nel panorama della letteratura del nostro secolo, una collocazione che ancora attende.

 

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Giugno 2001, n. 1