Note:


Intervento di apertura del seminario di studi «Generi marginali nel Novecento letterario», Bologna, Dipartimento di Italianistica, 20 febbraio 1997. La sbobinatura dell'intervento è stata rivista e ampliata dall'autore nell'autunno-inverno del 1999.

1  Accolgo qui l'integrazione di A. Battistini, nell'intervento alla tavola rotonda «Generi marginali nel Novecento letterario», Bologna, Dipartimento di Italianistica, 22 maggio 1997, <http://www3.unibo.it/boll900/convegni/gmbattistini.html>.

2  F. Pellizzi, Letteratura postuma o letteratura provvisoria? Generi marginali nel Novecento letterario, 1997, <http://www3.unibo.it/boll900/convegni/gmpres.htm>.

3  Colgo qui l'occasione di questa precisazione concettuale per affermare che non c'è relazione diretta, naturalmente, tra la nozione qui usata di ipertestualità, così necessariamente legata agli strumenti digitali, e il senso che le assegnava Gérard Genette (Palinsesti. La letteratura al secondo grado [1982], Torino, Einaudi, 1997, pp. 8-9). In realtà, sul piano teorico, un legame con il concetto genettiano può essere istituito: si tratta in entrambi i casi di un fenomeno di ri-scrittura. Ma in Genette, dove il termine faceva parte di un quadro di tutte le possibili relazioni intertestuali (trans-testuali), l'ipertestualità designava una forma di intertestualismo integrale e dichiarato (dalla parodia alla traduzione) particolarmente adatta a rendere conto di certe riscritture postmoderne. La differenza sostanziale tra le due nozioni di ipertestualità, a questo livello, è che il concetto genettiano si basa su un procedimento evocativo, ovvero riguarda una trasformazione di un testo precedente, o «ipotesto», in absentia, mentre l'ipertestualità in senso proprio si basa spesso sulla presa in carico di un ipotesto (che viene simulato), o sulla compresenza materiale di ipo-testo e iper-testo. Resta meno visibile a volte proprio l'operazione di trasformazione, quasi che nella trascrizione digitale si verificasse sempre qualcosa di simile alla riscrittura del Chisciotte da parte di Pierre Menard nel celebre racconto di Borges. Un rapporto forse più produttivo sul piano teorico, come vedremo, può essere istituito con quelli che Genette chiama rapporti meta-testuali, e con la trans-testualità nel suo complesso.

4  La riflessione di Bachtin sui "generi" è presente in tutti gli ambiti della sua opera, dall'apporto fondamentale all'opera di Vološinov, uno dei componenti della cerchia di Bachtin, sul linguaggio (V.N. Vološinov, Marksizm i filosofija jazyka. Osnovnye problemy sociologičeskogo metoda v nauke o jazyke, Leningrad, Priboj, 1929, 1930²), agli studi sul romanzo e sul carnevale, fino all'antropologia filosofica degli ultimi anni. Agli anni Cinquanta risale il progetto di una trattazione sistematica, di cui rimane un abbozzo, Problema rečevych žanrov [1952-53], trad. it. a cura di C. Strada Janovič, Il problema dei generi del discorso, in M. Bachtin, L'autore e l'eroe. Teoria letteraria e scienze umane [1979], Torino, Einaudi, 1988, pp. 245-290.

5  M. Bachtin, Il problema dei generi del discorso, cit., p. 248.

6  Ivi, p. 247.

7  Ivi, p. 248.

8  Bachtin menziona ad esempio «la scuola di Saussure e i suoi seguaci più recenti, gli strutturalisti; i behavioristi americani e, su una base linguistica del tutto diversa, i discepoli di Vossler», Ivi, p. 246. Per l'Ottocento Bachtin nomina Humboldt, colpevole, a suo dire, di aver messo in primo piano «la funzione di una formazione del pensiero indipendente dalla comunicazione», ivi, p. 253.

9  Ivi, p. 248.

10  Penso ovviamente a Austin e al "secondo" Wittgenstein, ma anche al fratello di Bachtin, Nikolaj, del quale si vedano N.M. Bachtin, Lectures and Essays, Birmingham, University of Birmingham Press, 1963; e Id., Iz žizni idej. Stat'i. Esse. Dialogi, Moskva, Labirint, 1995, che raccoglie gli scritti del periodo parigino, dal 1924 al 1931.

11  M. Bachtin, Il problema dei generi del discorso, cit., p. 249.

12  G. Genette, Introduzione all'architesto [1979], Parma, Pratiche, 1981, p. 54.

13  Mi riferisco, in questo caso, a un enciclopedismo certamente post-illuministico, discreto e a-gerarchico, e non a un enciclopedismo medievale, agglomerativo e gerarchico; ma ancor più precisamente a un'enciclopedismo novecentesco, consapevole dell'impossibilità dell'enciclopedia: vedi la voce «Enciclopedia» in A.Savinio, Nuova enciclopedia, Milano, Adelphi, 1977, p. 133.

14  L. Manovich, Database as Simbolic Form, 1998, <http://www-apparitions.ucsd.edu/%7Emanovich/docs/database.rtf>.

15  Su questo aspetto, sul piano testuale, mi sono soffermato in F. Pellizzi, Esporre o disporre: Michail Bachtin e l'organizzazione del discorso critico, in «Lingua e stile», 1995, n. 2, pp. 359-386.

