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BOLLETTINO '900 - Presentazioni / A, agosto 1999
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Bernard Simeone
Narrativa italiana, letture francesi
Il successo di critica e, in minor misura, di pubblico della letteratura
italiana in Francia ha rappresentato uno dei fenomeni editoriali piu'
rilevanti degli ultimi dieci anni. Puo' essere percio' interessante
esaminarne non solo le cause, ma anche le modalita'.
Le modalita' di questo successo rispondevano a strategie molto diverse da
un editore all'altro ed erano talvolta dettate unicamente dalla speranza
di un profitto a breve termine. In definitiva, le collezioni dedicate
specificamente alla letteratura italiana non furono molte: fra queste,
quelle degli editori POL, Arcane 17, Verdier e, sotto forma di "serie"
quella de L'Arpenteur. Il fatto forse piu' sorprendente fu il ruolo di
"locomotiva" assunto non dagli autori gia' conosciuti, ma da giovani
romanzieri che avevano scritto solo alcuni libri, riuniti - dalla critica,
non di loro iniziativa - sotto l'etichetta di "giovani romanzieri
italiani". Si trattava allora, alla meta' degli anni Ottanta, di Daniele
Del Giudice, Antonio Tabucchi, Aldo Busi, Andrea De Carlo, Elisabetta
Rasy, Pier Vittorio Tondelli e Marta Morazzoni; autori in realta'
estremamente diversi gli uni dagli altri, che presentavano tutti, agli
occhi dell'editoria e della critica francesi, la caratteristica di
prendere le distanze dalla scena letteraria tipicamente italiana, per
affrontare problematiche internazionali, da cui trapelava l'esigenza di
una traduzione. Furono proprio questi giovani autori a suscitare, pochi
anni dopo il trionfo de *Il nome della rosa*, una nuova curiosita' verso
la letteratura transalpina nel suo insieme e verso alcuni scrittori di
primo piano che li avevano preceduti, senza essere stati sufficientemente
tradotti, come Gadda e Landolfi. La pubblicazione quasi simultanea di
scrittori semisconosciuti e di "classici della modernita'" che i lettori
francesi dovevano ancora scoprire, rappresenta una caratteristica
importante di questa moda. Un simile e anomalo rovesciamento dei ruoli
storici, per cui furono gli scrittori giovani ad aiutare i loro "fratelli
maggiori", avrebbe potuto trovare una conferma al momento della comparsa,
alla meta' degli anni Novanta, in Italia piu' che nel resto dell'Europa,
di una letteratura "pulp" o "splatter", prodotto di autori sempre piu'
giovani, assiduamente corteggiati dagli editori italiani, e in una certa
misura anche dalla critica; ma questa conferma non e' ancora arrivata.
In effetti, l'interesse francese per i "giovani romanzieri" italiani degli
anni Ottanta dipendeva dal loro rapporto sia con la letteratura mondiale,
che con gli scrittori italiani delle generazioni precedenti (come Pasolini
e la neoavanguardia) e si riconoscevano in essi gli artefici di un
"ritorno al racconto" dopo l'aridita' teorica e gli eccessi testualistici
degli anni Settanta. In compenso, la letteratura pulp, contaminata in modo
particolarmente ovvio da forme di espressione extraletterarie, si presenta
spesso e piu' radicalmente priva di memoria culturale, cosa che
costituisce ancora, in Francia, un limite, dato che la trasformazione di
massa della letteratura in prodotto di consumo non ha ancora raggiunto lo
stesso livello dell'Italia. Ma un'evoluzione in questo senso e'
attualmente in corso.
L'immagine che possiamo avere, dalla Francia, del romanzo italiano piu'
attuale e' divisa - forse pericolosamente - tra due estremi ugualmente
estranei a cio' che la scrittura ha di specifico: da una parte il
sentimentalismo regressivo di una Susanna Tamaro, di grande successo di
qua e di la' dalle Alpi, dall'altro la trasgressione finta, molto spesso
opportunistica e non esposta a rischi reali, degli scrittori pulp o
splatter. In entrambi i casi, e' la dimensione della scrittura e del
pensiero ad essere sacrificata o in pericolo. Questi autori cercano
evidentemente di essere efficaci: mi sembra discutibile che aspirino
davvero a costruire quella che puo' ancora essere chiamata, senza troppa
enfasi, un'opera. Decidere di tradurli in Francia, senza il dovuto
distacco, sarebbe certamente un fatto "pragmatico", ma gli editori
francesi mantengono per ora una certa prudenza. Allo stesso tempo, gli
autori scoperti negli anni Ottanta, fra i quali Del Giudice, Tabucchi e
Rasy (a cui si sono aggiunti in seguito Erri De Luca e Raffaele Nigro),
continuano a destare l'attenzione della critica piu' severa, mentre
Tabucchi incontra anche un incontestabile successo di pubblico. Gli
scrittori italiani che durante gli ultimi dieci anni hanno realmente
trovato in Francia un loro pubblico sono ben pochi: Erri De Luca,
Francesco Biamonti, Antonio Tabucchi e, ad un livello letterario
decisamente inferiore, Alessandro Baricco e Susanna Tamaro, rappresentanti
di due tendenze ben distinte. Quanto agli autori delle generazioni
precedenti che si sono realmente imposti in Francia in questi stessi anni,
basterebbe citare qui - fra gli altri - Pietro Citati, Claudio Magris,
Anna Maria Ortese e, ad un alto livello di esigenza letteraria, Silvio D'Arzo.
La maggior parte degli scrittori citati, al di la' delle palesi
diversita', rimanda all'immagine di un'Italia internazionale e affascinata
dall'esperienza del viaggio (da Citati a Tabucchi), contraddistinta dalla
nozione di frontiere e di culture plurime.
Anche se non si puo' non chiedersi il perche' dell'assenza, in questa
immagine all'estero, di una vera dimensione meridionale.