16  Mi sono occupato di «discorso critico», oltre che nel saggio già citato, in F. Pellizzi, The Rhetoric of Critical Discourse: Five Types of Dialogue, in The Seventh International Bakhtin Conference, Moskva, Moskovskij pedagogiceskij gosudarstvennyj universitet, 1995, vol. II, pp. 270-277; nonché, in riferimento all'ipertestualità, in F. Pellizzi, The Hypertext as a Critical Discourse. From the Representation to the «Pragmeme», University of Edinburgh, 7-9 settembre 1998, in corso di stampa.

17  Si veda, nell'ambito di questo seminario, l'intervento di Werther Romani alla discussione seguita alla tavola rotonda del 22 maggio 1997, <http://www3.unibo.it/boll900/convegni/gmdiscuss.html>. Per la linguistica testuale ci si rifà, per questo aspetto, a R.-A. de Beaugrande e W.U. Dressler, Introduzione alla linguistica testuale [1981], Bologna, Il Mulino, 1994².

18  Anche la tradizionale sistemazione aristotelica dei generi retorici (deliberativo, giudiziario, epidittico) si basa su una tipologia del lettore e delle funzioni del discorso.

19  G. Genette, Palinsesti, cit., p. 6 nota 11.

20  Ivi., p. 11.

21  R.-A. de Beaugrande e W.U. Dressler, Introduzione alla linguistica testuale, cit., pp. 22-23, 131 e ss.

22  Ivi, p. 23.

23  G. Genette, Palinsesti, cit., p. 3.

24  Ivi, p. 7.

25  F. Pellizzi, Letteratura postuma o letteratura provvisoria?, cit. , <http://www3.unibo.it/boll900/convegni/gmpres.htm>.

26  G.P. Landow, Hpertext: The Convergence of Contemporary Critical Theory and Technology, Baltimore, The John Hopkins University Press, 1992; trad. it. a cura di B. Bassi, Ipertesto. Il futuro della scrittura, Bologna, Baskerville, 1993.

27  «Nell'ipertesto il testo principale è quello che stiamo leggendo in un dato momento», G.P. Landow, Ipertesto, cit., p. 83.

28  Ivi, p. 84.

29  Ivi, pp. 84-85.

30  Ivi, p. 85.

31  Ibid. Corsivi miei.

32  Rimando, per un'analisi di questi aspetti, a F. Pellizzi, Per una critica del link, ripubblicato in questo stesso numero, <http://www3.unibo.it/boll900/numeri/1999-ii/Pellizzi.html>.

33  Per considerazioni più generali su potenzialità e limiti dell'ipertesto rimando a F. Pellizzi, L'ipertesto critico: potenzialità e limiti [1998], in «Intersezioni», n. 1, aprile 1999, pp. 125-130, <http://www.comune.bologna.it/iperbole/boll900/salframe.html>.

34  Rimando ancora a Per una critica del link, cit.

35  Th.H. Nelson, Literary Machine 90.1, [1981]; trad. it. Literary Machine 90.1, Padova, Muzzio, 1992.

36  «Il nostro progetto si è ispirato all'unico precedente funzionante di cui siamo a conoscenza, la letteratura», Ibid.

37  «The Xanadu(r) project did not "fail to invent HTML". HTML is precisely what we were trying to PREVENT-- ever-breaking links, links going outward only, quotes you can't follow to their origins, no version management, no rights management»; Th.H. Nelson, Ted Nelson's Computer Paradigm, Expressed as One-Liners, 1999, <http://xanadu.com.au/ted/TN/WRITINGS/TCOMPARADIGM/tedCompOneLiners.html> ; si veda anche Id., Embedded Markup Considered Harmful, in «xml.com», 2 ottobre 1997, <http://www.xml.com/pub/a/w3j/s3.nelson.html>.

38  Th.H. Nelson, Ted Nelson's Computer Paradigm, cit.

39  Rimando qui a F. Pellizzi, The Hypertext as a Critical Discourse, cit.

40  Anche per un'analisi di queste metafore (rete, città, ecc.) devo rimandare a F. Pellizzi, Per una critica del link, cit. La metafora della città mi sembra una delle più calzanti per dare l'idea della morfologia generale di un ipertesto, perché dà conto delle sue stratificazioni e delle sue disomogeneità, ancor più di quella della cattedrale (che però ha il vantaggio di indicare l'elemento artigianale e collettivo della sua costruzione).

41  Uso ancora questo termine, perché non ne trovo uno migliore, avvertendo che non va confuso con il genere terziario enciclopedico di cui ho parlato nel paragrafo 3.

42  Con le limitazioni che sono emerse in un recente convegno: C. Leonardi et al. (a cura di), Fabula in tabula. Una storia degli indici dal manoscritto al testo elettronico, Spoleto, Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo e Firenze, Fondazione «Ezio Franceschini», 1995.

43  Spunto per una distinzione tra index e thesaurus come due modalità differenti di concepire la testualità digitale mi è dato da R. Betti, L'uomo e il labirinto nel mondo "artificiale", in Il sapere come rete di modelli. La conoscenza oggi, Atti del convegno internazionale di Modena (20-23 gennaio 1981), Modena, Panini, 1981, pp. 187-201.

44  M. Bachtin, Il problema dei generi del discorso, cit., p. 252.


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Dicembre 1999, n. 2